Corte di Cassazione, sezione seconda penale, sentenza 5 gennaio 2018, n. 113. La conoscenza della provenienza delittuosa della cosa può desumersi da qualsiasi elemento, anche indiretto

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6.2. Il secondo motivo di ricorso e’ parimenti inammissibile. In esso non vengono infatti enucleati gli aspetti inficianti il percorso logico e argomentativo reso sul punto nella sentenza impugnata, ma ci si limita ad indicare gli elementi a fronte dei quali gli imputati sarebbero stati meritevoli di una diminuzione di pena; dati, questi, inconferenti nel giudizio di legittimita’, trattandosi, quella inerente alla dosimetria della pena, di questione di merito non sindacabile in questa sede, se non per profili di illegittimita’ o incongruita’ della motivazione, che, tuttavia, non vengono esaminati nel motivo di ricorso. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra, infatti, nella discrezionalita’ del giudice di merito, che la esercita, cosi’ come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli articoli 132 e 133 c.p.; ne discende che e’ inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruita’ della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 04/02/2014, Ferrario, Rv. 259142), che, pero’, non viene in questa sede contestato.
Peraltro, la Corte territoriale ha osservato che l’istanza di riduzione della pena al minimo edittale non sia stata trascritta tra le richieste conclusive dell’atto di appello con riferimento a (OMISSIS) e (OMISSIS) e, comunque, non sia stata per i predetti in alcun modo motivata. Ne deriva che la richiesta formulata in appello fosse non ossequiosa del disposto dell’articolo 581 c.p.p., e, per l’effetto, gia’ in quella sede, non ammissibile.
7. Anche il ricorso di (OMISSIS) e’ inammissibile.
7.1. Va al proposito osservato come la Corte territoriale non si sia limitata alla conferma del rigetto dell’istanza di applicazione della continuazione dei fatti per cui e’ processo con quelli di cui alla sentenza n. 575/2009 emessa, ex articolo 444 c.p.p., dal Tribunale di Milano, condividendo e riportandosi alle argomentazioni elaborate sul punto il giudice di prime cure. Essa ha, infatti, altresi’ specificato di essere pervenuta a siffatta conclusione per non essere stato fornito, da parte della difesa, nell’atto di appello, alcun argomento di supporto dell’istanza. Ne deriva che i giudici di appello abbiano reso sul punto una motivazione ossequiosa dei principi espressi da questa Corte, secondo cui, ai fini del riconoscimento della continuazione, costituisce in sede di giudizio di cognizione un vero e proprio onere della prova a carico dell’imputato l’allegazione degli specifici elementi dai quali e’ desumibile l’unicita’ del disegno criminoso (tra le molte, Sez. 5, n. 18586 del 4/03/2004, Rv. 229826; Sez. 6, n. 43441 del 24/11/2010, Rv. 248962). Onere che, in sede d’impugnazioni non totalmente devolutive nelle quali si iscrivono l’appello ed il ricorso per Cassazione, si coniuga inoltre con l’obbligo della specifica indicazione degli elementi in fatto e delle ragioni di diritto poste a fondamento delle singole richieste speculari agli errori “in iudicando” ed “in procedendo” dai quali si assume essere viziata la decisione impugnata (Sez. 2, n. 40342 del 2003, Rv. 227172). Alla luce delle considerazioni appena esposte, i paventati vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale non sussistono.
8. All’inammissibilita’ dei ricorsi consegue, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento, nonche’ – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilita’ – al versamento ciascuno a favore della Cassa delle ammende della somma di Euro 2.000,00 cosi’ equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 2.000,00 ciascuno a favore della Cassa delle ammende.

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