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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 22 gennaio 2016, n. 1186. Anche ai fini del giudizio sulla riduzione della capacità di lavoro richiesta per l’attribuzione dell’assegno ordinario di invalidità previsto dall’art. 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222, assume rilievo il carattere usurante dell’impegno in attività confacenti alle attitudini dell’interessato

Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 22 gennaio 2016, n. 1186 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VENUTI Pietro – Presidente Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere Dott. BERRINO Umberto – Consigliere Dott. GHINOY Paola...

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Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 22 gennaio 2016, n. 1175. In materia di appello nel processo tributario, alla luce del principio di specialità espresso dall’art. 1, comma 2, del D.lgs. n. 546/1992, in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima, non trova applicazione la preclusione alla produzione documentale di cui all’art. 345, comma 3, cod. proc. civ., potendo le parti provvedervi anche per documenti preesistenti al giudizio di primo grado

Suprema Corte di Cassazione sezione tributaria sentenza 22 gennaio 2016, n. 1175 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MERONE Antonio – Presidente Dott. CHINDEMI Domenico – Consigliere Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 21 gennaio 2016, n. 1099. E’ nullo il lodo arbitrale, per violazione del principio del contradditorio, nel caso in cui gli arbitri abbiano omesso di rendere edotte le parti circa il carattere perentorio dei termini dagli stessi fissati per la formulazione dei quesiti e la proposizione delle istanze istruttorie

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 21 gennaio 2016, n. 1099 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FORTE Fabrizio – Presidente Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere Dott. CAMPANILE Pietro – Consigliere Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere Dott....

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Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 21 gennaio 2016, n. 1078. La semplice revisione di un modello di accordo già esistente non può essere ricondotta nella voce “assistenza e redazione dei contratti”, essendo qualificabile come attività di consulenza

Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 21 gennaio 2016, n. 1078 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere Dott. FALASCHI Milena – Consigliere Dott. CRISCUOLO Mauro...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 3 febbraio 2016, n. 4374. Se è vero che l’asta di una bandiera è idonea ad essere utilizzata per l’offesa alla persona, è altrettanto vero che la sua detenzione risulta astrattamente giustificata in relazione all’evento sportivo e che sono le concrete circostanze di tempo e di luogo a determinarne l’utilizzo illecito, per l’effettiva destinazione dello strumento all’offesa delle persone

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 3 febbraio 2016, n. 4374 Ritenuto in fatto 1. S.G. era condannato dal Tribunale di Salerno alla pena di mesi sei di reclusione, ai sensi dell’art. 6 bis comma 10 legge 13 dicembre 1989 n. 401, perché, nel corso di uno scontro tra opposte tifoserie, aveva in mano...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 4 febbraio 2016, n. 4649. L’art. 38 cod. proc. pen., nel disciplinare i termini e le forme per la presentazione della dichiarazione di ricusazione, stabilisce, al primo comma, che “La dichiarazione di ricusazione può essere proposta, nell’udienza preliminare, fino a che non siano conclusi gli accertamenti relativi alla costituzione delle parti; nel giudizio, fino a che non sia scaduto il termine previsto dall’art. 491 comma 1; in ogni altro caso, prima del compimento dell’atto da parte del giudice”. II secondo comma della medesima disposizione, nel completare la disciplina relativa ai termini di presentazione della dichiarazione di ricusazione, prevede che “Qualora la causa di ricusazione sia sorta o sia divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, la dichiarazione può essere proposta entro tre giorni. Se la causa è sorta o è divenuta nota durante l’udienza, la dichiarazione di ricusazione deve essere in ogni caso proposta prima del termine dell’udienza”. Le due previsioni, tra loro complementari, devono, onde renderle tra loro compatibili, essere riferite alla derivazione della dedotta causa di ricusazione da atti processuali (come tale da ritenersi conosciuta dall’imputato), o da situazioni esterne al processo (con la conseguente applicabilità del termine di tre giorni stabilito dalla prima parte del comma 2 dell’art. 38 cod. proc. pen.), in quanto la previsione dei primo comma, nello stabilire termini fissi con riferimento alle varie fasi processuali (con la clausola di chiusura dell’ultima parte dei primo comma, circa la necessaria presentazione della dichiarazione prima dei compimento dell’atto da parte del giudice), presuppone la conoscenza della causa di ricusazione da parte dell’imputato (a cui carico pone l’onere di presentare la dichiarazione entro detti termini), e dunque la sua derivazione ex actis; la previsione dei secondo comma della medesima disposizione, alternativa e complementare rispetto a quella del primo comma, contiene una ulteriore clausola di chiusura della disciplina relativa al termine di presentazione della dichiarazione di ricusazione, da riferirsi alle diverse ipotesi nelle quali, successivamente alla scadenza dei termini di cui al prima comma, la causa sia sorta o divenuta nota, cioè alla ipotesi in cui la causa non emerga ex actis (con la conseguente presunzione di conoscenza da parte dell’imputato), ma aliunde, da situazioni esterne al processo sorte o divenute note successivamente alla scadenza dei termini stabiliti dal primo comma, con la conseguente impossibilità di presentare la dichiarazione nel rispetto di detti termini e la previsione della possibilità di presentarla, indipendentemente dalla fase processuale, entro tre giorni o, se sia sorta o divenuta nota durante l’udienza, prima della conclusione della stessa. Ne consegue l’applicabilità dei termini stabiliti dalla prima parte del comma 2 dell’art. 38 cod. proc. pen. solo allorquando la causa di ricusazione sia sorta o divenuta nota dopo la scadenza dei termini previsti dal comma 1, in ragione della sua derivazione da situazioni esterne al processo.

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 4 febbraio 2016, n. 4649 Ritenuto di fatto 1. Con ordinanza del 20 luglio 2015 la Corte d’appello di Bologna ha dichiarato inammissibile la dichiarazione di ricusazione del Giudice per le indagini preliminari dei Tribunale di Reggio Emilia presentata da A.N., condannandolo al pagamento della somma di euro...

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Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 19 gennaio 2016, n. 836. Il datore di lavoro è obbligato a mente dell’art. 2087 c.c. ad assicurare condizioni di lavoro idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. La violazione di tale obbligo legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, eccependo l’inadempimento altrui. La protezione, anche di rilievo costituzionale, dei beni presidiati dall’art. 2087 c.c. postula meccanismi di tutela delle situazioni soggettive potenzialmente lese in tutte le forme che l’ordinamento conosce. Dunque, per garantire l’effettività della tutela in ambito civile, non solo azioni volte all’adempimento dell’obbligo di sicurezza o alla cessazione del comportamento lesivo ovvero a riparare il danno subito, ma anche il potere di autotutela contrattuale rappresentato dall’eccezione di inadempimento, rifiutando l’esecuzione della prestazione in ambiente nocivo soggetto al dominio dell’imprenditore. In caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod. civ., non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore

SUPREMA CORTE  DI CASSAZIONE SEZIONE LAVORO sentenza 19 gennaio 2016, n. 836 Svolgimento del processo 1.- Con ricorso al Tribunale di Torino D.A.A. ed altri 13 dipendenti della Fiat Group Automobiles Spa indicati in epigrafe convenivano la datrice di lavoro esponendo che erano addetti all’assemblaggio delle portiere delle auto presso il reparto denominato “lite 11”;...