Cassazione 15

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 29 aprile 2016, n. 8476

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. FRASCA Raffaele – rel. Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. RUBINO Lina – Consigliere
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28176/2013 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), in qualita’ di coniuge ed erede legittimo della sig.ra (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 2747/2011 del TRIBUNALE di VERONA, depositata il 07/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELE FRASCA.

FATTO E DIRITTO

Ritenuto quanto segue:
p.1. (OMISSIS), nella qualita’, quale coniuge, di erede legittimo di (OMISSIS), ha proposto ricorso per cassazione, ai sensi dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, contro l’ (OMISSIS) e (OMISSIS) e avverso la sentenza n. 274 del 2011, emessa in primo grado inter partes dal Tribunale di Verona.
Il ricorso e’ stato proposto dopo la declaratoria, da parte della Corte di Appello di Venezia, con ordinanza ai sensi dell’articolo 348 bis c.p.c., del 16 aprile 2013, dell’inammissibilita’ dell’appello proposto dal ricorrente avverso la suddetta sentenza di primo grado.
p.2. Al ricorso ha resistito con controricorso il (OMISSIS), mentre non hanno svolto attivita’ difensiva gli altri intimati.
p.3. Prestandosi il ricorso ad essere trattato ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., e’ stata redatta relazione ai sensi di tale norma e ne e’ stata fatta notificazione agli avvocati delle parti costituite unitamente al decreto di fissazione dell’odierna adunanza.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
Considerato quanto segue:
p.1. Nella relazione ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., che, per mero errore materiale, indicava la data di deposito dell’ordinanza della corte territoriale nel 19 luglio 2013 sono state svolte le seguenti considerazioni:
“(….) p.3. Il ricorso puo’ essere deciso in camera di consiglio ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c., in quanto appare manifestamente inammissibile.
Queste le ragioni.
p.3.1. Sia nell’intestazione del ricorso, sia successivamente parte ricorrente non ha allegato che l’ordinanza della Corte d’Appello non gli sarebbe stata comunicata.
Ora, l’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, prevede che il termine per l’impugnazione, riferito alla sentenza di primo grado, decorre dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore e, quindi, per il caso di mancanza dell’una e dell’altra formalita’, prevede l’operativita’ del c.d. termine lungo di cui all’articolo 327 c.p.c..
Ne segue che chi esercita il diritto di ricorrere in cassazione, se e’ avvenuta la comunicazione dell’ordinanza deve rispettare il termine di sessanta giorni da essa, posto che l’articolo 348 ter, comma 3, secondo inciso, quando allude al termine per proporre ricorso per cassazione, allude a quello di cui all’articolo 325 c.p.c., comma 2. Solo per il caso che la controparte abbia notificato la sentenza prima della comunicazione (che l’articolo 133 c.p.c., assoggetta ad un termine di cinque giorni e cio’ anche nel testo applicabile alla controversia) notifichi, il termine de quo decorre dalla notificazione. Lo stesso decorso si verifica se la cancelleria ometta del tutto la comunicazione. In fine, solo qualora risulti omessa la comunicazione e manchi anche la notificazione, opera il termine lungo di cui all’articolo 327 c.p.c..
Questa essendo la disciplina dettata dal legislatore chi esercita il diritto di ricorrere in Cassazione a norma dell’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, per dimostrare la sua tempestivita’, qualora proponga il ricorso oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, potendo la comunicazione avvenire fino dallo stesso giorno della pubblicazione, e’ tenuto ad allegare, se la comunicazione sia mancata al momento in cui notifica il ricorso, che essa non e’ avvenuta e, gradatamente, che non e’ avvenuta la notificazione e che, pertanto, propone il ricorso fruendo del c.d. termine lungo.
Nella specie la ricorrente non ha allegato che l’ordinanza non le sarebbe stata comunicata ed ha notificato il ricorso nel dicembre del 2013, cioe’ ben oltre i sessanta giorni dalla pubblicazione dell’ordinanza, che, al lordo della sospensione dei termini per il periodo feriale del 2014, venivano scadere il 15 giugno 2013.
In tale situazione non essendo stata allegata la mancata comunicazione l’impugnazione non appare tempestiva gia’ sulla base della sola lettura del ricorso, giacche’, essendo la comunicazione possibile dalla data della pubblicazione, la mancata allegazione del se e quando essa sia avvenuta rende il ricorso nella sua attivita’ assertiva carente dell’allegazione della sua tempestivita’.
p.3.2. Peraltro, dalla stessa copia dell’ordinanza e da quanto allegato anche nel controricorso dal resistente emerge che l’ordinanza della Corte d’appello palermitana venne comunicata a mezzo PEC lo stesso giorno della sua pubblicazione, onde la mancanza di dimostrazione della tempestivita’ del ricorso, emergente dalla segnalata carenza di allegazione del ricorso (la quale di per se’ sola avrebbe giustificato l’inammissibilita’, salvo dimostrazione nella fissanda camera di consiglio dell’ipotetica mancanza di comunicazione), risulta anche conclamata.
p.3.3. Per mera completezza si deve anche aggiungere che l’esposizione del fatto del ricorso risulta assolutamente carente, non essendosi indicate le ragioni dell’appello e, dunque, non potendosi neppure comprendere se le questioni ora sollevate contro la sentenza di primo grado con esse erano state al giudice d’appello devolute (si vedano in termini Cass. (ord.) nn. 8940, 8941, 8942 e 8943 del 2014)”.
p.2. Il Collegio condivide le argomentazioni e le conclusioni della relazione, alle quali parte ricorrente muove rilievi che non appaiono in alcun modo idonei a superarle.
Essi si sostanziano nell’assunto che l’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, quando allude al termine per impugnare riferendolo alla comunicazione avrebbe voluto individuare tale termine, in quanto non previsto dalle norme generali sui termini c.d. brevi per l’impugnazione, nel termine c.d. lungo ora di sei mesi, di cui all’articolo 327 c.p.c., comma 1.
La prospettazione della parte ricorrente e’ priva di fondamento: questa Corte ha gia’ affermato il principio di diritto secondo cui: “Poiche’ l’articolo 348 ter c.p.c., comma 3, nel prevedere che, una volta dichiarato inammissibile l’appello con l’ordinanza di cui al comma 1, della stessa norma, puo’ essere proposto ricorso per cassazione contro la sentenza di primo grado, stabilisce poi che il termine per il ricorso per cassazione decorre dalla comunicazione (atto della cancelleria) o, se anteriore, dalla notificazione (atto ad istanza di parte), deve ritenersi che il riferimento a detto termine evochi quello indicato dall’articolo 325 c.p.c., comma 2, restando cosi’ esclusa la possibilita’ di intendere la successiva previsione dell’applicabilita’ dell’articolo 327 c.p.c., e, quindi, del suo comma 1, come significativa della volonta’ del legislatore di far decorrete dai detti eventi il termine c.d. lungo cola’ previsto, che, pertanto, resta applicabile solo allorquando non sia avvenuta ne’ la comunicazione ne’ la notificazione”. (Cass. (ord.) n. 25115 del 2015.
Alle motivazioni di tale decisione e’ sufficiente rinviare.
p.3. Il ricorso e’, pertanto, dichiarato inammissibile.
p.4. Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo ai sensi del Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, tenendo conto che il valore della controversia e’ quello emergente dalla somma risarcitoria che era stata chiesta con l’atto introduttivo, come ha evidenziato nella sua nota spese parte resistente (cioe’ di Euro 100.000,00).
p.5. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione ai resistenti delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.624,98, di cui 24,98 per esborsi, oltre spese generali ed accessori come per legge. Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato articolo 13, comma 1 bis.

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