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Il CNF ha confermato la delibera del Consiglio distrettuale di disciplina, mettendo in rilievo che la sospensione cautelare e’ stata applicata – con deliberazione del 7 giugno 2016 a fronte di una sentenza di condanna alla pena della reclusione per tre anni e tre mesi pronunciata dal Tribunale di Lecce il 21 maggio 2016 – al ricorrere di un’ipotesi espressamente prevista dal legislatore (la condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni) e in presenza dell’ulteriore presupposto dello strepitus fori, quale effetto concreto ed attuale della condanna penale del professionista, motivato dal Consiglio distrettuale di disciplina in considerazione dell’oggettiva gravita’ dei reati commessi nell’esercizio della carica pubblica di assessore provinciale, ma con ricadute sull’immagine di avvocato iscritto all’ordine professionale e sull’intero ceto forense.
Il motivo di ricorso, ancorche’ formalmente prospetti la violazione e la falsa applicazione di norme di legge, in realta’ sollecita un rinnovato scrutinio di merito in ordine ai presupposti di fatto della disposta sospensione cautelare, pretendendo, anche in questa sede, di far derivare automaticamente da sentenze penali rese nei confronti degli altri coimputati ora un giudizio prognostico a se’ favorevole in ordine alla sorte del giudizio di appello pendente contro la sentenza di condanna, ora un ridimensionamento dell’effetto mediatico negativo dell’immagine del ricorrente.
D’altra parte, correttamente il CNF, nell’escludere la attuale rilevanza delle vicende riguardanti i coimputati, ha evidenziato che l’esito dell’appello proposto dall’Avv. (OMISSIS) in sede penale – ove favorevole all’interessato – sarebbe da apprezzare come circostanza sopravvenuta suscettibile di determinare, non l’illegittimita’ ab origine della sospensione cautelare, ma la revoca della misura o la modifica della sua durata: posto che, ai sensi della L. n. 247 del 2012, articolo 60, comma 5, la sospensione cautelare puo’ essere revocata o modificata nella sua durata, d’ufficio o su istanza di parte, qualora, anche per circostanze sopravvenute, non appaia adeguata ai fatti commessi.
A cio’ deve aggiungersi che l’ipotizzata attenuazione – gia’ al momento dell’adozione dell’impugnata delibera – del clamore mediatico in relazione alla specifica posizione dell’Avv. (OMISSIS) (per effetto dell’annullamento, in cassazione, della sentenza di condanna emessa nei confronti degli altri coimputati), e’ prospettata dal ricorrente genericamente, senza l’osservanza della prescrizione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6. Infatti, nel motivo di ricorso si richiama l’ampia copertura mediatica data alla… sentenza di assoluzione”, ma non si indicano, con la necessaria puntualita’ richiesta dalla citata disposizione del codice di rito, quali sarebbero gli elementi di fatto, assuntivamente trascurati dal Consiglio nazionale forense, relativi alle ricadute favorevoli prefigurate dai media locali con riguardo alla posizione dell’Avv. (OMISSIS). Il ricorrente asserisce che “il dispositivo (della sentenza della Corte di cassazione) era gia’ stato ampiamente commentato nei media locali, ed era stato anche preventivato un esito necessariamente favorevole anche per l’Avv. (OMISSIS)”, ma non indica specificamente le risultanze processuali dalle quali emergerebbe, agli effetti dell’attenuazione dello strepitus fori, siffatta prognosi, ne’, tanto meno, riporta il relativo contenuto.
5. – Il quarto motivo (violazione della L. n. 247 del 2012, articolo 60; violazione del principio ne bis in idem) censura che il CNF abbia ritenuto che una condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni, anche quando non ancora definitiva, legittimi l’applicazione della sospensione cautelare. In ogni caso, l’applicazione della misura sarebbe illegittima, non essendo ammissibile la ripetizione di una nuova misura cautelare dopo che quella precedentemente disposta (il 26 giugno 2010) era stata revocata (il 21 luglio 2010) a seguito della revoca (il 19 luglio 2010) della misura cautelare disposta dal GIP.
5.1. – Il motivo e’ infondato.
Sotto il primo profilo, l’interpretazione sistematica e la ratio della L. n. 247 del 2012, articolo 60, comma 1, inducono a ritenere che la “condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni” che giustifica l’applicazione della sospensione cautelare e’ la condanna in primo grado, non essendo richiesta l’irrevocabilita’ della sentenza.
Per un verso, infatti, il citato articolo 60, comma 1, indica, tra i casi nei quali la misura puo’ essere deliberata dal consiglio distrettuale di disciplina competente per il procedimento, la “condanna in primo grado per i reati previsti negli articoli 372, 374, 377, 378, 381, 640 e 646 c.p., se commessi nell’ambito dell’esercizio della professione, articoli 244, 648-bis e 648-ter c.p.p.” e l’irrogazione, “con la sentenza penale di primo grado”, della “pena accessoria di cui all’articolo 35 c.p., anche se e’ stata disposta la sospensione condizionale della pena”.
Da tale disposizione si ricava quindi che il legislatore mostra di considerare la pronuncia di una sentenza di condanna in primo grado in tutti i casi condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione della misura: per taluni reati a prescindere dall’entita’ della pena, e per tutti gli altri solo quando e’ stata irrogata la pena accessoria della sospensione dall’esercizio della professione (articolo 35 cod. pen.), anche se vi sia la sospensione condizionale della pena, ovvero in presenza di una condanna non inferiore a tre anni. La mancanza, nella ipotesi che qui viene in considerazione della condanna a pena detentiva non inferiore a tre anni, della espressa specificazione “in primo grado” o “di primo grado”, non esprime, dunque, un significato nel senso della necessita’ del passaggio in giudicato della pronuncia.
Questa interpretazione e’ l’unica coerente con la ratio della norma, che e’ quella di prevedere l’applicazione di una misura cautelare con un provvedimento amministrativo non giurisdizionale a carattere provvisorio ed urgente in ipotesi tipiche di accertata rilevante gravita’. Ove dovesse essere applicata solo in esito ad un accertamento definitivo e irretrattabile della responsabilita’ penale, la sospensione cautelare sarebbe priva di qualsiasi effetto concreto, divenendo un’inutile duplicazione della sanzione disciplinare, e non assolverebbe alla funzione di tutela dell’immagine della categoria professionale degli avvocati proprio nel momento dello strepitus fori, e quindi all’atto del verificarsi della lesione.
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