Cassazione 11

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 11 aprile 2016, n. 14725

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. AMORESANO Silvio – Presidente
Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza in data 15/2/2012 della Corte di Appello di Firenze;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Oronzo De Masi;
udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dr. Fimiani Pasquale, che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente al trattamento sanzionatorio. Rigetto nel resto.
udito il difensore, avv. (OMISSIS), sostituto processuale, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 15/2/2012, ha confermato la sentenza pronunciata, con rito abbreviato, dal G.I.P. del Tribunale di Firenze il 4/5/2010, nei confronti di (OMISSIS), che aveva dichiarato l’imputato responsabile del reato di detenzione di differenti sostanze stupefacenti a fine di spaccio (gr. 71,8 di marijuana, gr. 32 di M.D.M.A, gr. 0,3 di hashish, n. 3 piante di marijuana di altezza compresa tra m. 0,80 e m. 1,5) e, riconosciutagli l’attenuante di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, prevalente sulla contestata recidiva, lo ha condannato, con la riduzione del rito, alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 2.000 di multa.
Avverso la sentenza il (OMISSIS), personalmente, propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Con il primo motivo di doglianza, deduce, ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), con riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 1 bis, l’erronea applicazione della legge penale, per avere la Corte territoriale ritenuto che la sostanza stupefacente sequestrata nell’abitazione dell’imputato fosse destinata ad un uso non esclusivamente personale, sulla scorta di un apprezzamento privo di ogni supporto probatorio, non essendo vero che la situazione reddituale fosse poco stabile, disponendo il (OMISSIS) di un lavoro presso una ditta di pelletteria, come la coimputata (OMISSIS), quest’ultima assolta per non aver commesso il fatto.
Evidenzia altresi’ che il quantitativo di marjivana e di hashish e’ assolutamente minimo, considerate le soglie di cui alla Tabella ministeriale, e quindi che il numero di pasticche di M.D.M.A. ben poteva essere utilizzato nel tempo dal solo imputato.
Con il secondo motivo di doglianza, deduce, con riferimento all’ intervenuta pronuncia di incostituzionalita’ dell’equiparazione legislativa tra sostanze stupefacenti c.d. “leggere” e “pesanti”, che a seguito della sentenza del 25 febbraio 2014 n. 32 della Corte Costituzionale sono tornate a ricevere applicazione il cit. D.P.R., articolo 73 e le relative Tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche di cui alle disposizioni impugnate e che, stante la natura dello stupefacente oggetto del sequestro, che comprende anche droghe “leggere”, e l’avvenuto calcolo della pena finale inflitta, con riferimento invece alla pena edittale prevista per quelle “pesanti” (reclusione da sei a 20 anni), si impone comunque la rideterminazione del trattamento sanzionatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso e’ infondato.
I Giudici di merito segnalano, oltre alla quantita’ della marijuana e dell’ hashish, la presenza di sostanze stupefacenti di tipo diverso, di capsule trasparenti, vuote o piene di sostanza del tipo MDMA, l’attrezzatura per l’asciugatura della marijuana, di strumenti atti alla pesatura (la bilancia di precisione), tutti elementi che ben possono, unitamente ad un peso superiore al limite tabellare, esclude a in maniera logica che lo stupefacente potesse essere destinato all’uso personale.
In tal modo hanno dimostrato di aver fatto buon governo del principio piu’ volte affermato da questa Corte di legittimita’ secondo cui, in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, viene effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimita’ soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicita’ della motivazione (Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008, Rv. 241604).
E’ ben vero infatti che il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73 bis, comma 1, lettera a) – non determina alcuna presunzione, nemmeno relativa, di destinazione della droga ad un uso non personale, potendo essere considerato un mero indizio (Sez. 6, n. 39977 del 19/9/2013, Rv. 256611, Sez. 6 n. 12146 del 12/2./2009, Rv. 242923, Sez. 6 n. 6575 del 10/1/2013, Rv. 254575), ma cio’ non di meno dal dato ponderale puo’, comunque, essere enucleato il numero di dosi ricavabili dallo stupefacente rinvenuto, anche se non gia’ frazionato (e certamente maggiore sara’ tale numero, meno credibile sara’ che si sia di fronte ad una scorta per uso personale), ed il giudice e’ comunque chiamato a valutare globalmente, sulla base degli ulteriori parametri indicati nella predetta disposizione normativa, se, in uno con il dato quantitativo, le modalita’ di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalita’ esclusivamente personale della detenzione.
Con una motivazione logica e congrua, immune pertanto dai denunciati vizi di legittimita’, i Giudici del gravame, che concordano nell’analisi e nella valutazione degli elementi di prova posti a fondamento della sentenza con il Giudice di primo grado, danno conto anche del perche’ le spiegazioni in ordine alla disponibilita’ di adeguati mezzi economici da parte dell’imputato, in quanto dipendente di una pelletteria in Scandicci, per procedere all’acquisto di siffatte quantita’ di droga ad uso esclusivamente personale, appaiono inverosimili, tenuto conto dell’organizzazione dell’attivita’ criminosa in forma “imprenditoriale… volta evidentemente ad implementare il gia’ esistente reddito del soggetto.”
E’ pacifico che nell’ipotesi di conferma della sentenza di primo grado, le due motivazioni si integrino a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre far riferimento per giudicare della congruita’ della motivazione (ex multis, Sez. 3, n. 44418 del 4/11/2013).
Ebbene, anche il Tribunale di Firenze ha puntualmente precisato le ragioni per cui il consumo “massiccio” di droghe da parte del (OMISSIS) non poteva comunque escludere che una parte di sostanza stupefacente fosse destinata alla cessione e costituisse il “volano” per nuovi acquisti, al fine di implementare il reddito del soggetto.
Il secondo motivo di doglianza, che attiene alla dedotta sopravvenuta illegalita’ della pena, e’ fondato.
Risulta che il fatto e’ stato ritenuto di lieve entita’ e la relativa disciplina sanzionatoria e’ rinvenibile ora nel disposto del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, come da ultimo modificato dal Decreto Legge n. 36 del 2014, convertito dalla L. n. 79 del 2014.
La sanzione e’ stata ulteriormente ridotta, rispetto al precedente intervento realizzato con il Decreto Legge n. 146 del 2013, convertito dalla L. n. 10 del 2014 intervento con cui, peraltro, l’ipotesi attenuata era stata trasformata in un reato autonomo: dalle pene della reclusione da uno a cinque anni e della multa da Euro 3.000 a Euro 26.000, si passa alle pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da Euro 1032 a Euro 10.329. Si tratta, a ben vedere, della stessa pena prevista per i fatti lievi riguardanti droghe leggere tabelle 2 e 4 gia’ prevista nell’articolo 73, comma 5 prima delle modifiche introdotte dalla L. Fini-Giovanardi.
E’ il novum normativo piu’ favorevole che deve trovare applicazione, ai sensi dell’articolo 2 c.p., comma 4, onde evitare l’applicazione di una sanzione divenuta “illegale”, anche per i fatti commessi sotto il vigore della previgente disciplina, laddove non definiti con sentenza irrevocabile.
In questa prospettiva, non e’ dubbio che sia il testo attuale quello piu’ favorevole rispetto alle discipline previgenti.
Cio’ vuoi perche’ la natura di reato autonomo sottrae oggi la norma al bilanciamento con eventuali circostanze aggravanti, vuoi per il computo dei termini di custodia cautelare, vuoi per il computo della prescrizione, vuoi, soprattutto, sotto il profilo sanzionatorio le pene, gia’ ridotte, con il Decreto Legge n. 146 del 2013, convertito nella L. n. 10 del 2014, sono state ulteriormente abbassate e sono decisamente piu’ favorevoli a quelle previste dalla Fini-Giovanardi e dallo stesso Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, nel testo originario, relativamente alle pene ivi previste per le droghe “pesanti”.
Tra l’altro, l’avvenuta reintroduzione della sostituibilita’ della pena principale con quella del lavoro di pubblica utilita’ prevista dalla L. n. 49 del 2006, ma inopinatamente dimenticata nel Decreto Legge n. 146 del 2013, convertito nella L. n. 10 del 2014 e’ ulteriore argomento a supporto del fatto che la normativa piu’ favorevole in concreto e’ quella ora introdotta. In definitiva, e’ da ritenere che norma piu’ favorevole non possa che essere, sia per i fatti lievi riguardanti droghe pesanti, che per i fatti lievi riguardanti droghe leggere, quella introdotta con la normativa di cui al Decreto Legge n. 36 del 2014, convertito dalla L. n. 79 del 2014, sensibilmente piu’ contenuta rispetto a quelle che nel tempo si sono susseguite.
Si impone quindi l’annullamento con rinvio: il giudice di appello, fermo il giudizio di responsabilita’, per quanto detto, dovra’ provvedere a rideterminare la pena.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e rinvia ad altra sezione della Corte di Appello di Firenze.
Rigetta nel resto il ricorso.

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