Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 3 maggio 2016, n. 8692 Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 1 aprile 2003, G.L. e G.A. evocavano in giudizio D.M.L. e di V.L. assumendo di essere comproprietari, per successione ereditaria di Gi.Gu., deceduto il (omissis), della porzione di immobile sita in (omissis) ,...
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Agli effetti del limite imposto dall’art. 1966 c.c., che sancisce la nullità della transazione avente ad oggetto diritti non lasciati alla disponibilità delle parti, sono certamente sottratti ad ogni potere di disposizione dei contraenti, inerendo alla qualificazione giuridica della persona nella collettività, gli status personali. La nullità del contratto avente per oggetto uno status discende, indipendentemente dall’art. 1966 c.c., dal dato che gli status, in quanto privi del carattere di patrimonialità, non possono costituire oggetto di un atto espressione dell’autonomia privata. Sono, tuttavia, certamente negoziabili le situazioni soggettive patrimoniali che dagli status derivano. È quindi transigibile la controversia insorta tra gli aventi diritto ad una quota dell’eredità nella successione del genitore, che non ponga in discussione lo status di figlio adottivo o di affiliato di uno dei membri del nucleo familiare, ma soltanto (come avvenuto nel caso in esame, secondo quanto dedotto) la consistenza dei diritti patrimoniali che in quello status trovano la loro fonte. Né è ravvisabile alcuna illiceità nella convenzione dispositiva o rinunciativa di diritti patrimoniali relativi ad una successione già aperta. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 4 maggio 2016, n. 8919
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 4 maggio 2016, n. 8919 Svolgimento del processo B.B. citava davanti al Tribunale di Pordenone C.E. e B.M. , esponendo che nel 1978 era deceduto il proprio genitore adottivo B.L. ; che gli eredi S.E. e i figli adottivi B. e M. avevano stipulato in data 21 novembre...
In tema di condominio negli edifici, per tutelare la proprietà di un bene appartenente a quelli indicati dall’art. 1117 cod. civ. non è necessario che il condominio dimostri con il rigore richiesto per la rivendicazione la comproprietà del medesimo, essendo sufficiente, per presumerne la natura condominiale, che esso abbia l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e cioè sia collegato, strumentalmente, materialmente o funzionalmente con le unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini, in rapporto con queste da accessorio a principale, mentre spetta al condomino che ne afferma la proprietà esclusiva darne la prova. Al fine di stabilire se sussista un titolo contrario alla presunzione di comunione di cui all’art. 1117 cod. civ., occorre fare riferimento all’atto costitutivo del condominio e, quindi, al primo atto di trasferimento di un’unità immobiliare dell’originario proprietario ad altro soggetto. Pertanto, se in occasione della prima vendita la proprietà di un bene potenzialmente rientrante nell’ambito dei beni comuni (nella specie, portico e cortile) risulti riservata ad uno solo dei contraenti, deve escludersi che tale bene possa farsi rientrare nel novero di quelli comuni. Nel caso di specie, la Corte d’Appello ha osservato che negli atti di compravendita è del tutto assente una riserva di proprietà esclusiva da parte della venditrice; di contro, l’espressa indicazione contrattuale del trasferimento della comproprietà di quanto per legge è comune tra i condomini di uno stesso stabile ai sensi dell’art. 1117 dimostra che la ricorrente riteneva il lastrico e lo stenditoio parti condominiali, tanto da non distinguere la loro condizione giuridica da quella delle restanti parti comuni. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 5 maggio 2016, n. 9035.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 5 maggio 2016, n. 9035 Svolgimento del processo 1 Con citazione del 13.3.1993, i coniugi M.M. e Ca.Gi. , T.L. e F.D.L.M. nonché C.F. e G.S. convennero innanzi al Tribunale di Palermo la s.r.l. Immobiliare Fratelli Lo Cicero, esponendo: – che con atti del 17.10.1988, 21.10.1988 e 10.10.1988...
Il lavoratore adibito a mansioni non rispondenti alla qualifica può chiedere giudizialmente la riconduzione della prestazione nell'ambito della qualifica di appartenenza, ma non può rifiutarsi aprioristicamente, senza avallo giudiziario, di eseguire la prestazione richiestagli, essendo egli tenuto a osservare le disposizioni per l'esecuzione dei lavoro impartite dall'imprenditore ai sensi degli artt. 2086 e 2104 cod. civ., da applicarsi alla stregua dei principio sancito dall'art. 41 Cost., e potendo egli invocare l'art. 1460 cod. civ. solo in caso di totale inadempimento del datore di lavoro, a meno che l'inadempimento di quest'ultimo sia tanto grave da incidere In maniera Irrimediabile sulle esigenze vitali dei lavoratore medesimo. Corte di Cassazione, sezione lavoro, sentenza 5 maggio 2016, n. 9060.
Suprema Corte di Cassazione sezione lavoro sentenza 5 maggio 2016, n. 9060 Svolgimento del processo Il Tribunale di Catanzaro rigettava con sentenza dell’11.6.2010 la domanda proposta da A.G. di dichiarare, previo accertamento dell’ingiusto demansionamento subito, l’illegittimità dei licenziamento per giustificato motivo soggettivo da parte dei datore di lavoro Casa di cure Villa dei Sole srl...
La decisione di procedere alla registrazione del colloquio, in quanto assunta d’iniziativa da parte di uno degli interlocutori pur se all’insaputa dell’altro, ne rende legittima l’utilizzazione anche se detta iniziativa sia stata suggerita dal difensore e l’intercettazione sia stata resa possibile grazie agli strumenti messi a disposizione da un investigatore privato, trattandosi di professionisti al servizio della parte e non portatori di interesse terzo rispetto a cliente. Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 14 aprile 2016, n. 15627.
Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 14 aprile 2016, n. 15627 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. LAPALORCIA Grazia – Presidente Dott. GORJAN Sergio – rel. Consigliere Dott. MICCOLI Grazia – Consigliere Dott. SCARLINI Enrico V.S. – Consigliere Dott....
È sufficiente che le espressioni offensive rivolte al pubblico ufficiale «possano essere udite dai presenti» perché scatti il reato di oltraggio. Infatti, il bene giuridico fondamentale tutelato dall'articolo 341-bis del codice penale è il buon andamento della pubblica amministrazione, per cui «già questa potenzialità costituisce un aggravio psicologico che può compromettere la sua prestazione, disturbandolo – mentre compie un atto del suo ufficio – perché gli fa avvertire condizioni avverse, per lui e per la pubblica amministrazione della quale fa parte, e ulteriori rispetto a quelle ordinarie». Corte di Cassazione, sezione VI, sentenza 13 aprile 2016, n. 15440.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI sentenza 13 aprile 2016, n. 15440 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ROTUNDO Vincenzo – Presidente Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere Dott. CITTERIO Carlo – Consigliere Dott. COSTANZO Angelo – rel. Consigliere Dott. RICCIARELLI...
La regola del ne bis in idem processuale opera nei soli casi di annullamento in conseguenza di un controllo di merito del provvedimento e non anche nei casi di perenzione per vizi di forma. Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 12 aprile 2016, n. 15097.
Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 12 aprile 2016, n. 15097 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. FIALE Aldo – Presidente Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere Dott. MANZON Enrico – Consigliere Dott. DI NICOLA Vito – rel. Consigliere...
In caso di declaratoria di inammissibilità dell’appello, ai sensi dell’art. 348-bis cod. proc. civ., il termine per proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di primo grado – decorrente, a norma del successivo art. 348-ter cod. proc. civ., dalla comunicazione (o notificazione, se anteriore) dell’ordinanza che ha dichiarato inammissibile il gravame – si identifica in quello “breve” di cui all’art. 325, comma 2, cod. proc., dovendo intendersi pertanto il riferimento all’applicazione dell’art. 327 cod. proc. civ. “in quanto compatibile” (contenuto nel medesimo art. 348-ter cod. proc. civ.), come limitato ai casi in cui tale comunicazione (o notificazione) sia mancata. Corte di Cassazione, sezione VI, ordinanza 29 aprile 2016, n. 8476.
Suprema Corte di Cassazione sezione VI ordinanza 29 aprile 2016, n. 8476 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SESTA CIVILE SOTTOSEZIONE 3 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. ARMANO Uliana – Presidente Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere Dott. RUBINO Lina –...
Qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell'atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto; non può, invece, ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 28 aprile 2016, n. 8468.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 28 aprile 2016, n. 8468 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. MAZZACANE Vincenzo – Presidente Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere Dott. SCALISI Antonino – Consigliere Dott. SCARPA Antonio...
L’autorità amministrativa che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, quando sta in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario appositamente delegato – come è consentito dall’art. 23, comma 4, della legge 24 novembre 1981, n. 689 – non può ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sono, in tal caso, liquidabili in favore dell’ente le spese, diverse da quelle generali, che abbia concretamente affrontato in quel giudizio e purché risultino da apposita nota. Corte di Cassazione, sezione II, sentenza 27 aprile 2016, n. 8413.
Suprema Corte di Cassazione sezione II sentenza 27 aprile 2016, n. 8413 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE SECONDA CIVILE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. PETITTI Stefano – Presidente Dott. ORICCHIO Antonio – Consigliere Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere Dott. FALABELLA Massimo...