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Corte di Cassazione, sezione Vi, ordinanza 30 marzo 2016, n. 6195. Per far valere il credito tributario nei confronti del fallimento l’amministrazione finanziare o l’esattore debbono presentare l’istanza di insinuazione tardivo nel termine annuale previsto dall’art. 101 legge fall., senza che i diversi e più lunghi termini per la formazione dei ruoli e per l’emissione delle cartelle, ai sensi dell’art. 25 del d. P. R. 29 settembre 1973, n. 602, possano di per sé costituire ragioni di scusabilità del ritarda la quale va, invece, valutata – in caso di presentazione ultra annuale dell’istanza a rispetto alla data di esecutività dello stato passivo – in relazione ai tempi strettamente necessari all’Amministrazione finanziaria per predisporre i titoli per la tempestiva insinuazione dei propri crediti al passivo. Nel caso di specie il Tribunale ha esaurientemente esaminato il profilo dei tempi strettamente necessari all’Amministrazione finanziaria per la predisposizione del titolo avendo accertato che la dichiarazione fiscale del curatore, sulla base della quale è stato emesso il titolo era stata trasmessa fin dal 28/9/2010 mentre il questionario era stato inviato dopo circa un biennio senza alcuna specifica giustificazione, così ritenendo, in concreto, ed in considerazione dei tempi necessari per la formazione del titolo, inescusabile il ritardo dell’Amministrazione. Al riguardo deve rilevarsi che l’invocata sequenza procedimentale successiva alla trasmissione della dichiarazione fiscale del curatore, oltre ad essere stata instaurata dopo quasi un biennio dalla predetta trasmissione non costituisce un passaggio dovuto ex lege in via generale ed astratta. Nella specie è mancata del tutto da parte della ricorrente la concreta indicazione delle esigenze d’integrazione dati non eludibili al fine della formazione del titolo impositivo

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 30 marzo 2016, n. 6195 “Il Tribunale di Salerno ha respinto il ricorso proposto in opposizione allo stato passivo del fallimento “Alvi s.p.a.” in liquidazione depositato il 26/10/12 dalla Agenzia delle Entrate – Direzione regionale della Campania avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato aveva rigettato...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 marzo 2016, n. 4938. Alla nozione generale di imprenditore di cui all’art. 2082 c.c. non è coessenziale il fine di lucro, ovvero la necessità che l’attività sia svolta in modo tale che i ricavi eccedano i costi, giacché è sufficiente il cosiddetto “metodo economico”, ossia che i ricavi siano quanto meno pari ai costi (cfr. Cass. 24.3.2014, n. 6835, secondo cui lo scopo di lucro (c.d. lucro soggettivo) non è elemento essenziale per il riconoscimento della qualità di imprenditore commerciale, essendo individuabile l’attività di impresa tutte le volte in cui sussista una obiettiva economicità dell’attività esercitata, intesa quale proporzionalità tra costi e ricavi (cd. lucro oggettivo)). Dall’altro, che la figura dell”organismo di diritto pubblico”, di cui all’art. 3, 26 co., del dec. lgs. n. 163/2006, ricorre quando il soggetto è dotato di personalità giuridica (requisito personalistico), la sua attività è finanziata in prevalenza dalle pubbliche amministrazioni o direttamente controllata dalle stesse o orientata da un organo di gestione a prevalente designazione pubblica (requisito dell’influenza dominante) e – il che rileva in special modo in questa sede – le sue finalità non hanno carattere industriale o commerciale (requisito teleologico). Sulla scorta dell’operata duplice puntualizzazione si rappresenta che l’attività di trasporto pubblico urbano ed interurbano è appieno ascrivibile alla previsione di cui all’art. 2195, n. 3, c.c.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 14 marzo 2016, n. 4938 Svolgimento del processo L’”Agenzia delle Entrate” notificava al “Gruppo Torinese Trasporti – G.T.T.” s.p.a. trentaquattro ordinanze – ingiunzioni di pagamento; si era acclarato, con riferimento agli anni 2002 e 2003, che la s.p.a. ingiunta, in violazione dell’art. 53, 9 co., del dec. lgs....

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Corte di Cassazione, S.U.P., sentenza 25 marzo 2016, n.12603. Il difensore, di fiducia o d’ufficio, dell’indagato o imputato, non munito di procura speciale non può effettuare una valida rinuncia, totale o parziale, all’impugnazione, anche se da lui proposta, a meno che il rappresentato sia presente alla dichiarazione di rinuncia fatta in udienza e non vi si opponga

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE S.U.P. SENTENZA 25 marzo 2016, n.12603 Ritenuto in fatto C.M. il (omissis) si costituì e venne sottoposto a fermo perché indiziato del delitto di omicidio volontario. Il 19 settembre 2014 nominò difensore di fiducia l’avv. Salvatore Suriano. Con ordinanza del 22 settembre 2014, il G.i.p. del Tribunale di Catania convalidò il...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 22 marzo 2016, n. 5621. In ipotesi di danno da ritardato esercizio dei poteri amministrativi, la P.A. deve essere ritenuta responsabile dei danni sofferti qualora la dilatazione dei tempi dell’istruttoria sia dovuta all’adozione di provvedimenti illegittimi, successivamente annullati, a meno che risultino fatti positivamente accertati tali da escludere ogni possibile rimprovero ad essa, anche sotto il profilo della colpa generica, ovvero siano dedotte cause di giustificazione. Qualora sia dedotta la responsabilità dell’amministrazione per il tardivo rilascio di un’autorizzazione amministrativa, avvenuto dopo l’annullamento per violazione di legge di uno o più provvedimenti di diniego, intervenuti a distanza di anni dall’istanza originaria, la sussistenza ab initio dei presupposti per l’ottenimento del provvedimento può risultare dal fatto oggettivo del suo stesso rilascio, infine avvenuto sulla base della situazione originariamente sussistente

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III SENTENZA 22 marzo 2016, n.5621 Ritenuto in fatto M.M. agì in giudizio nei confronti della Provincia di Ascoli Piceno per ottenere il risarcimento dei danni (indicati in Euro 619.000,00) subiti in conseguenza del tardivo rilascio dell’autorizzazione a gestire un’autoscuola in (omissis) , richiesta nel 1983 e ottenuta, in via...

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 25 marzo 2016, n. 1240. È da annullare la sentenza che si è basata su una questione che era stata rilevata d’ufficio, ma che non era stata comunicata alle parti, e non era stato assegnato alle parti un termine per controdedurre

Consiglio di Stato sezione III sentenza 25 marzo 2016, n. 1240 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Terza ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 1348 del 2010, proposto da: Fe. Me., rappresentato e difeso dagli avv. Si. Sa. e Mi. Sa.,...