Espropriazione crediti: competenza se P.A. con Avvocatura

Corte di Cassazione, civile, Ordinanza|26 novembre 2024| n. 30434.

Espropriazione crediti: competenza se P.A. con Avvocatura

Massima: Nell’espropriazione di crediti presso terzi, il criterio di competenza per territorio sancito dall’art. 26-bis, comma 1, c.p.c. (ovvero il luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede) trova applicazione soltanto quando il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione che si avvalga per legge del patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato, e sempre che la competenza non sia altrimenti individuata, sulla base di elementi di collegamento diversi, da una disposizione speciale (quale non può ritenersi, a questi fini, l’art. 1-bis della l. n. 720 del 1984, istitutiva del servizio di tesoreria unica). (Principio enunciato nell’interesse della legge ex art. 363, comma 3, c.p.c.).

 

Ordinanza|26 novembre 2024| n. 30434. Espropriazione crediti: competenza se P.A. con Avvocatura

Integrale

Tag/parola chiave: Esecuzione forzata – Competenza – Per territorio – Crediti espropriazione di crediti nei confronti di una pubblica amministrazione – Criterio di competenza ex art. 26 – Bis, comma 1, c.p.c. – Presupposti – Eccezioni – Art. 1 – Bis della l. n. 720 del 1984, istitutiva del servizio di tesoreria unica – Esclusione.

REPUBBLICA ITALIANA

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta da

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere

Dott. ROSSI Raffaele – Consigliere rel.

Dott. SAIJA Salvatore – Consigliere

ha pronunciato la seguente
ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza iscritto al numero 4599 del ruolo generale dell’anno 2024, proposto da

Pe.Ro., rappresentato e difeso dall’Avv. Ni.Za.

– ricorrente –

contro

AZIENDA SANITARIA LOCALE NAPOLI 1 CENTRO, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Au.Lo.

– controricorrente –

nonché contro

BANCA IN.SA. Spa

– intimata –

avverso l’ordinanza n. 927/2024 del TRIBUNALE DI SALERNO, emessa il 14 febbraio 2024 nel giudizio iscritto al R.G. n. 5147/2023.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 ottobre 2024 dal Consigliere RAFFAELE ROSSI.

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FATTI DI CAUSA

1. Pe.Ro. promosse innanzi il Tribunale di Salerno procedura di espropriazione presso terzi in danno della Azienda Sanitaria Napoli 1 Centro (di seguito, in breve: l’ASL): con atto ex art. 543 cod. proc. civ. notificato il 22 luglio 2022, sottopose a pignoramento i crediti vantati dal debitore esecutato nei confronti del suo tesoriere, evocato quale terzo pignorato, la banca IN.SA. Spa

2. Con ricorso diretto al giudice dell’esecuzione, depositato nel fascicolo della procedura il 1 dicembre 2022, l’ASL spiegò opposizione sulla base di plurimi motivi: dedusse, tra l’altro, l’incompetenza territoriale del giudice adito in favore del Tribunale di Napoli, determinata in ragione della sede dell’ente pubblico esecutato.

3. All’esito della fase sommaria della lite, il giudice dell’esecuzione rigettò l’istanza di sospensione dell’esecuzione proposta dall’opponente e fissò i termini per la introduzione del giudizio di merito, disponendo, con separata ordinanza, l’assegnazione del credito staggito.

4. Ritualmente introdotta la fase di merito della controversia e depositate le memorie integrative ex art. 171-ter cod. proc. civ., con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Salerno ha dichiarato la “propria incompetenza territoriale indicando quale giudice competente, ai sensi dell’art. 26-bis, secondo comma, cod. proc. civ., il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione”, fissando termine per la riassunzione della controversia e condannando la parte opposta alla refusione delle spese di giudizio.

5. Avverso detta ordinanza propone regolamento di competenza Pe.Ro., affidandosi ad un motivo, cui resiste, con memoria difensiva, l’ASL, mentre non svolge difese in questa fase di legittimità la Banca IN.SA. Spa

6. Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con le quali chiede la cassazione senza rinvio della ordinanza impugnata.

7. L’ASL ha depositato memoria illustrativa.

8. Il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di cui al secondo comma dell’art. 380-bis.1 cod. proc. civ..

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RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente, non dubbia è l’ammissibilità del regolamento di competenza in parola.

Con l’ordinanza qui impugnata, il Tribunale di Salerno ha definito il giudizio di merito sull’opposizione esecutiva con pronuncia declinatoria di competenza, sicché avverso la stessa unico rimedio impugnatorio esperibile è quello previsto dall’art. 42 del codice di rito.

2. L’unico motivo denuncia “violazione e falsa applicazione dell’art. 26-bis, primo comma, cod. proc. civ., dell’art. 1, comma 29, della legge 26 novembre 2021, n. 206, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., in relazione alla dichiarata incompetenza territoriale su giudizio di esecuzione introdotto dal creditore procedente nel foro ove il medesimo ha il domicilio e la residenza, e nei confronti dell’ASL Napoli 1 Centro (pubblica amministrazione)”.

Ad avviso del ricorrente, la modifica apportata all’art. 26-bis cod. proc. civ. dalla legge n. 206 del 2021 “introduce la regola per cui la competenza spetta al foro del creditore ogni qual volta il debitore esecutato rientri nella categoria delle pubbliche amministrazioni”, mentre il “foro del debitore (secondo comma) sopravviene, ora, in via residuale e solo al di fuori dei casi di cui al primo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ… ovvero in tutti i casi in cui il debitore non sia una P.A. nella ampia e generale categoria come definita dalla normativa vigente”, in specie amente dall’art. 1 del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Pertanto – conclude – non dubbia la natura di amministrazione pubblica (e non già di ente pubblico economico) delle Aziende Sanitarie Locali, la competenza per territorio nella specie “rimane collegata al criterio della residenza o del domicilio del creditore procedente”, dunque presso il Tribunale di Salerno.

3. La disamina della questione richiede una puntualizzazione preliminare.

Il provvedimento in questa sede gravato reca una declinatoria di competenza riferita all’intera controversia oppositiva, in ordine alla quale il giudice emittente ha mancato di operare (quand’anche in via mediata o indiretta) la qualificazione giuridica dell’azione intentata, cioè a dire la riconduzione dei motivi addotti a suffragio della stessa sotto l’egida dell’uno o dell’altro dei due possibili rimedi oppositivi (all’esecuzione ex art. 615 cod. proc. civ., agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ.) esperibili dal debitore esecutato.

Ad avviso di questa Corte, invece, l’individuazione della contestata competenza esige, di necessità, la sussunzione sub specie iuris dei motivi di opposizione prospettati nell’originario atto di ingresso della lite, attività praticabile dal giudice di legittimità (anche) per effetto della puntuale riproduzione nel ricorso per regolamento del contenuto di tale atto, comunque allegato alla produzione di parte impugnante.

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Muovendo a siffatto inquadramento, è agevole riscontrare come le plurime contestazioni sollevate dall’ASL con la dispiegata opposizione siano di natura eterogenea, suscettibili di diversa classificazione in iure.

Ed invero, nel ricorso in opposizione da cui scaturisce la lite:

-) alcuni motivi (quelli concernenti l’abusivo frazionamento del credito, l’abuso dello strumento processuale esecutivo, la mancata osservanza degli adempimenti sulla fatturazione elettronica occorrenti per consentire il pagamento da parte del debitore, l’impignorabilità delle somme staggite) concretano rimostranze sul diritto di procedere in via forzata, integrando fattispecie di opposizione all’esecuzione ex art. 615, secondo comma, cod. proc. civ.;

-) gli altri motivi (quelli relativi all’incompetenza territoriale del giudice dell’esecuzione adito, alla mancata formulazione di istanza di assegnazione ed alla notificazione non a mezzo ufficiale giudiziario dell’avviso di iscrizione a ruolo del pignoramento), siccome prospettanti vizi formali asseritamente inficianti il pignoramento o la procedura espropriativa, configurano, invece, fattispecie di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617, secondo comma, cod. proc. civ.

4. La notazione testé esternata è dirimente per la decisione sul presente regolamento.

4.1. In ordine all’opposizione agli atti esecutivi (e limitatamente ai motivi ad essa riconducibili) la impugnata declinatoria di competenza va cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., poiché l’azione non poteva essere proposta.

Al riguardo, giova rammentare che, per consolidato indirizzo di nomofilachia, il potere della Corte di cassazione di dichiarare ex officio che l’azione non poteva essere proposta, previsto dall’art. 382, terzo comma, secondo inciso, cod. proc. civ., può essere esercitato anche in sede di regolamento di competenza, nell’ipotesi in cui la corretta qualificazione giuridica della domanda evidenzi la tardività dell’azione proposta, atteso che la declaratoria di competenza di uno dei giudici di merito si concreterebbe in un’inutile procrastinazione dello svolgimento dell’attività processuale, essendo destinata ad una successiva pronuncia d’inammissibilità (ex plurimis, Cass. 08/05/2020, n. 8660; Cass. 19/02/2014, n. 3865; Cass. 05/12/2013, n. 27305; Cass. 23/11/2011, n. 24743).

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D’altro canto, è del pari indiscusso, nella giurisprudenza di questa Corte, che la tardività della opposizione agli atti esecutivi – qualora la questione non sia stata decisa dal giudice di merito e non sia dunque coperta da giudicato interno esplicito – può e deve essere delibata in sede di legittimità, ancorché non dedotta come motivo di ricorso, versandosi in un’ipotesi di termine di decadenza processuale la cui inosservanza è rilevabile d’ufficio e comporta la cassazione senza rinvio della sentenza ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ. (così Cass. 11/05/2023, n. 12948; Cass., Sez. U, 25/03/2021, n. 8501).

Tanto premesso, nella specie, a fronte di un atto di pignoramento notificato il 22 luglio 2022, la reazione dell’esecutato si è concretata con il ricorso in opposizione depositato il 1 dicembre 2022, quando era oramai ampiamente elasso il termine di venti giorni fissato dall’art. 617, secondo comma, cod. proc. civ.: sicché l’opposizione in tal senso qualificata doveva essere dichiarata inammissibile e, per conseguenza, non avendovi provveduto il Tribunale di Salerno, va disposta la cassazione senza rinvio della adottata declinatoria di incompetenza.

4.2. La pronuncia di questa Corte sulla competenza si impone invece in ordine alla opposizione all’esecuzione ed esclusivamente per i motivi riconducibili ad essa, tra i quali non può rientrare la doglianza relativa alla competenza del giudice del processo esecutivo intrapreso.

A fondamento della rimessione della lite per competenza territoriale al Tribunale di Napoli “in funzione di giudice dell’esecuzione”, la gravata ordinanza ha ravvisato l’applicabilità alla vicenda dell’art. 26-bis, secondo comma, cod. proc. civ. (norma menzionata altresì nel dispositivo), evidentemente anche (se non soprattutto) in relazione al processo esecutivo cui l’opposizione si riferisce: con conseguente radicamento della causa presso il giudice della sede legale del debitore esecutato, ubicata in Napoli, e negato l’operatività del primo comma dello stesso art. 26-bis cod. proc. civ. “non trattandosi di controversie relative a rapporto di lavoro alle dipendenze della P.A.”.

La censura articolata da parte ricorrente con il ricorso in scrutinio segue, in sostanza, il percorso motivazionale svolto nel provvedimento, prospettando una differente lettura esegetica dell’art. 26-bis cod. proc. civ., come meglio narrato sopra, sub par. 2.

4.2.1. La descritta impostazione del ragionamento (comune, per quanto detto, all’ordinanza impugnata ed al motivo di ricorso per regolamento) è, tuttavia, inficiata da un errore di prospettiva.

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Si spiega, in breve.

La resa dichiarazione di incompetenza, per il suo evidente tenore testuale, concerne la controversia (di merito e di cognizione) di opposizione all’esecuzione: al contrario, l’art. 26-bis cod. proc. civ., assunto a norma di riferimento dal giudice salernitano e dagli odierni contraddittori, detta i criteri di radicamento ratione loci della procedura di espropriazione di crediti presso terzi, in seno alla quale (ed a mo’ di parentesi cognitiva) è stata proposta l’opposizione in discorso.

Quest’ultima, per contro, integrando un’ordinaria causa di cognizione (benché funzionalmente collegata al processo esecutivo cui si riferisce), riceve espressa e specifica disciplina circa la competenza per territorio nel disposto dell’art. 27 cod. proc. civ., il quale àncora la distribuzione in senso orizzontale delle controversie di opposizione all’esecuzione al “giudice del luogo dell’esecuzione”, locuzione da intendere, in caso di procedimento esecutivo già iniziato, come il giudice del luogo in cui si svolge l’esecuzione.

In altre parole, intrapresa un’esecuzione, l’opposizione alla stessa proposta ai sensi dell’art. 615 cod. proc. civ. può essere ripartita tra diversi uffici giudiziari secondo i criteri verticali di competenza dettati dell’art. 17 cod. proc. civ., ma resta affidata ratione loci (ed in maniera inderogabile: così Cass. 16/05/2019, n. 13111) all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice dell’esecuzione innanzi al quale si è tenuta la fase sommaria del giudizio, salva l’ipotesi speciale, contemplata dall’art. 618-bis, secondo comma, cod. proc. civ. delle opposizioni esecutive in materia di lavoro e previdenza (su cui v. Cass. 03/08/2016, n. 16222).

La competenza sul processo esecutivo cui si riferisce l’opposizione rimane, invece, regolata da altre disposizioni; ma su ogni questione relativa alla competenza del giudice dell’esecuzione in ordine al processo esecutivo, se contestata da una delle parti, occorre che provveda sì il giudice dell’opposizione a tal fine così dispiegata, ma pur sempre da qualificarsi ai sensi dell’art. 617 cod. proc. civ. e, così, a condizione della sua tempestiva proposizione.

L’errore di prospettiva del qui impugnato provvedimento sta, così, nella regolazione della competenza sulla causa di cognizione, in cui si articola l’opposizione, in base alla diversa disciplina della competenza dettata per il processo esecutivo cui l’opposizione stessa accede: e tanto, per di più, allorché era precluso ormai il rilievo dell’incompetenza del giudice del processo esecutivo.

L’applicazione dell’illustrata regula iuris conduce, nella vicenda in disamina, alla affermazione – ancorché per ragioni differenti da quelle sostenute dal ricorrente – della competenza del Tribunale di Salerno a decidere sulla causa di opposizione all’esecuzione.

5. In conclusione: va disposta, ai sensi dell’art. 382, terzo comma, cod. proc. civ., la cassazione senza rinvio dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha deciso sulla causa di opposizione agli atti esecutivi; va dichiarata la competenza per territorio del Tribunale di Salerno sulla causa di opposizione all’esecuzione, assegnando termine di mesi tre dalla pubblicazione del presente provvedimento per la riassunzione.

6. L’esito complessivo della lite – e, segnatamente, la definizione in rito di una significativa parte della domanda originaria, in uno al riconoscimento, per la restante, della competenza del giudice adito, ma per ragioni totalmente diverse da quelle mosse col regolamento – giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese del regolamento di competenza.

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7. Non recando la presente ordinanza statuizione di rigetto oppure di inammissibilità o improponibilità del ricorso, va esclusa l’applicabilità dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

8. Nonostante il tenore della decisione resa, ritiene la Corte che la questione (pur inopinatamente) trattata dall’ordinanza impugnata e discussa tra le parti sia di particolare importanza, dacché ingenerante significative incertezze euristiche e rilevanti disomogeneità applicative tra i giudici di merito, di rilevanza pratica notevole e suscettibile di riproporsi per il futuro in relazione ad una potenzialmente indefinita serie di processi esecutivi, mai in precedenza decisa in sede di legittimità: e, quindi, meritevole dell’enunciazione di princìpi di diritto nell’interesse della legge ai sensi del terzo comma dell’art. 363 del codice di rito, attesa l’originaria inammissibilità della domanda cui accedono e la piena pertinenza (che integra uno dei requisiti della applicazione dell’art. 363 cod. proc. civ.: da ultimo, Cass. 31/05/2023, n. 15324) all’oggetto della controversia così devoluta a questa Corte.

In dettaglio, il tema da affrontare si sostanzia nella corretta esegesi dell’art. 26-bis cod. proc. civ. sull’individuazione del foro relativo alla espropriazione di crediti presso terzi, con particolare riguardo all’ipotesi di procedura promossa in danno di pubbliche amministrazioni.

9. La disamina del problema postula un (sia pur breve) excursus sulla evoluzione normativa dei criteri di competenza territoriale relativi all’espropriazione presso terzi.

9.1. Nell’originaria formulazione del codice di rito, l’art. 26, secondo comma, disponeva che “Per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo dove risiede il terzo debitore”.

La ratio della norma era di tutta evidenza: favorire l’adempimento dell’onere gravante sul terzo pignorato, tenuto – poiché evocato quale ausiliario del giudice dell’esecuzione – a rendere dichiarazione di quantità comparendo in udienza. Appariva logico agevolare, mediante la prossimità spaziale con l’ufficio giudiziario cui doversi presentare, un soggetto, per definizione estraneo alla pretesa creditoria da realizzare forzatamente, coinvolto nella procedura espropriativa per accidens, sol perché (asserito) debitore della parte esecutata.

9.2. Interventi legislativi operati in tempi successivi modificarono (anzi, semplificarono) le modalità di rendimento della dichiarazione di quantità del terzo pignorato.

Declinato dapprima in termini di opzionale facoltà (art. 12, comma 1, legge 24 febbraio 2006, n. 52; art. 1, comma 20, num. 2, legge 24 dicembre 2012, n. 228) e poi come fisiologica modalità (art. 19, comma 1, lett. f), del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162), venne previsto l’assolvimento del munus del terzo “con dichiarazione a mezzo raccomandata inviata al creditore procedente o trasmessa a mezzo di posta elettronica certificata”.

Nessuna presenza fisica in uffici giudiziari essendo più a tal fine richiesta al terzo, cadde l’esigenza giustificante il radicamento territoriale della procedura espropriativa presso un luogo a lui vicino (ovvero presso il giudice di sua residenza, dimora, domicilio o sede).

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9.3. In coerenza con il mutato assetto, l’art. 1, comma 1, lett. a), del D.L. n. 132 del 2014 abrogò l’art. 26, secondo comma, del codice di rito ed introdusse, in sua vece, una norma di nuovo conio, l’art. 26-bis, rubricato “Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti” e così illo tempore formulato: (primo comma) “Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’articolo 413, quinto comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”; (secondo comma) “Fuori dei casi di cui al primo comma, per l’espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.

Chiara la spiegazione delle finalità ispiratrici della modifica nella relazione illustrativa alla legge: garantire la simultaneità del processo di espropriazione di crediti, cioè concentrare presso un unico foro il pignoramento di crediti a carico di un debitore e nei confronti di più terzi, accresce l’efficienza e l’economicità degli strumenti processuali, a vantaggio del creditore procedente ma anche del debitore esecutato, altrimenti costretto ad avvalersi presso più giudici di rimedi contro l’eccesso di espropriazione o ad esperire plurime opposizioni esecutive.

La nuova disposizione evidenziò tuttavia sin da subito non poche criticità interpretative, con rilevanti ricadute applicative.

Di difficile lettura risultò, in primo luogo, la formula “pubbliche amministrazioni indicate dall’articolo 413, quinto comma” utilizzata dal primo comma per individuare i soggetti passivi delle espropriazioni per le quali era conservato il foro del terzo pignorato: e tanto perché la norma richiamata non definiva expressis verbis una nozione di pubblica amministrazione, ma disciplinava la competenza territoriale “per le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni”.

Altrettanto oscuro apparve il senso da attribuire alla clausola di salvezza (“salvo quanto disposto da leggi speciali”) con cui lo stesso primo comma stabiliva eccezione alla competenza ratione loci del giudice del luogo di ubicazione del terzo.

9.3.1. Delle tematiche si occupò, con anelito di sistemazione organica, Cass., 04/04/2018, n. 8172.

L’argomentazione del giudice di legittimità prese le mosse dalla definizione del rapporto tra le disposizioni dettate dal primo e dal secondo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ., viste come in relazione di species a genus: “La nuova norma detta la regola generale nel suo secondo comma e rovescia quella precedente, ancorando la competenza al luogo di residenza, di domicilio, di dimora o di sede del debitore esecutato e non più al luogo dove risiede il terzo debitore. L’eccezione alla (nuova) regola del foro di residenza del debitore esecutato, a ben vedere, comprende due distinte ipotesi. La prima, a carattere generale, è che debitore sia “una delle pubbliche amministrazioni indicate dall’articolo 413, quinto comma”. La seconda è che debitrice sia sempre una di dette amministrazioni, ma sussista una legge speciale che evidentemente abbia l’efficacia, in via espressa o in via di esegesi e, dunque, per implicazione, di individuare essa la regola di competenza sull’esecuzione. Il significato del primo comma dell’art. 26-bis è, dunque, in ogni caso quello di dettare una lex specialis per il caso che debitore esecutato sia una delle pubbliche amministrazioni ipoteticamente identificate dal quinto comma dell’art. 413. Tale lex specialis, però, si scinde in due diverse ipotesi, l’una regolata espressamente dal primo comma e che àncora la competenza al “luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”, l’altra individuata da eventuali leggi speciali e che individua la competenza in base a quanto in ipotesi preveda una legge speciale”.

Circa il perimetro applicativo del primo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ., premesso che “il senso della disposizione e, dunque, il suo oggetto della disciplina è la generica posizione di debitore rivestita da una delle dette amministrazioni e non la ragione creditoria”, la Corte ritenne che “il rinvio al quinto comma dell’art. 413 cod. proc. civ. non concerne l’oggetto del credito per cui le pubbliche amministrazioni sono debitrici, bensì solo la qualità di tali pubbliche amministrazioni siccome implicitamente supposta dal detto quinto comma con il riferimento “ai rapporti di lavoro alle dipendenze di pubbliche amministrazioni” e, dunque, alla norma che a quegli effetti identifica tali pubbliche amministrazioni, che è l’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001″; precisò inoltre che “è vero che il quinto comma dell’art. 413 non individua direttamente una categoria di amministrazioni pubbliche, ma, attraverso il coordinamento del num. 5 dell’art. 409 cod. proc. civ. con il citato art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, non è dubitabile che le pubbliche amministrazioni cui allude l’art. 413, quinto comma, sebbene facendo riferimento alle controversie relative ai rapporti di lavoro con esse, siano proprio quelle individuate dall’art. 1, comma 2”.

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Alla clausola di salvezza Cass. n. 8172 del 2018 assegnò valenza individuatrice di un criterio esclusivo di radicamento ratione loci della competenza: “l’art. 26-bis, comma 1, cod. proc. civ. quando allude alla disciplina di leggi speciali come idonea a stabilite il foro dell’esecuzione forzata per espropriazione di crediti, in danno delle P.A. di cui all’art. 413, comma 5, dello stesso codice, attribuisce alla regola desumibile dalla legge speciale il valore di regola esclusiva rispetto a quella fissata dallo stesso citato comma 1, con riferimento al luogo in cui il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.

Ravvisò infine una “legge speciale” sul pignoramento di crediti delle amministrazioni sottoposte al servizio di tesoreria pubblica nel disposto dell’art. 1 della legge 29 ottobre 1984, n. 720: ma ciò allo scopo di escludere che il foro delle espropriazioni presso terzi in danno di tali PP.AA. potesse identificarsi “alternativamente tanto nella sede della persona giuridica cassiere o tesoriere quanto nel luogo in cui essa dovesse in concreto espletare le funzioni di cassiere o tesoriere”.

“Ritiene, invece, il Collegio che ora il nuovo primo comma dell’art. 26-bis consenta ed anzi imponga l’operazione ermeneutica di individuare una sola competenza, quella del luogo in cui il cassiere o tesoriere operi come tale in concreto per la P.A. secondo l’accordo con essa stipulato (e, dunque, debba pagare per suo conto), allorquando l’esecuzione concerna crediti di una delle pubbliche amministrazioni per cui operi il sistema di cui all’art. 1-bis della legge n. 720 del 1984”.

Da ciò l’affermazione del principio di diritto per cui “dovendo tra le disposizioni di leggi speciali cui allude il comma 1 dell’art. 26-bis cod.

proc. civ. comprendersi quella dell’art. 1-bis della legge n. 720 del 1984, il significato del rinvio a tale norma deve intendersi nel senso che con esso si sia voluto far riferimento a detta previsione, sia in quanto individuatrice nel cassiere o tesoriere del soggetto (“debitor debitoris”) che deve pagare per conto delle P.A., cui detta norma si applica, sia in quanto individuatrice del luogo del pagamento in quello di espletamento del servizio secondo gli accordi fra P.A. ed il cassiere o tesoriere; sicché tale luogo si deve considerare in via esclusiva come il foro dell’espropriazione presso terzi di crediti a carico di tali pubbliche amministrazioni, restando esclusa, per il caso che cassiere o tesoriere sia una persona giuridica, la possibilità di procedere all’esecuzione alternativamente anche nel luogo della sua sede”.

10. L’art. 26-bis cod. proc. civ. ha subito una ulteriore (e, allo stato, ultima) modifica con l’art. 1, comma 29, della legge n. 206 del 2021, consistita nella interpolazione delle parole: “il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede” con le seguenti: “il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.

L’obiettivo della riforma è estrinsecato nella relazione illustrativa di accompagnamento alla legge: “Per effetto del prossimo accentramento della funzione di tesoreria statale, il mantenimento del criterio di cui al vigente articolo 26-bis del codice di procedura civile comporterebbe la concentrazione di tutte le procedure esecutive di cui sopra presso il Tribunale di Roma, con conseguente insostenibilità del relativo carico. La modifica introdotta, conciliando il nuovo criterio del foro del creditore con il principio del foro erariale, radica la competenza nel foro dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato, nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, consentendo così una ragionevole distribuzione delle controversie tra diversi tribunali distrettuali”.

Invariato il secondo comma e del pari immutata, nel primo, la clausola di salvezza delle leggi speciali, l’emenda apportata abbandona, in maniera definitiva, il criterio (che pure nel primigenio testo del codice rappresentava il principio base: cfr. par. 9.1.) del foro del terzo pignorato quale luogo di radicamento delle procedure di espropriazioni presso terzi, sostituito, per i pignoramenti dei crediti eseguiti in danno delle pubbliche amministrazioni, da un criterio composito o misto, riferito alla sede dell’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore procedente ha residenza, domicilio, dimora o sede.

10.1. Sulla disposizione, attualmente vigente (dacché applicabile ai procedimenti instaurati a far data dal 22 giugno 2022, giusta il disposto del comma 37 dell’art. 1 della legge n. 206 del 2021), ed in special modo sulla delimitazione del perimetro delle pubbliche amministrazioni assoggettate alla previsione del primo comma, si registra una netta divergenza di orientamenti (che assurge a frontale contrapposizione) nella giurisprudenza di merito, sì da determinare una situazione di grave incertezza condizionante l’andamento delle procedure di espropriazione presso terzi e, per l’effetto, la stessa efficienza della tutela dei crediti in tal guisa da soddisfare.

Breviter, le posizioni che si confrontano sono così sintetizzabili:

(i) secondo un primo indirizzo, le “pubbliche amministrazioni” indicate nel primo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ. sono quelle comprese nel catalogo descritto dall’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001, alcun significato assumendo la difesa o meno delle stesse ad opera dell’Avvocatura dello Stato: sicché per le espropriazioni di crediti promosse in danno di qualsivoglia pubblica amministrazione (pur se soggetta al regime di tesoreria unica, come, ad esempio, i Comuni o le Aziende Sanitarie Locali), la competenza ratione loci va attribuita al Tribunale della città sede del distretto di Corte d’Appello in cui risiede, dimora, domicilia o ha sede il creditore procedente;

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(ii) altro avviso ritiene operante il criterio di devoluzione della competenza dettato dal primo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ. esclusivamente per le pubbliche amministrazioni ex lege rappresentate e difese dall’Avvocatura dello Stato; esclude poi che tra le leggi speciali cui fa relatio la norma vi siano le disposizioni in tema di tesoreria unica, conseguenzialmente (ed in forza del secondo comma) assegnando le procedure intentate contro gli enti sottoposti a detto sistema al giudice del luogo di residenza, dimora, domicilio o sede dello stesso ente debitore esecutato.

11. Una composizione armonica dello statuto di disciplina della competenza territoriale delle espropriazioni di crediti non può che trarre avvio dall’analisi del legame che avvince le disposizioni poste dai due commi dell’art. 26-bis del codice di rito.

Sul punto, vanno ribadite le premesse di Cass. n. 8172 del 2018.

La natura di regola generale o speciale di una norma si identifica in virtù della maggiore, potenziale, estensione dell’àmbito applicativo di essa rispetto ad altre norme.

In seno all’art. 26-bis cod. proc. civ., il perimetro di operatività del secondo comma include, senza dubbio, tutte le possibili espropriazioni presso terzi, cioè a dire è idoneo a disciplinare la competenza ratione loci di ogni procedura di tal fatta, da chiunque ed in danno di qualsivoglia debitore promossa; per contro, la portata applicativa del secondo comma è limitata dalla qualità soggettiva del debitore, necessariamente costituito da una pubblica amministrazione.

In buona sostanza, quindi, a dispetto della collocazione topografica, il principio generale in tema di competenza territoriale nelle procedure di espropriazione di crediti presso terzi è quello, stabilito dal secondo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ., del luogo di residenza, dimora, domicilio o sede del debitore esecutato, in coerenza ed a somiglianza del criterio del forum rei che informa la competenza nei giudizi di cognizione; a tale regola fa eccezione la disciplina del primo comma, diretta a regolamentare in modo peculiare la fattispecie in cui soggetto passivo dell’azione sia una pubblica amministrazione, species del genus debitore esecutato contemplato dal secondo comma.

12. Centrale resta, nella ricostruzione del sistema di competenza, il corretto tratteggio della figura delle pubbliche amministrazioni cui riferire il disposto del primo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ.

Sull’argomento, giova rimarcare come la relatio all’art. 413, quinto comma, cod. proc. civ. (già definita come “non certo un esempio di chiarezza” da Cass. n. 8172 del 2018) sia, di per sé sola, priva di concludenza e decisività, se non addirittura sprovvista di alcuna idonea significatività, a tal punto da aver costretto – nell’ordito normativo anteriore alla legge n. 206 del 2021 – gli interpreti ad operazioni di ortopedia ermeneutica (con l’evocazione di norme non direttamente richiamate, quali l’art. 409, quinto comma, cod. proc. civ. e l’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165 del 2001) nell’ineludibile compito di concretare l’oggetto di disciplina del primo comma in parola.

Diviene allora dirimente – anziché reiterare sic et simpliciter siffatta interpretazione, quasi ignorando l’ultimo intervento riformatore – valorizzare l’interpolazione compiuta dalla legge n. 206 del 2021.

Oltre a mutare in radice il criterio di distribuzione orizzontale delle espropriazioni dei crediti (dal foro del terzo al foro del creditore), alla modifica operata può ascriversi l’effetto di una migliore o più compiuta definizione delle pubbliche amministrazioni soggette al nuovo criterio, onde dissipare le incertezze indotte dal mero richiamo all’art. 413, quinto comma, cod. proc. civ.. Ora, infatti, quest’ultimo si combina, in correlazione necessaria ed inscindibile, con il riferimento “al luogo dove ha sede l’Ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”, talché l’interprete è tenuto a ricercare un significato che renda coerente il precetto positivo nel suo complesso.

Orbene, ritiene questa Corte che la esegesi più aderente alla ratio della disciplina sia nel senso di ricondurre sotto l’egida del primo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ. soltanto ed esclusivamente le procedure di espropriazione di crediti intraprese in danno di pubbliche amministrazioni ex lege patrocinate e difese istituzionalmente ed obbligatoriamente dall’Avvocatura dello Stato.

12.1. A siffatta conclusione induce il convergente apprezzamento di canoni ermeneutici di natura letterale, sistematica, logica.

Dal punto di vista letterale, la norma non designa sic et simpliciter come attributario di competenza il Tribunale del distretto di residenza (domicilio, dimora o sede) del creditore, ma vi opera un collegamento per il necessario tramite della sede dell’ufficio dell’Avvocatura dello Stato: l’elemento qualificatore e determinante, introdotto ex novo dalla riforma, è dunque il ruolo svolto dall’Avvocatura dello Stato nelle sue articolazioni territoriali, cioè la funzione di rappresentanza processuale che essa adempie ex lege per determinate amministrazioni statali.

Dal punto di vista sistematico, la formula letterale adoperata dall’art. 26-bis cod. proc. civ. (“giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato”) è pianamente sovrapponibile a quella contenuta nell’art. 25 cod. proc. civ., istituiva del c.d. foro erariale, il quale, senza dubbio alcuno, si riferisce alle controversie in cui sia parte un’amministrazione difesa per legge (con esclusione, cioè, degli enti che si avvalgono del c.d. patrocinio autorizzato ex art. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611) dall’Avvocatura dello Stato: per elementari canoni ermeneutici ed in ossequio al principio di necessaria coerenza dell’ordinamento, ad eguale tenore testuale non può che corrispondere eguale significato.

D’altronde, riesce agevole scorgere sottesa ad ambedue le norme codicistiche la medesima giustificazione.

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Anche per le espropriazioni presso terzi, infatti, è innegabile l’esigenza di concentrazione dei giudizi (rectius, dei procedimenti) di cui è parte un’amministrazione statale: non già nell’interesse, diretto ed immediato, di quest’ultima, bensì nella prospettiva (in ultima analisi, ridondante a beneficio dell’intera collettività) della facilitazione della difesa ad opera dell’Avvocatura dello Stato, organo investito della obbligatoria rappresentanza processuale e difesa tecnica delle amministrazioni statali, facilitazione realizzata con l’allocazione degli uffici dell’Avvocatura – e delle relative, contenute, risorse di personale – presso un numero limitato di sedi giudiziarie.

In altre parole, soltanto l’accentramento delle funzioni di difesa e rappresentanza ex latere debitoris in capo alla unitaria struttura dell’Avvocatura dello Stato può fungere da equilibrato contrappeso alla fisiologica evenienza che una stessa amministrazione subisca azioni esecutive innanzi ad una pluralità di uffici giudiziari, determinati in forza della residenza, domicilio, dimora o sede del creditore.

Dal punto di vista logico, infine, ritenere l’applicabilità del primo comma anche nei riguardi di pubbliche amministrazioni non patrocinate ex lege dall’Avvocatura dello Stato conduce ad esiti operativi contrari al principio di ragionevolezza ed alla prioritaria esigenza di un’ordinata e razionale distribuzione delle controversie sul territorio.

Si pensi (per riguardare le ipotesi di debitori esecutati di più diffusa frequenza statistica) alle amministrazioni locali o alle aziende sanitarie locali: queste potrebbero subire il pignoramento del medesimo bene-credito presso più Tribunali distrettuali dislocati sul territorio nazionale, su iniziativa di creditori aventi differenti residenze (e procedenti, magari, in virtù del medesimo titolo) ed essere così costrette a svolgere difese (senza giovarsi del patrocinio dell’Avvocatura statale) innanzi più giudici, con un risultato pratico ictu oculi contrastante con gli obiettivi di efficienza ed economicità degli strumenti processuali.

Si pensi ancora al caso di un creditore di un Comune domiciliato o residente nel circondario del Tribunale (diverso da quello capoluogo del distretto di Corte d’Appello) di ubicazione del Comune stesso. In una vicenda del genere, radicare l’espropriazione presso terzi innanzi il Tribunale distrettuale non gioverebbe – in termini di più agevole tutela – all’ente esecutato, siccome non assistito dall’Avvocatura dello Stato, e, per altro verso, si risolverebbe in un maggior onere processuale per il medesimo terzo ed il creditore, costretti, rispettivamente, a subire e ad avviare l’azione esecutiva in un luogo a lui non direttamente ed immediatamente riferibile.

13. Da ultimo, va chiarito il significato della clausola di salvezza (“salvo quanto disposto da leggi speciali”) presente nel primo comma.

L’inciso merita una preliminare precisazione, relativa al carattere di specialità ad esso unanimemente attribuito.

Ad avviso della Corte, la clausola in discorso, poiché inerente allo statuto disciplinare della competenza ratione loci, va riferita alle disposizioni che sanciscono criteri di collegamento territoriale delle espropriazioni di crediti delle PP.AA. diversi sia dal foro generale del debitore che dal foro speciale del creditore combinato con il luogo di ubicazione dell’Avvocatura dello Stato patrocinante la P.A. esecutata.

Benché inserito nel corpo del primo comma, l’inciso de quo descrive e configura una deroga ad ambedue i parametri di radicamento previsti dall’art. 26-bis cod. proc. civ., una deroga dunque valevole quando debitore esecutata sia una qualsivoglia pubblica amministrazione, pur non patrocinata per legge dall’Avvocatura dello Stato.

Ciò posto, la sottrazione ai due possibili fori postula tuttavia una legge speciale: esige una norma, di rango primario, che stabilisca una regola processuale sulla competenza, cioè che, in via immediata e diretta, individui (sulla base di elementi di connessione differenti da quelli considerati dall’art. 26-bis cod. proc. civ.) un ufficio giudiziario da adire per le procedure di espropriazione forzata di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni.

13.1. Scorrendo, con finalità di mera esemplificazione, nel vasto catalogo di norme extravagantes interessanti le espropriazioni in danno delle pubbliche amministrazioni, natura di norma sulla competenza va riconosciuta all’art. 14, comma 1-bis, secondo periodo, della legge 31 dicembre 1996, n. 669, che così recita: “Il pignoramento di crediti di cui all’articolo 543 del codice di procedura civile promosso nei confronti di enti ed istituti esercenti forme di previdenza ed assistenza obbligatorie organizzati su base territoriale deve essere instaurato, a pena di improcedibilità rilevabile d’ufficio, esclusivamente innanzi al giudice dell’esecuzione della sede principale del Tribunale nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento in forza del quale la procedura esecutiva è promossa”. Come è palese, la prescrizione collega la procedura espropriativa nei riguardi degli enti previdenziali all’ufficio giudiziario emittente il titolo azionato in via coattiva, norma dettata allo scopo di consentire una gestione più adeguata ed efficiente delle proprie risorse finanziarie da parte dell’ente previdenziale organizzato su base territoriale e così, indirettamente, di favorire la più rapida soddisfazione dei creditori (sul tema, Corte Cost. 23 ottobre 2006, n. 343).

13.2. Diversa valutazione merita, per il profilo in questione, l’art. 1-bis della legge n. 720 del 1984, disciplinante il sistema di tesoreria unica per enti ed organismi pubblici, il quale prevede: (i) al comma 1, che “I pignoramenti ed i sequestri, a carico degli enti ed organismi pubblici di cui al primo comma dell’articolo 1, delle somme affluite nelle contabilità speciali intestate ai predetti enti ed organismi pubblici si eseguono, secondo il procedimento disciplinato al capo III del titolo II del libro III del codice di procedura civile, con atto notificato all’azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente od organismo contro il quale si procede nonché al medesimo ente od organismo debitore”; (ii) al comma 2, che “Il cassiere o tesoriere assume la veste del terzo ai fini della dichiarazione di cui all’articolo 547 del codice di procedura civile”; (iii) al comma 4-bis, che “Non sono ammessi atti di sequestro o di pignoramento ai sensi del presente articolo presso le sezioni di tesoreria dello Stato e presso le sezioni decentrate del bancoposta a pena di nullità rilevabile anche d’ufficio”.

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Si tratta di disposizione di assai rilevante impatto operativo: tra i molteplici enti ed organismi pubblici obbligatoriamente assoggettati al regime di tesoreria pubblica (puntualmente elencati nella tabella A allegata alla legge) sono, ex aliis, ricomprese le aziende sanitarie locali (quale la debitrice esecutata nella vicenda da cui scaturisce il presente ricorso); detto regime trova altresì applicazione per gli enti pubblici territoriali: alle Regioni, in via di diretta operatività della legge n. 720 del 1984, ad altri enti (comuni, province, città metropolitane, comunità montane ed isolane, unioni di comuni, consorzi cui partecipano enti locali) in forza di disposizioni di analogo tenore dettate dall’art. 159 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

Ciò premesso, nella formulazione testuale dell’art. 1-bis della legge n. 720 del 1984, sopra trascritta, non si ravvisa la posizione di una regola di competenza: la norma, infatti, disciplina, mediante la relatio alle forme della espropriazione presso terzi, il modo del pignoramento di somme affluite nelle contabilità speciali intestate agli enti pubblici in regime di tesoreria unica ed individua il soggetto da evocare in lite quale terzo pignorato dell’ente pubblico debitore esecutato.

È unicamente sotto quest’ultimo profilo che l’art. 1-bis in disamina presenta caratteri di specialità, derogatori rispetto agli ordinari princìpi codicistici regolanti le espropriazioni di crediti.

Per dare conto dell’affermazione, occorre por mente alla struttura del sistema di tesoreria unica, articolata su due elementi fondamentali: l’accentramento in contabilità speciali aperte presso la tesoreria provinciale dello Stato (ovvero la Banca d’Italia) di tutti i fondi di pertinenza degli enti pubblici assoggettati al sistema, e cioè sia delle entrate c.d. proprie sia delle entrate c.d. derivate; b) l’affidamento all’istituto di credito tesoriere o cassiere dell’ente (da questi individuato secondo procedure di evidenza pubblica) della gestione dei fondi e del compimento, quale organo esecutivo dell’ente stesso, delle operazioni di incasso e di pagamento a valere appunto sulle contabilità speciali accese presso la tesoreria provinciale.

In un modulo organizzativo di tal fatta, analizzando in linea astratta sub specie iuris i rapporti correnti tra i soggetti coinvolti, l’istituto bancario tesoriere non potrebbe essere considerato terzo pignorato rispetto all’ente pubblico debitore esecutato, in quanto non direttamente debitore né tampoco depositario di somme di pertinenza dello stesso ente (giacenti presso la tesoreria provinciale dello Stato): eppure l’art.1-bis della legge n. 720 del 1984 ha conferito al cassiere o tesoriere dell’ente le vesti e le funzioni di terzo pignorato, sancendo così, per volontà normativa, la scissione tra soggetto debitor debitoris depositario delle somme dell’ente (la tesoreria provinciale dello Stato) e soggetto protagonista in qualità di terzo dell’espropriazione condotta ex art. 543 cod. proc. civ. (l’istituto bancario tesoriere o cassiere).

L’art. 1-bis della legge n. 720 del 1984 è quindi norma relativa (e, sul punto, speciale) ai soggetti dell’espropriazione forzata contro la P.A., ma non è norma che regola la competenza ratione loci operante per le relative procedure: così rettamente intesa, non integra una delle leggi speciali di deroga ai fori stabiliti dall’art. 26-bis cod. proc. civ.

13.2.1. La raggiunta conclusione non si pone in distonia con il precedente di questa Corte (Cass. n. 8172 del 2018), innanzi (par. 9.3.1.) analizzato, reso su fattispecie regolata dall’art. 26-bis cod. proc. civ. nella versione anteriore alla novella della legge n. 206 del 2021.

A tale arresto va in primo luogo data convinta continuità nella parte in cui, interpretando la portata della clausola di salvezza inserita nel primo comma, qualifica come regola di competenza esclusiva quella dettata da leggi speciali di radicamento territoriale dei procedimenti espropriativi in danno delle pubbliche amministrazioni.

Una doverosa puntualizzazione esige invece l’ulteriore dictum della pronuncia, concernente l’inclusione dell’art. 1-bis della legge n. 720 del 1984 in tema di tesoreria unica tra le leggi speciali richiamate dal primo comma dell’art. 26-bis cod. proc. civ.

Si deve al riguardo considerare che detta affermazione è stata operata: (i) con riferimento all’ordito normativo illo tempore vigente, nel quale la regola di competenza per le espropriazioni in danno delle pubbliche amministrazioni era la devoluzione al foro del terzo pignorato; (ii) per escludere che il foro delle espropriazioni presso terzi in danno di tali pubbliche amministrazioni potesse identificarsi, su opzione del creditore procedente, “alternativamente tanto nella sede della persona giuridica cassiere o tesoriere quanto nel luogo in cui essa dovesse in concreto espletare le funzioni di cassiere o tesoriere”.

Per fare ciò, Cass. n. 8172 del 2018 ha inteso la locuzione “azienda o istituto cassiere o tesoriere dell’ente” dell’art. 1-bis della legge n. 720 del 1984 come riferita alla articolazione territoriale (succursale, filiale, agenzia) della persona giuridica che ha in carico il rapporto, cioè che in concreto espleta il servizio di cassa o tesoreria per conto dell’ente esecutato: a ben vedere, dunque, la pronuncia de qua non assegna al citato art. 1-bis valore di regola di competenza ma ne pone in luce la corretta esegesi ai fini della individuazione del soggetto destinatario, quale terzo pignorato, degli atti della procedura.

Ora, non è dubbio che nell’assetto previgente alla legge n. 206 del 2021, l’individuazione del terzo pignorato si riverberasse, in ragione della ubicazione dello stesso sul territorio, direttamente sulla determinazione del giudice competente in forza del criterio (all’epoca operante) del foro del terzo; nell’attuale disciplina, segnata dalla abrogazione di tale foro, siffatta individuazione assume, invece (ed unicamente), il più ridotto significato di stabilire quale sia il soggetto cui rivolgere, in veste di terzo pignorato delle pubbliche amministrazioni soggette a regime di tesoreria unica, degli atti del procedimento espropriativo. Pertanto, la sede dell’eventuale gestore del servizio di tesoreria unica più non rileva, nel mutato assetto normativo, ai fini dell’individuazione del foro del processo di espropriazione presso terzi.

14. In conclusione, vanno enunciati, ai sensi dell’art. 363 del codice di rito, i seguenti princìpi di diritto:

“nella espropriazione di crediti presso terzi, il luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede costituisce la regola generale di determinazione della competenza territoriale”;

“nell’espropriazione di crediti presso terzi, il criterio di competenza per territorio sancito dall’art. 26-bis, primo comma, cod. proc. civ. (ovvero il luogo dove ha sede l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto il creditore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede), derogatorio rispetto al principio generale posto dal secondo comma del medesimo articolo, trova applicazione soltanto quando il debitore esecutato sia una pubblica amministrazione che si avvalga per legge del patrocinio obbligatorio dell’Avvocatura dello Stato”;

“nella espropriazione di crediti presso terzi, l’inciso “salvo quanto disposto da leggi speciali” – che giustifica la deroga ad ambedue criteri di competenza sanciti dall’art. 26-bis cod. proc. civ. – si riferisce alle norme che dettino regole processuali sulla competenza, individuando un ufficio giudiziario cui devolvere le procedure di espropriazione di crediti in danno delle pubbliche amministrazioni sulla base di elementi di collegamento diversi da quelli previsti dall’art. 26-bis cod. proc. civ., norme tra le quali non è compreso l’art. 1-bis della legge 29 ottobre 1984, n. 720, istitutiva del servizio di tesoreria unica”.

Espropriazione crediti: competenza se P.A. con Avvocatura

P.Q.M.

Cassa senza rinvio l’ordinanza impugnata nella parte in cui pronuncia sulla causa di opposizione agli atti esecutivi.

Dichiara la competenza del Tribunale di Salerno sulla causa di opposizione all’esecuzione, nei sensi di cui in motivazione.

Assegna per la riassunzione della controversia termine di mesi tre dalla pubblicazione del presente provvedimento.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente regolamento di competenza.

Enuncia, nell’interesse della legge, i princìpi di diritto di cui al par. 14. della motivazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile, il giorno 9 ottobre 2024.

Depositata in Cancelleria il 26 novembre 2024.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

Le sentenze sono di pubblico dominio.

La diffusione dei provvedimenti giurisdizionali “costituisce fonte preziosa per lo studio e l’accrescimento della cultura giuridica e strumento indispensabile di controllo da parte dei cittadini dell’esercizio del potere giurisdizionale”.

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