Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 3 novembre 2017, n. 26148. Pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione

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Quanto poi al censurato ricorso ripetuto alla misura cautelare, non e’ fondata l’invocazione del principio del ne bis in idem.
Infatti, la pronuncia di sentenza di condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni all’esito del vaglio dibattimentale garantito dal pieno contraddittorio delle parti integra non solo ipotesi tipica che giustifica, ai sensi della L. n. 247 del 2012, articolo 60 l’applicazione della misura, ma costituisce di per se stessa fatto nuovo, idoneo a giustificare la nuova emissione del provvedimento cautelare, una volta che la precedente sospensione cautelare, disposta ai sensi del R.Decreto Legge n. 1578 del 1933, articolo 43 a seguito dell’adozione di un provvedimento restrittivo della liberta’ personale dell’Avv. (OMISSIS) nella forma degli arresti domiciliari, era stata revocata, dopo qualche settimana, in conseguenza della revoca della misura cautelare.
Ne’ nella specie – sia detto per completezza – si pone, per effetto della consecuzione delle misure, un problema di superamento della durata massima della sospensione cautelare, introdotta dalla nuova legge professionale. La nuova misura e’ stata infatti deliberata per la durata di sei mesi, i quali, cumulati con i ventisei giorni del precedente periodo di sospensione (dal 26 giugno 2010 al 21 luglio 2010), rientrano ampiamente nel tetto massimo di un anno, previsto dalla L. n. 247 del 2012, articolo 60, comma 2.
6. – Con il quinto mezzo (violazione dell’articolo 653 c.p.p., comma 1-bis, come introdotto dalla L. n. 97 del 2001, in combinato disposto con l’articolo 295 cod. proc. civ.; applicazione irretroattiva della L. n. 247 del 2012, articolo 54; illegittima riapertura del procedimento disciplinare su fatti identici a quelli oggetto di accertamento penale; mancata pronuncia sull’inammissibilita’/improcedibilita’ della riapertura del procedimento disciplinare a carico del ricorrente) il ricorrente rileva che sarebbe inammissibile o improcedibile la riapertura del procedimento disciplinare a carico del ricorrente, in quanto il Consiglio distrettuale di disciplina, vertendo il procedimento disciplinare sugli stessi fatti posti a carico del procedimento penale, avrebbe dovuto sospendere il procedimento disciplinare, in attesa del passaggio in giudicato della sentenza resa in ambito penale.
6.1. – La censura e’ inammissibile.
Va ribadito che la sospensione cautelare non e’ ne’ un provvedimento giurisdizionale, ne’ una forma di sanzione disciplinare, come tale suscettibile di applicazione soltanto dopo il procedimento disciplinare, ma costituisce, al contrario, un provvedimento cautelare di natura amministrativa non giurisdizionale a carattere provvisorio, che non richiede la preventiva formale apertura di un procedimento disciplinare (Cass., Sez. U., 31 luglio 2017, n. 18984, cit.).
Le disposizioni la cui violazione e’ denunciata non sono pertinenti rispetto al thema decidendum. Esse, infatti, riguardano l’efficacia della sentenza penale nel giudizio disciplinare, il rapporto del procedimento disciplinare con il processo penale, la sospensione necessaria del processo per pregiudizialita’-dipendenza, laddove la vicenda all’esame delle Sezioni Unite concerne esclusivamente il diverso tema della legittimita’ o meno dell’adozione della misura della sospensione cautelare, tema, quest’ultimo destinato a non essere influenzato da questioni relative alla ammissibilita’ della riapertura del procedimento disciplinare o alla necessita’ della sua sospensione fino al passaggio in giudicato della sentenza penale.
7. – Il ricorso, inammissibile nei confronti del Consiglio distrettuale di disciplina di Lecce e del Consiglio nazionale forense, e’ rigettato nei confronti degli altri intimati.
Non vi e’ luogo a pronuncia sulle spese, non avendo nessuno degli intimati svolto attivita’ difensiva in questa sede.
8. – Poiche’ il ricorso e’ stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed e’ dichiarato inammissibile e rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, che ha aggiunto al testo unico di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Consiglio distrettuale di disciplina di Lecce e del Consiglio nazionale forense e lo rigetta nei confronti degli altri contraddittori; dichiara – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, – la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.

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