Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|21 gennaio 2025| n. 1469.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
Massima: La deduzione che un determinato evento, pur astrattamente rientrante nella previsione generale di un contratto di assicurazione, non sia indennizzabile in virtù di una specifica clausola negoziale (cd. rischio non compreso), integra un’eccezione in senso stretto, introducendo un fatto impeditivo della domanda di indennizzo, espressione di un diritto potestativo il cui esercizio è rimesso esclusivamente alla volontà dell’assicuratore che ne è titolare. (Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva qualificato alla stregua di “mera difesa” – ritenendone, quindi, ammissibile la proposizione anche dopo lo spirare delle preclusioni assertive – l’eccezione con cui una compagnia assicuratrice aveva ricusato l’operatività della polizza, invocando la clausola contrattuale che escludeva la copertura assicurativa in relazione agli eventi “causati dalla mancata intenzionale osservanza” delle disposizioni o delle autorizzazioni amministrative relative all’attività svolta dall’assicurato).
Ordinanza|21 gennaio 2025| n. 1469. Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
Integrale
Tag/parola chiave: Assicurazione – Assicurazione contro i danni – In genere clausole di delimitazione del rischio indennizzabile – “Rischi non compresi” – Eccezione di inoperatività della polizza – Natura – In senso stretto – Ragioni – Conseguenze – Fattispecie.
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati
Dott. DE STEFANO Franco – Presidente
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere
Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere Rel.
Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12767/2022 R.G. proposto da:
LA. Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura a margine del ricorso, dall’avv. Gi.Sa., domicilio digitale: (Omissis)
– ricorrente –
contro
GE.IT. Spa, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’avv. Ni.De., domicilio digitale: (Omissis)
– controricorrente –
nonché nei confronti di
AS.GE. Spa
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Torino n. 1222/2021, pubblicata in data 12 novembre 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa Pasqualina A. P. Condello.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
FATTI DI CAUSA
1. LA. Spa conveniva in giudizio AS.GE. Spa chiedendone, in forza di polizza di assicurazione stipulata con la convenuta, la condanna al rimborso delle spese sostenute per le attività di bonifica e ripristino del danno ambientale, eseguite tra il 2013 e il 2014 all’interno del proprio stabilimento.
Esponeva, in fatto, che:
a) produceva argilla espansa nello stabilimento di R, in forza di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) rilasciata dalla Provincia di Parma, attività che generava polveri che si depositavano sul piazzale e sulle altre aree pavimentate all’interno dello stabilimento e che venivano raccolte e stoccate per poi essere riutilizzate nel ciclo produttivo come sottoprodotti;
b) nel marzo 2013 il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Bologna, a seguito di ispezione, aveva rinvenuto un quantitativo di circa 300 mc. di polveri derivanti dalle operazioni di pulizia dei piazzali, in parte debordato dalla piazzola di contenimento, tre cumuli di polveri frammiste a neve ed “un drenaggio delle acque di dilavamento provenienti da cumuli dei piazzali di deposito della materia prima (argilla da cava)”; ritenendo che le polveri fossero rifiuti e non sottoprodotti da riutilizzare nel ciclo produttivo, avevano sottoposto l’area a sequestro;
c) aveva relazionato la Provincia di Parma su quanto accaduto, proponendo un cronoprogramma per il ripristino dello stato dei luoghi, che prevedeva la rimozione dei cumuli di polveri ed il loro riutilizzo in una campagna di produzione dedicata di argilla, l’effettuazione di campionamenti e la realizzazione di una nuova area di stoccaggio;
d) il cronoprogramma, seppure approvato dalla Provincia, non aveva trovato attuazione in conseguenza del mancato dissequestro dell’area e, pertanto, tra il luglio e l’agosto 2013, aveva provveduto allo smaltimento delle polveri oggetto di sequestro, alla stregua di rifiuti, alla demolizione della piazzola in precedenza destinata allo stoccaggio ed alla realizzazione di una nuova piazzuola (attività tutte identificate come “Attività A”);
e) aveva effettuato altresì dei campionamenti al fine di verificare se, a seguito della rimozione dei cumuli delle polveri, il sito fosse inquinato; l’ARPA aveva rilevato delle contaminazioni e la Provincia di Parma aveva ingiunto di provvedere ai conseguenti interventi di bonifica e ripristino ambientale, attività tutte effettuate secondo le direttive impartite dalla Provincia (identificate come “Attività B”);
f) avendo sottoscritto con AS.GE. Spa una polizza di assicurazione della responsabilità ambientale che prevedeva il rimborso, sino alla concorrenza del massimale, delle spese per interventi di bonifica e di quelle per il ripristino del danno ambientale, all’esito di scambio di osservazioni tecniche, la Compagnia aveva formulato una proposta – con cui aveva evidenziato di non ritenere risarcibili le spese per le “Attività A” e di riconoscere il risarcimento integrale per le “Attività B”, pari ad Euro 75.000,00, oltre che il rimborso al 50 per cento delle spese legali sostenute – che non era stata accettata.
All’esito dell’espletamento dell’attività istruttoria, nel corso della quale veniva disposta c.t.u., si costituiva GE.IT. Spa, eccependo l’inoperatività della garanzia assicurativa in forza dell’applicazione dell’art. 3.1, punto 1-d, capo III della polizza, che escludeva la copertura dei danni e delle spese “causati dalla mancata intenzionale osservanza da parte dell’assicurato delle disposizioni di legge o delle prescrizioni delle autorizzazioni amministrative rilasciate ai fini dell’esercizio dell’attività svolta nello stabilimento”.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
Il Tribunale adito rigettava la domanda, ritenendo che la polizza non coprisse le attività di bonifica e ripristino del danno ambientale eseguite dalla società attrice; nello specifico, rilevava che la locuzione “mancata intenzionale osservanza” non potesse riferirsi alla violazione dolosa, da parte dell’assicurato o dei suoi collaboratori, delle prescrizioni di legge o del titolo abilitativo, ma dovesse intendersi come “condotta volontaria”, contraddistinta da colpa e non per forza da dolo.
2. Investita del gravame proposto dalla società soccombente, la Corte d’Appello di Torino lo ha respinto.
Ha osservato, in sintesi, che era ammissibile l’eccezione di inoperatività della garanzia, sollevata da GE.IT. Spa dopo il termine di cui all’art. 167, secondo comma, cod. proc. civ, trattandosi di mera difesa, e che le comunicazioni intercorse tra le parti prima dell’instaurazione del giudizio non avevano valore di ricognizione di debito, risolvendosi in una proposta finalizzata alla soluzione della controversia, non accettata dalla assicurata.
Rimandando alle previsioni legislative in ambito penale, e più precisamente all’art. 42, primo comma, cod. pen., la Corte, mediante l’attività interpretativa delle espressioni utilizzate nella polizza e del dettato dell’art. 303, comma 1, lett. a), n. 1) D.Lgs. 152/2006, è pervenuta ad affermare che l’aggettivo “intenzionale”, impiegato nella clausola 3.1, punto 1-d, capo III della polizza, non dovesse essere riferito alla sola violazione dolosa e che non potesse negarsi che, “nell’ammasso di polveri all’interno della piazzuola recintata ma in quantitativi eccedenti la capienza di quest’ultima con conseguente fuoriuscita di materiali all’esterno ed altresì negli accumuli su area libera ma a ridosso di sedime non idoneo ad evitare contaminazioni dello stato sottostante, si siano sostanziati i risultati ultimi di altrettante condotte “intenzionali”, attuate dai preposti dell’assicurata e non scriminate sotto alcun profilo da adeguate cause di giustificazione”; così circoscrivendo l’obbligazione di garanzia “a tutte quelle ipotesi (quali la responsabilità del custode o derivante dall’esercizio di attività pericolose) dalle quali sarebbe conseguita un’obbligazione risarcitoria in un certo senso da natura oggettiva”, “oltre che a situazioni ed accadimenti estranei alla sfera di controllo o di azione dell’assicurata”.
3. LA. Spa propone ricorso per la cassazione della suddetta decisione, affidato ad otto motivi, cui resiste GE.IT. Spa mediante controricorso.
AS.GE. Spa non ha svolto attività difensiva in questa sede.
4. La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis.1. cod. proc civ., in prossimità della quale la ricorrente e la controricorrente hanno depositato memorie illustrative.
Il Collegio si è riservato il deposito nel termine di sessanta giorni dalla decisione.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Preliminarmente, la controricorrente eccepisce l’inammissibilità del ricorso per cassazione, per decorrenza del termine di cui all’art. 327 cod. proc. civ., e solleva, conseguentemente, eccezione di giudicato, sul rilievo che il ricorso per cassazione è stato notificato soltanto ad AS.GE. Spa, non presso la sua sede legale, bensì nel domicilio da quest’ultima asseritamente eletto presso gli avv.ti Gi.Bo. e St.Ze., benché questi ultimi, in grado di appello, rappresentassero GE.IT. Spa e non AS.GE. Spa
L’ eccezione deve essere disattesa.
Il ricorso, come emerge dai messaggi di posta elettronica allegati, risulta notificato sia ad AS.GE. Spa, sia a GE.IT. Spa, nel termine di legge di cui all’art. 327 cod. proc. civ.
L’avvenuta costituzione in giudizio dell’odierna controricorrente, alla quale si riferisce la sentenza d’appello, sana in ogni caso, ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ., eventuali irregolarità del procedimento notificatorio del ricorso per cassazione, avendo comunque la notifica, eseguita presso i procuratori che la rappresentavano in appello, raggiunto il suo scopo, per essersi la parte difesa anche nel merito; si verte, invero, in ipotesi di nullità della notifica e non di inesistenza della stessa, che è integrata nelle sole ipotesi di mancanza materiale dell’atto ovvero quando l’attività notificatoria intrapresa sia priva delle caratteristiche essenziali individuabili, per l’un verso, nell’attività di trasmissione da parte di un soggetto normativamente dotato della possibilità giuridica di compierla e, per altro verso, nell’attività della consegna a soggetto estraneo al processo (Cass., sez. U, 20/07/2016, n. 14916).
2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia “violazione o falsa applicazione degli artt. 166, 167 e 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”, per avere la Corte d’Appello ritenuto che l’eccezione di inoperatività della polizza, pur se sollevata da GE.IT. dopo la scadenza del termine di cui all’art. 167 cod. proc. civ., non fosse tardiva, perché integrante “mera difesa”, come tale non soggetta alle preclusioni previste per le eccezioni in senso stretto.
2.1. La censura è fondata.
2.2. Questa Corte, investita della questione del se, in una controversia tra assicurato e assicuratore avente ad oggetto la condanna del secondo al pagamento dell’indennizzo, sia consentito all’assicuratore eccepire la non indennizzabilità del sinistro anche oltre i termini di cui all’art. 167 cod. proc. civ., ha, in più occasioni, risolto la questione, affermando il principio secondo cui “l’eccezione di inoperatività della polizza assicurativa non costituisce un’eccezione in senso proprio, ma una semplice difesa, una mera argomentazione giuridica, formulata in base a un’interpretazione di parte volta a contestare il fondamento della domanda con l’assumere l’estraneità dell’evento ai rischi contemplati nel contratto. Essa, pertanto, non può costituire oggetto di abbandono o di tacita rinuncia, neanche ove non sia riproposta nelle conclusioni definitive specificamente formulate, con la conseguenza che, pure in tale ipotesi, permane il potere dovere del giudice di pronunciarsi sulla operatività della polizza già contestata” (Cass., sez. 3, 22/02/2000, n. 1967; Cass., sez. 3, 12/07/2019, n. 18742; Cass., sez. 3, 03/07/2014, n. 15228; Cass., sez. 3, 31/10/2018, n. 27998).
Sulla scorta di tali presupposti logici, si è, quindi, precisato che la suddetta eccezione non è riservata all’iniziativa della parte, ma rilevabile d’ufficio e, quindi, ammissibile anche in appello, salvi ovviamente gli effetti del giudicato interno (cfr. Cass., sez. U, n. 10531 del 2013; Cass., sez. 3, 03/07/2014, n. 15228; Cass., sez. 3, 22/02/2000, n. 1967).
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
2.3. L’orientamento sopra richiamato non risulta, però, coerente con i principi affermati da questa Corte, al di fuori della materia assicurativa, quando si è trattato di individuare i criteri che distinguono tra eccezioni in senso stretto ed eccezioni in senso lato.
2.3.1. Varrà premettere che, per distinguere l’eccezione in senso stretto da quella in senso lato, una parte della dottrina si è ispirata al concetto di diritto potestativo: in particolare, l’eccezione in senso stretto sarebbe un contro-diritto tendente ad impugnare e annullare il diritto d’azione, il cui elemento caratterizzante risiede nel fatto che è rimessa all’interessato la scelta in ordine alla produzione dell’effetto impeditivo o estintivo dell’azione, poiché fin tanto che il diritto non è esercitato questa esiste ed è efficace e l’effetto di annullamento dell’azione si produce solo a seguito dell’istanza del convenuto.
L’eccezione, quale diritto potestativo ad impugnandam actionem, rileva solo nel processo e in quanto diritto volto a paralizzare l’efficacia dell’azione. Anche quando l’eccezione in senso proprio corrisponde ad un diritto sostanziale del convenuto, questi non fa valere tale diritto, ma si limita a porre nel nulla l’azione avversaria.
Tale impostazione, che è stata oggetto di dibattito, è stata abbandonata da parte della dottrina successiva, ma il suo nucleo fondamentale è rimasto inalterato in coloro che riconoscono natura sostanziale all’eccezione di merito in senso stretto, che resta un diritto potestativo che abilita il soggetto che ne è titolare alla produzione, mediante atto unilaterale, di un effetto nella sfera giuridica altrui.
In altri termini, quando la legge prevede che determinati fatti impeditivi, estintivi o modificativi del diritto fatto valere in giudizio non possono essere assunti dal giudice a fondamento della decisione in assenza dell’eccezione del convenuto, ciò presuppone l’attribuzione all’interessato di un diritto potestativo, dal cui esercizio discende l’effetto impeditivo, estintivo, modificativo.
2.3.2. Nella giurisprudenza di legittimità sono insorti contrasti in ordine al modo in cui debba essere assolto l’onere di allegazione dei fatti costitutivi delle eccezioni in senso stretto e di quelle in senso lato, tanto che, sul punto, le Sezioni Unite sono intervenute più volte:
a) dapprima con la sentenza n. 1099 del 3 febbraio 1998, con la quale si è stabilito che le eccezioni in senso lato sono sì rilevabili d’ufficio, ma pur sempre a condizione che il fatto costitutivo di esse sia stato debitamente allegato nei termini e con le modalità prescritti dalle regole processuali;
b) in seguito, con la pronuncia n. 226 del 25 maggio 2001, con cui si è affermato che le eccezioni in senso lato non soggiacciono alle preclusioni istruttorie, sicché non è inibito alla parte sollevare le suddette eccezioni nel corso del giudizio, anche dopo lo scadere del termine per costituirsi, ed anche allegando fatti non dedotti in precedenza;
c) da ultimo, con la sentenza n. 10531 del 7 maggio 2013, che ha stabilito che ogni eccezione in senso lato è sempre rilevabile d’ufficio purché risulti dagli atti del processo, anche se non sia stata sollevata dalla parte interessata.
Costituiscono, tuttavia, principi pacifici quelli secondo cui la rilevabilità d’ufficio delle eccezioni costituisce la regola, mentre la rilevabilità ad eccezione di parte sussiste solo nei casi previsti dalla legge; e quando la legge nulla dice circa la rilevabilità d’ufficio o su istanza di parte, l’eccezione deve ritenersi in senso stretto – e, dunque, non rilevabile d’ufficio – quando sia fondata su fatti che, senza escludere la sussistenza del rapporto implicato dalla domanda, sono tali che, in loro presenza, risulti accordato al convenuto un potere ad impugnandum ius, ossia esercitabile al fine di fare venire meno il diritto della controparte anche in via di azione.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
In sostanza, la giurisprudenza di legittimità àncora la distinzione tra eccezioni in senso lato ed eccezioni in senso stretto – quando la legge nulla dice sul punto – alla disponibilità o meno del diritto o della situazione giuridica posti a fondamento dell’eccezione.
Difatti, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte (cfr., per tutte, Cass., sez. U, 27/07/2005, n. 15661), nel nostro ordinamento le eccezioni in senso stretto, cioè quelle rilevabili soltanto ad istanza di parte, si identificano o in quelle per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare e, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico suppone il tramite di una manifestazione di volontà della parte (da sola o realizzabile attraverso un accertamento giudiziale).
Per contro, il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis, in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe sviato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto (Cass., sez. 2, 31/10/2018, n. 27998; Cass., sez. U, 07/05/2013, n. 10531).
Pertanto, se il fatto costitutivo dell’eccezione è una situazione indisponibile o di diritto pubblico (ad esempio, il giudicato o la nullità del contratto), l’eccezione che su quel fatto si fonda è rilevabile d’ufficio; se, invece, il fatto costitutivo dell’eccezione è una situazione disponibile, rimessa alla valutazione della parte che ne è titolare, che potrebbe dunque anche rinunciarvi, l’eccezione che su quel fatto si fondi non deve ritenersi rilevabile d’ufficio (Cass., sez. 1, 07/02/2000, n. 1320; Cass., sez. L, 15/05/2007, n. 11108; Cass., sez. U, 27/07/2005, n. 15661; Cass., sez. 1, 13/04/2023, n. 9810).
2.4. Trasponendo le considerazioni sopra svolte in materia assicurativa, non può non rilevarsi che nell’ampia categoria delle eccezioni intese a far valere l’inoperatività della polizza occorre verificare, al fine di stabilire se esse siano o meno rilevabili d’ufficio, se quella in concreto sollevata dall’assicuratore, per il carattere ampio ed indifferenziato dell’espressione e la sua riferibilità a fattispecie tra loro diverse, sia un’eccezione suscettibile di essere fatta valere anche in via d’azione, se essa investa interessi privati od anche interessi pubblicistici e se costituisca espressione di un diritto potestativo.
Con specifico riferimento alla clausola limitativa del rischio, che viene qui in rilievo, se si costruisce la delimitazione del rischio contenuta nella polizza come fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, la circostanza che il rischio avveratosi non rientri in alcuna delle ipotesi di esclusione contrattualmente previste diviene elemento costitutivo della fattispecie e, in quanto tale, il giudice può rilevarne d’ufficio la mancanza; al contrario, se una clausola di delimitazione del rischio si atteggia come fatto impeditivo, modificativo od estintivo della fattispecie posta a fondamento della domanda di pagamento dell’indennizzo, la relativa eccezione, integrando eccezione in senso stretto e non eccezione in senso lato, non è rilevabile d’ufficio.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
Come già precisato da questa Corte, “nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo assicurativo è onere dell’attore provare che il rischio avveratosi rientra nei “rischi inclusi” e, cioè, nella categoria generale dei rischi oggetto di copertura assicurativa; tuttavia, qualora il contratto contenga clausole di delimitazione del rischio indennizzabile (soggettive, oggettive, causali, spaziali, temporali), spetta all’assicuratore dimostrare il fatto impeditivo della pretesa attorea e, cioè, la sussistenza dei presupposti fattuali per l’applicazione di dette clausole” (tra molte, Cass., sez. 3, 23/01/2018, n. 1558).
Si è, al riguardo, chiarito che, qualora nel contratto di assicurazione siano state inserite clausole cd. di delimitazione del rischio, i fatti avversi, cui l’assicurato è teoricamente esposto, possono essere classificati in tre categorie: a) “rischi inclusi”, cioè quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo; b) “rischi esclusi”, cioè quelli estranei al contratto; c) i “rischi non compresi”, cioè quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio.
Mentre l’assicurato deve provare che l’evento dannoso verificatosi rientra tra i “rischi inclusi”, in quanto tale circostanza è fatto costitutivo della sua pretesa all’indennizzo, l’assicuratore deve provare che l’evento dannoso verificatosi rientra fra i rischi “non compresi”, in quanto tale circostanza, essendo un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, costituisce un fatto impeditivo della pretesa attorea (Cass., sez. 3, 09/11/2023, n. 31251).
Ne segue che quello di rifiutare il pagamento dell’indennizzo è un diritto che scaturisce dall’esistenza della clausola delimitativa del rischio e, potendo essere azionato in via autonoma (con una domanda di accertamento), il fatto costitutivo su cui poggia la relativa eccezione non può essere rilevato d’ufficio.
Ciò, da un lato, perché si è in presenza di una eccezione con cui il convenuto avanza una pretesa fondata su una clausola contrattuale, essendo pacifico nella giurisprudenza di legittimità che l’esistenza o inesistenza di una clausola contrattuale, così come il suo contenuto, costituiscono dei “fatti” e, in quanto tali, debbono essere introdotti nel giudizio di primo grado nel rispetto delle preclusioni di rito (Cass., sez. 3, 26/06/2012, n. 10617); dall’altro, perché si avanza una pretesa suscettibile di formare oggetto di un autonomo giudizio di accertamento ed oggetto di un diritto potestativo.
2.5. Venendo al caso in esame, GE.IT. Spa, al fine di paralizzare la domanda avanzata dall’odierna ricorrente, ha opposto l’esistenza di una clausola delimitativa del rischio, prevista dall’art. 3.1., punto 1-d, capo III della polizza, adducendo che vi fosse stata, da parte di LA. Spa, una “intenzionale inosservanza delle disposizioni di legge o delle prescrizioni autorizzative”, ossia che ricorrevano i presupposti previsti dalla pattuizione contrattuale per l’inoperatività della polizza.
Tale eccezione, introducendo un fatto impeditivo della domanda di indennizzo, è sicuramente espressione di un diritto potestativo, il cui esercizio è esclusivamente rimesso alla volontà all’assicuratore che ne è titolare, ben potendo la società di assicurazione anche rinunciare a farla valere, e come tale, per le ragioni sopra esposte, non è rilevabile d’ufficio e soggiace, di conseguenza, ai termini preclusivi previsti per la proponibilità di una eccezione in senso stretto (cfr. Cass., sez. 3, 13/06/2023, n. 16899, che ha enunciato il principio secondo cui, in tema di assicurazione per la responsabilità civile, il massimale contrattualmente previsto non è elemento essenziale del contratto di assicurazione e non rappresenta un fatto costitutivo del credito assicurato, sicché il rilievo relativo all’esistenza del limite del massimale, lasciato alla libera pattuizione delle parti, rappresentando un mero elemento impeditivo o estintivo del diritto, costituisce un’eccezione in senso stretto, da far valere, dalla parte interessata, nel rispetto delle preclusioni assertive ed istruttorie e non rilevabile d’ufficio; Cass., sez. 3, 13/10/2021, n. 27913; Cass., sez. 3, 23/01/2018, n. 1558).
Poiché è incontestato tra le parti che GE.IT. Spa si sia tardivamente costituita in primo grado, dopo la scadenza dei termini di cui all’art. 183, sesto comma, cod. proc. civ., non può che convenirsi che la Corte d’Appello, affermando che l’eccezione di delimitazione del rischio sollevata dalla società assicuratrice costituisse una “semplice difesa”, sia incorsa nelle violazioni ad essa contestate con il motivo in disamina.
3. Con il secondo motivo, deducendo la “violazione o falsa applicazione degli artt. 1965, 1988, 1324, 1362 e 2735, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.”, la ricorrente impugna la decisione gravata nella parte in cui ha ritenuto che l’offerta formulata da GE.IT. Spa in via stragiudiziale non costituisse ricognizione di debito o, comunque, confessione e contesta al giudice d’appello di non avere tenuto conto che possono avere valore confessorio anche le dichiarazioni contenute in una transazione non perfezionatasi.
4. Con il terzo motivo la ricorrente denunzia “violazione o falsa applicazione degli artt. 112, 132, secondo comma, cod. proc. civ. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.”, per avere i giudici di appello ritenuto integrata l’ipotesi prevista dalla clausola di cui all’art. 3.1, punto 1-d, capo III, della polizza, sul presupposto che fosse ravvisabile, nella condotta da essa tenuta, “mancata osservanza delle disposizioni di legge o delle prescrizioni autorizzative” e che tale mancata osservanza fosse stata “intenzionale”, senza tuttavia spiegare le ragioni sottese a tale convincimento, avendo omesso di individuare le presunte condotte antigiuridiche (mancate osservanze), la riferibilità delle stesse ad essa ricorrente e le disposizioni di legge o autorizzative che sarebbero state violate, essendo di per sé insufficiente il mero richiamo allo stato di fatto rinvenuto dal Nucleo Operativo Ecologico nel marzo 2013 all’interno dello stabilimento.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
5. Con il quarto motivo – rubricato: “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1367, 1917 e 1900 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c.” – la ricorrente contesta alla Corte d’Appello di non avere adeguatamente interpretato la clausola di inoperatività della garanzia assicurativa, addivenendo alla conclusione che la “mancata intenzionale osservanza di legge o delle prescrizioni amministrative” dovrebbe essere intesa sia come dolosa sia come colposa inosservanza, cosicché in nessuna di tali ipotesi la polizza avrebbe potuto operare. Lamenta che, in tal modo, il giudice di secondo grado non avrebbe fatto buon governo del richiamato art. 1367 cod. civ., che ha valore meramente residuale rispetto agli altri criteri ermeneutici di cui agli artt. da 1362 a 1365 cod. civ., e che non è pertinente il richiamo all’art. 1917 cod. civ., che riguarda l’assicurazione della responsabilità civile, mentre la presente controversia ha per oggetto una “assicurazione delle spese per gli interventi di bonifica e per il ripristino del danno ambientale”, da ritenere separata dall’altra specifica “assicurazione della RC da inquinamento”, prevista in una diversa sezione della medesima polizza. Altrettanto erroneo – secondo la ricorrente – sarebbe il richiamo svolto dal giudice d’appello all’art. 1900 cod. civ., sia perché tale disposizione normativa contempla anche le ipotesi di colpa grave, sia perché, se Generali avesse voluto derogare il secondo comma di tale norma, ed in particolare escludere la garanzia anche in caso di colpa grave dei collaboratori della società assicurata, avrebbe dovuto prevederlo in modo specifico.
6. Con il quinto motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 42, comma 1 e 43 cod. pen., art. 3 Direttiva n. 2008/99/CE e art. 12 della Preleggi, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la Corte territoriale affermato che la clausola di inoperatività della polizza non poteva essere ricondotta esclusivamente ai casi di dolo, potendo configurarsi anche una “mancata osservanza intenzionale colposa”.
7. Con il sesto motivo, prospettando la “violazione o falsa applicazione degli artt. 1363 cod. civ., 132, secondo comma, cod. proc. civ. e 111 Cost., in relazione ai nn. 3 e 4 del primo comma dell’art. 360 c.p.c.”, la ricorrente addebita ai giudici di appello di far coincidere la portata dell’art. 1.1.1. della polizza, che stabiliva l’oggetto della assicurazione da r.c. inquinamento, a quella di inoperatività prevista dall’art. 3.1. lett-d; evidenzia pure che la sentenza incorre in contraddizione laddove afferma che all’art. 1.1.1. del contratto si farebbe ricorso all’avverbio “intenzionalmente”, anziché all’avverbio “involontariamente”.
8. Con il settimo motivo, censurando la decisione gravata per “violazione o falsa applicazione degli artt. 303, 311 e 301 D.Lgs. n. 162/2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.”, la ricorrente sostiene che le norme richiamate escludono la responsabilità risarcitoria dell’operatore nei casi di forza maggiore o di fatto del terzo e che, pertanto, aderendo alla lettura della clausola di inoperatività offerta dal giudice d’appello, si giungerebbe alla contraddittoria ed illogica conclusione che la copertura assicurativa non avrebbe alcuna funzione.
9. Con l’ottavo motivo, deducendo la violazione o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364, 1365, 1366, 1367, 1368, 1369, 1370 e 1371 cod. civ., in relazione al n. 3 dell’art. 360 cod. proc. civ., la ricorrente attinge la decisione d’appello nella parte in cui afferma di fare applicazione del principio di buona fede, dell’obbligo di salvataggio ex art. 1914 e dell’art. 1915 cod. civ. e assume che sarebbero state disattese le regole ermeneutiche evocate.
Nello specifico, evidenzia che il giudice d’appello ha operato un richiamo esclusivamente all’art. 1367 cod. civ., mentre avrebbe dovuto fare applicazione anzitutto dell’art. 1362 cod. civ., al fine di indagare la comune volontà delle parti, e che è irrilevante sia il riferimento alla buona fede nell’esecuzione del contratto, che è cosa diversa dal principio di cui all’art. 1366 cod. civ., sia agli artt. 1914 e 1915 cod. civ., che disciplinano le condotte successive al verificarsi del danno e non le cause di quest’ultimo.
Da ultimo, rimarca che la Corte d’Appello ha omesso di prendere in considerazione l’intero impianto contrattuale, limitandosi ad una lettura di sole due ulteriori clausole contenute nel contratto, ossia il punto 5 e l’art. 1.1.1. della polizza, ed ha fatto ricorso ai criteri ermeneutici sussidiari, in particolare all’art. 1367 cod. civ., in tal modo non ricostruendo sufficientemente la volontà delle parti ed omettendo di fare applicazione anche dell’art. 1370 cod. civ., il quale prevede che, in caso di dubbio, le clausole contenute nelle condizioni generali predisposte da uno dei contraenti, come nel caso di specie, devono essere interpretate a favore dell’altro contraente.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
10. È superflua la disamina di tali motivi, perché l’accoglimento del primo consente di ritenerli assorbiti.
10.1. In ogni caso, per completezza e attesa la probabile rilevanza delle relative questioni nel giudizio di rinvio, reputa il Collegio opportuno svolgere alcune brevi considerazioni in merito alle doglianze svolte con il quarto ed il quinto motivo.
Nell’affrontare l’interpretazione della clausola 3.1., 1-d, capo III delle condizioni generali di polizza, secondo cui sono esclusi dalla copertura i sinistri “causati dalla mancata intenzionale osservanza, da parte dell’assicurato, delle disposizioni di legge o delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni rilasciate ai fini dell’esercizio dell’attività condotta nello stabilimento”, la Corte d’Appello, per confutare la tesi difensiva dell’assicurata, la quale sosteneva l’esclusione dalla garanzia dei soli sinistri cagionati da violazioni dolose, ha osservato che tale assunto contrasterebbe con il criterio di conservazione del contratto di cui all’art. 1367 cod. civ., atteso che avrebbe privato la clausola di qualsiasi effetto, considerato che l’art. 1917, primo comma, cod. civ. già esclude dalla copertura assicurativa i danni derivanti da fatti dolosi. Soffermandosi, poi, sul concetto di “intenzionalità”, ha ritenuto necessario il riferimento alle previsioni legislative in ambito penale, e precisamente al primo comma dell’art. 42 cod. pen., che sancisce la non punibilità dell’autore “per una azione o omissione prevista dalla legge come reato, se non l’ha commessa con coscienza e volontà”, sottolineando al contempo l’irrilevanza dell’elemento soggettivo – dolo o colpa – che “attiene essenzialmente all’evento” (pag. 12 della motivazione).
Inoltre, dopo avere puntualizzato che la correttezza di tale impostazione troverebbe conforto in alcune disposizioni normative del D.Lgs. n. 152/2006, ratione temporis vigenti, secondo cui “la responsabilità per danno ambientale è configurabile anche a titolo di colpa”, ed avere rilevato che la clausola di inoperatività in disamina si è adeguata, oltre che al principio di buona fede (richiamato al punto 5), che deve presiedere all’esecuzione del contratto, alla normativa delineata dal legislatore ed è stata altresì espressione dell’obbligo di salvataggio di cui all’art. 1914 cod. civ., è pervenuta a stabilire che “l’obbligazione di garanzia era circoscritta a tutte quelle ipotesi (quali la responsabilità del custode o derivante dall’esercizio di attività pericolose) dalle quali sarebbe conseguita un’obbligazione risarcitoria in un certo senso da natura oggettiva, soltanto circoscritta dalla prova liberatoria di una ben precisa esimente, oltre che a situazioni ed accadimenti estranei alla sfera di controllo e di azione dell’assicurata” (pag. 15 della motivazione).
10.2. Seguendo la lettura data dalla Corte territoriale nella gravata sentenza, l’obbligazione a carico dell’assicuratore rimarrebbe, nella sostanza, priva di reale contenuto, perché verrebbe esclusa non solo in caso di condotta dolosa, ma anche in caso di condotta colposa in capo all’assicurato, in evidente contrasto proprio con il principio di conservazione del contratto di cui all’art. 1367 cod. civ. – richiamato dalla decisione impugnata – secondo cui, “nel dubbio, il contratto o le singole clausole devono interpretarsi nel senso in cui possono avere qualche effetto, anziché in quello secondo cui non ne avrebbero alcuno”.
D’altro canto, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il primo e principale strumento che il giudice di merito è tenuto ad utilizzare è rappresentato dal senso letterale delle parole e delle espressioni utilizzate nell’atto negoziale e nelle singole clausole (Cass., sez. 2, 28/03/2017, n. 7927, in motivazione): solo se il dato letterale dovesse risultare ambiguo, può farsi ricorso agli altri canoni strettamente interpretativi (art. 1362 – 1365 c.c.) e, in caso di insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dagli artt. 1366-1371 cod. civ. (Cass., sez. 2, 26/10/ 2018, n. 27256, in motivazione; Cass., sez. 2, 11/11/2021, n. 33451).
Non emerge dal percorso argomentativo che sorregge la decisione che la Corte territoriale abbia indagato la comune intenzione delle parti sulla base del tenore letterale della clausola, considerato che l’esclusione delle condotte colpose dall’ambito della garanzia assicurativa avrebbe dovuto essere esplicita e non ambigua, né che abbia tenuto presente che l’intenzionalità non può essere riferita all’evento lesivo, ma all’inosservanza della disposizione di legge volta a prevenire l’evento; pertanto, il richiamo, operato dal giudice d’appello, alle norme penali sull’elemento soggettivo del reato non è conferente, essendo, piuttosto, rilevante che l’inosservanza della norma o della prescrizione autorizzativa derivi da una scelta dell’assicurato.
Tanto non comporta tuttavia, come sostenuto da parte ricorrente, che la garanzia non operi esclusivamente quando l’evento lesivo sia stato previsto e voluto dall’assicurato come conseguenza della propria condotta, ossia in caso di condotta dolosa; alla luce delle espressioni utilizzate, è, invece, sufficiente, perché la garanzia non operi, che l’assicurato abbia previsto e voluto la violazione della disposizione di legge, anche se poi non abbia previsto e voluto l’evento lesivo quale conseguenza di detta inosservanza.
11. Conclusivamente, va accolto il primo motivo e vanno dichiarati assorbiti i restanti, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, che dovrà procedere a nuovo esame attenendosi ai principi sopra richiamati, nonché alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Esclusione rischio assicurativo eccezione in senso stretto
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Torino, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, il 9 dicembre 2024.
Depositato in Cancelleria il 21 gennaio 2025.
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