Raccomandata: Presunzione di conoscenza e onere prova

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|15 gennaio 2025| n. 964.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

Massima: La produzione in giudizio di copia di un atto spedito con lettera raccomandata, unitamente all’avviso di ricevimento della stessa, fa presumere, ex art. 1335 c.c., la conoscenza di tale atto da parte del destinatario, al quale spetta, in conformità al principio di “vicinanza della prova”, l’onere di dimostrare che il plico conteneva un atto diverso o nessun documento. (Nella specie, la S.C. ha rigettato il ricorso avverso la sentenza che aveva ritenuto raggiunta la prova del regolare recesso anticipato del conduttore, la cui validità era stata contestata dal locatore, deducendo che nel plico ricevuto non era contenuta la comunicazione di disdetta).

 

Ordinanza|15 gennaio 2025| n. 964. Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

Integrale

Tag/parola chiave: Negozi giuridici – Unilaterali – Recettizi atto spedito con lettera raccomandata – Produzione in giudizio di copia e dell’avviso di ricevimento – Presunzione di coincidenza tra la missiva ricevuta e quella prodotta – Sussistenza – Fondamento – Fattispecie.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta da

Dott. FRASCA Raffaele G.A. – Presidente

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere

Dott. MOSCARINI Anna – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere rel.

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 26076/2021 R.G. proposto da

WA.IM. Srl UNIPERSONALE IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. An.Ma., con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore

– ricorrente –

contro

BANCA POPOLARE DI.SO. SOC. COOP. P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Gi.Mo., con domicilio telematico all’indirizzo PEC del proprio difensore

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 1852/2021 della CORTE DI APPELLO DI ROMA, depositata il giorno 11 marzo 2021.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 settembre 2024 dal Consigliere RAFFAELE ROSSI.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

FATTI DI CAUSA

1. Con contratto stipulato e decorrente dal 1 giugno 2007, la WA.IM. Srl unipersonale (in appresso, in breve: Wap) concesse in locazione alla Banca Popolare DI.SO. soc. coop. p.a. (in appresso, per brevità: BP. un immobile sito in R, (Omissis), adibito ad esercizio di attività bancaria, per una durata di sei anni e verso un canone stabilito in misura progressivamente crescente anno per anno, “a titolo di compensazione” dei lavori di ristrutturazione del bene eseguiti, a proprie spese, dalla BP., già detentrice del cespite in forza di pregresso rapporto negoziale.

Con lettera raccomandata inviata il 30 settembre 2011, la BP. esercitò la facoltà di recedere anticipatamente dal contratto, con il preavviso di sei mesi per il rilascio dell’immobile.

2. La Wa. intraprese due giudizi innanzi il Tribunale di Roma:

2.1. con ricorso monitorio, richiese ingiunzione di pagamento della somma di Euro 326.790,75, a titolo di canoni di locazione per il periodo da marzo a novembre dell’anno 2012: avverso il decreto emesso in conformità della istanza, BP. spiegò opposizione;

2.2. previo procedimento per accertamento tecnico preventivo volto alla verifica dello stato e delle condizioni dell’immobile, chiese accertarsi la legittimità del proprio rifiuto a rientrare nella detenzione del bene e domandò la condanna di BP. al pagamento dei seguenti importi: (i) Euro 794.579,55, a titolo (per l’ipotesi in cui il contratto di locazione fosse ritenuto ancora vigente) di canoni locatizi per il periodo da marzo 2012 a novembre 2013 oppure quale risarcimento danni per l’occupazione sine titulo nel medesimo arco temporale; (ii) Euro 360.000, quale canone non versato per le annualità da giugno 2007 all’anno 2011, sul presupposto che BP. non avesse effettuato gli interventi edilizi di cui al contratto; (iii) Euro 260.000, quale somma occorrente per ripristinare il buono stato locativo dell’immobile; (iv) Euro 250.000, quale risarcimento danni per lesione del credito, pregiudizio nei rapporti con i terzi, lesione dell’immagine in termini di affidabilità creditizia e finanziaria.

3. Riunite le controversie, all’esito del giudizio di prime cure, svolto nell’attiva resistenza di BP., venne revocato il decreto ingiuntivo e furono rigettate tutte le domande della Wa..

4. La decisione in epigrafe indicata ha disatteso l’appello interposto dalla Wa., la quale, pertanto, ricorre per cassazione, affidandosi a nove motivi, cui resiste, con controricorso, BP..

5. Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

CONSIDERATO CHE

1. Il primo motivo denuncia “nullità della sentenza impugnata nella parte in cui i giudici di secondo grado, nel non valutare correttamente gli atti di causa, hanno affermato la correttezza della disdetta effettuata da BP. dal contratto di locazione de quo. Violazione degli artt. 2697, 2721, 2729 cod. civ., oltre che degli artt. 112,115 e 116 cod. proc. civ., in materia di valutazione e acquisizione delle prove”.

Parte ricorrente contesta, in sintesi, l’accertata validità del recesso, sostenendo che sia errata la valutazione di idoneità a tal fine della missiva raccomandata spedita da BP. il 30 settembre 2021, in quanto la Wa. aveva dedotto che nel plico ricevuto non era contenuta la comunicazione di disdetta: assume che l’onere della dimostrazione del reale contenuto del plico raccomandato grava sul mittente.

1.1. Il secondo motivo prospetta, sulla scorta dei medesimi assunti del primo “illegittimità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1135 cod. civ., 137 cod. proc. civ., 14 della legge 20 novembre 1982, n. 890, avendo il giudice di seconde cure ritenuto efficace la notifica della disdetta di BP.”.

2. I motivi – da scrutinare congiuntamente, evidente l’intrinseca connessione che li avvince – sono destituiti di fondamento.

2.1. Pur dopo sporadiche pronunce di tenore dissonante, questa Corte, con orientamento che oramai può dirsi consolidato, ha chiarito che la consegna di un plico raccomandato al domicilio del destinatario, risultante dall’avviso di ricevimento, fa presumere, ai sensi dell’art. 1335 cod. civ., in conformità al principio della c.d. vicinanza della prova, la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, il quale, ove deduca che il plico non conteneva alcun atto o che lo stesso era diverso da quello che si assume spedito, è onerato della relativa prova (così, con intento nomofilattico, Cass. 22/06/2018, n. 16528, alla quale si fa adesiva relatio, anche ai sensi dell’art. 118, primo comma, disp. att. cod. proc. civ.; tra i successivi arresti nella medesima direzione cfr., ex plurimis, Cass. 26/11/2019, n. 30787; Cass. 14/07/2020, n. 14941; Cass. 13/08/2020, n. 17029; Cass. 12/01/201, n. 237).

A detto indirizzo si è conformata la decisione qui gravata: e ad esso – nemmeno scalfito dalle generiche doglianze di parte ricorrente, circoscritte al richiamo ad alcuni precedenti risalenti nel tempo ed espressione di contrario avviso – va data convinta continuità, vieppiù sul rilievo che regole di comune esperienza esigono da colui che riceve una raccomandata dal contenuto vuoto una tempestiva (e sicura) interlocuzione con il mittente, soprattutto se questi sia (o almeno appaia) un soggetto con cui si intrattiene un rapporto contrattuale.

2.2. Impropria e non pertinente rispetto al contenuto del motivo è poi l’evocazione, quali disposizioni asseritamente inosservate, degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

Per monolitico orientamento di nomofilachia, infatti, abilita la proposizione dell’impugnazione di legittimità la violazione:

-) dell’art. 115 cod. proc. civ. qualora il giudice, in espressa o implicita contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti o mai acquisite in giudizio oppure non introdotte dalle parti ma disposte di propria iniziativa fuori dai poteri istruttori officiosi riconosciutigli (tra le tantissime, v. Cass. 26/04/2022, n. 12971; Cass. 01/03/2022, n. 6774; Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867; Cass. 23/10/2018, n. 26769);

-) dell’art. 116 cod. proc. civ., invece, allorquando si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092; Cass. 18/03/2019, n. 7618; e già Cass. 10/06/2016, n. 11892);

-) dell’art. 2697 cod. civ. soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella sui quali esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni: Cass. 23/10/2018, n. 26769; Cass., Sez. U, 05/08/2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto).

Fattispecie in tutta evidenza eccentriche rispetto alle censure articolate da parte ricorrente e qui esaminate.

3. Il terzo motivo denuncia violazione degli artt. 1362, 1374 e 1375 cod. civ. “per non aver il giudice valorizzato il contratto, secondo la reale intenzione delle parti e secondo il contegno da esse manifestato prima, durante e dopo il rapporto contrattuale”.

Lamenta una non corretta applicazione delle regola di ermeneutica contrattuale, per avere la Corte territoriale valorizzato unicamente alcune clausole del contratto di locazione (quelle relative alla modalità del rimborso delle spese per i lavori eseguiti da BP. ed al recesso con esclusione dei danni) senza tener conto di altre (con le quali BP. si impegnava a riconsegnare l’immobile in buono stato locativo ed era fatto salvo l’obbligo di ripristino dei locali) nonché del contegno tenuto, anche dopo la scadenza del vincolo, dalla parte conduttrice.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

3.1. La censura è inammissibile.

Formulato in termini del tutto assertori nella premessa (“i capi di sentenza riportati nel primo motivo del presente ricorso ridondano, altresì, nella violazione…”), il motivo si diffonde in considerazioni circa l’obbligo a carico del conduttore di ripristino dell’immobile, ma senza in alcun modo spiegare perché la (supposta) esistenza di detto obbligo avrebbe potuto incidere sulla validità o sull’efficacia della disdetta inviata dal conduttore: esso è pertanto privo di concludenza.

Pur a voler superare l’evidenziato rilievo, si osserva come l’intera argomentazione sviluppata dall’impugnante, lungi dall’illustrare la inosservanza delle norme civilistiche menzionate, la postula come esito di una differente esegesi delle pattuizioni contrattuali e di una diversa ricostruzione della volontà delle parti (così finendo con l’impingere su valutazioni tipicamente riservate al giudice di merito) sulla scorta dei medesimi elementi di fatto già apprezzati dal giudice territoriale (in tal guisa risolvendosi in una inammissibile sollecitazione della Corte di legittimità ad un riesame delle emergenze probatorie).

4. Il quarto motivo assume “nullità della sentenza impugnata, nella parte in cui i giudici di secondo grado, nel non valutare correttamente gli atti di causa, hanno affermato la destituzione di fondamenta probatorie della C.T.U. espletata nel giudizio R.G. n. 29402 del 2012. Violazione dell’art. 2697 cod. civ., oltre che degli artt. 112, 115 e 116 cod. proc. civ. in materia di valutazione ed acquisizione delle prove”.

Ad avviso di parte impugnante, la gravata pronuncia ha di fatto smentito le risultanze del giudizio di accertamento tecnico preventivo, nel quale era stati appurati il pessimo stato manutentivo dell’immobile e la dispendiosità della spesa occorrente per la sua rimessione in pristino: circostanze tali da far emergere la responsabilità di BP. per non aver restituito il cespite nel buono stato manutentivo pattuito.

4.1. Il motivo è inammissibile, per plurime, concorrenti, ragioni.

Con argomentazione chiara ed esaustiva, la sentenza gravata ha negato valenza asseverativa all’elaborato peritale officioso conclusivo del procedimento per accertamento tecnico preventivo “per l’evidente errore nel quesito rivolto dal giudice al C.T.U. senza tener conto delle obbligazioni specifiche nascenti dal nuovo contratto del 2007 rispetto a quello stipulato nel 1995 dalla COFIMA e l’obbligo per la BP. di restituire l’immobile con le trasformazioni eseguite con il pieno consenso della Wa.”.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

A questa trama argomentativa il motivo in vaglio non rivolge alcuna considerazione critica, apoditticamente presupponendo la bontà della relazione di consulenza tecnica preventiva ed affermandone l’idoneità a fondare una pronuncia di segno contrario: in tal guisa, però, esso non assolve l’onere di specificità prescritto dall’art. 366, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., il quale impone al ricorrente di esprimere le ragioni del dissenso rispetto alla decisione gravata in termini tali da soddisfare i caratteri di specificità, completezza e pertinenza alla ratio decidendi del provvedimento impugnato (sul tema, v. Cass., Sez. U, 28/10/2020, n. 23745; Cass. 24/02/2020, n. 4905).

Ad ogni buon conto, la sollevata contestazione ancora una volta richiede a questa Corte una disamina della vicenda sotto il profilo fattuale e un nuovo apprezzamento degli elementi istruttori acquisiti nel corso della controversia di merito: attività, come è noto, estranee alla natura ed alla funzione del giudizio di legittimità.

Inammissibile è, poi, la asserita violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.: nemmeno indicata è la domanda, eccezione o motivo di gravame sul quale il giudice territoriale avrebbe omesso la pronuncia.

Infine, inconferente è – per le considerazioni già esposte sopra, sub par. 2.2. – la pretesa trasgressione degli artt. 115 e 116 del codice di rito e dell’art. 2697 del codice civile.

5. Il quinto motivo rileva “omessa e/o apparente motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di secondo grado ha ritenuto illegittimo il rifiuto di Wa. alla restituzione dell’immobile. Violazione degli artt. 24 e 111, comma sesto, Cost., 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., 118 disp. atto cod. proc. civ.”.

Sostiene, breviter, che il giudice territoriale non abbia data conto del proprio convincimento giustificante la non legittimità del rifiuto della Wa. alla restituzione dell’immobile: legittimità invece provata dal “cattivo stato locativo” del cespite e dalla necessità di gravose opere di ripristino, circostanze emergenti dall’istruttoria condotta.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

5.1. Il motivo è inammissibile.

In primo luogo, la pretesa violazione dell’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., è articolata sulla base di elementi tratti aliunde (in specie, sulle risultanze istruttorie) rispetto alla motivazione, sicché la sua deduzione non è conforme ai criteri sul punto elaborati dalla giurisprudenza di nomofilachia (basti qui il richiamo a Cass., Sez. U, 07/04/2014, nn. 8053-8054).

La Corte d’Appello romana ha nitidamente puntualizzato le ragioni giustificanti il proprio convincimento sulla illegittimità del rifiuto opposto dalla Wa. alla offerta informale di restituzione del bene locato, in ultima analisi ricondotte alla già intervenuta risoluzione del vincolo locatizio “a seguito del valido recesso da parte della BP., previsto dal contratto “in qualsiasi momento ad nutum”, senza alcuna prova gravante sulla conduttrice dei “gravi motivi” ex art. 27 della legge 27 luglio 1978, n. 392″ (pag. 9 della sentenza impugnata).

Concetto ulteriormente ribadito e rafforzato poco più innanzi: “è illegittimo il rifiuto opposto dalla Wa. alla riconsegna dell’immobile perché il contratto era validamente cessato tra le parti al 4/4/2012, sia perché è del tutto inverosimile che la Wa., per la rilevanza economica dei canoni pattuiti, non avesse avuto contatti neppure telefonici per addivenire ad una riconsegna dei locali dando riscontro al fax ricevuto, fermo restando il suo diritto di contestare lo stato dell’immobile all’atto della riconsegna nel contraddittorio tra le parti” (pag. 10).

Valutato come illegittimo il rifiuto della offerta non formale di riconsegna del bene, il giudice territoriale ne ha fatto discendere la esclusione della mora del conduttore e l’inapplicabilità dell’obbligo di pagare alla parte locatrice il corrispettivo convenuto.

Come evidente, si tratta di un percorso argomentativo chiaro, logico, coerente, pianamente intellegibile, frutto della valutazione dei motivi di gravame alla luce del compendio istruttorio acquisito: non si profila, quindi, il vizio di motivazione apparente (sulla cui nozione cfr., tra le tantissime, Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 22/09/2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 21/06/2016, n. 16599; Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232; Cass. 25/09/2018, n. 22598).

Siffatto iter logico-giuridico suffragante il dictum impugnato non è inoltre attinto criticamente dalle ulteriori contestazioni del ricorrente, basate sulla situazione fattuale dell’immobile assertivamente desunta dalla relazione del procedimento per accertamento tecnico preventivo a cui la sentenza espressamente nega valenza asseverativa: e tanto giustifica altresì l’inammissibilità della doglianza.

6. L’inammissibilità del quinto motivo importa l’assorbimento del settimo (rubricato “violazione degli artt. 1216 e 1220 cod. civ. per avere il giudice ritenuto valida l’offerta di restituzione dell’immobile da parte di BP.”), con il quale, sulla scorta dei medesimi elementi testé esaminati, si sostiene la legittimità del rifiuto della riconsegna del cespite da parte della Wa..

7. Il sesto motivo eccepisce “omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, consistente nella circostanza per cui la somma di Euro 24.750,13 non costituisce l’ammontare totale, definitivo ed immutabile offerto da BP. per la refusione dei danni arrecati all’immobile, bensì un mero acconto del maggior dovuto”.

7.1. Il motivo è inammissibile, dacché concerne affermazione della gravata pronuncia priva di decisività.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

Ed invero, la sentenza, sul punto, così si esprime: “immune da censura è il riferimento del Tribunale alla ricezione, da parte della WA., della somma di 24.750,13 all’udienza del 4.4.2014 al fine di riparare i danni non dovuti al deterioramento per vetustà” (pag. 11).

Orbene, il motivo in discorso, a dispetto dell’intestazione utilizzata, non allega la mancata considerazione di un fatto inteso in senso storico-naturalistico (cioè a dire di un concreto accadimento di vita), come richiesto dalla fattispecie disciplinata dall’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., bensì contesta l’attribuzione all’indicata somma di capacità interamente satisfattiva della pretesa risarcitoria.

Ma, a ben vedere, come evincesi dal trascritto stralcio della motivazione, la sentenza impugnata non compie un’attribuzione di tal fatta, limitandosi invece a riferire (cioè a dare atto) della vicenda del pagamento, senza ascrivere a quest’ultimo alcuno specifico effetto sulla domanda risarcitoria della WA., rigettata per la negata inidoneità dimostrativa della perizia di accertamento tecnico preventivo.

8. L’ottavo motivo rileva la “illegittimità della sentenza impugnata, per non avere il giudice concesso le istanze istruttorie “testimoniali” e per “interrogatorio” proposte da Wa.. Violazione degli artt. 2697 cod. civ., 115, 116, 230 ss. e 244 ss. cod. proc. civ.”.

Censura la dichiarata inammissibilità per irrilevanza della richiesta di interrogatorio formale e prova per testi formulata dalla WA..

8.1. Il motivo è inammissibile, per palmare inosservanza del principio di autosufficienza.

In ricorso manca infatti la riproduzione del contenuto dei capitoli di prova su cui erano stati richiesti l’interrogatorio formale e l’escussione di testimoni: lacunosità che preclude a questa Corte, per un verso, il vaglio di decisività dei mezzi istruttori di cui si lamenta l’illegittima mancata acquisizione e, per altro verso, inibisce in radice la praticabilità del sindacato sulla conformità a diritto dei provvedimenti di reiezione dell’assunzione di tali mezzi.

9. Il nono motivo lamenta “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324, 342 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., per avere il giudice di seconde cure rilevato la presenza di un giudicato interno in merito alla domanda di condanna della BP. per Euro 250.000, per lesione di immagine (anche finanziaria e creditizia) di Wa.”.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

9.1. Il motivo è inammissibile.

Parte ricorrente denuncia l’erronea affermazione di un giudicato interno sull’istanza risarcitoria per danni all’immagine la quale, però, nella struttura argomentativa della sentenza gravata è conseguenza della inammissibilità in parte qua dell’appello (“in assenza di specifici motivi di doglianza neppure indicati dall’appellante ex art. 342 cod. proc. civ. nell’atto di gravame avverso tale capo della sentenza”).

Era dunque avverso la statuizione di inammissibilità per genericità dell’appello che doveva appuntarsi l’impugnazione di legittimità: sul punto, il ricorso si limita ad asserire che “l’impostazione del gravame data da Wa. è integralmente incompatibile rispetto alla motivazione della decisione” e che “non v’era alcun bisogno di una precisa e puntuale critica analitica della parte relativa alla refusione del danno all’immagine (anche finanziaria e creditizia) di Wa.”.

L’argomentazione così dispiegata non scrutinabile nel merito per la mancata trascrizione, nel ricorso di adizione di questa Corte, del contenuto – quantomeno nei passaggi essenziali e d’interesse – degli atti processuali richiamati, ovvero della motivazione della decisione di prime cure e dell’interposto atto di appello, anche qui in violazione del principio di specificità sancito, a pena di inammissibilità, dall’art. 366, primo comma, numm. 4 e 6, cod. proc. civ.

D’altro canto, pur volendo seguire la prospettiva del ricorrente, asserire che “l’impostazione del gravame” oggetto dei precedenti motivi di ricorso per cassazione giustificava l’impugnazione del capo di sentenza relativo alla istanza risarcitoria in parola vuol dire auspicare la caducazione della statuizione reiettiva di essa come implicazione dell’accoglimento di alcuno dei pregressi motivi: sicché l’esito negativo di questi comporta l’assorbimento della censura de qua.

Raccomandata ricevuta presunzione conoscenza prova contraria al destinatario

10. In conclusione, il ricorso è rigettato.

11. Il regolamento delle spese del giudizio di legittimità segue il principio della soccombenza.

12. Atteso l’esito del ricorso, va poi dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento al competente ufficio di merito da parte del ricorrente – ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente, WA.IM. Srl unipersonale in liquidazione, alla refusione in favore di parte controricorrente, Banca Popolare DI.SO. soc. coop. p.a., delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.000 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 24 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 15 gennaio 2025.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

Benchè le linee guida in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica non richiedano espressamente l’anonimizzazione sistematica di tutti i provvedimenti, e solo quando espressamente le sentenze lo prevedono, si possono segnalare anomalie, richiedere oscuramenti e rimozioni, suggerire nuove funzionalità tramite l’indirizzo e-mail info@studiodisa.it, e, si provvederà immediatamente alla rimozione dei dati sensibili se per mero errore non sono stati automaticamente oscurati.

Il presente blog non è, non vuole essere, né potrà mai essere un’alternativa alle soluzioni professionali presenti sul mercato. Essendo aperta alla contribuzione di tutti,  non si può garantire l’esattezza dei dati ottenuti che l’utente è sempre tenuto a verificare.

Per aprire la pagina facebook @avvrenatodisa
Cliccare qui

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.