Nuova decisione dopo cassazione: non fa rivivere primo grado

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|17 gennaio 2025| n. 1186.

 

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

Massima: La cassazione di una sentenza di appello non determina la reviviscenza della sentenza di primo grado, assorbita e sostituita dalla sentenza cassata. Nel giudizio di rinvio, la nuova decisione deve statuire sulle domande delle parti nella nuova e autonoma fase processuale.

Ordinanza|17 gennaio 2025| n. 1186. Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

Integrale

Tag/parola chiave: Processo civile – Sentenza di appello – Cassazione con rinvio – Reviviscenza della decisione di primo grado – Esclusione – Motivi

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta da:

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Presidente
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere Rel.

Dott. ABETE Luigi – Consigliere

Dott. VAROTTI Luciano – Consigliere

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 22907/2018 R.G. proposto da

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dagli Avv. Ga.Ru., Lu.Po., Da.An. e Da.Bo., con domicilio eletto in Roma, via C.Be., presso l’Avvocatura centrale dell’Istituto;

– ricorrente e controricorrente –

contro

AC.IN. S.A. – N.V., in persona del procuratore speciale Ac.Ma., rappresentata e difesa dagli Avv. Al.Ro., Ca.Gi. e An.La., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, La.Di.;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e

GI.PS. Srl (già Gi.O. Organizzazioni Speciali Srl), in persona dell’amministratore delegato p.t. Sa.Gr., rappresentata e difesa dagli Avv. An.De. e Lu.Ni., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Pi.G.;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma n. 4939/17, depositata il 19 luglio 2017.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25 settembre 2024 dal Consigliere Guido Mercolino;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Andrea POSTIGLIONE, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso dell’INPS e del ricorso incidentale dell’AC.IN., ed il rigetto del ricorso incidentale della GI.PS..

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

FATTI DI CAUSA

1. L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale convenne in giudizio la Gi.O. Organizzazioni Speciali Srl, per sentir pronunciare la risoluzione per inadempimento del contratto di appalto stipulato il 23 aprile 1997, avente ad oggetto la fornitura del materiale (questionari e fogli di risposta) per un concorso interno a quattrocento posti di ispettore di vigilanza, con la con-danna della convenuta al risarcimento dei danni.

A sostegno della domanda, l’attrice riferì che il giorno fissato per lo svolgimento della prova d’esame l’appaltatrice aveva consegnato in ritardo il materiale, omettendo altresì d’inserire i questionari ed i fogli di risposta in plichi separati, come previsto dal capitolato, sì da impedire alla Commissione di procedere alla timbratura dei fogli di risposta prima dell’apertura dei plichi contenenti i questionari, a garanzia della segretezza delle domande e dell’imparzialità della prova, e da imporre l’annullamento d’ufficio della stessa, per violazione dell’art. 13 del D.P.R. 9 maggio 1994, n. 487.

Si costituì la Gi.OS., e resistette alla domanda, chiedendo, in via riconvenzionale, la condanna dell’attore al pagamento del corrispettivo pattuito.

Su istanza della convenuta, fu autorizzata la chiamata in causa della Ci.In., assicuratrice della Gi.OS., la quale si costituì in giudizio, chiedendo il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti.

1.1. Con sentenza del 2 agosto 2001, il Tribunale di Roma accolse la domanda principale e quella di manleva, pronunciando la risoluzione del contratto di appalto, e condannando la Gi.OS. al risarcimento del danno nella misura di Lire 1.493.871.655, oltre interessi, e l’AC.IN. S.a. – N.v. (già Ci.In.) alla rivalsa della somma dovuta dalla convenuta, al netto della franchigia contrattuale di Lire 15.000.000.

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

3. L’impugnazione proposta dall’OS e dall’AC.IN. fu accolta con sentenza del 29 settembre 2005, con cui la Corte d’Appello di Roma rigettò la domanda proposta dall’INPS ed accolse la domanda riconvenzionale pro-posta dalla Gi.OS., condannando l’INPS al pagamento della somma di Euro 8.296,88, oltre interessi legali sull’importo di Euro 6.972,88, e dichiarando assorbita la domanda di manleva.

4. Avverso la predetta sentenza l’INPS propose ricorso per cassazione, accolto da questa Corte con sentenza del 10 settembre 2013, n. 20687, che rigettò i ricorsi incidentali condizionati proposti dall’OS e dall’AC.IN..

A fondamento della decisione, questa Corte ritenne che, nell’escludere la gravità dell’inadempimento dell’appaltatrice, la Corte territoriale avesse fatto ricorso ad argomenti in parte incompatibili con l’art. 13 del D.P.R. n. 487 del 1994, ed in parte affetti da lacune ed omissioni, e quindi configurabili come motivazione insufficiente o incongrua. Osservò infatti che il comma terzo dello art. 13 cit., il quale impone la redazione degli elaborati su carta recante il timbro d’ufficio e la firma di un componente della Commissione, detta una regola di stretta interpretazione, volta a garantire l’originalità del prodotto intellettuale del candidato, che potrebbe risultare aggirata ove le operazioni di timbratura e firma avessero luogo non già prima, come implicitamente ed inequivocabilmente previsto dalla norma, ma dopo lo svolgimento della prova selettiva, al momento della riconsegna degli elaborati da parte dei candidati, con conseguente anomalo prolungamento di fatto delle operazioni concorsuali, che potrebbe favorire alcuni candidati rispetto ad altri. Aggiunse che la sentenza impugnata aveva trascurato le ulteriori anomalie derivanti dal mancato inserimento del questionario in un plico separato dal foglio di risposte, non avendo considerato che la Commissione non poteva procedere né alla chiusura delle buste contenenti i questionari dopo avere estratto, timbrato e vidimato i fogli di risposte, né alla consegna ai candidati dei questionari già aperti, poiché ciò avrebbe vanificato l’esigenza di evitare che i candidati venissero a conoscere anticipatamente e in tempi diversi il contenuto del questionario. Concluse quindi che la decisione dell’INPS di annullare la procedura concorsuale non poteva essere considerata arbitraria, costituendo invece espressione di una scelta discrezionale dell’ente, inidonea ad interrompere il nesso causale tra l’inadempimento e il danno dedotto.

5. Il giudizio è stato pertanto riassunto dinanzi alla Corte d’Appello di Roma, che con sentenza del 19 luglio 2017 ha parzialmente accolto l’appello principale proposto dall’AC.IN. e l’appello incidentale proposto dalla Gi.OS., a) confermando la risoluzione del contratto di appalto, b) rideterminando in Euro 43.259,83 la somma dovuta dalla Gi.OS. a titolo di risarcimento, oltre interessi legali sulla somma di Euro 31.212,00 rivalutata anno per anno dalla data della domanda ed interessi legali sulla somma di Euro 4.259,83 dalla data della sentenza, e c) dichiarando l’AC.IN. tenuta a rivalere la Gi.OS. della somma dovuta all’INPS, per la parte eccedente la franchigia contrattuale di Euro 7.746,85.

Premesso che l’appaltatrice aveva fornito i questionari ed i fogli di risposte in un’unica busta di cellofan, in tal modo imponendo alla Commissione di aprire gl’involucri per vidimare i fogli di risposte e poi di richiuderli, con con-seguente allungamento dei tempi della prova d’esame, oppure di consegnare i plichi dei questionari aperti, vanificando l’esigenza d’impedire che i candidati conoscessero preventivamente il contenuto delle domande, la Corte ha ritenuto che la soluzione adottata dalla Commissione, consistente nel consegnare i questionari e i fogli di risposte ancora uniti nell’involucro di cellofan, si ponesse in contrasto con l’art. 13, comma terzo, del D.P.R. n. 487 del 1994, volto a garantire che i fogli di risposte fossero vidimati prima dell’inizio della prova, ed ha concluso quindi per la gravità dell’inadempimento dell’appaltatrice, con la conseguente conferma della risoluzione del contratto, e l’infondatezza dell’appello proposto avverso il rigetto della domanda riconvenzionale proposta dalla Gi.OS..

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

In ordine alla misura del danno, la Corte ha ritenuto congrui gl’importi liquidati dal Giudice di primo grado, fatta eccezione per quello riconosciuto a titolo di risarcimento dei costi sopportati per l’erogazione dell’indennità di missione in favore dei partecipanti al concorso, già dipendenti dell’INPS, dando atto dell’imprevedibilità di tale danno al momento in cui era sorta l’obbligazione e della mancata indicazione delle norme che prevedevano l’obbligo di corrispondere l’indennità in favore dei partecipanti a una selezione concorsuale.

Quanto infine alla domanda di rivalsa, rilevato che la sentenza di cassazione aveva dichiarato inammissibile il relativo motivo di ricorso incidentale proposto dall’AC.IN., per difetto di una decisione al riguardo, ha ritenuto che, avendo la sentenza di appello ritenuto assorbito il relativo motivo di gravame, risultasse definitivamente acquisito al processo l’accertamento della sussistenza del rapporto assicurativo, essendo rimasto incontestato il contratto di assicurazione, ed ha quindi confermato la condanna dell’AC.IN..

6. Avverso la predetta sentenza l’INPS ha proposto ricorso per cassazione, articolato in due motivi, illustrati anche con memoria. Hanno resistito con controricorsi la GI.PS. Srl (già Gi.OS.) e l’AC.In., le quali hanno proposto ricorsi incidentali, affidati rispettivamente ad uno e due motivi, anch’essi illustrati con memoria, ai quali l’INPS e la Gi.OS. hanno resistito a loro volta con controricorsi.

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d’impugnazione, l’INPS denuncia la violazione degli artt. 112, 167 e 345, primo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 125 disp. att. cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver detratto dal risarcimento le somme erogate a titolo d’indennità di missione in favore dei partecipanti al concorso, senza tenere conto dell’inammissibilità della relativa questione. Sostiene infatti che la stessa era stata sollevata dalla Gi.OS. soltanto nel giudizio di rinvio, essendosi la convenuta limitata precedentemente a contestare genericamente la sussistenza del danno, sia in primo grado che in appello, ed avendo l’AC.IN. sollevato analoga contesta-zione soltanto in appello. Aggiunge di aver fornito la prova del predetto pregiudizio, sia in primo grado che in sede di gravame, mediante la produzione di un’attestazione rilasciata dal capo ufficio della Direzione centrale risorse umane e la deduzione di prova testimoniale, precisando comunque che l’erogazione dell’indennità in favore dei dipendenti partecipanti a concorsi interni era prevista dalla circolare n. 91 del 26 aprile 1980.

2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ. ed il vizio di motivazione, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di valutare le prove fornite in ordine all’erogazione dell’indennità di missione ed alla relativa misura.

3. Con il primo motivo del suo ricorso incidentale, la GI.PS. lamenta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1455 cod. civ., censurando la sentenza impugnata per aver riconosciuto la gravità dell’inadempimento sulla base del mero confronto tra l’esecuzione del contratto e la ratio dell’art. 13 del D.P.R. n. 487 del 1994, senza procedere ad una nuova valutazione dell’intera fattispecie negoziale, e senza verificare se l’esecuzione fosse corretta o l’inadempimento scusabile, in relazione al contegno negoziale tenuto dalle parti.

4. Con il secondo motivo, la controricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver omesso di valutare il contegno negoziale non trasparente e non conforme a buona fede tenuto dall’INPS, il quale, come eccepito nella comparsa di risposta, non si era preoccupato di fissare un termine essenziale per la consegna del materiale e di specificare che i plichi recanti i questionari non dovessero contenere anche i fogli risposta.

5. Con l’unico motivo del suo ricorso incidentale, l’AC.IN. lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 383, 384 e 394 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata per aver dichiarato inammissibile il motivo di gravame concernente la domanda di manleva, senza considerare che la questione era riproponibile in sede di rinvio, essendo rimasta assorbita nel giudizio di appello, per effetto della riforma della sentenza di primo grado e del conseguente rigetto della domanda proposta dall’INPS.

6. Così riassunte le censure proposte dalle parti, occorre procedere innanzitutto all’esame del ricorso incidentale proposto dalla GI.PS., avente carattere logicamente e giuridicamente prioritario rispetto a quelli dell’INPS e dell’AC.IN., in quanto concernente la valutazione della gravità dell’inadempimento, ai fini della risoluzione del contratto d’appalto: i due motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono peraltro infondati.

Con la sentenza del 10 settembre 2013, questa Corte cassò la sentenza di appello, nella parte in cui aveva rigettato la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto di appalto, sia per violazione di legge, per non aver tenuto conto della ratio della disciplina dettata dall’art. 13 del D.P.R. n. 487 del 1994, sia per vizio di motivazione, per non aver tenuto conto del mancato inserimento dei questionari e dei fogli risposte in plichi separati e dell’avvenuta consegna dei primi in plichi aperti; dichiarò invece inammissibili, in quanto attinenti al merito e comunque carenti di autosufficienza, le censure riguardanti l’interpretazione del contratto, nella parte in cui disciplinava le modalità di sigillatura dei materiali da consegnare.

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

Il compito demandato da tale pronuncia alla Corte d’Appello, ai fini della rinnovazione del giudizio, risultava piuttosto ampio, comprendendo, conformemente all’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, non solo l’applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte, mediante l’accertamento e la valutazione ex novo dei fatti già acquisiti al processo, ma anche la possibilità di estendere l’indagine ad altri fatti, la cui acquisizione fosse consentita in base alle direttive impartite dalla sentenza di cassazione, nell’ambito dell’apprezzamento complessivo richiesto ai fini della nuova pronuncia da emettere in sostituzione di quella cassata, ma nel rispetto, ovviamente, delle preclusioni e delle decadenze già verificatesi (cfr. ex plurimis, Cass., Sez. III, 15/06/2023, n. 17240; Cass., Sez. II, 14/01/2020, n. 448; Cass., Sez. lav., 24/10/2019, n. 27337). Nell’adempimento di tale mandato, la Corte territoriale si è sostanzialmente attenuta alle direttive ricevute, richiamando il principio di diritto enunciato da questa Corte e dandovi applicazione sulla base di una rinnovata valutazione dei fatti già accertati nelle precedenti fasi di merito: da un lato, ha dato atto dell’intervenuto accertamento del ritardo con cui l’appaltatrice aveva provveduto alla consegna del materiale necessario per l’espletamento del concorso e dell’avvenuta consegna dei questionari e dei fogli risposte in un unico plico, anziché in plichi separati, nonché della scelta, compiuta dalla Commissione esaminatrice per evitare ulteriori ritardi, di consegnare ai candidati i questionari ed i fogli risposte ancora uniti negli involucri di cellofan; dall’altro, ha ribadito che tale modalità di svolgimento della prova selettiva si poneva in contrasto con l’art. 13 del D.P.R. n. 487 del 1994, poiché aveva comportato il rinvio delle operazioni di timbratura e firma dei fogli al momento della riconsegna degli elaborati da parte dei candidati, in tal modo pregiudicando la realizzazione della finalità perseguita dalla predetta disposizione, consistente nell’evitare risposte non genuine da parte dei singoli candidati, e determinando comunque un anomalo prolungamento delle operazioni concorsuali.

Tale ragionamento, sulla base del quale la sentenza impugnata ha concluso per la gravità dell’inadempimento dell’appaltatrice, ritenendo quindi giustificata la pronuncia di risoluzione del contratto, non può ritenersi inficiato dalle critiche della controricorrente, la quale, nel lamentare l’omessa valuta-zione della correttezza dell’esecuzione del contratto e della scusabilità dell’inadempimento, in relazione alla condotta tenuta dal committente, fa valere circostanze in parte già accertate nelle precedenti fasi del giudizio, in parte inidonee a determinare un ribaltamento della decisione adottata dal Giudice di rinvio. In particolare, come emerge dalla sentenza di cassazione, l’accertamento compiuto in ordine all’inesattezza dell’adempimento dell’appaltatrice era divenuto definitivo, non essendo mai stati contestati i tempi e le modalità di consegna dei questionari e dei fogli risposte, e non essendo stata validamente censurata l’interpretazione del contratto fornita dalla sentenza di appello, secondo cui i primi dovevano essere inseriti in plichi di cellofan separati da quelli dei secondi, con la conseguenza che, in sede di rinvio, residuava esclusivamente la valutazione della gravità dell’inadempimento, ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto. Il predetto accertamento, ormai coperto dal giudicato interno, precludeva ogni altra questione riguardante l’interpretazione del contratto ed il contegno negoziale dell’INPS, ivi compresa quella relativa alla mancanza di un termine essenziale per la consegna dei materiali, la cui previsione sarebbe risultata d’altronde irrilevante ai fini della decisione, essendo pacifico che la consegna ebbe luogo con un ritardo tale da impedire alla Commissione esaminatrice di provvedere alla timbratura ed alla firma dei fogli prima di procedere alla consegna degli stessi ai candidati, e quindi da rendere impossibile il regolare svolgimento della prova concorsuale.

7. Passando quindi all’esame del ricorso principale, è parzialmente fondato il primo motivo, avente ad oggetto il mancato riconoscimento del danno derivante dall’erogazione dell’indennità di missione in favore dei partecipanti al concorso.

Benvero, non può condividersi la tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui la questione riguardante la sussistenza di tale pregiudizio non poteva trovare ingresso nel giudizio di rinvio, essendo stata sollevata dalla Gi.OS. solo in quella sede, e dall’AC.IN. solo nel giudizio di appello: il divieto di proporre nuove eccezioni, al di fuori di quelle rilevabili d’ufficio, previsto dall’art. 345, secondo comma, cod. proc. civ., si riferisce infatti soltanto alle eccezioni in senso stretto, cioè alla deduzione di fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto vantato dalla controparte, e non si estende quindi alle mere difese, con cui le parti si limitano a negare la sussistenza e la fondatezza della pretesa avversaria (cfr. Cass., Sez. II, 28/05/2019, n. 14515; Cass., Sez. VI, 1/10/2018, n. 23796; Cass., Sez. I, 20/03/2017, n. 7107); tra queste ultime devono essere annoverate anche quelle che, in tema di risarcimento dei danni, riguardano l’accertamento della condotta, dell’evento, del nesso di causalità e del pregiudizio, il cui riscontro, avendo carattere fortemente valutativo, va necessariamente ricondotto al thema probandum, e dev’essere quindi compiuto dal giudice anche d’ufficio, sulla base degli elementi acquisiti al processo (cfr. Cass., Sez. lav., 19/08/2019, n. 21460). Nella specie, d’altronde, le controricorrenti, nel contestare la sussistenza della voce di danno in questione, si erano limitate ad evidenziare l’imprevedibilità della stessa al momento in cui era sorta l’obbligazione, la cui valutazione spettava alla Corte d’Appello, ai sensi dell’art. 1225 cod. civ., nonché la mancata indicazione della norma giuridica da cui derivava l’obbligo di corrispondere la predetta indennità, la cui individuazione era anch’essa rimessa alla Corte d’Appello, in applicazione del principio jura novit curia.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’AC.IN., le argomentazioni svolte al riguardo dalla Corte d’Appello non sono configurabili come due distinte rationes decidendi, autonomamente idonee a sorreggere la decisione adottata, dimodoché la mancata impugnazione di quelle relative alla prevedibilità del danno, traducendosi nella definitività delle stesse, possa comportare l’inammissibilità dell’intero motivo di ricorso: nel ragionamento seguito dalla sentenza impugnata, l’imprevedibilità del danno è legata infatti proprio all’inesistenza di una norma giuridica che, all’epoca della stipulazione del contratto, imponesse all’INPS la corresponsione dell’indennità di missione in favore dei propri dipendenti che partecipassero a concorsi interni.

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

Quanto poi all’individuazione della predetta norma, il principio jura novit curia non può ritenersi certamente applicabile in riferimento alla circolare n. 91 del 1980, indicata dall’INPS come fonte del proprio obbligo, trattandosi di un atto amministrativo privo di efficacia normativa, rispetto al quale doveva considerarsi escluso il potere-dovere del giudice di acquisirne la conoscenza anche d’ufficio, con la conseguenza che incombeva all’ente l’onere di allegarne l’esistenza e di fornire la relativa prova. Tale circolare riproduce tuttavia, per quanto interessa in questa sede, il disposto dell’art. 29 del D.P.R. 16 ottobre 1979, n. 509, il quale ha modificato l’all. 3 del D.P.R. 26 maggio 1976, n. 411, recante la disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti pubblici, disponendo che “al personale che partecipa a corsi o concorsi interni compete l’indennità di trasferta e il rimborso delle spese di viaggio”: trattandosi di una norma introdotta in approvazione di un accordo collettivo nazionale del pubblico impiego, la Corte territoriale aveva il dovere di acquisirne autonomamente la conoscenza, indipendentemente dalle allegazioni e deduzioni delle parti (cfr. Cass., Sez. VI, 5/03/2019, n. 6394; 16/09/2014, n. 19507), e di ritenere sussistente il danno, subordinatamente alla prova da parte dell’INPS dell’avvenuta erogazione dell’indennità di missione in favore dei propri dipendenti, in relazione alla partecipazione al concorso in questione, nonché dell’ammontare complessivo delle somme corrisposte a tale titolo.

8. Resta conseguentemente assorbito il secondo motivo del ricorso principale, avente ad oggetto l’omessa valutazione della documentazione prodotta in giudizio ai fini della prova del predetto danno.

9. È infine fondato l’unico motivo del ricorso incidentale proposto dall’AC.IN., riflettente l’ammissibilità della riproposizione in sede di rinvio del motivo di appello avente ad oggetto l’accoglimento della domanda di manleva.

Tale domanda, accolta dalla sentenza di primo grado, era rimasta invece assorbita in appello, a seguito del rigetto della domanda principale, che, determinando l’automatica caducazione della predetta statuizione, ai sensi dello art. 336, primo comma, cod. proc. civ., aveva reso superfluo l’esame del motivo di gravame proposto al riguardo dall’AC.IN.. Ciò nonostante, quest’ultima aveva riproposto in sede di legittimità la questione riguardante l’operatività della garanzia assicurativa, che era stata dichiara inammissibile da questa Corte, in quanto non avente ad oggetto la sentenza di appello, che non recava alcuna pronuncia al riguardo, ma quella di primo grado.

Tanto premesso, non può condividersi l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la cassazione della sentenza di appello, che aveva ritenuto assorbito il motivo di gravame avente ad oggetto l’obbligo della società assicuratrice di provvedere alla garanzia in favore della convenuta assicurata, comportava la definitiva acquisizione dell’accertamento, contenuto nella sentenza di primo grado, della fondatezza della domanda di garanzia, per difetto di contestazione del contratto di assicurazione. Nell’ipotesi in cui la sentenza di appello, che ha riformato quella di primo grado, venga cassata con rinvio, non si ha una reviviscenza della sentenza di primo grado, la quale deve considerarsi definitivamente assorbita e sostituita da quella cassata, sia in caso di riforma che in caso di conferma da parte del giudice di appello (cfr. Cass., Sez. lav., 8/07/2013, n. 16934; Cass., Sez. III, 7/02/ 2013, n. 2955; 9/03/2001, n. 3475). Il giudizio di rinvio conseguente alla cassazione della sentenza di secondo grado per motivi di merito (c.d. giudizio di rinvio proprio) non costituisce infatti la prosecuzione delle precedenti fasi di merito, ma una nuova ed autonoma fase del processo, che, pur essendo soggetta, per motivi di rito, alla medesima disciplina del procedimento di primo o di secondo grado, ha natura rescissoria (nei limiti posti dalla pronuncia rescindente) ed è destinata a concludersi con una sentenza che, senza sostituirsi ad altra precedente pronuncia, riformandola o modificandola, interviene direttamente a statuire sulle domande proposte dalle parti (cfr. Cass., Sez. II, 31/05/2021, n. 15143; Cass., Sez. I, 28/01/2005, n. 1824; 23/09/2002, n. 13833). È per tale ragione che la parte che proponga ricorso per cassazione da un lato può denunciare esclusivamente i vizi da cui è affetta (a suo avviso) la sentenza di appello, e non anche quelli che inficiavano la sentenza di primo grado (cfr. Cass., Sez. III, 23/03/2005, n. 10875; Cass., Sez. lav., 22/01/2004, n. 1128; Cass., Sez. II, 24/06/2003, n. 9993), e dallo altro non può riproporre in sede di legittimità le questioni sulle quali il giudice di appello non si sia pronunciato per averle ritenute assorbite in virtù dell’accoglimento di un’eccezione pregiudiziale o preliminare, le quali, in caso di cassazione della sentenza impugnata per accoglimento di un motivo riguardante la questione assorbente, possono essere riproposte dinanzi al giudice di rinvio (cfr. Cass., Sez. I, 16/06/2022, n. 19442; Cass., Sez. V, 5/11/2014, n. 23558; Cass., Sez. III, 1/03/2007, n. 4804).

10. La sentenza impugnata va pertanto cassata, nei limiti segnati dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale e dell’unico motivo del ricorso incidentale proposto dall’AC.IN., con il conseguente rinvio della causa alla Corte d’Appello di Roma, che provvederà, in diversa composizione, anche al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.

Nuova decisione dopo cassazione che non fa rivivere la sentenza di primo grado.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso principale ed il ricorso incidentale proposto dall’AC.IN. S.a. – N.v., dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il ricorso incidentale proposto dalla GI.PS. Srl, cassa la sentenza impugnata, in relazione ai ricorsi accolti, e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della GI.PS. Srl, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso incidentale dal comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.

Così deciso in Roma il 25 settembre 2024.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2025.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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