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Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 19 marzo 2014, n. 12939. Per poter configurare la contravvenzione di cui all'art. 659 cod. pen. è necessario che i rumori prodotti, oltre ad essere superiori alla normale tollerabilità, abbiano la attitudine a propagarsi, a diffondersi, in modo da essere idonei a disturbare una pluralità indeterminata di persone. Tanto viene dedotto dalla considerazione della natura del bene giuridico protetto, consistente nella quiete pubblica e non nella tranquillità dei singoli soggetti che denuncino la rumorosità altrui. Pertanto, quando l'attività disturbante si verifichi in un edificio condominiale, come ricorre nel caso in esame, per ravvisare la responsabilità penale del soggetto agente non è sufficiente che i rumori, tenuto conto anche dell'ora notturna o diurna di produzione e della natura delle immissioni, arrechino disturbo o siano idonei a turbare la quiete e le occupazioni dei soli abitanti l'appartamento inferiore o superiore rispetto alla fonte di propagazione, i quali, se lesi, potranno far valere le loro ragioni in sede civile, azionando i diritti derivanti dai rapporti di vicinato, ma deve ricorrere una situazione fattuale diversa di oggettiva e concreta idoneità dei rumori ad arrecare disturbo alla totalità o ad un gran numero di occupanti del medesimo edificio, oppure a quelli degli stabili prossimi, insomma ad una quantità considerevole di soggetti. Soltanto in tali casi, come risulta essersi verificato in quello affrontato dalla sentenza impugnata, potrà dirsi turbata o compromessa la quiete pubblica

Suprema Corte di Cassazione sezione I sentenza 19 marzo 2014, n. 12939 Ritenuto in fatto 1. Con sentenza resa il 13 dicembre 2012 la Corte di Appello di Venezia riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Treviso dei 20 giugno 2011, che aveva dichiarato l’imputata R.F. colpevole del reato di cui agli artt. 81 cpv.,...

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Corte di Cassazione, sezione III, sentenza 14 marzo 2014, n. 12253. La facolta' dell'imputato di accedere a un rito alternativo (nella specie, il patteggiamento) puo' essere esercitata, in caso d'imputazione alternativa, fino a quando viene meno l'incertezza determinata dalla duplicita' della contestazione mediante la formulazione da parte del P.M., ove effettuata, dell'imputazione definitiva

Suprema Corte di Cassazione sezione III sentenza 14 marzo 2014, n. 12253 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TERZA PENALE Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. SQUASSONI Claudia – Presidente Dott. GENTILE Mario – Consigliere Dott. ACETO Aldo – Consigliere Dott. GENTILI Andrea – Consigliere Dott. SCARCELLA Alessio...

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Corte di Cassazione, S.U.P., sentenza 14 marzo 2014, n. 12228. Il reato di cui all'articolo 317 c.p., come novellato dalla Legge n. 190 del 2012, e' designato dall'abuso costrittivo del pubblico ufficiale

Le massime 1) “il reato di cui all’articolo 317 c.p., come novellato dalla Legge n. 190 del 2012, e’ designato dall’abuso costrittivo del pubblico ufficiale, attuato mediante violenza o – piu’ di frequente – mediante minaccia, esplicita o implicita, di un danno contra ius, da cui deriva una grave limitazione, senza tuttavia annullarla del tutto,...

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Corte di Cassazione, sezione V, sentenza 17 marzo 2014, n. 12473. Sussiste la circostanza aggravante della destrezza (art. 625, comma primo, n. 4, cod. pen.), qualora la condotta di sottrazione e di impossessamento del bene si realizzi mediante approfittamento delle condizioni più favorevoli per cogliere l'attimo del momentaneo distacco del proprietario della cosa e, dunque, di una condizione di attenuata difesa, quale è quella di colui che la perda di vista, per una frazione di tempo, senza precludersi, tuttavia, il controllo e l'immediato ricongiungimento con essa; l'approfitta mento di questa frazione di tempo, in permanenza della vigilanza diretta e immediata della cosa, configura la condotta elusiva che il legislatore intende punire più gravemente, in quanto espressione di una particolare attitudine criminale del soggetto. Ne consegue che detta aggravante non ricorre nel caso in cui il derubato si trovi in altro luogo, ancorché contiguo, rispetto a quello in cui si sia consumata l'azione furtiva o comunque si sia allontanato da esso, in quanto in questo caso la condotta non è caratterizzata da particolare abilità dell'agente nell'eludere il controllo di cui sia consapevole, ma dalla semplice temerarietà di cogliere un'opportunità in assenza di detto controllo, il che è estraneo alla fattispecie dell'aggravante della destrezza

Suprema Corte di Cassazione sezione V sentenza 17 marzo 2014, n. 12473 Ritenuto in fatto 1. Per quanto ancora rileva, la Corte d’appello de L’Aquila ha confermato l’affermazione di responsabilità di C.R. in relazione al reato di cui agli artt. 624, 625, comma primo, n. 4 e 7, 61 n. 10, cod. pen., per avere...

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Corte di Cassazione, sezione IV, sentenza 27 febbraio 2014, n. 9695. Il giudizio di alta probabilità logica non definisce il nesso causale in sé e per sé, ma piuttosto il criterio con il quale procedere all'accertamento probatorio di tale nesso, il quale, diversamente da quanto accade per l'accertamento di ogni altro elemento costitutivo del reato, deve consentire di fondare, all'esito di un completo e attento vaglio critico di tutti gli elementi disponibili, un convincimento sul punto, dotato di un elevato grado di credibilità razionale (nella specie si condannava un medico che, a causa di una errata manovra nei confronti di una donna durante il parto, aveva provocato un intempestivo distacco della placenta che "con un elevato grado di probabilità logica" non si sarebbe diversamente verificato qualora l'imputato non avesse esercitato una o più spinte sull'addome della partoriente, con la mano prima e con il braccio poi, sebbene non risultasse che la testa del bambino avesse già impegnato il canale del parto, e dunque in un momento in cui quella manovra non era consigliabile).

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE IV SENTENZA 27 febbraio 2014, n. 9695 Ritenuto in fatto  1. Con sentenza del 18/10/2012 la Corte d’Appello di Catania, in riforma della sentenza di primo grado, assolveva, per insussistenza del fatto, S.A. dal delitto p. e p. dagli artt. 590, commi 1 e 2, e 583, comma 2 n....