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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE VI

SENTENZA 25 giugno 2015, n. 26840

Considerato in fatto

B.G. (mediatore), L.C. (direttore regionale presso l’assessorato alla sanità della regione (OMISSIS)), N.D. (responsabile dell’unità operativa di cardiologia dell’ospedale di (…) e direttore scientifico del progetto (omissis)), D.P.S.M. (già presidente di due società del gruppo General electric company), in concorso pure con b.g. (referente delle società del gruppo multinazionale General Electric Company, giudicato separatamente) sono imputati di associazione per delinquere allo scopo di turbare le gare pubbliche, nel settore delle dotazioni ospedaliere e sanitarie di strutture pubbliche, finanziate dalla regione (omissis) (capo A).

In relazione a tre specifiche fattispecie di concorso in turbata libertà del procedimento di scelta del concorrente sono altresì imputati:

– quanto al progetto ecoscopio, ed V-Scan (strumento diagnostico per completare la visita medica dall’ambulatorio di medicina generale all’ospedale, capo B), B. , L. , G.G. (direttore sanitario dell’azienda ospedaliera di (…) fino al 27.1.2011 e successivamente di quella di (omissis)), D.P. , Ca.Pa.Gi. (direttore generale dell’A.O. di (…)), Ci.Ma. (direttore del servizio di ingegneria clinica di (…)), MO.MA. (direttore del corrispondente servizio di (…)), P.M. e m.m. (dirigenti di GE medical systems Italia spa), Si.Ma. (dipendente di Assomed srl), e b. ;

– quanto al progetto Home care (volto all’assistenza domiciliare con monitoraggio a distanza di pazienti cronici, capo C), B. , L. , D.P. , N. , C.A. (dirigente di Telecom Italia srl), L.A. (presidente del consiglio di amministrazione di Beta 80 group srl), O.A. (dirigente di GE medicai systems Italia spa), Q.R. (referente per l’Italia di Care Innovations UK Itd), Me.Da. (dipendente di Telecom Italia spa), S.F.M. e P.C. (dipendenti di Beta 80 software e sistemi spa) e b. ;

– quanto al progetto Emodinamica (realizzazione sala di emodinamica presso l’ospedale di Saranno, capo D), B. , L. , N. , O. , K.L. (dipendente di MGC medical spa), Ba.St. e C.F. (pure dirigenti di GE company Italia spa), Ma.Da. (dipendente di GE medical systems Italia spa) (e b. ).

1.1 In esito all’udienza preliminare il GUP di Milano con sentenza del 27.2.2014 ha deliberato sentenza di non luogo a procedere quanto ai delitti ex art. 353-bis c.p., perché il fatto non sussiste.

Il GUP ha argomentato che:

– il delitto ex art. 353-bis c.p. presuppone l’esistenza dell’atto con cui la P.A. interessata abbia manifestato la decisione di concludere il negozio, quindi di un provvedimento amministrativo che (dovendo trovare applicazione l’art. 11 d.lvo 163/2006) deve contenere gli elementi essenziali del contratto ed i criteri di selezione degli operatori economici e delle offerte; la ed determina a contrarre costituirebbe la manifestazione di volontà che costituisce il presupposto del contratto;

– il procedimento amministrativo, cui fa riferimento l’art. 353-bis c.p., sussisterebbe solo dopo che la P.A. abbia manifestato in un provvedimento la volontà di stipulare un negozio esplicitando l’interesse pubblico che intende perseguire con il bando o altro atto equipollente; conseguentemente tale provvedimento costituirebbe elemento costitutivo del reato;

– nelle fattispecie di cui ai capi C e D mancherebbe invece alcun atto della P.A. di manifestazione della volontà di realizzare le relative attività; solo per il progetto Emodinamica (capo D) esiste una richiesta in data 16.2.2012, formulata dal direttore generale dell’azienda ospedaliera di (omissis) alla direzione generale della sanità presso la regione (omissis), con la richiesta di realizzazione del servizio presso l’ospedale di (…), secondo un progetto allegato, rimasta senza seguito anche per la sopravvenuta pendenza di questo procedimento; ragione per la quale anche per il capo C) le condotte emergenti dalle conversazioni intercettate non avrebbero avuto comunque seguito: alla stesura di una bozza di contratto non erano tuttavia seguiti i necessari provvedimenti amministrativi, primo tra tutti l’autorizzazione della Regione Lombardia;

– nella fattispecie di cui al capo B, invece, vi è la delibera 23.12.2010 n. 1137 adottata dalla Giunta della regione Lombardia che finanzia per l’importo di Euro 1.100.000 il progetto per l’ecoscopio portatile, originariamente proposto dall’azienda ospedaliera di Lecco; in ragione delle caratteristiche indicate (portabilità, dimensioni ridotte) solo il prodotto della General Electric rispondeva ai requisiti e, tuttavia, il nuovo direttore generale (in carica dal 18.1.2011) aveva disposto procedersi a gara per garantire la massima partecipazione e visibilità; il bando per tale gara di contenuto esplorativo fu in concreto predisposto (in concreto, da V.S. direttore della struttura approvvigionamenti di (…) sulle indicazioni tecniche di Mo.Ma. , responsabile servizio ingegneria di (…), e Ci.Ma. ) e pubblicato dall’azienda ospedaliera di (…), cui la procedura era stata trasferita: tale bando indicava le caratteristiche tecniche dell’ecoscopio portatile che la P.A. intendeva acquistare, proprie solo dell’apparecchio prodotto da G.E. e denominato VSCAN; la gara non era stata poi espletata, perché l’apparecchio era unico e si era così proceduto all’acquisto con procedura negoziata. Spiega il GUP che le dichiarazioni di V. sulle pressioni ricevute (per i tempi e i contenuti del bando) così come quelle su pressioni e interessamento del presidente della Regione dovevano essere “lette” tenendo conto delle specifiche ed esclusive caratteristiche tecniche dell’apparecchio (in particolare il peso, 300 gr. in luogo dei 700 gr. di quello più leggero prodotto da altri); dato atto che secondo la prospettazione accusatoria la predisposizione del bando esplorativo era stata frutto di accordi collusivi e osservato che tuttavia la parte pubblica non aveva messo in dubbio qualità e funzionalità dell’ecoscopio prodotto da G.E., il GUP spiegava che l’unicità dell’apparato giustificava l’acquisto a trattativa privata (anche secondo la procedura prevista dagli artt. 55 e seguenti del codice appalti), altrimenti l’apparecchio VSCAN mai avrebbe potuto essere acquistato per la sperimentazione autorizzata dalla Regione. In definitiva, le condotte emergenti dalle intercettazioni dovevano considerarsi penalmente irrilevanti, essendo comunque lecita l’attività di promozione di un prodotto, le cui caratteristiche obiettivamente uniche giustificavano un acquisto mirato.

In relazione alla propria argomentazione del mancato inizio di alcun procedimento amministrativo nelle fattispecie di cui ai capi C e D, il GUP ha altresì respinto un’eccezione di incompetenza per territorio, in favore dell’autorità giudiziaria di Busto Arsizio, proposta dagli imputati K. , L. , S. e P. .

Il procuratore della Repubblica ha proposto ricorso per cassazione in ordine ai proscioglimenti relativi alle tre fattispecie del delitto ex art. 353 bis c.p.. Il ricorso, premessa la ricostruzione in fatto della vicenda (che traeva origine dalle dichiarazioni di un imprenditore, sui propri rapporti di affari con gli enti ospedalieri della Regione Lombardia, e dalle conseguenti intercettazioni, telefoniche ed ambientali, con l’acquisizione di successive dichiarazioni del teste V. e dell’imputato b. , in particolare sulle tre vicende specifiche), enuncia tre motivi, due per la prima e uno per le altre tipologie di fattispecie:

3.1 quanto al capo B (vicenda progetto V-SCAN):

– mancanza della motivazione in relazione alle emergenze delle intercettazioni (in precedenza riportate) ed alle dichiarazioni dei testi V. e F. e degli imputati b. , Po. , m. , D.P. e Si. , in relazione all’affermazione sostanzialmente assertiva dell’unicità del prodotto, in presenza di altri modelli di ecoscopio portatile (sicché l’indicazione specifica del peso sarebbe stata introdotta proprio per indirizzare la scelta sul prodotto di G.E.), ed alla omessa considerazione e confutazione delle dichiarazioni del F. sull’anomalia dell’uso nella documentazione già della denominazione propria ed esclusiva del prodotto di G.E. e del finanziamento dell’intera fase di sperimentazione da parte della Regione e non dalle aziende interessate alla gara;

– illogicità della motivazione con riferimento:

– alle medesime fonti probatorie, con travisamento delle dichiarazioni del teste V. (secondo le quali l’unicità del prodotto era la conseguenza dell’impostazione data al bando e non la ragione originaria della sua composizione, sicché l’inevitabilità della trattativa privata andava intesa in tal senso);

– all’attribuzione di valore dirimente alla scelta di disporre la gara esplorativa, invece o per sé inutile attesa l’effettiva unicità del prodotto o alterata dall’inserimento dei dati esclusivi di tal prodotto;

– alla svalutazione delle dichiarazioni del tecnico V. sulle pressioni di G. e Ca. , a fronte della finalità dell’art. 353-bis c.p. di assicurare trasparenza e correttezza dell’intera procedura anche prima del bando esplorativo, finalità indipendente dalla unicità del prodotto (solo asserita), lesa dalle condotte illecite poste in essere;

3.2 quanto ai capi C e D (progetti Home care ed Emodinamica):

– errata interpretazione e applicazione dell’art. 353-bis c.p., avendo il GUP considerato rilevanti solo le condotte successive alla espressa e positiva manifestazione di volontà dell’Amministrazione (ai sensi dell’art. 11 d.lvo 163/2006), mentre:

– la ratio della nuova norma sarebbe quella di impedire turbamenti anche delle fasi antecedenti la predisposizione dei bandi, essendo del tutto differenti le condotte di mera lecita promozione di un prodotto (con gli inevitabili contatti pertinenti) e quelle integranti invece influenze indebite sull’iter decisionale (corrispondenti alle condotte indicate dalla norma);

– il rinvio all’art. 11 cod. app. sarebbe errato, sia perché l’art. 353-bis c.p. fa riferimento generico a qualsivoglia tipologia di procedimento amministrativo sia perché quell’interpretazione vanificherebbe la ragione dell’introduzione della nuova disciplina;

– la mancanza nei due casi di un bando anche solo esplorativo sarebbe irrilevante, la ragione della norma consistendo nell’evitare ogni turbamento anche della fase precedente il bando, essendo tra l’altro irrilevante l’esito della gara: non esisterebbe pertanto un atto amministrativo tipico dal quale far partire l’inizio dell’attività penalmente rilevante; la condotta delineata nell’art. 353-bis c.p. deve considerarsi autosufficiente, essendo stata già tassativamente individuata dal legislatore e non ripetendo i propri contenuti da rinvii al diritto amministrativo, sicché condotta tipica sarebbero i comportamenti indicati nella norma e sorretti dal fine di indurre la P.A. a predisporre bandi ed “fotocopia” per far vincere un determinato concorrente a scapito di altri, come verificatosi in entrambe le fattispecie contestate.

3.3 Le difese hanno depositato memorie di confutazione delle argomentazioni del ricorso ed a sostegno dell’inammissibilità o del rigetto di quest’ultimo.

Ragioni della decisione

Il ricorso deve essere rigettato.

È opportuna un’osservazione preliminare. Il ricorso si compone di 29 pagine. Le prime 25 presentano risultanze probatorie, con diretta ampia proposizione dei contenuti di dichiarazioni e intercettazioni. Da p. 26 a p. 29 sono esposti i motivi di ricorso pertinenti i tre capi di imputazione per i quali gli imputati sono stati prosciolti. Va qui confermato che questa Corte non ha alcuna cognizione diretta sul contenuto del materiale probatorio la cui proposizione, pertanto, indipendentemente dalla compiutezza e fedeltà agli atti è, per sé, del tutto irrilevante ad influire sulle deliberazioni che il codice di rito riserva al giudice di legittimità con immediatezza (quindi senza la mediazione del ragionamento di chi ha proposto l’impugnazione). In particolare, la Corte non ha alcuna possibilità di accedere direttamente ad un proprio apprezzamento del contenuto del materiale probatorio che le dovesse essere proposto, come nella fattispecie, tantomeno per integrare o chiarire o sostituire le ragioni che il ricorrente pone a sostegno della propria impugnazione. Sicché tale esposizione è, dal punto di vista strutturale sistematico, del tutto inutile, quando non pure fuorviante nella prospettiva della parte ricorrente (che può ritenere l’eventuale “autoevidenza’ del valore probatorio dell’atto che riporta idoneo a rendere inutile un suo commento): in definitiva, riportare nell’atto di impugnazione (o in suo allegato espressamente richiamato) parti anche ampie del concreto contenuto degli atti che costituiscono fonti di prova ha senso sistematico solo negli specifici limiti dell’autosufficienza delle deduzioni che sorreggono l’impugnazione. Quindi, in una prospettiva solo documentale della corrispondenza al vero di quanto argomentato a sostegno del motivo di impugnazione, senza, invece, alcuna efficacia di autonomo e automatico completamento/integrazione di quanto concretamente e solo specificamente dedotto nel percorso argomentativo che quel motivo deve sostenere, pena la sua inammissibilità (ex artt. 581 e 606 lett. E c.p.p.: per tutte, Sez.7 ord. 12406/15).

Quanto appena osservato rileva nel caso di specie in particolare per il motivo relativo al capo B (progetto V-Scan). Vicenda che ha una sua ovvia autonomia rispetto al tessuto ed alle cointeressenze tra i diversi soggetti che il procuratore della Repubblica ha evidenziato nella prima parte dell’atto di ricorso (ma che del resto lo stesso GIP aveva riferito come sostrato nel quale si inserivano le specifiche condotte) e che, per alcuni degli imputati, hanno dato luogo alla contestazione del delitto associativo.

Orbene, il GUP ha fondato la ragione del proscioglimento per insussistenza del fatto in definitiva sull’unicità delle caratteristiche del prodotto, alla luce del materiale probatorio acquisito. Il primo Giudice ha dato atto in particolare delle dichiarazioni di V. e b. , anche sulle pressioni ricevute, esprimendo tuttavia il convincimento dell’oggettiva non comparabilità del prodotto, anche ma non solo per il suo minor peso (a fg. 12 sono riportate anche altre caratteristiche tecniche del prodotto), spiegando altresì come non dovesse ritenersi per sé illecita la scelta discrezionale della Regione di finanziare la sperimentazione dell’utilizzazione di quello specifico prodotto, posto che qui si trattava non di “provare” lo stesso (già sul mercato) bensì di verificarne la compatibilità concreta (anche in esito a formazione dedicata del personale e verifica delle prassi operative possibili e della loro efficacia) nell’ambito della organizzazione ospedaliera lombarda. Il GUP è giunto a questo apprezzamento complessivo dopo aver osservato che appunto il tutto – quanto al prodotto V-Scan – andava collocato all’interno di una fisiologica discrezionalità amministrativa, posto che la stessa parte pubblica non aveva, per questa vicenda, ipotizzato alcun profilo corruttivo.

Sul punto, determinante, il primo motivo (p. 26) risulta al tempo stesso generico e diverso da quelli consentiti. La parte pubblica riconosce al prodotto de quo gli attributi di “apprezzabile e performante”, ma evidenzia che vi sarebbero stati altri modelli di ecoscopio portatile, come gli apparecchi commercializzati da Siemens e Sonosite, affermando essere “verosimile” che proprio la presenza di quei modelli concorrenti avrebbero indotto all’inserimento nel bando dell’indicazione specifica del minor peso proprio del prodotto V-Scan della GE. Nei termini in cui è così prospettato, tale motivo risulta all’evidenza solo assertivo, in particolare mancando alcuna deduzione sull’irrilevanza del solo minor peso a privilegiare in termini logicamente e tecnicamente non discutibili questo prodotto rispetto agli altri citati in ricorso, ad esempio per la presenza negli altri di caratteristiche tecniche peculiari, non possedute dal V-Scan: deduzione essenziale, invece, rispetto alla prospettiva argomentativa del GUP ed all’attività difensiva svolta specificamente sul punto (come comprovato da alcuna delle difese con il documentato richiamo alla consulenza Pe. ).

Altrettanto generico è il secondo motivo, laddove richiama con mero riferimento temporale dichiarazioni di altri soggetti (F. , Po. , m. , D.P. e Si. ), senza dar conto di alcun ragionamento probatorio specifico sul loro contenuto (senza che, per quanto osservato in precedenza, l’eventuale mera presenza documentale di talune parti di tali dichiarazioni nella prima parte del ricorso possa integrare la mancanza rilevata, perché la loro individuazione, selezione e interpretazione costituirebbe attività di merito del tutto preclusa alla Corte).

Quanto infine al fatto che per iniziativa di dirigente che in precedenza non aveva seguito la questione si sia prevista comunque una gara esplorativa, con riferimento alle caratteristiche già proprie del V-Scan, il rilievo della inammissibilità anche di questa parte del motivo deve fondarsi innanzitutto sulla constatazione che lo stesso ricorso enuncia la censura in termini di “illogicità” della motivazione, vizio che non rientra tra quelli tassativi previsti dalla lettera E dell’art. 606 primo comma c.p.p.. E non si tratta di rilievo meramente formalistico/strumentale: con il ricorso per cassazione “non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che attaccano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento” (per tutte, Sez.6 sent. 13809/15). È in particolare del tutto evidente la differenza radicale tra i vizi di illogicità e di manifesta illogicità: il primo si risolve, nel sistema delineato dall’attuale codice di rito, in censura sostanzialmente di merito; il secondo costituisce vizio specifico che individua un passaggio argomentativo, determinante nel percorso giustificativo della decisione, intrinsecamente insostenibile sul piano logico.

Il GUP ha spiegato perché, in relazione al contesto in cui la decisione è maturata, l’intento del nuovo dirigente di procedere a gara anche solo esplorativa non fosse incompatibile con l’unicità del prodotto. Argomentazione che può non essere condivisibile, ma che non è, in relazione alle circostanze di fatto narrate, manifestamente illogica. Del resto, per concludere sul capo, non può non rilevarsi che anche su tale aspetto il ricorso è sostanzialmente generico, giacché il riferimento alla gara rimane anche dopo la lettura di sentenza e ricorso del tutto sfumata, mancando alcuna indicazione, specifica e non appunto generica, su contenuto tempi modalità di attuazione conclusione.

Per completezza espositiva giova evidenziare che nel ricorso manca del tutto ogni critica argomentata al tema, proprio della problematica della sentenza di proscioglimento ex art. 425 c.p.p., dei parametri del peculiare rapporto tra proscioglimento “istruttorio” e dibattimento, con cui invece il GUP si è espressamente confrontato nell’ultimo periodo della propria motivazione, p. 15. Il che esime la Corte dall’affrontarlo.

Il motivo relativo ai capi C e D è infondato, nei termini che seguono.

L’art. 353-bis c.p. disciplina la turbata libertà del procedimento di scelta del contraente prima dell’eventuale gara. La norma è stata introdotta dal Legislatore, nel corso dell’iter che ha condotto alla legge n. 136 del 2010, al dichiarato scopo di prevedere espressamente la rilevanza penale delle condotte di turbamento (specificamente indicate) anche alla fase precedente la gara, preso atto che parte della giurisprudenza di questa Corte si andava apparentemente assestando in direzione diversa (Sez. 6 sent. 11005/09, 27719/13, 44896/14), nel senso di negare la rilevanza delle stesse, pur in termini di mero tentativo, in assenza del presupposto della gara.

L’art. 353-bis c.p. prevede così che, salvo che il fatto costituisca fatto più grave, abbia autonoma rilevanza penale la condotta di chiunque, alternativamente con violenza minaccia doni promesse collusioni o altri mezzi fraudolenti (i medesimi comportamenti considerati dalla fattispecie ex art. 353 c.p.), turba il procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando ovvero di altro atto equipollente, al fine di condizionarne le modalità di scelta del contraente da parte della pubblica amministrazione.

6.1 Come è stato evidenziato anche da pertinente relazione dell’Ufficio del Massimario, ‘attraverso l’art. 353-bis c.p. si è inteso evitare ogni vuoto di tutela, incriminando anche quei tentativi di condizionamento a monte degli appalti pubblici che risultino, ex post, inidonei ad alterare l’esito delle relative procedure. L’illecita interferenza nel procedimento amministrativo diretto a stabilire il contenuto del bando, finalizzata a condizionare le modalità di scelta del contraente (ad esempio, mediante la personalizzazione dei requisiti prescritti), determina, già di per sé sola, l’applicazione delle sanzioni penali’. Come è stato osservato anche dalla dottrina, in sintesi il condizionamento del contenuto del bando è il fine dell’azione sicché il reato si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine: è quindi sufficiente che la correttezza della procedura amministrativa volta a predisporre il contenuto del bando (o dell’atto equipollente) sia messa concretamente in pericolo, in ciò consumandosi il suo “turbamento”. Il quale appunto assume autonoma rilevanza penale quale che sia l’esito della procedura e, in particolare, anche quando poi in concreto non si pervenga ad alcuna “gara” ovvero il contenuto del bando risulti concretizzato senza che le condotte di “turbamento” abbiano avuto efficacia alcuna.

In definitiva, nella consapevolezza che i beni ed interessi giuridici che meritano tutela nel contesto (sia quello della pubblica amministrazione ad individuare il contraente più competente alle condizioni economiche migliori; sia quello della tutela della libertà di iniziativa economica) sono lesi non solo da condotte successive a un bando il cui contenuto sia stato determinato nel pieno rispetto di tali beni e interessi giuridici, ma anche dalle condotte precedenti che abbiano influito sul contenuto o che potrebbero avere influenza, il Legislatore ha inteso anticipare la tutela penale rispetto al momento di effettiva indizione formale della “gara” ed anche quando una procedura volta alla determinazione del bando (o di atto equivalente) sia stata svolta pur senza approdare a un positivo provvedimento formale. Ciò, come osservato da autorevole dottrina, in un contesto di anticipazione della soglia della tutela a fasi dell’iter criminis anteriori alla consumazione dell’offesa finale, che caratterizza la frammentazione casistica del tentativo in autonome fattispecie di atti preparatori o prodromici, rispetto ad attività delinquenziali caratterizzate da forte complessità, in cui il pregiudizio finale si realizza a seguito di processi comportamentali estremamente articolati, cui possono concorrere plurimi soggetti e la cui efficacia causale è molto difficilmente riferibile a ciascun agente.

6.2 Con tali premesse, va qui richiamata parte della motivazione della sentenza Sez. 2 sent. 47444/14, i cui passaggi argomentativi sono integralmente condivisi: “Sviluppando il percorso interpretativo segnato da tali pronunce il collegio ritiene che non è possibile effettuare una valutazione generalizzata di irrilevanza penale dei comportamenti precedenti la emissione del bando quando questi siano orientati alla manipolazione dell’atto genetico della gara, a nulla rilevando che tali condotte risalgano al periodo precedente la introduzione dell’art. 353 bis c.p. e trovano il loro unico riferimento nell’art. 353 c.p.. Nulla esclude infatti che condotte manipolatrici precedenti all’emissione del bando ottengano il risultato di far venire alla luce un bando manipolato, viziando ab origine l’intero sviluppo della procedura. Piuttosto che escludere la rilevanza penale delle condotte perturbatrici finalizzate alla manipolazione del bando, nei casi in cui la gara prenda avvio ed il bando venga effettivamente emanato, occorre invece valutare sulla base delle concrete emergenze processuali l’idoneità delle condotte contestate ad incidere sulla configurazione dell’atto genetico della gara. Sicché, anche nel periodo che precede l’introduzione dell’art. 353 bis c.p. gli atti volti ad orientare il bando per aderire alle caratteristiche dell’impresa che intende aggiudicarsi l’appalto possono essere considerate estranee all’area di applicazione dell’art. 353 cod. pen. solo qualora la gara non venga indetta o il bando non si presenti in concreto influenzato dai comportamenti contestati a produrre la turbativa. Diversamente, se il bando viene emesso e risulta coerente con le manipolazioni contestate, il reato previsto dall’art. 353 c.p. deve considerarsi integrato in quanto la libertà di concorrenza che è il bene protetto, patisce un’evidente compressione essendo stato minato fin dalla fase precoce della individuazione dei requisiti per la partecipazione alla gara. Così perimetrata l’area di rilevanza dell’art. 353 c.p., ne segue che tutti i comportamenti manipolatori che non incidono sul bando possono essere inquadrati nell’area residuale individuata dall’art. 353 bis c.p.. In coerenza con tale impostazione la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il delitto di turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, previsto dall’art. 353 bis c.p., è reato di pericolo, che si consuma indipendentemente dalla realizzazione del fine di condizionare le modalità di scelta del contraente, e per il cui perfezionamento, quindi, occorre che sia posta concretamente in pericolo la correttezza della procedura di predisposizione del bando di gara, ma non anche che il contenuto dell’atto di indizione del concorso venga effettivamente modificato in modo tale da interferire sull’individuazione dell’aggiudicatario, (fattispecie in cui la Corte ha ritenuto configurabili i gravi indizi di colpevolezza nei confronti del sindaco di un comune che aveva concorso a predisporre la bozza di un bando di gara con un imprenditore interessato all’aggiudicazione ed aveva poi ordinato, senza successo, al funzionario competente di recepirne i contenuti negli atti amministrativi necessari: Cass. sez. 6, n. 44896 del 22/10/2013 Rv. 257270). 3.2. Può essere pertanto individuato il seguente principio di diritto: i comportamenti che incidono sulla formazione del bando di gara che venga successivamente emesso, devono essere inquadrati nella fattispecie prevista dall’art. 353 c.p., a nulla rilevando che gli stessi sono stati posti in essere nel periodo precedente all’introduzione dell’art. 353 bis c.p., fattispecie che trova applicazione in relazione a tutti i comportamenti diretti alla manipolazione del bando di gara nei casi in cui questa non venga successivamente bandita”.

Il richiamo giova a definire anche l’odierno processo, perché questa Sezione giudica che analoga impostazione debba essere data al quesito, che il contrasto sul punto tra il GUP e il pubblico ministero ricorrente pone, dell’individuazione del momento in cui le condotte di turbamento che si verifichino prima del formale inizio della “gara” assumono rilevanza penale.

Vi è infatti un evidente parallelismo tra le strutture dell’art. 353 c.p. e dell’art. 353-bis c.p.. La prima presuppone l’esistenza di una “gara” (quindi di un bando o atto equipollente che l’abbia formalmente indetta determinandone l’ambito specifico); la seconda presuppone l’esistenza di un “procedimento amministrativo” diretto a stabilire il contenuto del bando o dell’atto equipollente. Vi sono pertanto due presupposti (la “gara”, il “procedimento amministrativo”), in mancanza dei quali le condotte in ipotesi consumate, pur quando in sé corrispondenti alle tipologie indicate nelle due norme, non assumono rilevanza penale autonoma: ovviamente, in relazione a queste due fattispecie, potendo invece rilevare a dar conto dell’esistenza di diversi reati (ad esempio quello associativo o alcuno di quelli di corruzione).

6.3 Questo però non significa che in ogni caso le condotte corrispondenti alle tipologie descritte anche nell’art. 353-bis c.p. e consumate prima del procedimento amministrativo mai possano assumere rilievo penale. Invece (e riprendendo i segnalati e condivisi spunti argomentativi della richiamata sentenza 47444/14) sono penalmente irrilevanti (e con la precisazione appena chiarita: limitatamente alla configurabilità di questa specifica fattispecie incriminatrice) solo quelle condotte che siano poste in essere prima del procedimento amministrativo quando poi in concreto il procedimento neppure inizi. Ma se il procedimento volto a stabilire il contenuto di bando/atto equipollente inizia, le condotte precedenti, finalizzate al suo turbamento e idonee allo scopo assumono autonoma rilevanza penale. E la conclusione si impone (ancora richiamando i passaggi argomentativi della sentenza 47444/14) perché se il procedimento iniziasse già inquinato nelle sue determinazioni da condotte riconducibili a quelle previste dall’art. 353-bis c.p. risulterebbe del tutto evidente la lesione in atto dei beni giuridici tutelati dalla norma. In altri termini: è evidente che al “bando-fotocopia” può benissimo corrispondere un “procedimento amministrativo – fotocopia”, a quello funzionale, ogni qualvolta questo inizi già contaminato nei suoi contenuti e nelle sue determinazioni da precedenti condotte riconducibili a quelle indicate dall’art. 353-bis c.p.. In questi termini l’intenzione del Legislatore si concretizza e sul piano sistematico si completa: tutte le condotte, riconducibili a quelle indicate dagli artt. 353 e 353-bis c.p., rilevano penalmente ai sensi di tali norme quando in concreto abbiano avuto incidenza effettiva sul bando o sulla gara, ovvero abbiano mirato a influire, già nel suo inizio, sullo svolgimento della procedura volta a giungere eventualmente a un bando/gara che pur non si sia conclusa.

6.4 Così precisati i termini giuridici della questione, risulta evidente che perché le condotte indicate dall’art. 353-bis c.p. abbiano rilievo penale occorre che un “procedimento amministrativo” sia almeno iniziato: solo a quel punto, per quanto prima argomentato, anche le condotte precedenti possono assumere rilevanza penale.

In fatto il GUP ha argomentato che in entrambe le due vicende era mancato alcun procedimento amministrativo, in particolare non essendovi ‘mai stata la volontà della pubblica amministrazione di realizzare le attività’ afferenti i due progetti (Home Care, capo C; Emodinamica, capo D), il tutto essendosi interrotto anche per l’inizio del presente procedimento penale. Ciò perché, secondo il primo Giudice, ai sensi dell’art. 11 d.lgs n. 163/2206 sarebbe stato necessario un provvedimento che manifestasse la volontà di stipulare un negozio, esplicitando l’interesse pubblico che l’amministrazione intendeva perseguire e individuando il bene o servizio da acquisire.

La parte pubblica ricorrente ha svolto le censure riportate sub 3.2.

6.4.1 Va innanzitutto osservato, in relazione al contenuto di alcune delle memorie difensive, che se, da un lato, certamente deve essere riconosciuta la piena liceità del cosiddetto “dialogo tecnico” fisiologicamente prodromico alla promozione di un prodotto o servizio (con la presentazione efficace delle peculiarità e delle utilità per l’amministrazione interlocutrice), tuttavia, dall’altro, nulla ha a che fare con la fisiologia del trasparente contatto tecnico preliminare la contemporanea offerta di doni, specialmente quando significativi, e come tali idonei a indurre o determinare aspettative successive in relazione a vicende specifiche o addirittura a prassi. Nel nostro caso, nessuna contemporanea o parallela offerta (indotta o sollecitata) o dazione di beni di consumo rilevanti (come computer o cellulari di alta qualità) è riconducibile alla fisiologia del confronto tecnico, sicché per sé stessa, quando ne risultasse provato il collegamento alla singola proposta di fornitura, sarebbe idonea ad integrare la fattispecie del “dono”, evento/condotta che il Legislatore ha già, con apprezzamento specifico ed inequivoco, valutato idoneo a turbare l’iter di formazione della volontà (ferma la riconduzione, alternativa o concorrente, anche a fattispecie di tipo corruttivo quando tale offerta o dazione risultasse momento di una sorta di retribuzione programmata).

E tuttavia la rilevanza penale anche dell’offerta/dazione, per ciò che riguarda l’ambito del reato ex art. 353-bis c.p., necessita dell’inizio, almeno di un procedimento amministrativo che sia potenzialmente finalizzato a determinare la volontà contrattuale, il suo oggetto, le modalità di scelta del contraente.

6.4.2 Alcuni dei rilievi della parte pubblica sono condivisi dalla Corte.

Il GUP, specialmente con il riferimento all’art. 11 d.lgs n.163/2006 formulato in termini apparentemente assorbenti, è parso ancorare il “procedimento amministrativo” di cui parla la norma al venire in essere di un “provvedimento” che concretizzi una specifica volontà contrattuale, determinata esaurientemente nei suoi contenuti. Ma così argomentando il GUP pare sovrapporre due aspetti del tutto diversi: l’iter dell’intero procedimento amministrativo e il singolo specifico provvedimento che manifesta una volontà che non può che essere stata, appunto, preceduta da interlocuzioni e istruttorie, formali e non, che a quella (e non a diversa) volontà abbiano condotto. Come invece in parte anticipato in precedenza (7.3), è necessario ma sufficiente l’inizio di un iter formale che prospetti anche solo come eventualità il pervenire ad una determinazione conclusiva che individui interesse specifico, obiettivi, contenuti e modalità di concretizzazione della volontà di contrarre.

Ancora, tale iter non richiede, per il suo inizio, una forma tipizzata riconducibile a qualche specifica normativa, neppure quella del ed codice degli appalti.

E tuttavia, a differenza di quanto dedotto dalla parte pubblica ricorrente, per la sua funzione di tipizzazione della fattispecie incriminatrice l’inizio del procedimento amministrativo deve essere oggettivamente individuabile.

Le indicazioni del diritto amministrativo sono utili a tale individuazione, ma non esaustive né tantomeno vincolanti. Del resto, la possibile pluralità di situazioni ipotizzabili (dall’iniziativa d’ufficio, nell’ambito di un efficace, attento e corretto esercizio del potere-dovere attribuito al soggetto pubblico per la cura e la soddisfazione degli interessi pubblici affidati alla sua competenza; all’iniziativa che sorge con la necessaria risposta, eventualmente normativamente imposta, a sollecitazioni formali di altre articolazioni del “potere” pubblico o di soggetti privati legittimati all’interlocuzione) impedisce alcuna ricostruzione della nozione di procedimento amministrativo vincolata a tassativi atti formali predeterminati.

Ciò che rileva, dal punto di vista penalistico e tenuto conto della locuzione specificamente utilizzata dall’art. 353-bis c.p., è solo l’avvio di un iter procedurale, anche informale (nel senso di non riconducibile a tipologia predeterminata per legge), che tuttavia sia ancorato (sia nei casi di iniziativa d’ufficio che nei casi di sollecitazione da parte di soggetti terzi, pubblici o privati che siano) ad una esplicitazione oggettiva di una puntuale e specifica individuazione dell’ambito di approfondimento e verifica e dell’oggetto/obiettivo cui si intende procedere. Tale esplicitazione deve avvenire da parte del soggetto pubblico titolare del potere di impulso e definizione rispetto all’obiettivo contingente perseguito (anche su sollecitazione di terzi).

Il motivo di ricorso risulta allora infondato quando individua i limiti intrinseci della lettura impropriamente riduttiva del GUP, ma non offre poi una indicazione specifica alternativa rispetto all’affermazione netta del primo Giudice dell’inesistenza, nel fascicolo processuale, di alcun altro atto riconducibile all’ente che aveva il potere di approfondire e provvedere (avendo il GUP anche spiegato perché la richiesta 16.2.12 dell’azienda ospedaliera dell’ospedale di Busto Arsizio alla Regione, afferente il solo capo D, non avesse in concreto determinato l’avvio di alcuna procedura formale di verifica/decisione: senza che la parte pubblica abbia argomentato, in esito a specifica ricostruzione in fatto, sull’eventuale efficacia “obbligante” di tale richiesta e, quindi, sulla necessità a quel punto di una risposta puntuale della Regione, sì da potersi qualificare tale richiesta “periferica” quale atto idoneo a determinare l’avvio di un procedimento amministrativo da parte dell’amministrazione competente a decidere eventualmente di contrarre).

In tale contesto in fatto, la decisione del GUP risulta allo stato corretta, posto che, tenuto conto delle considerazioni in diritto appena svolte, le condotte oggetto dei capi C e D, che la parte pubblica assume poste in essere come documentato nelle prime 25 pagine del ricorso, non hanno rilevanza penale ai fini dell’art. 353-bis c.p..

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

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