Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 gennaio 2025| n. 1441.
Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
Massima:Il limite di fallibilità di cui all’art. 15, comma 9, l. fall., è finalizzato ad esentare dal concorso le crisi d’impresa di modeste dimensioni oggettive, configurandosi alla stregua di condizione per la non declaratoria fallimentare; l’inferiorità di un’esposizione debitoria complessiva (debiti scaduti e non pagati) rispetto al limite di euro trentamila deve risultare oggettivamente dagli atti dell’istruttoria e secondo un riscontro riferito alla data della decisione, potendo essere rilevato anche d’ufficio dal tribunale sulla base delle predette emergenze.
Ordinanza|21 gennaio 2025| n. 1441. Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
Integrale
Tag/parola chiave:Fallimento ed altre procedure concorsuali – Fallimento – Apertura (dichiarazione) di fallimento – Imprese soggette – In genere limite di fallibilità previsto dall’art. 15, comma 9, l.fall. – Esposizione debitoria complessiva superiore ad euro trentamila – Natura di fatto impeditivo della dichiarazione di fallimento – Esclusione – Natura di condizione della dichiarazione di fallimento – Configurabilità – Fondamento – Conseguenze – Onere di accertamento a cura del tribunale.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
composta dagli illi.mi signori magistrati
Dott. FERRO Massimo – Presidente
Dott. ABETE Luigi – Relatore
Dott. PAZZI Alberto – Consigliere
Dott. VELLA Paola – Consigliere
Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso n. 22712 – 2021 R.G. proposto da:
TE.PR. Srl in liquidazione, in persona della liquidatrice, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce al ricorso dall’avvocato Gi.Fe., che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c., ed in virtù di procura speciale su foglio allegato in calce all’atto di costituzione di nuovo difensore dall’avvocato Wa.Pa., che ha indicato il proprio indirizzo p.e.c.;
elettivamente domiciliata in Terni, alla via De.Po., presso lo studio dell’avvocato Gi.Fe..
RICORRENTE
contro
CURATORE del fallimento della “TE.PR.” Srl, in persona del dottor Sc.An.
INTIMATO
e
Be.Lu. – c.f. (Omissis) –
INTIMATO
avverso la sentenza n. 433 – 12/29.7.2021 Corte d’Appello di Perugia, udita la relazione nella camera di consiglio del 15 gennaio 2025 del consigliere dott. Luigi Abete.
Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
RILEVATO CHE
1. Con ricorso ex art. 6 L. Fall. al Tribunale di Spoleto depositato in data 1.2.2021 Be.Lu. chiedeva dichiararsi il fallimento della “TE.PR.” Srl in liquidazione.
Deduceva di esser creditore della “TE.PR.” per l’importo di euro 23.654,19, comprensivo di interessi e spese, in virtù di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo.
2. Con sentenza n. 7/2021 il Tribunale di Spoleto dichiarava il fallimento della “TE.PR.” Srl in liquidazione.
3. La “TE.PR.” Srl in liquidazione proponeva reclamo. Instava per la revoca della dichiarazione di fallimento. Resisteva il creditore istante, Be.Lu.
Non si costituiva il curatore del fallimento.
4. Con sentenza n. 433/2021 la Corte di Perugia rigettava il reclamo. Premetteva, la Corte di Perugia, in ordine all’unico punto controverso, ossia in ordine alla sussistenza di debiti scaduti ed insoluti per un importo almeno pari ad euro 30.000,00, che il bilancio finale di liquidazione della fallita Srl recava indicazione di debiti per una somma di euro 79.028,99.
Indi evidenziava che il bilancio regolarmente approvato costituiva, al riguardo, prova ai sensi dell’art. 2709 cod. civ.
Evidenziava al contempo che l’assunto della reclamante, secondo cui i debiti appostati in bilancio erano oggetto di contestazione ed erano stati iscritti in ossequio unicamente ad un criterio prudenziale, non aveva rinvenuto alcun riscontro e risultava smentito dal titolo monitorio chiesto ed ottenuto dal creditore ricorrente, la cui pretesa era senz’altro esigibile.
5. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la “TE.PR.” Srl in liquidazione; ne ha chiesto sulla scorta di tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione.
Il curatore del fallimento della “TE.PR.” Srl in liquidazione non ha svolto difese.
Del pari non ha svolto difese il creditore Be.Lu.
6. La ricorrente ha depositato memoria.
Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
CONSIDERATO CHE
7. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 4, cod. proc. civ. la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, 2 co., n. 4, cod. proc. civ., ovvero per motivazione apparente e gravemente insufficiente.
Deduce che: a) la motivazione dell’impugnato dictum è irriducibilmente contraddittoria (cfr. ricorso, pag. 5) nella parte in cui ha negato qualsiasi valenza alle contestazioni concernenti i debiti indicati in bilancio (cfr. ricorso, pag. 6; b) ha fornito documentale riscontro della pendenza, su sua iniziativa ed in concomitanza con la pendenza dell’istruttoria prefallimentare, di ben quattro procedimenti giudiziali nei confronti dei soggetti assuntisi suoi creditori e le cui pretese, benché né scadute né esigibili, erano state appostate per ragioni prudenziali nel bilancio finale di liquidazione (cfr. ricorso, pag. 6; c) unicamente la pretesa creditoria azionata da Be.Lu. era scaduta ed esigibile e nondimeno che trattasi di pretesa di importo inferiore ad euro 30.000,00 (cfr. ricorso, pag. 6).
8. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 3, cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 15 L. Fall. e dell’art. 2709 cod. civ.
Deduce che è necessario che l’accertamento del credito si fondi “su dati che non possono essere poi smentiti nel prosieguo del procedimento endofallimentare” (così ricorso, pag. 9).
9. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia – subordinatamente al mancato accoglimento del secondo motivo – ai sensi dell’art. 360, 1 co., n. 5, cod. proc. civ. l’omesso esame di fatti storici decisivi risultanti dagli atti di causa oggetto di discussione.
Deduce che la Corte di Perugia non ha tenuto conto: a) dell’esistenza di ben quattro procedimenti giudiziari pendenti al momento del deposito del ricorso di fallimento (cfr. ricorso, pag. 10; b) della pendenza innanzi al Tribunale di Pordenone dell’opposizione al decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dalla ditta “Mu.Ro.” per il preteso credito di euro 22.321,27, decreto non munito di provvisoria esecutività e “pertanto non scaduto e non esigibile” (così ricorso, pag. 10; c) della pendenza innanzi al Tribunale di Treviso dell’opposizione al decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dalla “Mi.Gi.” Snc per il preteso credito di euro 19.083,42, decreto non munito di provvisoria esecutività e “pertanto non scaduto e non esigibile” (così ricorso, pagg. 10-11; d) della pendenza innanzi al Giudice di Pace di Pordenone dell’opposizione al decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto dalla ditta “St.” per il preteso credito di euro 1.859,78, decreto non munito di provvisoria esecutività (cfr. ricorso, pag. 11).
Deduce altresì che: e) in data 26.3.2021 ha provveduto ad estinguere il residuo credito – figurante tra le passività – di euro 4.243,90 vantato nei suoi confronti dall’Agenzia delle Entrate (cfr. ricorso, pag. 11); f) la Corte di Perugia non ha tenuto conto delle contestazioni formulate con l’esperito reclamo avverso l’accertamento incidentale, cui il Tribunale di Spoleto aveva fatto luogo, circa il quantum del credito preteso da Be.Lu. (cfr. ricorso, pag. 12); g) il Tribunale di Spoleto né aveva tenuto conto – e tanto si era addotto con l’esperito reclamo – dell’avvenuta corresponsione a Be.Lu., mercé bonifico bancario del 3.12.2018, dell’importo di euro 3.000,00 (cfr. ricorso, pag. 13) né aveva tenuto conto – e tanto parimenti si era addotto con l’esperito reclamo – delle contestazioni formulate in merito alle richieste di Be.Lu. di rimborso-spese per le trasferte all’estero (cfr. ricorso, pagg. 13 – 14), di corresponsione degli emolumenti per ferie e permessi non goduti e di pagamento degli interessi (cfr. ricorso, pag. 14).
10. I motivi di ricorso sono evidentemente connessi, tanto più che il terzo mezzo ripropone, sub specie di “omesso esame”, la medesima censura veicolata dal primo mezzo; se ne giustifica, dunque, la disamina contestuale; essi sono inammissibili ai sensi dell’art. 360 bis, n. 1, cod. proc. civ.
11. Si è in precedenza fornita analitica enunciazione dei passaggi motivazionali cui è ancorato l’impugnato dictum, in forza dei quali, seppur sinteticamente, la corte di merito ha dato conto esaustivamente e congruamente dell’iter logico/giuridico atto a sorreggere la sua pronuncia.
Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
In questi termini, innegabilmente, del tutto ingiustificata è la denuncia di motivazione “apparente” (che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico/giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito: cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672), di motivazione “gravemente insufficiente” (tra le anomalie motivazionali rilevanti alla luce della pronuncia n. 8053 del 7.4.2014 delle sezioni unite di questa Corte l'”insufficienza” della motivazione non è più annoverabile) e di motivazione irriducibilmente contraddittoria.
12. Per altro verso, va rimarcato che, in tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, l’art. 6 L. Fall., laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante (cfr. Cass. 28.11.2018, n. 30827; Cass. sez. un 23.1.2013, n. 1521).
Su tale scorta del tutto ingiustificata è la deduzione, veicolata del secondo mezzo, a tenor della quale “il Giudice non può dichiarare il fallimento, qualora il credito sia in contestazione ed oggetto di un giudizio pendente avanti ad altro Giudice” (così ricorso, pag. 8).
13. Per altro verso ancora, va ribadita, in ordine alla previsione dell’u.c. dell’art. 15 L. Fall., l’elaborazione di questa Corte.
Va ricordato l’insegnamento secondo cui il limite di fallibilità di cui all’art. 15, 9 co., L. Fall., è finalizzato ad esentare dal concorso le crisi d’impresa di modeste dimensioni oggettive, e si configura alla stregua di condizione per la non declaratoria fallimentare; l’inferiorità di un’esposizione debitoria complessiva (debiti scaduti e non pagati) rispetto al limite di euro trentamila deve risultare oggettivamente dagli atti dell’istruttoria e secondo un riscontro riferito alla data della decisione, potendo essere rilevato anche d’ufficio dal tribunale sulla base delle predette emergenze (cfr. Cass. (ord.) 25.6.2018, n. 16683, ove si soggiunge che ogni incertezza in merito al ricorrere di detta condizione, ove non risolvibile alla stregua di tali atti, non nuoce al convenuto, escludendone la dichiarazione di fallimento).
Così, per accertare il superamento della condizione ostativa alla dichiarazione di fallimento prevista dall’art. 15, 9 co., L. Fall., non deve aversi riguardo al solo credito vantato dalla parte istante per la dichiarazione di fallimento, ma alla prova, comunque acquisita nel corso dell’istruttoria prefallimentare, dell’esistenza di una esposizione debitoria complessiva superiore ad euro trentamila (cfr. Cass. (ord.) 14.11.2017, n. 26926).
Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
Su tale scorta, giacché la corte distrettuale ha statuito alla stregua delle risultanze del bilancio finale di liquidazione, del tutto ingiustificata, analogamente, è la deduzione, parimenti veicolata del secondo mezzo, a tenor della quale “di fatto si è determinata l’inversione dell’onere della prova” (così ricorso, pag. 8).
14. Il riscontro incidentale, cui la corte territoriale ha fatto luogo, delle ragioni di credito risultanti dal bilancio finale di liquidazione della poi fallita Srl deve reputarsi ineccepibile “in diritto” e congruo “in fatto”.
In relazione al primo profilo, l’accertamento “in diritto”, evidentemente, è suffragato dall’elaborazione di questa Corte – debitamente menzionata dalla Corte perugina – secondo cui il bilancio di una società di capitali regolarmente approvato, al pari dei libri e delle scritture contabili dell’impresa soggetta a registrazione, fa prova, ai sensi dell’art. 2709 cod. civ., in ordine ai debiti della società medesima, il cui apprezzamento è affidato alla libera valutazione del giudice del merito, alla stregua di ogni altro elemento acquisito agli atti di causa (cfr. Cass. 18.2.2016, n. 3190. Cfr. altresì Cass. 21.11.1983, n. 6935, secondo cui le deliberazioni dell’assemblea di una società di capitali, ivi comprese quelle di approvazione del bilancio, non costituiscono mere dichiarazioni di scienza, né possono essere considerate come atti unilaterali ed interni, intesi a regolare rapporti intrasoggettivi, ma sono pur sempre atti in cui rileva la volontà che sta alla base della formazione della deliberazione stessa; ne deriva che, se nel bilancio sia incluso un debito che sarebbe estraneo alla società in quanto creato prima della sua legale costituzione, l’approvazione di quel bilancio, nella conoscenza di tale situazione, costituisce un atto di appropriazione di tale rapporto da parte della società, e vale come ratifica dell’atto posto in essere da chi ha agito in nome della società stessa senza averne il potere).
In relazione al secondo profilo, l’accertamento “in fatto”, id est la valutazione incidentale cui la corte d’appello ha atteso, evidentemente, non è inficiato da alcuna forma di “anomalia motivazionale”: a fronte dell’iscrizione in bilancio e della conferma che se ne aveva alla luce del credito azionato da Be.Lu., inappuntabilmente la corte distrettuale ha considerato inconsistenti le contestazioni addotte dalla reclamante, qui ricorrente.
15. Sotto altro profilo va ribadito che le pretese creditorie della ditta “Mu.Ro.”, della “Mi.Gi.” Snc e della ditta “St.” – alla stregua delle prospettazioni della stessa ricorrente – sono portate da decreti ingiuntivi.
Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
A tale stregua, invano la ricorrente assume che i crediti portati dalle ingiunzioni di pagamento chieste ed ottenute nei suoi confronti non fossero né scaduti né esigibili. Altrettanto non utilmente la ricorrente adduce – in memoria
– che “la sentenza impugnata ha ritenuto rilevanti debiti non ancora maturati sulla base del bilancio di liquidazione”. Risulta così fuor di luogo il rilievo (di cui peraltro non vi è riscontro “autosufficiente”) della ricorrente – di cui in memoria – secondo cui, “ai fini della dichiarazione di fallimento, non possono essere considerati debiti esigibili quelli indicati nel bilancio come tali entro dodici mesi”.
E ciò tanto più che questa Corte spiega da tempo, in tema di obbligazioni prive del termine per l’adempimento, che, siccome l’art. 1183 cod. civ. non prevede l’impiego di formule sacramentali né per la richiesta al giudice di fissare detto termine né per il conseguenziale provvedimento, è possibile individuare tale richiesta nel ricorso per l’emanazione del decreto ingiuntivo ed individuare il provvedimento di fissazione del termine nel decreto pronunziato in accoglimento di essa (cfr. Cass. 16.1.1969, n. 89).
Ovviamente, onde escludere l’esigibilità dei crediti non ha valenza il difetto della provvisoria esecutività, difetto che, propriamente, osta alla configurazione dell’ingiunzione di pagamento quale di titolo esecutivo (art. 474, 1 co., n. 1, cod. proc. civ.).
16. Il quantum delle pretese creditorie azionate dalla ditta “Mu.Ro.” e dalla “Mi.Gi.” Snc dà riscontro, di per sé, del superamento della soglia di cui all’u.c. dell’art. 15 L. Fall.
Cosicché divengono vane, segnatamente, e la considerazione del credito della ditta “St.” e le contestazioni addotte in ordine al quantum del credito di Be.Lu..
17. Il curatore del fallimento della “TE.PR.” Srl in liquidazione e Be.Lu. non hanno svolto difese. Nonostante la declaratoria di inammissibilità del ricorso, pertanto, nessuna statuizione in ordine alle spese va assunta.
18. Ai sensi dell’art. 13, 1 co. quater, d.P.R. 30.5.2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1 co. bis, D.P.R. cit., se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).
Fallibilità esclusa debito sotto trentamila euro
P.Q.M.
La Corte così provvede:
dichiara inammissibile il ricorso:
ai sensi dell’art. 13, 1 co. quater, d.P.R. n. 115/2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della Srl ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi dell’art. 13, 1 co. bis, D.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma il 15 gennaio 2025.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2025.
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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