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Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 14 luglio 2015, n. 14727. Il trasferimento del genitore assegnatario comporta la revoca dell’assegnazione della casa familiare; il figlio maggiorenne non autosufficiente, già convivente con lui, potrà chiedere ai genitori il mantenimento, che dovrebbe permettergli anche di procurarsi un nuovo alloggio, senza poter pretendere di continuare ad abitare nella casa medesima

Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 14 luglio 2015, n. 14727 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 1 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente Dott. DOGLIOTTI Massimo – rel. Consigliere Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere Dott. DE CHIARA Carlo...

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 24 agosto 2015, n. 17072. L’apposizione della canna fumaria e della struttura di copertura della stessa immuta lo stato della cosa comune eccedendo i limiti segnati dalle concorrenti facoltà dei compossessori ex art. 1102 c.c., impedendo un analogo uso da parte di questi ultimi ed anzi sottraendo al loro uso, assicurato dal possesso, il relativo beneficio derivante dalla libertà da ingombri della porzione del bene comune. L’uso particolare che il comproprietario faccia del bene comune non può considerarsi estraneo alla destinazione normale dell’area, a condizione però che si verifichi in concreto che, per le dimensioni del manufatto o per altre eventuali ragioni di fatto, tale uso non alteri l’utilizzazione del cortile praticata dagli altri comproprietari, né escluda per gli stessi la possibilità di fare del bene medesimo un analogo uso particolare. La sentenza impugnata da conto proprio della inesistenza di tale condizione ed in particolare della alterazione della destinazione naturale dell’area occupata con la struttura contenente la canna fumaria e per tale ragione ha ritenuto commettere molestia la società che aveva immutato lo stato di fatto degradando gravemente l’estetica dell’edificio ed alterando precedenti facoltà di utilizzazione da parte degli altri condomini

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 24 agosto 2015, n. 17072 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato nel febbraio 2003 C.M. e B.D. evocavano, dinanzi al Tribunale di Bologna, l’Immobiliare ABITARE BOLOGNA DUE s.r.l. esponendo che la società convenuta aveva apposto sul muro comune una canna fumaria, nell’ambito di una corte di...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 15 luglio 2015, n. 14807. In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo determinato da ragioni tecniche, organizzative e produttive, compete al giudice – che non può, invece, sindacare la scelta dei criteri di gestione dell’impresa, espressione della libertà d’iniziativa economica tutelata dall’art. 41 Cost. – il controllo in ordine all’effettiva sussistenza del motivo addotto dal datore di lavoro, in ordine al quale il datore di lavoro medesimo ha l’onere di provare, anche mediante elementi presuntivi ed indiziari, l’impossibilità di una differente utilizzazione del lavoratore in mansioni diverse da quelle precedentemente svolte; tale prova, tuttavia, non deve essere intesa in modo rigido, dovendosi esigere dallo stesso lavoratore che impugni il licenziamento una collaborazione nell’accertamento di un possibile “repechage”, mediante l’allegazione dell’esistenza di altri posti di lavoro nei quali egli poteva essere utilmente ricollocato, e conseguendo a tale allegazione l’onere del datore di lavoro di provare la non utilizzabilità nei posti predetti

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 15 luglio 2015, n. 14807 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIDIRI Guido – Presidente Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere Dott. MAISANO Giulio – Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – rel. Consigliere Dott. DORONZO Adriana...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 27 agosto 2015, n. 17198. In tema di azione di risarcimento dei danni da diffamazione a mezzo stampa, il diritto di cronaca soggiace al limite della continenza, che comporta moderazione, misura, proporzione nelle modalità espressive, le quali non devono trascendere in attacchi personali diretti a colpire l’altrui dignità morale e professionale, con riferimento non solo al contenuto dell’articolo, ma all’intero contesto espressivo in cui l’articolo è inserito, compresi titoli, sottotitoli, presentazione grafica, fotografie, trattandosi di elementi tutti che rendono esplicito, nell’immediatezza della rappresentazione e della percezione visiva, il significato di un articolo, e quindi idonei, di per sé, a fuorviare e suggestionare i lettori più frettolosi. La percezione visiva concorre quindi in maniera determinante all’attribuzione, da parte del pubblico dei lettori, di un significato diffamatorio alla pubblicazione a mezzo stampa. Questo carattere determinante dell’aspetto visivo è viepiù accentuato quando l’articolo è pubblicato su un quotidiano ad ampia diffusione rispetto al quale i lettori appartengono ad un pubblico notevolmente indifferenziato, e comunque non specialistico; trattasi di pubblico più incline ad una lettura poco approfondita, ed anche frettolosa, che può risolversi nella sola attenzione rivolta, sfogliando il giornale, ai titoli ed alle fotografie. Ne consegue la rilevanza dell’impaginazione; e, nel contesto dell’impaginazione, la rilevanza delle fotografie e dell’accostamento al contenuto scritto di immagini, titoli e sottotitoli

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 27 agosto 2015, n. 17198 Svolgimento del processo 1.- Il Dott. P.G. citò in giudizio risarcitorio la società editrice del quotidiano “Corriere della Sera” (R.C.S. Quotidiani S.p.A.) e il direttore responsabile (F.S. ), nonché i giornalisti Fu.Ma. e I.M. , per sentirli dichiarare responsabili di diffamazione in relazione...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 16 luglio 2015, n. 30890. Le presunzioni legali previste dalle norme tributarie, pur potendo avere valore indiziario, non possono costituire di per sé fonte di prova della commissione del reato, assumendo esclusivamente il valore di dati di fatto, che devono essere valutati liberamente dal giudice penale unitamente ad elementi di riscontro che diano certezza dell’esistenza della condotta criminosa

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 16 luglio 2015, n. 30890 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FRANCO Amedeo – Presidente Dott. DI NICOLA Vito – Consigliere Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere Dott. PEZZELLA Vincenzo – rel. Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 26 agosto 2015, n. 35698 . Nel caso di rinvio dei dibattimento per legittimo impedimento del difensore, l’omessa notifica allo stesso della data della nuova udienza dà luogo a nullità assoluta ed insanabile ai sensi dell’art. 179 c.p.p. Né vale il richiamo operato nel provvedimento impugnato alla circostanza che, “per mera dimenticanza, non fu inserita a verbale la nomina, meramente formale, del sostituto d’ufficio”. La nomina, ex art. 97, comma 4, cod. proc. pen., di un difensore d’ufficio, in sostituzione di quello impedito, non è affatto “formale”, ma risponde all’esigenza di provvedere l’imputato di un difensore in ogni momento del processo e di individuare esattamente la figura dei difensore a cui, secondo il prevalente orientamento di questa Corte di legittimità, va dato l’avviso della nuova udienza, essendo il legale che, a tutti gli effetti, rappresenta il difensore fiduciario impedito, di cui esercita i diritti e assume i doveri

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 26 agosto 2015, n. 35698 Ritenuto in fatto 1. La Corte d’appello di Bari, con la sentenza impugnata, riformando parzialmente, in punto di pena, quella emessa dal Tribunale di Trani, ha condannato G.M. a pena di giustizia per concorso – quale extraneus – nella bancarotta fraudolenta patrimoniale della...

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Consiglio di Stato, sezione III, sentenza 24 luglio 2015, n. 3653. È legittima un’informativa antimafia che si fonda anche su fatti risalenti nel tempo, quando da questi indizi deriva che l’attività dell’impresa è stata condizionata. Tali situazioni di condizionamento possono essere desunte anche da una sentenza del Tribunale penale, che ha condannato l’interessato per il delitto dell’art. 644 del Codice penale, relativo all’usura

Consiglio di Stato sezione III sentenza 24 luglio 2015, n. 3653 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL CONSIGLIO DI STATO IN SEDE GIURISDIZIONALE SEZIONE TERZA ha pronunciato la presente SENTENZA sul ricorso numero di registro generale 4702 del 2015, proposto da: Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, U.T.G. – Prefettura di...