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Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza  17 marzo 2014, n. 12428 

Fatto e diritto

Con sentenza 17.2.2012, la corte di appello di Ancona, in riforma della sentenza 25.5.09 del tribunale di Macerata, sezione di Civitanova Marche, ha assolto F.F. dal reato di diffamazione, che era stato contestato per avere, quale dirigente dell’Istituto Raffaello Sanzio di Porto Potenza Picena, offeso la reputazione tra gli altri, di M.M. e N.S., inviando ai genitori degli alunni delle classi quinte elementari del suddetto istituto una missiva, datata 24.1.02, contenente le seguenti espressioni “agire subdolamente allo scopo di denigrare l’istituzione….persone pedagogicamente incompetenti” nonché attribuendo, con tecnica retorica ai destinatari, che avevano deciso di iscrivere in altro istituto i propri figli per la scuola media, la mancanza di oculatezza ed intelligenza (Genitori oculati ed intelligenti scelgono la scuola migliore del territorio).
Secondo la corte territoriale, la missiva – che costituisce la risposta in forma educata, alle provocazioni manifestate dai genitori in una precedente riunione – è priva di contenuto offensivo, in quanto le espressioni sono contenute in una prudente cautela e quindi nella correttezza, anche perché sono indirizzate in modo generico e collettivo a destinatari (i genitori degli alunni delle quinte elementari), di cui sono omesse le generalità, anche se identificabili. Di qui la non configurabilità dell’elemento psicologico della diffamazione e l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.
Il difensore della parte civile M.M. ha presentato ricorso per i seguenti motivi:
1. violazione di legge in riferimento agli artt. 595 e 599 c.p.: il contenuto della missiva è pacificamente offensivo sotto il profilo del reato di ingiuria e di diffamazione; pur in assenza dell’esplicita indicazione del nome del querelante, risulta che le parole offensive riguardano la sua reputazione, essendo facilmente individuabile la sua persona nel ristretto numero dei genitori (7) che avevano preso la decisione di iscrivere il proprio figlio in altra scuola, decisione che avevano esposto nel corso della riunione tenutasi in parrocchia il 17.1.02. La corte ha ritenuto giustificate le espressioni contenute nella lettera, avendole qualificate come reazione a un fatto ingiusto altrui, specificamente al comportamento provocatorio assunto dai genitori che avevano comunicato, nella suddetta riunione, la decisione di iscrivere i propri figli alla scuola media Luigi Pirandello di Civitanova Marche. La corte però non evidenzia, al di là della decisione di iscrivere ad altra scuola il proprio figlio, alcun elemento riferibile al M. (assente alla suddetta riunione) che possa essere qualificato come “provocazione” ex art. 599 c.p. Ad adiuvandum, il ricorrente rileva che neanche alla moglie S.N., presente alla riunione, è attribuito specificamente un comportamento offensivo nei confronti del F.
In data 22.11.2013, nell’interesse del F. è stata presentata memoria difensiva, con cui si sostiene che il ricorrente sollecita un giudizio di merito su quanto deciso dalla corte di merito e si propone una ricostruzione sia dell’antefatto, che è all’origine della polemica tra il dirigente dell’istituto scolastico e i genitori di alcuni degli alunni della quinta classe elementare; sia dello svolgimento della riunione del 17 gennaio.
Il ricorso merita accoglimento
Innanzitutto non può avere alcun rilievo favorevole al F., la circostanza -rilevata dalla sentenza impugnata – del mancato riferimento alle precise generalità delle persone, che sono state indicate come
– slealmente e vilmente critiche nei confronti dell’istituzione scolastica diretta dal F., – incompetenti nelle opzioni educative della prole,
– prive di oculatezza e di intelligenza nella scelta dell’istituto scolastico.
Per la sussistenza del delitto di ogni forma di diffamazione, la persona cui sia diretta l’offesa deve essere determinata, mentre non è necessario che sia indicata nominativamente, essendo sufficiente che sia indicata in modo tale da poter essere agevolmente e con certezza individuata. La diffamazione, infatti, postula la propalazione o la diffusione di notizie lesive della reputazione di un soggetto determinato o almeno sicuramente e inequivocabilmente identificabile.
E’ condivisibile inoltre l’argomentazione del ricorrente, secondo cui è del tutto assente nella motivazione della sentenza impugnata l’indicazione di una condotta rilevante ai fini del riconoscimento dell’esimente ex art. 599 cpv c.p., cioè di un qualsiasi comportamento del M. che, “ictu oculi”, non possa, neppure astrattamente, trovare giustificazione in alcuna disposizione normativa ovvero nelle regole comunemente accettate della civile convivenza (sez. 5 n. 13.570 del 13.3.08, n. 239830). Non è sicuramente qualificabile come lesivo di norma giuridica o di regola comunemente accettata dalla civile convivenza, la manifestazione del dissenso di un cittadino nei confronti del livello organizzativo e culturale di un istituto scolastico nonché la manifestazione della sua volontà di scegliere un altro istituto, per l’educazione e per lo sviluppo del sapere del proprio figlio.
A fronte della errata esclusione del contenuto diffamatorio della missiva per “genericità” dei destinatari delle espressioni offensive e dell’errato riconoscimento dell’esimente ex art. 599 cpv c.p., la sentenza va annullata limitatamente agli effetti civili , con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente per materia in grado di appello.

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