Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 18 maggio 2017, n. 24863

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 18 maggio 2017, n. 24863

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CONTI Giovanni – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. GIORDANO Anna Emilia – Consigliere

Dott. CORBO Antonio – rel. Consigliere

Dott. SILVESTRI Pietro – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 19/11/2015 della Corte d’appello di Caltanissetta;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Antonio Corbo;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto procuratore generale Dott. DI LEO Giovanni, che ha concluso chiedendo annullarsi con rinvio la sentenza impugnata limitatamente al punto relativo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche.

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con sentenza emessa il 19 novembre 2015, la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Gela che aveva condannato (OMISSIS) per il delitto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, per l’illecita detenzione di sostanza stupefacente del tipo cocaina, per grammi 4,3 circa, e da cui erano ricavabili 11 dosi medie singole, commesso in data 15 aprile 2011, e gli aveva irrogato la pena di anni uno di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa, senza applicazione delle circostanze attenuanti generiche.

2. Ha presentato ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello indicata in epigrafe l’avvocato (OMISSIS), quale difensore di fiducia del (OMISSIS), articolando due motivi.

Con il primo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento al Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, e articolo 125 c.p.p., comma 3, nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), avendo riguardo alla configurabilita’ e sussistenza del reato. Si deduce che la motivazione della sentenza impugnata e’ logicamente incompatibile con tutti gli elementi emersi nel corso del giudizio, in particolare laddove affermava l’irrilevanza ai fini del riconoscimento dell’uso personale della cocaina sia della documentata buona capacita’ finanziaria del ricorrente, sia dell’ammissione effettuata dal medesimo, in data 31 maggio 2013, nei locali della Prefettura di Caltanissetta, di aver detenuto stupefacente per uso personale in data 11 ottobre 2011, ossia in epoca “coeva” a quella per cui e’ processo.

Con il secondo motivo, si lamenta violazione di legge, in riferimento all’articolo 62 bis c.p., e articolo 125 c.p.p., comma 3, nonche’ vizio di motivazione, a norma dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), avendo riguardo alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Si deduce che la Corte di appello nulla ha osservato in proposito, nonostante l’esplicita doglianza formulata nei motivi di appello, nei quali, per di piu’, si lamentava l’assenza di qualunque motivazione sul punto gia’ nella sentenza di primo grado.

3. Il ricorso e’ infondato in relazione alle doglianze esposte nel primo motivo, mentre deve essere accolto con riferimento al secondo motivo, con conseguente annullamento con rinvio per nuovo giudizio sul punto.

Le censure formulate nel primo motivo, attinenti alla configurabilita’ e sussistenza del reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 73, comma 5, non evidenziano lacune o vizi logici nella motivazione della sentenza impugnata. Quest’ultima, in linea con quella di primo grado, ha ritenuto, innanzitutto, che il quantitativo di sostanza stupefacente rinvenuto nella disponibilita’ del ricorrente e’ rilevante, avendo ad oggetto l’equivalente di undici dosi medie giornaliere secondo le tabelle vigenti, per essere nella sostanza una percentuale di principio attivo pari al 57,2 %, e che e’ inoltre significativa la condotta del (OMISSIS) all’atto del controllo, consistita nella dispersione della sostanza sui tappetini e sul sedile della sua vettura alla vista degli agenti. I giudici di appello, inoltre, hanno motivatamente affermato l’irrilevanza sia dell’ammissione dello stato di tossicodipendenza, sia dell’allegazione di una congruente capacita’ finanziaria. Da un lato, infatti, si e’ rilevato che lo stato di tossicodipendenza e’ stato ammesso dal (OMISSIS) in relazione ad altro controllo, di molto successivo al fatto in contestazione (dal ricorso si evince che l’ammissione risale al 31 maggio 2013 e concerne un controllo in data 11 ottobre 2011, mentre il fatto in contestazione e’ avvenuto il 15 aprile 2011); si e’ anche aggiunto, in proposito, che il medesimo ricorrente, al momento del sequestro della cocaina, non solo non dichiaro’ di essere tossicodipendente, ma non evidenziava in alcun modo segni di tossicodipendenza. Dall’altro, si e’ osservato che l’asserita capacita’ finanziaria, derivante dalla gestione di un negozio di detersivi, e’ rimasta priva di indicazioni relative ai redditi percepiti, e che, anzi, il (OMISSIS) e’ gravato da numerosi precedenti penali, anche per reati contro il patrimonio, sicche’ e’ improbabile che egli viva abitualmente del solo frutto di attivita’ lecite. Puo’ quindi concludersi che la Corte d’appello fornisce una ricostruzione in ordine alla sussistenza del fatto attenta a tutti gli elementi acquisiti, contenente una puntuale risposta a ciascuna delle osservazioni della difesa, e formulata in termini non manifestamente irragionevoli o contraddittori anche nella prospettiva dell’affermazione della colpevolezza solo al di la’ del ragionevole dubbio.

Le doglianze dedotte nel secondo motivo, concernenti l’assenza di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, sono fondate, come emerge gia’ dalla semplice lettura della sentenza della Corte d’appello. Il provvedimento impugnato, infatti, pur dando atto nella parte relativa allo svolgimento del processo di tale ragione di gravame, omette poi ogni considerazione sul punto nella parte relativa ai motivi della decisione.

4. In conclusione, pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata per nuovo giudizio affinche’ si proceda a valutare se sussistono i presupposti per la concessione delle circostanze attenuanti generiche, e, in caso positivo, perche’ si ridetermini la pena da applicare. Il ricorso deve essere rigettato nel resto.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata sul punto relativo al trattamento sanzionatorio e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Caltanissetta.

Rigetta nel resto il ricorso.

Motivazione semplificata.

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