Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 14 settembre 2016, n. 38214

È riciclaggio lo svuotamento delle casse della società di un gruppo, facendo transitare il denaro senza alcuna causale, su conti correnti personali di terzi, per poi utilizzarlo per aumentare il capitale di un’altra società. Il manager ha però diritto all’attenuante se il reato presupposto è l’appropriazione indebita e non la bancarotta. La pena doveva essere abbattuta per l’attenuante prevista dal comma 3 dell’articolo 648-bis del Codice penale, che scatta quando il denaro, i beni o le altre utilità provengono da un delitto per il quale è stabilità la pena della reclusione inferiore nel massimo ai cinque anni

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 14 settembre 2016, n. 38214

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARCANO Domenico – Presidente
Dott. MOGINI Stefano – Consigliere
Dott. CRISCUOLO Anna – Consigliere
Dott. GIORDANO Emilia Anna – Consigliere
Dott. DI SALVO Emanuele – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 11/11/2015 della CORTE APPELLO di MILANO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/07/2016, la relazione svolta dal Consigliere EMANUELE DI SALVO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Sost. proc. Gen. ROBERTO ANIELLO che ha concluso per l’annullamento con rinvio limitatamente alle attenuanti;
Rigetto nel resto.
Uditi, inoltre, i difensori, Avv.ti. (OMISSIS) e (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO

1. (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso la sentenza in epigrafe indicata, con la quale, in sede di giudizio di rinvio, e’ stata rideterminata la pena inflittagli in ordine al reato di cui all’articolo 648 bis c.p., in relazione al finanziamento dell’aumento del capitale sociale della spa ” (OMISSIS)”, a lui facente capo, con somme di denaro provenienti dai conti correnti personali di (OMISSIS) e di (OMISSIS), provento delle distrazioni in danno delle societa’ del gruppo ” (OMISSIS)”, somme che faceva transitare, senza alcuna causale, sui propri conti personali.
2. Il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione, poiche’ la Corte di cassazione aveva annullato con rinvio la sentenza d’appello limitatamente al trattamento sanzionatorio, non essendo stata applicata la riduzione di pena per l’attenuante di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 3, pur essendo stato individuato il reato presupposto nel delitto di appropriazione indebita. Il giudice di rinvio, invece, non ha applicato la predetta attenuante, avendo acquisito la sentenza della suprema Corte con cui gli autori del reato presupposto erano stati condannati per il delitto di bancarotta fraudolenta, che eccede il limite di pena di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 3. La Corte territoriale non ha pero’ tenuto conto che, ove il delitto presupposto venga individuato nel reato di bancarotta fraudolenta, quest’ultimo si consuma soltanto con la dichiarazione di fallimento, che, essendo intervenuta, nel caso di specie, nell’anno 2010, e’ successiva all’epoca di perpetrazione della condotta di riciclaggio, che risale al 2008. Cio’ determina l’insussistenza di quest’ultimo delitto, essendo incontrovertibile che esso debba essere cronologicamente posteriore e non anteriore alla consumazione del reato presupposto.
2.1. In ogni caso, la Corte d’appello avrebbe dovuto applicare l’attenuante di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 3, poiche’ la pronuncia di annullamento con rinvio del giudice di legittimita’ concerneva specificamente tale punto e tutte le altre statuizioni erano passate in giudicato.
2.2. Eventualmente avrebbe dovuto essere ascritto all’imputato il reato di concorso in autoriciclaggio, punito con pena piu’ favorevole rispetto al delitto di cui all’articolo 648 bis c.p.. Si chiede pertanto annullamento della sentenza impugnata.
2.3. Le doglianze formulate sono state ribadite e ulteriormente argomentate con motivi nuovi, depositati il 4 luglio 2016.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso e’ infondato. Il giudizio di rinvio ha infatti un orizzonte cognitivo circoscritto dal contenuto e dalla portata del giudizio rescindente. Esula, pertanto, dai poteri del giudice di rinvio l’estensione della propria cognizione a questioni estranee al perimetro tracciato dalla Corte di cassazione, anche se additate dalle risultanze di ulteriori accertamenti esperiti nel giudizio di rinvio. Le Sezioni unite hanno infatti chiarito che l’autorita’ di cosa giudicata, di cui all’articolo 624 c.p.p., si riferisce non soltanto alle decisioni che definiscono la posizione processuale di un imputato, in un processo cumulativo, o concludono il giudizio in relazione ad alcune imputazioni ma a qualunque statuizione avente un’autonomia giuridico – concettuale (Cass., Sez. 1, n. 4882 del 21-3-1996, Rv. 204637), e quindi anche a quelle che, nell’ambito di una stessa contestazione, individuano aspetti non piu’ suscettibili di riesame (Sez. U., n. 6019 del 11-5-1993, Ligresti). Ne deriva che il giudicato puo’ avere una formazione non simultanea ma progressiva sia quando una sentenza di annullamento parziale venga pronunciata nei confronti di alcuni degli imputati o riguardi soltanto alcune delle imputazioni sia quando la detta pronuncia inerisca, come nel caso in disamina, ad una statuizione relativa ad un solo imputato e ad una sola imputazione, perche’ anche in tal caso il giudizio si esaurisce in relazione a tutte le disposizioni non annullate (Sez. U., n. 20 del 910-1996, Vitale). Dunque,una statuizione definitiva puo’ inerire anche ad una decisione su uno o piu’ punti della regiudicanda, come si evince pure dal disposto dell’articolo 628 c.p.p., comma 2, che sancisce l’impugnabilita’ della sentenza del giudice di rinvio soltanto per motivi non riguardanti i “punti” gia’ decisi dalla Corte di cassazione, a conferma dell’irrevocabilita’ delle statuizioni relative a questi ultimi.
2. Nel caso di specie, la sentenza della Corte d’appello di Milano originariamente impugnata era stata annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento all’omessa applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 3. Avevano infatti rilevato i giudici di legittimita’, nella pronuncia rescindente, che la Corte d’appello, una volta riconosciuto che il reato presupposto e’ l’appropriazione indebita, avrebbe dovuto applicare la diminuzione di pena ex articolo 648 bis c.p., comma 3. D’altronde la correttezza della qualificazione giuridica del reato presupposto e’ stata espressamente confermata nella sentenza rescindente, la quale ha rilevato che la bancarotta fraudolenta per distrazione, in ambito societario, e’ figura di reato complessa, che comprende, tra i propri elementi costitutivi, una condotta di appropriazione indebita del bene distratto, punibile, di per se’, ai sensi dell’articolo 646 c.p..
Si trattava dunque di una questione gia’ decisa nell’ambito del giudizio di legittimita’ e che, conseguentemente, non poteva piu’ essere messa in discussione dal giudice del rinvio. Illegittimamente dunque quest’ultimo ha dilatato l’ambito della propria disamina al di la’ del perimetro tracciato dalla pronuncia d’annullamento, affrontando una questione che gli era preclusa – e cioe’ quella della qualificazione giuridica del reato-presupposto, che era gia’ stata irrevocabilmente giudicata dalla Corte di cassazione- e pervenendo ad un esito decisorio, che, come si dira’ piu’ ampiamente nel paragrafo dedicato al secondo motivo di ricorso, e’ del tutto in contrasto con le statuizioni della pronuncia rescindente. L’illegittimita’ dell’itinerario cognitivo esperito dal giudice di rinvio e dell’esito al quale egli e’ approdato impedisce pertanto di trarre qualunque conseguenza giuridica dai contenuti decisori di quest’ultimo, destituendo di qualunque fondamento giuridico un’impostazione volta a porre le statuizioni erroneamente emesse dalla Corte d’appello, nella sentenza impugnata, a base di ulteriori inferenze argomentative, come quelle relative al momento consumativo del reato di bancarotta fraudolenta, che il giudice del rinvio ha indebitamente individuato come reato-presupposto, in luogo del delitto di cui all’articolo 646 c.p., e alla posteriorita’ del delitto di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267, articoli 216 e 223, rispetto al reato di riciclaggio. La Corte di appello di Milano avrebbe dovuto limitarsi a trattare la problematica relativa al trattamento sanzionatorio, con particolare riferimento al quantum della riduzione di pena ex articolo 648 bis c.p.p., comma 3, senza estendere la disamina ad ulteriori questioni sottratte all’area del sindacato devolutole. Se la Corte territoriale ha invece proceduto in tal senso, cio’ ha costituito un errore: e da un errore non puo’ inferirsi alcuna valida conseguenza giuridica.
3. Dalle considerazioni appena formulate deriva la fondatezza del secondo motivo di ricorso. Abbiamo infatti gia’ rilevato come la Corte di cassazione, all’esito del giudizio rescindente, avesse devoluto al giudice del rinvio una problematica molto ben delineata: quella relativa alla quantificazione della riduzione di pena da applicare all’imputato ex articolo 648 bis c.p., comma 3. Che questa attenuante gli spettasse era questione che, essendo gia’ stata decisa, in senso positivo, dalla Corte di cassazione, non poteva piu’ essere posta in discussione nel giudizio di rinvio. D’altronde, il contrasto con la pronuncia emessa nei confronti di (OMISSIS), che aveva attribuito al reato presupposto il nomen iuris di bancarotta fraudolenta per distrazione, non poteva certo risolversi in malam partem, portando a denegare l’attenuante di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 3, al (OMISSIS). Il conflitto logico di giudicati puo’ infatti esplicare, nell’ottica delineata dall’articolo 630 c.p.p., lettera a), esclusivamente effetti a favore del reo. Illegittimamente, quindi, la Corte d’appello ha negato al (OMISSIS) la diminuzione di pena ex articolo 648 bis c.p., comma 3, e cio’ comporta la necessita’ di un nuovo pronunciamento di natura rescindente.
4. L’ultimo motivo di ricorso e’ infondato. Dalle considerazioni fin qui svolte deriva che ogni problematica diversa da quella afferente al trattamento sanzionatorio si collocava al di fuori dell’area della cognizione del giudizio di rinvio, cosi’ come individuata dalla sentenza rescindente. Era dunque preclusa in radice la possibilita’ di attribuire alla condotta del ricorrente il nomen iuris ex articolo 648 ter 1 c.p.. Anche questo profilo era stato infatti esaminato e deciso dalla Corte di cassazione, nella sentenza del 9-10-2014, la quale, come esattamente rilevato dalla Corte d’appello, nella pronuncia impugnata, aveva espressamente escluso che il (OMISSIS) potesse essere considerato concorrente nel reato presupposto, commesso dal (OMISSIS), ai danni delle societa’ del gruppo ” (OMISSIS)”. La relativa problematica era pertanto preclusa nel giudizio di rinvio e, a maggior ragione, in questa sede.
5. La sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano, limitatamente all’attenuante di cui all’articolo 648 bis c.p., comma 3. Il ricorso va rigettato nel resto.
P.Q.M.

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