Corte di Cassazione, sezioni unite civili, sentenza 13 dicembre 2017, n. 29919. L’ordine impartito dal giudice al contribuente, nel giudizio di primo grado, di munirsi di assistenza tecnica – nel caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo – ancorchè astrattamente ammissibile anche in grado di appello, non deve essere reiterata, con conseguente inammissibilità dell’appello per la mancanza di “ius postulandi”.

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La (OMISSIS) s.r.l. ha replicato con memoria con la quale ha rappresentato, tra l’altro, che: a) la CTP non le aveva rivolto alcun invito a munirsi di assistenza tecnica, dato che essa contribuente aveva gia’ depositato l’atto di conferimento dell’incarico a un difensore abilitato, con la conseguenza che, qualora la CTR l’avesse invitata a munirsi dell’assistenza tecnica, tale invito non avrebbe costituito la reiterazione di un (inesistente) precedente invito; b) aveva depositato, anche nel giudizio di appello (nel termine di venti giorni prima dell’udienza di discussione della causa), atto di procura a un difensore abilitato.
3. Sussistono due diversi orientamenti della S.C. al riguardo. La prevalente giurisprudenza di legittimita’, nel fare applicazione di tale principio, ha sostenuto che l’ordine di munirsi di assistenza tecnica deve essere impartito dal giudice al contribuente soltanto nel giudizio di primo grado e, quindi, soltanto con riferimento al caso in cui lo stesso contribuente non si sia avvalso dell’assistenza di un difensore abilitato per proporre l’impugnazione dell’atto impositivo, ma non al caso in cui cio’ accada per il ricorso in appello. In forza di tale orientamento “l’obbligo del giudice tributario di fissare al contribuente, che ne sia privo, un termine per la nomina di un difensore – previsto, per le controversie di valore eccedente Euro 2.582,28, dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 12, comma 5, come interpretato dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 189 del 2000 e n. 202 (recte: 520) del 2002 e con l’ordinanza n. 158 del 2003 – sussiste solo nell’ipotesi in cui la parte sia “ab initio” sfornita di assistenza tecnica, e non riguarda il giudizio di secondo grado, come si desume sia dall’esplicito riferimento, nella citata giurisprudenza costituzionale, al solo giudizio di prime cure, sia dal tenore letterale dell’articolo 12 cit., che si riferisce espressamente alla proposizione delle controversie, e non alla prosecuzione dei giudizi. Ne consegue che, quando la parte si sia munita di assistenza tecnica nel giudizio di primo grado a seguito di ottemperanza all’ordine emesso dal giudice e proponga appello personalmente l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile, non dovendo l’ordine essere reiterato, e l’appello va dichiarato immediatamente inammissibile, attesa la riferibilita’ di quello impartito in prime cure all’intero giudizio” (Cass. n. 21139 del 2010, cfr anche Cass. 4/4/2008, n. 8778; Cass. 30/6/2010 n. 15448, Cass. 13/9/2013 n. 20929 e Cass. del 18/12/2014 n. 26851).
Un orientamento minoritario ritiene, invece, che l’ordine del giudice di munirsi dell’assistenza tecnica, a norma dell’articolo 12, comma 5, terzo periodo, del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, e’ applicabile anche al giudizio di appello (cfr Cass. n. 21459 del 2009 e Cass. n. 1100 del 2002 (quest’ultima pronuncia ritiene che il menzionato ordine sia previsto per le sole controversie di valore inferiore a Euro 2.582,28 (oggi Euro 3.000) e sia rimesso alla discrezionalita’ del giudice).
4. In presenza di orientamenti contrastanti va preliminarmente specificato se l’ordine al contribuente di munirsi di difesa tecnica per le cause che richiedono necessariamente tale assistenza, debba essere impartito anche da parte del giudice di appello.
Gli argomenti ermeneutici a sostegno della inammissibilita’ tout court di tale ordine nel giudizio di appello non appaiono risolutivi e possono essere superati anche in forza di una interpretazione costituzionalmente orientata a tutela del diritto di difesa.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 189 del 2000 investita, in riferimento all’articolo 3 Cost. e articolo 24 Cost., comma 1, della questione di legittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 12, comma 5, e articolo 18, commi 3 e 4, sollevata sul presupposto interpretativo che tali disposizioni stabilissero l’inammissibilita’ del ricorso avente a oggetto controversie di valore superiore a Euro 2.582,28 sottoscritto dal solo contribuente, “senza prevedere che questi potesse nominare un difensore in un momento successivo, eventualmente su disposizione del presidente di commissione o di sezione, ovvero del collegio”, ne dichiaro’ l’infondatezza con una sentenza interpretativa di rigetto.
La Corte ha affermato, in particolare, che il censurato articolo 18, commi 3 e 4, e’ suscettibile di essere interpretato in modo tale da escludere i dubbi prospettati dal giudice a quo circa gli ostacoli che esso avrebbe frapposto “all’esercizio dell’azione avanti al giudice tributario di primo grado (commissione provinciale)” e del diritto di difesa. Tale interpretazione si fondava sugli argomenti che: a) il rinvio operato dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 18, comma 3, all’articolo 12, comma 5 stesso decreto, “assume un significato logico (con interpretazione in armonia con un sistema processuale che deve garantire la tutela delle parti in posizione di parita’, evitando irragionevoli sanzioni di inammissibilita’ che si risolvano a danno del soggetto che si intende tutelare) di richiamo complessivo all’intero comma 5 e quindi anche al meccanismo dell’ordine da parte del Presidente della commissione o della sezione o del collegio di “munirsi di assistenza tecnica fissando un termine entro il quale la stessa (parte) e’ tenuta, a pena di inammissibilita’, a conferire l’incarico ad un difensore abilitato””, con la conseguenza che l’inammissibilita’ scatta – per scelta del legislatore tutt’altro che irragionevole – solo a seguito di ordine ineseguito nei termini fissati e non per il semplice fatto della mancata sottoscrizione del ricorso da parte di un professionista abilitato”; b) tale soluzione era maggiormente in linea con il principio e criterio direttivo dettato dalla Legge di delegazione n. 413 del 1991, articolo 30, comma 1, lettera i); c) si trattava “di semplice assistenza tecnica (e non anche di rappresentanza), il cui incarico puo’ essere conferito anche in sede di udienza pubblica (articolo 12, comma 3, u.p.)”, con la precisazione che “rientra nella discrezionalita’ del legislatore la disciplina del diritto di difesa, non essendovi in via generale una scelta costituzionalmente obbligata di assistenza di difensore abilitato”; d) “non osta alla anzidetta interpretazione la considerazione dell’Avvocatura generale dello Stato, secondo cui questa soluzione comporterebbe la necessita’ di un’ampia rimessione in termini del contribuente, in quanto il tema del decidere resta circoscritto dal ricorso introduttivo, mentre la possibilita’ di “motivi aggiunti” e’ dal legislatore limitata alle sole ipotesi tassative di integrazione dei motivi del ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione tributaria, ed entro termini tassativi dalla notizia del deposito (Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 24)”.

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