Corte di Cassazione, sezioni unite penali, sentenza 15 settembre 2017, n. 42043. Ai fini della verifica della tempestività della richiesta di restituzione nel termine a norma dell’articolo 175 c.p.p., comma 2-bis

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4.3. Infine, particolare accento viene posto sulla compressione del termine, gia’ breve, di trenta giorni assegnato a colui che intende chiedere la restituzione nel termine per impugnare, derivante dall’adozione della soluzione opposta: il soggetto che presenta l’istanza, infatti, la deve spedire con anticipo per non correre il rischio di vederla dichiarata inammissibile per tardivita’.
L’argomentazione e’ presente nella sent. Sez. 2, Ismalaj, secondo cui, dovendosi ritenere possibile la spedizione a mezzo servizio postale dell’istanza, e’ evidente che addebitare al richiedente il tempo, spesso imprevedibile, necessario al recapito della stessa comprometterebbe il suo pieno godimento del termine concesso dalla legge e con esso il suo diritto alla difesa, ed e’ ampiamente sviluppata nella sent. Vrenozi ai fini di un’interpretazione della norma costituzionalmente orientata e rispettosa dei principi stabiliti dalla Corte EDU.
La pronuncia ricorda che l’articolo 175 c.p.p., comma 2-bis, e’ stato inserito dal Decreto Legge 21 febbraio 2005, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, per rispondere alle pronunce della Corte EDU che avevano rilevato una carenza strutturale del sistema processualpenalistico italiano nell’assenza di un meccanismo effettivo, volto a concretizzare il diritto delle persone condannate in contumacia – che non siano state effettivamente informate del procedimento a loro carico e a condizione che non abbiano rinunciato in maniera certa e consapevole a comparire – di ottenere che una giurisdizione esamini nuovamente il caso, dopo averle ascoltate sul merito delle accuse, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 6 CEDU.
Rispetto all’invito della Corte EDU a “garantire, con misure appropriate, la messa in opera di detto diritto”, l’orientamento maggioritario, che accolla su colui che spedisce l’istanza a mezzo del servizio postale il tempo necessario al recapito, sarebbe in contrasto con le chiare finalita’ dell’istituto, come rimodulato in base a quanto indicato dalla Corte europea, ed altresi’ in contrasto con il principio del giusto processo, determinando un ulteriore, concreto ostacolo alla realizzazione, per il condannato assente e non rinunciante, del diritto alla celebrazione di un nuovo giudizio in sua presenza.
4.4. La Procura generale, nella requisitoria scritta, riprende e sviluppa le argomentazioni appena esposte.
In primo luogo, l’argomento letterale utilizzato dalla tesi maggioritaria, secondo cui la forma verbale “e’ presentata” equivale a “e’ depositata presso il giudice competente” non sarebbe giustificata, non solo perche’ l’articolo 175 c.p.p., comma 2-bis, non specifica affatto che il luogo della presentazione debba essere limitato al solo ufficio giudiziario competente, ma anche perche’ si tratta di forma verbale polisemica. Essa puo’, si’, individuare il risultato finale dell’attivita’ ma, contrariamente a quanto avviene in altre norme, cio’ non e’ esplicito in quella in esame; inoltre, l’espressione puo’ essere interpretata come denotativa del tempo e non del luogo della presentazione.
Il Procuratore generale ritiene ovvia l’affermazione che l’istanza di restituzione nel termine non costituisca impugnazione, in senso proprio e tecnico, ma sottolinea che essa costituisce la precondizione dell’impugnazione, un “incidente di impugnazione”: in una visione sistematica appare distonico che lo strumento processuale che permette l’impugnazione sia soggetto ad una disciplina diversa e piu’ rigorosa di quella dettata per le impugnazioni stesse. Il dato testuale della mancanza di riferimenti all’istanza nell’articolo 583 c.p.p. non appare decisivo.
Orientano verso la soluzione proposta l’argomento storico, che fa leva sulle circostanze di emanazione del Decreto Legge 21 febbraio 2005, n. 17, convertito dalla L. 22 aprile 2005, n. 60, e quello equitativo, sotto il profilo della ragionevolezza o dell’interpretazione costituzionalmente conforme delle disposizioni di legge.
In effetti, la Corte EDU sollecita interventi nei sistemi interni dei Paesi connotati dal requisito dell’effettivita’ e della massima espansione della garanzia; ne’, nel caso in esame, esistono controlimiti costituzionali. Il termine previsto dall’articolo 175 c.p.p., comma 2-bis, e’ breve e sarebbe irragionevole comprimerlo ulteriormente; inoltre sarebbe leso il principio di accessibilita’ all’esercizio del diritto di difesa dell’imputato.
In definitiva, e’ possibile un’interpretazione costituzionalmente conforme, resa possibile dal testo dell’articolo 175 c.p.p., comma 2-bis, niente affatto univocamente interpretabile nel senso di pretendere il deposito nella cancelleria del giudice.
5. Come emerge dall’esposizione delle due opposte linee argomentative, la questione di diritto enunciata, di per se’ assai specifica, possiede una forza espansiva sotto due profili. Quanto all’istanza di restituzione nel termine per impugnare, il tema piu’ ampio e’ quello dell’applicabilita’ o meno dell’intera disciplina sulla proposizione delle impugnazioni di cui agli articoli 582 e 583 c.p.p.. La soluzione adottata, poi, puo’ influenzare la disciplina concernente altri atti, anch’essi da “presentare” o, comunque, proporre al giudice.
Le Sezioni Unite ritengono che debba essere adottata la soluzione minoritaria appena esposta, recependone alcune argomentazioni.
5.1. Non sembra potersi dubitare che il termine “presentazione”, riferito ad un’istanza scritta, debba essere interpretato nel senso di “deposito nella cancelleria del giudice che deve decidere” cosi’ come sostenuto dalla tesi maggioritaria.
Il termine non e’ “neutro” o “polisemico” perche’ richiama la “presenza”, vale a dire la contemporanea presenza di colui che avanza l’istanza e di colui che deve deciderla. Quando le istanze o le richieste sono presentate oralmente all’udienza, difensore e giudice sono contestualmente presenti nella stessa aula; quando l’istanza e’ presentata fuori da un’udienza, la presenza contestuale e’ quella della persona dell’avvocato o di un suo incaricato e del cancelliere. In latino, la radice prae significa “davanti a, dinanzi a” e si contrappone ad ab (da cui absens, assente) che indica distanza, allontanamento, separazione.
Che l’istanza avanzata al di fuori di un’udienza vada “presentata” mediante deposito in cancelleria, del resto, e’ indicazione diffusa in tutto il codice: l’articolo 121 c.p.p. per le memorie e le richieste delle parti; le norme sulle richieste “presentate” dal p.m. al giudice: di misura cautelare (articolo 291 c.p.p., comma 1), di archiviazione (articolo 408 c.p.p.: “con la richiesta e’ trasmesso il fascicolo”), di rinvio a giudizio (articolo 416 c.p.p.: “la richiesta di rinvio a giudizio e’ depositata dal pubblico ministero nella cancelleria del giudice”); la richiesta di misure alternative alla detenzione, che devono essere “presentate” al pubblico ministero, cioe’ fisicamente depositate nella sua segreteria, in modo che il pubblico ministero possa trasmettere l’istanza e l’ulteriore documentazione al tribunale di sorveglianza (articolo 656 c.p.p., comma 6).

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