Cassazione 3

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI

ordinanza 21 ottobre 2014, n. 22318

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente
Dott. D’ASCOLA Pasquale – rel. Consigliere

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11627/2013 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avv. (OMISSIS), giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS) in persona del Ministro pro tempore e UFFICIO TERRITORIALE DEL GOVERNO – PREFETTURA DI CHIETI in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende, ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 290/2012 del TRIBUNALE di L’AQUILA del 4.4.2012, depositata il 02/05/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25/06/2014 dal Consigliere Relatore Dott. PASQUALE D’ASCOLA.

FATTO E DIRITTO
1) Alle parti e’ stata comunicata, ai sensi dell’articolo 380 bis c.p.c. relazione preliminare che, formalmente emendata, di seguito sostanzialmente si riproduce.
1.1) Con ricorso in opposizione depositato in data 20.3.2009, (OMISSIS) censurava la legittimita’ dei verbali n. (OMISSIS) e n. (OMISSIS), emessi dal Nucleo operativo e radiomobile dei Carabinieri di Chieti, con i quali le veniva contestata la violazione dell’articolo 116 C.d.S., comma 13 bis, articolo 193 C.d.S., commi 1 e 2, e articolo 97 C.d.S., commi 8 e 14.
La ricorrente rispondeva quale obbligata in solido, in qualita’ di proprietaria di un ciclomotore Piaggio SP 50, per gli illeciti commessi da (OMISSIS): quest’ultimo, a cui era stato consegnato il motorino da parte del figlio della ricorrente, era stato fermato alla guida del ciclomotore della (OMISSIS), sprovvisto del certificato di idoneita’ tecnica, della copertura assicurativa e della targa identificativa del mezzo.
L’Ufficio Territoriale del Governo di Chieti si costituiva in giudizio, insistendo per il rigetto del ricorso.
Il giudice di pace di Francavilla, con sentenza pubblicata il 25.2.2010, rigettava il ricorso, a causa della mancata prova, da parte dell’opponente, della circolazione del veicolo contro la sua volonta’.
Mediante atto di citazione notificato all’UTG di Chieti e al Ministero dell’Interno, (OMISSIS) proponeva appello.
Il Ministero dell’Interno e l’UTG di Chieti si costituivano in giudizio, domandando la conferma della sentenza impugnata.
Il tribunale dell’Aquila, con sentenza del 4.4.2012, riteneva infondato il gravame, avallando le argomentazioni utilizzate dal giudice di primo grado.
(OMISSIS) ha proposto ricorso per cassazione, notificato al Ministero dell’Interno e all’UTG di Chieti in data 18/19.4.2013, e articolato su due motivi.
Il Ministero dell’Interno e l’UTG di Chieti, rappresentati dall’Avvocatura Generale dello Stato, hanno resistito con controricorso.
2) Con il primo motivo di ricorso, (OMISSIS) lamenta la violazione dell’articolo 196 C.d.S., e Legge n. 689 del 1981, articolo 6, in quanto sia il giudice di pace che il tribunale sarebbero incorsi in un’evidente petizione di principio nel far derivare la mancata prova sulla circolazione del ciclomotore contro la volonta’ del proprietario dal fatto stesso dell’avvenuto utilizzo del mezzo.
Con il secondo motivo, la ricorrente denuncia un vizio di motivazione, poiche’ il tribunale dell’Aquila non avrebbe ritenuto provata dall’odierna ricorrente la circostanza della circolazione contro la sua volonta’, sebbene gli elementi di fatto introdotti in giudizio deponessero nel senso opposto.
2.1) Preliminarmente, va rilevato che, nonostante il verbale impugnato dalla ricorrente sia stato formato dai carabinieri, la legittimazione passiva a stare in giudizio non spetta necessariamente al Ministero della Difesa, cui risponde il corpo dei carabinieri, ma al Ministero dell’Interno: a tal proposito, l’articolo 11 C.d.S., dispone che ai servizi di polizia stradale, tra cui rientra “la prevenzione e l’accertamento delle violazioni in materia di circolazione stradale” (comma 1, lettera a), provvede il Ministero dell’Interno (cfr. Cass. 17189/2007).
2.2) Nel merito, i due motivi possono essere trattati congiuntamente.
Entrambi paiono prospettare, nonostante il nomen iuris utilizzato dalla ricorrente per il primo, un vizio di omessa o insufficiente motivazione.
L’articolo 196 C.d.S., sulla scorta del principio generale affermato dalla Legge n. 689 del 1981, articolo 6, estende al proprietario del veicolo l’obbligo al pagamento delle sanzioni pecuniarie per gli illeciti commessi da altri soggetti tramite quel mezzo: un’obbligazione a titolo solidale con l’effettivo autore della violazione.
Lo stesso articolo 196 consente al proprietario del veicolo di esonerarsi da questa presunzione di responsabilita’ allorche’ riesca a fornire la prova che la circolazione del mezzo e’ avvenuta contro la sua volonta’.
Tale costruzione della fattispecie e’ mutuata letteralmente dall’articolo 2054 c.c., comma, n. 3, il quale disciplina l’ipotesi del danno aquiliano cagionato dalla circolazione di veicoli.
In tale ambito, la giurisprudenza di questa Corte, con considerazioni estensibili anche agli illeciti previsti dal CdS, ha chiarito la portata della clausola di esonero da responsabilita’: “Il proprietario del veicolo, il quale intenda sottrarsi alla presunzione di responsabilita’ prevista dal terzo comma dell’articolo 2054 c.c., non puo’ limitarsi a provare che la circolazione sia avvenuta senza il suo consenso (invito domino), ma deve dimostrare che la stessa abbia avuto luogo “contro la sua volonta’” (prohibente domino), il che postula che la volonta’ contraria si sia manifestata in un concreto e idoneo comportamento ostativo specificamente rivolto a vietare la circolazione ed estrinsecatosi in atti e fatti rilevatori della diligenza e delle cautele allo scopo adottate (Cass. 15521/2006; Cass. 15478/2011).
Inoltre, “la valutazione della diligenza del proprietario e della sufficienza dei mezzi adottati per impedire la circolazione del veicolo deve essere compiuta secondo un criterio di normalita’ ed in relazione al caso concreto e che il relativo accertamento e’ rimesso al giudice di merito, il cui giudizio, se adeguatamente motivato, e’ incensurabile in sede di legittimita’” (Cass. 15521/2006).
Nel caso in esame, sia il giudice di pace che il tribunale hanno logicamente inferito da alcuni elementi di fatto la mancata adozione di quei comportamenti necessari a inibire la circolazione del ciclomotore:
a) il figlio della ricorrente, (OMISSIS), aveva prelevato il veicolo, per farlo visionare a (OMISSIS), senza alcuna difficolta’;
b) il ciclomotore era privo di assicurazione obbligatoria e del certificato di circolazione, perche’ smarrito, come da denuncia mostrata agli agenti: di conseguenza, la ricorrente avrebbe dovuto vigilare in maniera ancor piu’ pregnante, per evitare che il figlio utilizzasse un mezzo che non poteva circolare.
2.3) Inoltre, correttamente i giudici di merito hanno negato valenza probatoria tanto alla circostanza che il ciclomotore si trovasse in locale adiacente all’abitazione della ricorrente, quanto al fatto che (OMISSIS), potenziale acquirente del mezzo, fosse a conoscenza dell’assenza di targa e copertura assicurativa: infatti, entrambi questi dati non postulano l’esistenza di quelle cautele adeguate, impiegate per evitare la circolazione del motorino, che sarebbero state necessarie, quali l’occultamento delle chiavi o tutte le altre misure idonee a dimostrare la precisa volonta’ di non consentire l’utilizzo del mezzo.
Alla luce di queste considerazioni, l’iter logico seguito dal tribunale, esternato in motivazione, non e’ inficiato da vizi logici.
3) Il Collegio condivide queste considerazioni, rimaste prive di controdeduzioni, sebbene la relazione preliminare sia stata ritualmente notificata.
3.1) Discende da quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna alla refusione delle spese di lite, unitariamente liquidate in dispositivo, in relazione al valore della controversia, secondo il Decreto Ministeriale n. 55 del 2014, in favore delle amministrazioni congiuntamente costituitesi.
Va dato atto della sussistenza delle condizioni per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna parte ricorrente alla refusione alle amministrazioni costituite delle spese di lite liquidate in euro 500 per compenso, oltre accessori di legge e rimborso delle spese prenotate a debito.
Al sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla Legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’articolo 1 bis, dello stesso articolo 13.

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