Procura nulla se la firma è illeggibile

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|30 gennaio 2025| n. 2150.

Procura nulla se la firma è illeggibile e il nome del firmatario non compare nel testo

Massima: La procura speciale alle liti rilasciata, per conto di una società esattamente indicata con la sua denominazione, con sottoscrizione illeggibile, senza che il nome del conferente, di cui si alleghi genericamente la qualità di legale rappresentante, risulti dal testo della stessa, né dall’intestazione dell’atto a margine od in calce al quale sia apposta, ed altresì priva, nell’uno o nell’altra, dell’indicazione di una specifica funzione o carica del soggetto stesso che lo renda identificabile attraverso i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese, è affetta da nullità (Nel caso di specie, ritenuta fondata l’eccezione mossa dalla società appellata, nonché odierna ricorrente, in ordine alla validità della procura “ad litem” rilasciata in favore del difensore della società appellante, non rilevata dal giudice del gravame, il quale avrebbe invece dovuto a fissare un termine perentorio per la sanatoria del relativo vizio, la Suprema Corte, riaffermati gli enunciati principi, ha cassato con rinvio la decisione gravata).

 

Ordinanza|30 gennaio 2025| n. 2150. Procura nulla se la firma è illeggibile e il nome del firmatario non compare nel testo

Integrale

Tag/parola chiave: Società – Contenzioso – Procura speciale alle liti – Denominazione sociale esatta –Illeggibilità della sottoscrizione – Nullità procura – Sussistenza – Presupposti

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta da

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere-Relatore

-ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 23979/2022 R.G. proposto da

AN. Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Ma.Ar.

– ricorrente –

contro

FO.MA. Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Fe.Ac.

– controricorrente –

Nonché contro

Ma.Um.

– intimato –

Avverso la sentenza n. 11001/2022 del TRIBUNALE DI ROMA, depositata il giorno 11 luglio 2022.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024 dal Consigliere RAFFAELE ROSSI.

Procura nulla se la firma è illeggibile e il nome del firmatario non compare nel testo 

FATTI DI CAUSA

1. La società FO.MA. Srl citò l’AN. Spa innanzi il Giudice di Pace di Roma per sentirla condannare al risarcimento dei danni riportati dalla sua autovettura a seguito dell’impatto con un cane, immessosi sul raccordo autostradale Sicignano – Potenza attraverso un varco presente nella rete metallica di recinzione di tale strada.

Nel resistere, la convenuta eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva, per essere ascrivibile l’occorso ad esclusiva responsabilità del proprietario del cane, tale Ma.Um.

Disposta ed espletata l’integrazione del contraddittorio nei riguardi di quest’ultimo, all’esito del giudizio di primo grado, l’adito giudice dichiarò l’AN. Spa carente di legittimazione passiva (e ne statuì la estromissione dalla lite) e condannò Ma.Um. al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 2.189,45, a titolo di ristoro dei danni subiti, nonché alla refusione delle spese processuali.

2. In accoglimento dell’appello interposto dalla FO.MA. Srl, la decisione in epigrafe indicata, accertata la responsabilità della società AN. Spa, quale custode ex art. 2051 cod. civ. del tratto di strada teatro del sinistro, l’ha condannata, in solido con Ma.Um., al risarcimento dei danni, come quantificati in prime cure, oltre alla refusione delle spese del doppio grado di giudizio.

3. Ricorre per cassazione l’AN. Spa, articolando quattro motivi, cui resiste, con controricorso, FO.MA. Srl

Non svolge difese in grado di legittimità Ma.Um.

4. Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

5. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni motivate con cui ha richiesto l’accoglimento del ricorso.

6. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis 1 cod. proc. civ.

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è articolato in quattro motivi.

1.1. Il primo rileva la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., per non aver esaminato le questioni pregiudiziali, sollevate dalla odierna ricorrente con la comparsa di risposta in appello, di inammissibilità dell’appello: (a) “per difetto di valida procura ad litem, stante la non identificabilità del soggetto sottoscrittore e la non riconducibilità della procura al giudizio di appello”; (b) per difetto di interesse ad impugnare, in quanto l’appellante era in toto vincitore verso il proprietario del cane.

1.2. Il secondo, per violazione o falsa applicazione degli artt. 2051 e 2052 cod. civ. nonché degli artt. 81 e 100 cod. proc. civ., assume la responsabilità esclusiva del proprietario dell’animale domestico per l’incidente, in alcun modo imputabile al gestore della strada, pur nella ipotesi di un buco nella rete di recinzione, per difetto di nesso di derivazione causale con la cosa oggetto di custodia.

1.3. Il terzo, per violazione degli artt. 93, 100, 132, 156, 287, 288 e 276, secondo comma, cod. proc. civ., censura, a titolo di error in procedendo rilevante ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., l’accoglimento dell’appello, invece inammissibile, per essere in relazione ai motivi con cui l’appellante aveva lamentato: (a) la mancata indicazione nel dispositivo della sentenza di primo grado degli interessi e della rivalutazione, riconosciuti in motivazione; (b) l’omessa distrazione delle spese di lite di prime cure in favore del difensore.

1.4. Il quarto ripropone le argomentazioni di cui al terzo in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ..

2. È fondato il primo motivo.

Nel costituirsi in appello, la AN. Spa ha sollevato in ordine alla ammissibilità dell’avverso gravame le sopra sintetizzate eccezioni (nella loro testuale articolazione riprodotte nel ricorso di adizione di questa Corte, nell’osservanza del principio di autosufficienza): su di esse, tuttavia, la sentenza impugnata ha in toto omesso di pronunciare, soltanto dedicando, nella descrizione dello svolgimento del processo, un fugace cenno alla contestazione sulla regolarità della procura quale contenuto delle difese dell’appellata, ma senza in alcun modo, neppure per implicito, statuire sulla stessa (e sul preteso difetto di interesse).

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Ora, è noto che il mancato esame di una domanda o di un’eccezione – riconducibile ad un error in procedendo del giudice di merito -giustifica l’annullamento, da parte della Suprema Corte, della sentenza impugnata a condizione che le questioni di fatto o di diritto dedotte e non scrutinate siano decisive. Per contro, qualora dette questioni siano in punto di diritto infondate e non richiedano ulteriori accertamenti in fatto, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, ha il potere di correggere la motivazione della decisione ai sensi dell’art. 384 cod. proc. civ. mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano il provvedimento gravato, apparendo palese l’incongruità di una rimessione della causa nella fase di merito al fine di dichiarare l’infondatezza del motivo erroneamente non vagliato (sul punto, Cass. 24/04/2023, n. 10898; Cass., Sez. U, 09/04/2019, n. 11933; Cass. 19/04/2018, n. 9693; Cass., Sez. U, 02/02/2017, n. 2731; Cass. 01/02/2010, n. 2313).

Tanto posto, l’eccezione mossa dall’appellata in ordine alla validità della procura ad litem conferita in favore del difensore della società appellante per il giudizio di appello non era destituita di fondamento, nei termini e per gli effetti in appresso puntualizzati.

Dall’esame degli atti di causa allegati al fascicolo del processo (alla cui lettura questa Corte è abilitata, trattandosi di verificare l’esistenza di un error in procedendo rilevante ex art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.) risulta che la procura rilasciata dalla FO.MA. Srl all’avvocato Vincenzo Palladino, allegata all’atto di citazione in appello, reca sottoscrizione illeggibile, apposta in calce ad un timbro con la mera denominazione della società, senza specificazione della carica sociale del sottoscrittore né indicazione del nominativo di esso; nell’atto di citazione in appello, poi, la società appellante è indicata come “FO.MA. Srl, in persona del legale rappresentante”, ancora una volta senza menzione di nominativo della persona fisica, carica sociale o di negozio di conferimento dei poteri rappresentativi.

Orbene, una procura del genere è inficiata da nullità.

Pianamente replicabile al caso è infatti il principio di diritto – oramai consolidato nella giurisprudenza di nomofilachia – secondo cui la procura speciale alle liti rilasciata, per conto di una società esattamente indicata con la sua denominazione, con sottoscrizione illeggibile, senza che il nome del conferente, di cui si alleghi genericamente la qualità di legale rappresentante, risulti dal testo della stessa, né dall’intestazione dell’atto a margine od in calce al quale sia apposta, ed altresì priva, nell’uno o nell’altra, dell’indicazione di una specifica funzione o carica del soggetto stesso che lo renda identificabile attraverso i documenti di causa o le risultanze del registro delle imprese, è affetta da nullità (così, sulla scia di Cass., Sez. U, 07/11/2013, n. 25036, tra le tante, Cass. 05/07/2017, n. 16634; Cass. 14/03/2022, n. 8132).

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E ciò perché “la certificazione del difensore del mandato alle liti in calce o al margine di un atto processuale riguarda solo l’autografia della sottoscrizione della persona che, conferendo la procura, si fa attrice o della persona che nell’atto si dichiara rappresentante della persona fisica o giuridica che agisce in giudizio, e non altro, con la conseguenza che deve considerarsi essenziale, ai fini della validità della procura stessa, che in essa, o nell’atto processuale al quale accede, risulti indicato il nominativo di colui che ha rilasciato la procura, in modo da rendere possibile alle altre parti e al giudice l’accertamento della sua legittimazione e dello ius postulandi del difensore. In difetto di queste indicazioni, la procura, ove la firma apposta sia illeggibile, deve considerarsi priva di effetti tutte le volte che il vizio formale abbia determinato l’impossibilità di individuazione della sua provenienza e, perciò, di controllo (anche aliunde) dell’effettiva titolarità dei poteri spesi” (così Cass. 18/03/2021, n. 7765; conf. Cass. 16/03/2012, n. 4199; Cass. 31/05/2006, n. 13018).

Verificata siffatta nullità, il giudice dell’appello era tenuto a fissare un termine perentorio per la sanatoria del vizio.

Alla vicenda in parola (giudizio di appello iniziato nell’anno 2021) trova invero ratione temporis applicazione il disposto dell’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ. nella formulazione emendata dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 (e prima della ulteriore modifica operata dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149), a mente del quale: “quando rileva un difetto di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle parti un termine perentorio per la costituzione della persona alla quale spetta la rappresentanza o l’assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni, ovvero per il rilascio della procura alle liti o per la rinnovazione della stessa. L’osservanza del termine sana i vizi e gli effetti sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima notificazione”.

Come osservato da questa Corte nella sua composizione più tipica di organo della nomofilachia (Cass., Sez. U, 21/12/2022, n. 37434), il significato più pregnante della novella apportata dalla legge n. 69 del 2009 è rappresentato dalla estensione del meccanismo di sanatoria contemplato dall’art. 182, secondo comma, cod. proc. civ. alle ipotesi di nullità della procura alle liti e dalla espressa qualificazione nei sensi di doverosità dell’assegnazione del termine per la regolarizzazione del vizio, con salvezza retroattiva degli effetti.

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L’accoglimento del primo motivo, logicamente preliminare, assorbe il vaglio delle ulteriori doglianze.

3. In conclusione, accolto il primo motivo ed assorbiti gli altri, va disposta la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, per un nuovo esame della causa alla luce degli enunciati princìpi.

4. Al giudice del rinvio è altresì demandata la regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 4 dicembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2025.

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