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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 gennaio 2015, n. 13. La contestazione dell'addebito disciplinare a carico del lavoratore subordinato non è assimilabile alla formulazione dell'accusa nel processo penale, assolvendo esclusivamente alla funzione di consentire al lavoratore incolpato di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa. Pertanto, la suddetta contestazione va valutata in modo autonomo rispetto ad eventuali imputazioni in sede penale a carico del lavoratore. Da ciò ne consegue che se sia stata emessa in favore del lavoratore sentenza irrevocabile di assoluzione dibattimentale, ai sensi dell'art. 654 cod. proc. pen. (in tema di effetti in sede civile di tale tipo di sentenza), il discrimine tra efficacia vincolante dell'accertamento dei fatti materiali in sede penale e libera valutazione degli stessi in sede civile è costituito dall'apprezzamento della rilevanza in detta sede degli stessi fatti, essendo ipotizzabile che essi, pur rivelatisi non decisivi per la configurazione del reato contestato, conservino rilievo ai finì del rapporto dedotto innanzi al giudice civile, con la conseguenza che dall'assoluzione dalla penale responsabilità non discende in tal caso l'automatica conseguenza della preclusione alla cognizione della domanda da parte di detto giudice.

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 5 gennaio 2015, n. 13   REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROSELLI Federico – Presidente Dott. DE RENZIS Alessandro – Consigliere Dott. BRONZINI Giuseppe – Consigliere Dott. MANNA Antonio – Consigliere Dott. TRIA Lucia...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 23 dicembre 2014, n. 53677. Integra il reato di attribuzione fittizia di beni la fusione tra una società controllante ed una società controllata laddove l'operazione sia servita, anche se compiuta unitamente ad altre e perfino se non perfezionata, a schermare la posizione di chi realmente gestisce la ricchezza

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 23 dicembre 2014, n. 53677 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ESPOSITO Antonio – Presidente Dott. CASUCCI Giuliano – Consigliere Dott. RAGO Geppino – Consigliere Dott. ALMA Marco Mar – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 14 gennaio 2015, n. 1388. L'ipotesi della desistenza volontaria presuppone una determinazione da parte del soggetto agente di non proseguire nell'azione criminosa indipendentemente dall'intervento di cause esterne che impediscano comunque la prosecuzione dell'azione o la rendano vana (esclusa, nella specie, la sussistenza della desistenza nella condotta dell'imputato che, entrato in un negozio brandendo all'indirizzo del commerciante un coltello dal manico nero, intimandogli di consegnargli tutti i soldi che aveva, era uscito precipitosamente perché la vittima sottrattasi alla sua signoria temporanea era riuscita a guadagnare la fuga, uscire dal negozio e chiamare in soccorso il commerciante esercente l'attività accanto alla sua). Nel caso di specie, la condotte delittuosa è stata interrotta dalla decisione della vittima di venire alle mani con il processo aggressore. Si ha recesso attivo quando, ad attività criminosa compiuta, e mentre è in svolgimento l'ormai autonomo processo naturale (che è in rapporto necessario di causa ed effetto tra una determinata condotta ed un determinato effetto cui la prima mette capo), l'agente si riattiva, interrompendo tale processo, così da impedire il verificarsi dell'evento (nella specie l'imputato, immediatamente dopo aver colpito la vittima cagionandone gravissime lesioni, si era adoperato per soccorrerla, per un verso frenando l'emorragia dalle ferite con un asciugamano bagnato d'acqua avvolto attorno al capo e, per altro verso, altrettanto immediatamente adoperandosi per consentire il pronto intervento dei sanitari e di una ambulanza. Tale condotta aveva consentito il ricovero della vittima in ospedale e l'intervento chirurgico in tempi estremamente ravvicinati rispetto all'insorgenza delle patologie cagionate, dovendo, pertanto, essere preso in considerazione dai giudici del merito per stabilire la sussistenza gli estremi della diminuente di cui all'art. 56, comma 4, c.p.) Ne discende l'inconfigurabilità dell'azione in termini di recesso attivo non essendo la stessa giunta al compimento attesa la violenta reazione della vittima.

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 14 gennaio 2015, n. 1388 Ritenuto in fatto Con la sentenza in epigrafe la corte di appello di Catania ha confermato la sentenza del tribunale di Caltagirone in data 14/4/2001, appellata dall’odierno ricorrente, di condanna dello stesso per il delitto di estorsione tentata per essere il B. entrato...

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Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 24 dicembre 2014, n. 53695. La nomina di ulteriori difensori diviene efficace (ai sensi dell'articolo 24 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale) anche nel caso di successiva «rinuncia» al mandato da parte del difensore nominato in precedenza, operando ex nunc.

Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 24 dicembre 2014, n. 53695 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI VIRGINIO Adolfo – Presidente Dott. CITTERIO Carlo – rel. Consigliere Dott. PETRUZZELLIS Anna – Consigliere Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere...

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Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 5 gennaio 2015, n. 12. Ai sensi dell'art. 146, comma 4, del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, "fuori dai casi di cui all' articolo 167 , commi 4 e 5, l'autorizzazione non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi". A sua volta, l'art. 167 consente l'accertamento postumo "a) per i lavori, realizzati in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati; b) per l'impiego di materiali in difformità dall'autorizzazione paesaggistica;c) per i lavori comunque configurabili quali interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi dell' articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380". Questi sono gli unici interventi dei quali è possibile l'accertamento postumo di conformità paesaggistica, a sua volta presupposto del rilascio della sanatoria edilizia: quelli che non hanno determinato creazione di superfici utili o di volumi, e quelli configurabili in termini di manutenzione ordinaria o straordinaria.

Consiglio di Stato sezione VI sentenza 5 gennaio 2015, n. 12 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE SESTA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 2085 del 2014, proposto da: Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo in...