Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 7 novembre 2017, n. 26338. La sanzione disciplinare inflitta all’avvocato non è legittima se al legale non è stata data la possibilità di difendersi senza rispettare le regole basilari dell’equo processo

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La norma ivi citata e applicata dalle Sezioni Unite e’ il portato di un orientamento antiformalistico in tema di procura alle liti che il legislatore ha imbracciato ancor piu’ decisamente di quanto fece in occasione della riforma dell’articolo 83 c.p.c. varata nel 1997.
Esso, nei giudizi cui sia applicabile il nuovo testo dell’articolo 182 c.p.c., impone agli organi giudicanti che rilevino un vizio della procura di segnalarlo alle parti affinche’ vi pongano rimedio, ed implica l’applicazione dell’articolo 83 secondo una lettura quanto mai antiformalistica della casistica.
In casi come quello in esame si deve aver riguardo all’inequivocita’ degli atti come prevalente sulla modulistica formulare e va data applicazione a quanto gia’ affermato da Cass. 12332/09, secondo cui il requisito, posto dall’articolo 83 c.p.c., comma 3, (nel testo modificato dalla L. 27 maggio 1997, n. 141, articolo 1), della materiale congiunzione tra il foglio separato, con il quale la procura sia stata rilasciata, e l’atto cui essa accede, non si sostanzia nella necessita’ di una cucitura meccanica, ma ha riguardo ad un contesto di elementi che consentano, alla stregua del prudente apprezzamento di fatti e circostanze, di conseguire una ragionevole certezza in ordine alla provenienza dalla parte del potere di rappresentanza ed alla riferibilita’ della procura stessa al giudizio di cui trattasi.
3.3) La giurisprudenza delle Sezioni Unite in tema di inammissibilita’ o improcedibilita’ dei ricorsi e’ da tempo interessata da un’impronta coerenziatrice di questo segno.
Essa e’ ispirata dall’articolo 6 § 1 della Convenzione EDU, che tutela il “diritto a un tribunale”, di cui il diritto di accesso costituisce un aspetto particolare. Secondo la giurisprudenza della Corte EDU, nell’ambito del margine di apprezzamento (cfr CEDU, 18-02-1999, Waite c. Gov. Germania federale) che ha uno Stato, le regole formali non possono limitare l’accesso della parte in causa in maniera o a un punto tali che il suo diritto a un tribunale venga leso nella sua stessa sostanza.
Ogni limitazione si concilia con l’articolo 6 § 1 soltanto se tende ad uno scopo legittimo e se esiste un ragionevole rapporto di proporzionalita’ tra i mezzi utilizzati e lo scopo perseguito (cfr Corte eur. DU 16. 6. 2015 ric. Mazzoni N. 20485/06; e ancora la sentenza 15.9.2016 sul ricorso n. 32610/07 in causa Trevisanato, sull’articolo 366 bis c.p.c.).
Giova pertanto ricordare l’ordinanza 1081/16 e la successiva Cass. SU 25513/2016, che hanno censito altre pronunce della Corte EDU, nell’ottica di bilanciare la esigenza funzionale di porre regole di accesso alle impugnazioni con quella a un equo processo, da celebrare in tempi ragionevoli, come prescritto dall’articolo 47 della Carta di Nizza.
Mette conto menzionare esempi di temperamento razionale che hanno rivisitato la disciplina del giudizio di cassazione alla luce dell’articolo 111 Cost. e delle normative sovrannazionali, quali Cass. 22726/11 e SU 23329/09 in tema di oneri di cui all’articolo 369 c.p.c., comma 2, n. 4.
Vanno altresi’ ricordati, proprio in tema di procura, gli insegnamenti, precorritori dei tempi, desumibili da SU n. 11178 del 27/10/1995 che, nell’ipotesi di procura non chiara ed univoca nell’esprimere la volonta’ di proporre ricorso per Cassazione, ha stabilito che l’incertezza in ordine all’effettiva volonta’ del conferente non puo’ tradursi in una pronuncia di inammissibilita’ del ricorso per difetto di procura speciale, dovendosi interpretare l’atto secondo il principio di conservazione di cui all’articolo 1367 c.c. (principio richiamato, a proposito degli atti processuali, dall’articolo 159 c.p.c.) e percio’ attribuendo alla parte conferente la volonta’ che consenta all’atto di procura di produrre i suoi effetti.
Sulla stessa linea si e’ posta in anni piu’ recenti Sez. U n. 21670 del 23/09/2013, la quale ha considerato che il ricorso per cassazione proposto dai genitori quali esercenti la potesta’ sul figlio, quando lo stesso sia gia’ divenuto maggiorenne, con riguardo a giudizio per i danni da questo subiti in un infortunio scolastico, rimanendo inammissibile in relazione a tale qualita’, puo’ tuttavia ritenersi proposto dai genitori anche in proprio, ove quella specificazione risulti frutto di errore materiale, desumibile, nella specie, dalla partecipazione in proprio dei medesimi genitori ai precedenti gradi del processo, nonche’ dal contenuto sostanziale della pretesa risarcitoria azionata.
3.4) Trattasi di pronunce pienamente calzanti nella specie, cui si applicano analoghe disposizioni sulla procura speciale, in ordine alla considerazione da riservare all’atto di nomina, da considerare procura e alla natura del vizio costituito dalla mancata cucitura al ricorso del foglio separato che, al momento della decisione, la conteneva.
Si da’ cosi’ continuita’, sia pure solo applicativa, a criteri di necessaria proporzionalita’ tra le sanzioni irrimediabili e le violazioni processuali commesse. Si ribadisce ancora una volta che la strumentalita’ che le forme processuali assumono e’ in funzione della attuazione della giurisdizione mediante decisioni di merito e che la giustizia della decisione (SU 10531/13; 26242/14; 12310/15) e’ scopo dell’equo processo.
Discende da quanto esposto l’accoglimento del ricorso.
La sentenza impugnata va cassata e la cognizione rimessa al Consiglio Nazionale forense, che, secondo la composizione di rito, provvedera’ all’esame nel merito dell’impugnazione e alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia al Consiglio Nazionale forense, che provvedera’ anche sulla liquidazione delle spese del giudizio di legittimita’

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