Corte di Cassazione, sezione VI penale, sentenza 11 luglio 2017, n. 33706

Il profilo dell’attualità della pericolosità sociale deve essere comunque attualizzato da fatti più recenti, la cui distanza temporale rispetto al momento della decisione è minima e tale da non inficiare il giudizio prognostico negativo espresso dai giudici di merito, in funzione della ricaduta nel reato

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI penale

sentenza 11 luglio 2017, n. 33706

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PAOLONI Giacomo – Presidente

Dott. GIANESINI Maurizio – Consigliere

Dott. CRISCUOLO Anna – rel. Consigliere

Dott. DI STEFANO Pierluigi – Consigliere

Dott. BASSI Alessandra – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);

(OMISSIS), nata a (OMISSIS) il (OMISSIS);

(OMISSIS), nato a (OMISSIS) il (OMISSIS);

avverso il decreto del 27/10/2016 della Corte di appello di Roma;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. CRISCUOLO Anna;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa ZACCO Franca, che ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con il decreto impugnato la Corte di appello di Roma ha confermato il decreto del Tribunale di Roma in data 21 dicembre 2015 con il quale e’ stata applicata la misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno per la durata di anni 3 nei confronti di (OMISSIS) e (OMISSIS) e disposta la confisca dei beni immobili, dei mobili registrati e dei conti correnti del (OMISSIS) e della moglie (OMISSIS).

La Corte di appello ha ritenuto sussistente la pericolosita’ attuale del (OMISSIS), desunta dalla recente condanna per ben 16 episodi di cessione di stupefacenti, commessi tra il 2013 e l’inizio del 2014, indicativa della elevata e specifica capacita’ criminale del proposto. Analoga valutazione ha espresso per lo (OMISSIS), destinatario di misura cautelare e condannato in due procedimenti per numerosi episodi di cessione nonche’ per il reato associativo – Decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, articolo 74, comma 6 – con operativita’ dal 2011 al 2014, ritenuti elementi oggettivamente sintomatici di un modus vivendi, caratterizzato da legami continuativi e stabili con soggetti dediti a traffici illeciti.

Quanto alla confisca degli immobili, intestati a (OMISSIS), moglie del (OMISSIS), la Corte di appello ha evidenziato che all’epoca dell’acquisto (2008), non solo la pericolosita’ del (OMISSIS) era gia’ emersa ed attestata dai precedenti penali per reati produttivi di reddito (rapina, ricettazione e furto), ma, sul piano oggettivo, sussisteva la sproporzione tra i redditi leciti della coppia, del tutto incongrui ed insufficienti, pur tenendo conto delle entrate occasionali, solo in minima parte riscontrate, a far fronte al pagamento di 420 rate mensili da 1200 Euro per il mutuo ottenuto dalla (OMISSIS) in ragione delle spese necessarie al mantenimento della famiglia, composta da quattro persone, e del tenore di vita sostenuto, evidenziato dal possesso di autovetture, da spese voluttuarie e dall’accumulo di risparmi e risorse finanziarie, risultanti dai rapporti sequestrati e poi confiscati.

2. Avverso il decreto ha proposto ricorso il difensore del (OMISSIS) e della (OMISSIS), che ne chiede l’annullamento per vizio di motivazione e violazione di legge: deduce che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto sussistenti sufficienti indizi di attuale pericolosita’ sociale del (OMISSIS), fondandosi esclusivamente sull’esito del procedimento penale, conclusosi con condanna non definitiva alla pena di 3 anni di reclusione per violazioni della legge sugli stupefacenti, senza verificare la persistenza della pericolosita’ al momento della decisione.

Sostiene che il giudizio e’ fondato su presunzioni, essendo stati trascurati sia il decorso del tempo e lo stato di detenzione, sia il mutato stile di vita del ricorrente, dopo l’unione con la (OMISSIS) e la decisione di creare una famiglia; deduce che l’inversione di rotta e’ durata per un lungo periodo con unica parentesi nel periodo dal luglio 2013 al gennaio 2014, in cui il ricorrente e’ ricaduto nell’illecito per sopperire alle esigenze di sopravvivenza della famiglia, ma, dopo la scarcerazione nel 2014 si e’ dedicato al lavoro, come documentato nel corso del giudizio, cosicche’ il lasso temporale dal fatto illecito non e’ stato compiutamente valutato con conseguente motivazione sul punto meramente apparente.

Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla conferma della confisca, per essere il decreto viziato da motivazione carente ed in contraddizione con le risultanze delle indagini patrimoniali. In primo luogo, evidenzia che i precedenti del (OMISSIS) si interrompono nel 2003 cosicche’ non vi e’ correlazione temporale tra l’accertamento della pericolosita’ e l’epoca di acquisto dell’immobile da parte della (OMISSIS) nel giugno 2008 ne’, nel lasso temporale intercorrente tra i reati commessi nel 2003 e la ricaduta nel 2013, vi sono elementi indiziari da cui desumere che i beni fossero frutto di attivita’ illecite pregresse o successive; non si e’ considerato che una autovettura fu acquistata nel 99 e un’altra nel 2006 e che i saldi sui conti correnti sequestrati sono di non rilevante importo ne’ si e’ tenuto conto della consulenza tecnica di parte, dalla quale risultano i flussi di reddito della (OMISSIS), compatibili con l’acquisto dell’immobile e con il pagamento delle rate del mutuo, provenienti da risarcimenti ottenuti per sinistri subiti dalla coppia e da redditi di lavoro; si e’, inoltre, trascurato che in piu’ occasioni e’ stata richiesta la sospensione del pagamento delle rate per impossibilita’ di farvi fronte nel giugno 2014 e nel marzo 2015 ne’ si e’ tenuto conto delle dichiarazioni dei genitori dei ricorrenti circa gli aiuti economici erogati, che smentiscono il ritenuto tenore di vita tutt’altro che misero della coppia. Si reputa, pertanto, mancante, apparente e generica la motivazione, tale da integrare la violazione di legge.

3. Il difensore di (OMISSIS) chiede l’annullamento del decreto per violazione di legge, stante l’assoluta carenza della motivazione, tale da renderla inesistente.

Deduce che la Corte di appello non ha tenuto conto delle censure difensive, limitando il giudizio di pericolosita’ ai precedenti penali, senza considerare la personalita’ del proposto, giovanissimo, che, sebbene condannato per ipotesi associativa e cessioni di stupefacenti di minima entita’, ha beneficiato di sospensione della pena, avendo il giudice considerato il contesto socio-ambientale in cui maturarono le condotte. Anche il secondo procedimento ha ad oggetto condotte maturate nello stesso ambiente e le intercettazioni dimostrano che il ragazzo non partecipava all’attivita’ illecita dello zio, (OMISSIS), vero gestore dei rapporti con fornitori ed acquirenti, ne’ si e’ considerato che i controlli di polizia avvenivano sempre nel quartiere di (OMISSIS) e che le indagini patrimoniali danno atto che la famiglia di origine era modestissima, di basso reddito e priva di proprieta’.

Con memoria di replica alla requisitoria del P.G., depositata l’8 giugno 2017, il difensore della (OMISSIS) rappresenta e documenta di essere munito di procura speciale, prodotta nel giudizio di primo grado e valida per tutti i gradi di giudizio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi sono inammissibili per le ragioni di seguito illustrate.

1. Premessa la legittimazione del difensore del terzo interessato (OMISSIS), munito di procura speciale, come da documentazione allegata alla memoria, sia il ricorso proposto nell’interesse della stessa che quello proposto nell’interesse del (OMISSIS) sono inammissibili perche’ proposti per motivi non consentiti, in quanto, pur censurando formalmente, la mancanza di motivazione, in sostanza si lamentano vizi di motivazione non deducibili, risolvendosi le censure nella contestazione della valutazione compiuta dai giudici di merito, ritenuta illogica e contrastante con le risultanze istruttorie.

Ribadito che in materia di prevenzione il ricorso per cassazione e’ ammesso solo per violazione di legge (Corte Cost. sent. n. 106 del 2015), cosicche’ il controllo di questa Corte non si estende all’iter giustificativo della decisione, a meno che non risulti del tutto mancante o apparente, cosi’ traducendosi in violazione di legge (Sez. 1, n. 6636 del 07/01/2016, Pandico, Rv. 266365), sono inammissibili le censure di mancanza, illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione proposte dai ricorrenti.

E’, infatti, sindacabile la sola “mancanza” del percorso giustificativo della decisione, nel senso di redazione di un testo del tutto privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicita’ (motivazione apparente) o di un testo del tutto inidoneo a far comprendere l’itinerario logico seguito dal giudice (tra le altre, Sez. 1 26.2.2009, Rv 242887): in tali casi, infatti, non e’ la congruita’ logica delle singole affermazioni probatorie ad essere valutata, quanto la mancata osservanza del generale obbligo di motivazione imposto dall’articolo 125 c.p.p., comma 3.

Precisato che il decreto impugnato va letto congiuntamente al decreto confermato, risultano congrue e giustificate sulla base degli atti le valutazioni dei giudici di merito in ordine alla pericolosita’ del (OMISSIS), il cui curriculum criminale, per il primo periodo dal 95 al 2007, contempla unicamente reati contro il patrimonio, fondatamente ritenuti produttivi di redditi illeciti, mentre, al termine di detto periodo, proprio nel 2008, si collocano l’acquisto immobiliare, intestato alla moglie, e l’inizio dell’attivita’ di auto lavaggio gestita come socio nel periodo dal 2008 al 2013 ovvero nel periodo in cui ne risulta accertato il coinvolgimento nel traffico di stupefacenti di hashish e cocaina, anche per quantitativi consistenti, per il quale e’ stato destinatario di ordinanza custodiale e ha riportato condanna.

Considerato che il requisito normativo della pericolosita’ sociale del proposto, la cui attualita’ deve essere riferita all’epoca dell’adozione della misura da parte del giudice di primo grado (Sez. 6 n. 38471 del 13/10/2010, Rv. 248797; Sez. 5 n. 1520 del 17/03/2000, Rv. 215833), potendo l’eventuale sopravvenienza di nuovi elementi di valutazione consentire all’interessato unicamente di proporre istanza di revoca o modifica, e non gia’ legittimare un diverso apprezzamento del medesimo requisito da parte del giudice dell’impugnazione nei gradi successivi del procedimento, il profilo dell’attualita’ della pericolosita’ sociale risulta adeguatamente motivato alla luce del percorso criminale del proposto, attualizzato dai fatti piu’ recenti, la cui distanza temporale rispetto al momento della decisione e’ minima e tale da non inficiare il giudizio prognostico negativo espresso dai giudici di merito, in ragione della ricaduta nel reato con rapido inserimento nel traffico illecito e recupero di rapporti.

Ritenuto che il giudizio di pericolosita’ sociale non scaturisce solo da pregressi elementi sintomatici e rivelatori di pericolosita’, ma anche da fatti recenti dotati di efficacia dimostrativa della persistenza nel tempo della pericolosita’, il giudizio prognostico di probabile reiterazione di condotte sussumibili nella categoria di pericolosita’ di cui al Decreto Legislativo 6 settembre 2011, n. 159, articolo 1, risulta sorretto da motivazione completa, logica e coerente.

2. Parimenti inammissibili risultano i motivi relativi alla misura patrimoniale poiche’, in tema di misure di prevenzione patrimoniali, l’onere di allegazione difensiva in ordine alla legittima provenienza dei beni non puo’ essere soddisfatto con la mera indicazione della esistenza della provvista sufficiente per concludere il negozio di acquisto degli stessi, dovendo, invece, il proposto indicare gli elementi fattuali dai quali il giudice possa dedurre che il bene non sia stato acquistato con i proventi di attivita’ illecita ovvero ricorrendo ad esborsi non sproporzionati rispetto alla sua capacita’ reddituale (Sez. 6, n. 31751 del 09/06/2015, Rv. 264461, Sez. 5, n. 20743 del 07/03/2014, Rv. 260402).

Nel caso in esame risulta idoneamente motivata la valutazione di incongruenza dei redditi dichiarati della coppia, assolutamente insufficienti a sostenere il pagamento della consistente rata del mutuo, contratto dalla (OMISSIS) insieme al coniuge, a provvedere al mantenimento della famiglia, alle esigenze di due figli minorenni, al mantenimento delle autovetture ed alle spese ordinarie.

Contrariamente all’assunto difensivo, la consulenza tecnica di parte risulta compiutamente esaminata nel decreto di primo grado, nel quale si sottolinea l’errore di metodo rilevato, consistente nella mancata considerazione delle spese necessarie per il nucleo familiare, per le spese voluttuarie e per l’acquisto delle quote societarie da parte del (OMISSIS) nonche’ con l’assoluta modestia dei redditi dei nuclei familiari di origine della coppia, inidonei a giustificare le dichiarate contribuzioni. I giudici di primo grado hanno inoltre, sottolineato la singolarita’ del numero di sinistri e di risarcimenti ottenuti dalla coppia nell’arco di un breve periodo, comunque, ammontanti a nemmeno 20 mila Euro, ma, soprattutto, l’anomalo ottenimento del mutuo in assenza di solidita’ finanziaria e hanno ritenuto documentati solo in minima parte i riferiti contributi dei parenti. Smentiscono la prospettazione difensiva circa le difficolta’ della coppia ed il modesto tenore di vita l’ammissione di segno contrario dello stesso (OMISSIS) nelle intercettazioni con il nipote circa la redditivita’ del traffico illecito di stupefacenti e l’entita’ degli investimenti e dei risparmi accumulati nel tempo.

Deve, pertanto, ritenersi che i giudici di merito hanno correttamente ritenuto sussistente il requisito della sproporzione reddituale, dando conto in modo esaustivo e puntuale dell’iter logico seguito per accertare la sperequazione.

3. Anche il ricorso proposto nell’interesse dello (OMISSIS) e’ inammissibile, in quanto le censure si risolvono nella contestazione della decisione e nella prospettazione di una lettura alternativa dei dati processuali, a fronte di una motivazione adeguata e completa, che ha giustificato il giudizio di pericolosita’ e la prognosi di reiterazione in ragione della continuita’ dell’attivita’ illecita svolta dal ricorrente e della solidita’ dei rapporti, indicativi del radicato e stabile inserimento nell’ambiente del narcotraffico sino ad epoca recente.

All’inammissibilita’ dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente determinata in Euro 1.500,00 ciascuno.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro millecinquecento in favore della Cassa delle Ammende.

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