Corte di Cassazione, sezione VI civile, ordinanza 26 luglio 2016, n. 15395

Il danno biologico-terminale, che è sempre presente a prescindere dallo stato di coscienza del leso, va liquidato negli importi previsti dalle tabelle relative alla invalidità temporanea assoluta, salvo il risarcimento, da apprezzarsi con criterio equitativo puro, nel caso in cui alla gravità delle lesioni si accompagni la sofferenza psichica (danno catastrofico) determinata dalla coscienza della gravità delle infermità e dalla consapevolezza della propria fine imminenti

Suprema Corte di Cassazione

sezione VI civile

ordinanza 26 luglio 2016, n. 15395

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ARMANO Uliana – Presidente
Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere
Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesca M. – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 10544-2015 proposto da:
(OMISSIS), in proprio e quale procuratrice speciale di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), in proprio nonche’ quale procuratore speciale di (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS), tutti nella loro qualita’ di eredi di (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentati e difesi dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta mandato a margine del ricorso;
– ricorrenti –
contro
(OMISSIS) SPA, in persona del procuratore speciale legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA;
– intimata –
avverso la sentenza n. 4264/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO del 25/11/2014, depositata il 27/11/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 09/06/2016 dal Consigliere Relatore Dott. SESTINI DANILO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) difensore dei ricorrenti che si riporta agli scritti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

E’ stata depositata la seguente relazione ex articolo 380 bis c.p.c..
“1. La Corte di Appello di Milano ha rigettato il gravame principale proposto dagli eredi di (OMISSIS) (deceduto all’eta’ di sedici anni a seguito delle lesioni riportate in un sinistro stradale e dopo 18 giorni dalla data dell’incidente), negando il risarcimento del danno non patrimoniale richiesto iure hereditatis.
La Corte ha rilevato che la domanda era stata “sinteticamente formulata” nell’atto di citazione introduttivo del giudizio ed era stata “precisata e definita soltanto in sede di comparsa conclusionale di primo grado”, con la conseguenza della “assoluta genericita’ in fatto… della domanda iniziale” e della “tardivita’ della sua precisazione… che non ha consentito di acquisire, anche per la mancanza di istanze istruttorie, un qualsiasi utile accertamento di carattere medico-legale sullo stato soggettivo della vittima nei giorni successivi l’incidente”.
2. Con l’unico motivo, i ricorrenti deducono la violazione degli articoli 112 e 132 c.p.c., nonche’ degli articoli 2043 e 2059 c.c., articolo 32 Cost..
Assumono che la domanda originaria era tutt’altro che generica, in quanto gli attori avevano chiesto la liquidazione del danno non patrimoniale (unitariamente inteso, in ossequio agli interventi nomofilattici compiuti dalla Suprema Corte nell’anno 2008) subito dal giovane (OMISSIS) nei 18 giorni di permanenza in vita; aggiungono che la Corte avrebbe dovuto tener conto sia della componente propriamente biologica del danno terminale, sia della componente “morale” conseguente alla sofferenza patita da chi abbia assistito “alla perdita della propria vita”.
3. Il ricorso e’ fondato nei termini che seguono.
La Corte di merito, senza affrontare la questione proposta dal primo motivo dell’appello principale (che aveva censurato il primo giudice laddove aveva negato la liquidazione del danno biologico iure hereditatis affermando che il riconoscimento del danno biologico presuppone la permanenza in vita del soggetto leso), ha rilevato – a monte – che la domanda di risarcimento era stata formulata in modo generico (per essere poi specificata tardivamente) e che cio’ aveva comportato l’impossibilita’ di acquisire elementi istruttori in ordine allo stato soggettivo del giovane durante il periodo di permanenza in vita.
Quanto al primo profilo, deve ritenersi che la domanda, benche’ formulata sinteticamente (ma nel contesto di un atto di citazione che dava conto dell’intervallo intercorso fra l’incidente e il decesso), fosse tale da ricomprendere senz’altro il danno terminale, costituente – pacificamente – un pregiudizio non patrimoniale trasmissibile iure hereditatis.
Cio’ e’ tanto vero che (per quanto emerge dagli atti trascritti in ricorso e dalla stessa sentenza impugnata) la convenuta si e’ difesa al riguardo, chiedendo il rigetto della “domanda ex adverso in punto di danno non patrimoniale terminale (biologico e danno morale) vantato iure hereditatis dagli attori”.
Quanto al profilo attinente alla prova del danno, la Corte ha errato laddove ha ritenuto esaustivo il dato della mancanza di elementi utili ad accertare lo stato soggettivo della vittima, cosi’ mostrando di non considerare che lo stato di invalidita’ che precede il decesso e’ sufficiente – ove perduri quodam tempore – a far sorgere il diritto al risarcimento del danno (biologico da inabilita’ temporanea), a prescindere dal fatto che il soggetto leso abbia avuto coscienza della gravita’ delle lesioni e della ineluttabilita’ del loro esito (danno catastrofico).
E’ noto – infatti – che, nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni e la morte da esse determinata, “e’ configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrita’ fisica patita dal danneggiato sino al decesso”, che e’ trasmissibile iure hereditatis e che va commisurato “soltanto alla inabilita’ temporanea, adeguando tuttavia la liquidazione alle circostanze del caso concreto, ossia al fatto che, se pur temporaneo, tale danno e’ massimo nella sua intensita’ ed entita’, tanto che la lesione alla salute non e’ suscettibile di recupero ed esita, anzi, nella morte” (Cass. 15491/2014); tale danno biologico-terminale, che e’ sempre presente a prescindere dallo stato di coscienza del leso, va liquidato – quanto meno – negli importi previsti dalle tabelle relative alla invalidita’ temporanea assoluta, salvo il riconoscimento di un maggior risarcimento (da apprezzarsi con criterio equitativo puro) nel caso in cui alla gravita’ delle lesioni si accompagni la sofferenza psichica (danno catastrofico) determinata dalla coscienza della gravita’ delle infermita’ e dalla consapevolezza della propria fine imminente (cfr. Cass. n. 23183/2014).
4. Si propone pertanto la cassazione della sentenza, con rinvio alla Corte di merito”.
All’esito della discussione in camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione.
Il ricorso va pertanto accolto nei termini di cui sopra, con cassazione della sentenza e rinvio alla Corte di merito, che si atterra’ ai principi di diritto richiamati e provvedera’ anche sulle spese di lite.

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