fallimento-impresa

Suprema Corte di Cassazione

sezione V

sentenza 23 luglio 2014, n. 32725

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SAVANI Piero – Presidente
Dott. FUMO Maurizio – Consigliere
Dott. PEZZULLO Rosa – Consigliere
Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere
Dott. CAPUTO Angelo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 784/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del 03/05/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 28/02/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO;
Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Mario Fraticelli, ha concluso chiedendo l’inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di (OMISSIS) propone ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Milano in data 17 maggio 2013, che ha confermato la decisione del 14 marzo 2012 del Tribunale di Milano, dichiarando (OMISSIS) colpevole del reato di cui all’articolo 223, in relazione alla L.F., articolo 216, comma 3, con condanna alla pena di mesi otto di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.
2. (OMISSIS) era imputato di bancarotta preferenziale perche’, quale liquidatore de ” (OMISSIS) Srl”, societa’ fallita in (OMISSIS), allo scopo di favorire, a danno dei creditori, taluni di essi, eseguiva pagamenti preferenziali per euro 211.031,79.
3. Il Tribunale, sulla base delle prove assunte, aveva condannato l’imputato, concesse le attenuanti generiche, alla pena indicata, oltre a quelle accessorie, con il beneficio della sospensione condizionale, nonche’ al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile, liquidato in euro 211.000, assegnando alla stessa, a titolo di provvisionale, la somma di euro 36.000, liquidando, altresi’, le spese di costituzione e difesa in favore della medesima parte civile.
4. La societa’ svolgeva attivita’ di commercio di prodotti alimentari e di conduzione di esercizi pubblici, bar e ristoranti ed era stata gestita, di fatto, dall’imputato, (OMISSIS), sin dall’inizio e, anche formalmente, dal 25 giugno 2003. A causa di difficolta’ economiche sorte alla fine dell’anno 2002 si era reso necessario mettere in liquidazione la societa’ nominando, con delibera del 1 ottobre 2003, quale liquidatore il rag. (OMISSIS), il quale aveva ceduto l’attivita’ in favore della societa’ Spazio Gusto, per l’importo di euro 775.000. Con tali somme il liquidatore aveva provveduto al pagamento di alcuni creditori e, con delibera dell’8 gennaio 2004 era stato sostituito dall’imputato, (OMISSIS), il quale aveva continuato a effettuare numerosi pagamenti in favore di alcuni creditori per una cifra superiore ad euro 200.000, senza rispettare l’ordine di soddisfacimento dei creditori (privilegiati, Erario ed enti previdenziali). (OMISSIS) aveva pagato, tra gli altri, un proprio compenso maturato nei confronti della societa’, per l’importo di euro 36.000, riconosciuto in sede di delibera assembleare in data 8 gennaio 2004.
5. Avverso la decisione del Tribunale ha proposto appello (OMISSIS) contestando l’affermazione di colpevolezza e facendo presente che i pagamenti erano iniziati prima di assumere la carica di liquidatore, segnalando che l’intenzione dell’imputato era quella di risanare la societa’, come emergeva dal fatto di avere messo a disposizione beni personali e dalla mancanza di prova della conoscenza dello stato di insolvenza della societa’. Ha poi censurato il trattamento sanzionatorio.
6. La Corte d’Appello ha ritenuto infondati i rilievi.
7. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione la difesa di (OMISSIS) lamentando violazione e falsa applicazione dell’articolo 223, in relazione alla L.F., articolo 216, comma 3, deducendo la mancanza di prova dei pagamenti e della volonta’ di arrecare pregiudizio ai creditori.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La data di commissione del reato di bancarotta preferenziale contestato e’ quella della dichiarazione di fallimento del (OMISSIS) e, quindi, il termine prescrizionale di sette anni e sei mesi e’ maturato alla data del 12 luglio 2013, ovvero successivamente alla pronuncia della sentenza di secondo grado, emessa il 17 maggio 2013. Orbene i motivi d’impugnazione, per quel che si dira’, non sono inammissibili e, quindi, del maturarsi del termine prescrizionale si deve tenere conto anche in sede di legittimita’.
2. Non ricorrono i presupposti per una pronuncia assolutoria ex articolo 129 c.p.p., comma 2, perche’, tenuto conto di quanto emerge a carico del (OMISSIS) dalla motivazione delle due sentenze, non risulta in alcun modo evidente l’estraneita’ del ricorrente ai fatti contestati. Cosicche’ e’ necessario prendere atto della intervenuta causa estintiva e annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere estinto il reato per intervenuta prescrizione.
3. I motivi di ricorso debbono essere pero’ valutati ai fini delle statuizioni civili ai sensi dell’articolo 578 c.p.p., e meritano considerazione perche’ pongono l’accento, anche se con alcune concessioni al merito della vicenda (in particolare, per cio’ che attiene la dedotta insussistenza dell’erogazione delle somme deliberate in assemblea), certamente inammissibili in sede di legittimita’, su inadempienze motivazionali della sentenza impugnata. Appare opportuno ricordare che la Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5 giugno 1992-15 febbraio 1993, n. 1340, CED 193033; S.U. 21 ottobre 1992-22 febbraio 1993, n. 1653, Marino, CED 192465; Cass., Sez. 6, 7-31 marzo 2003, n. 15125, CED 225635) ha stabilito che in presenza di una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perche’ l’inevitabile rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento e’ incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato, stabilito dall’articolo 129 c.p.p., comma 1. Naturalmente il principio vale per gli effetti penali della sentenza, ma non per quelli civili, cosicche’ qualora, in sede di legittimita’, si riscontri, unitamente alla sopravvenuta prescrizione del reato, anche un vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilita’ dell’imputata, condannata dal giudice di merito anche al risarcimento del danno in favore della parte civile, la Corte di Cassazione, oltre ad annullare senza rinvio la sentenza impugnata, ai fini penali, in conseguenza della causa estintiva, deve annullarla, quanto alle statuizioni civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, ai sensi dell’articolo 622 c.p.p. (Cass., Sez. 5, 5 febbraio – 6 marzo 2007, n. 9399, RV 235843; Sez. 5, n. 594 del 16/11/2011 – dep. 12/01/2012, Perrone, Rv. 252665).
4. Tanto premesso, va detto che, con l’unico motivo di ricorso, la difesa lamenta violazione di legge e falsa applicazione dell’articolo 223, in relazione alla L.F., articolo 216, comma 3, deducendo l’insussistenza di prove idonee a dimostrare che l’imputato abbia effettuato pagamenti per la soddisfazione di un credito personale o con l’intento di preferire un creditore rispetto ad un altro. Contesta, altresi’, che vi sia stato un effettivo pagamento dell’importo di euro 36.000, deliberato in assemblea, ma non effettivamente conseguito dall’imputato. Deduce la mancanza di prova della volonta’ dell’imputato di arrecare pregiudizio ad alcuni creditori, evidenziando che, nel momento in cui aveva assunto la carica di liquidatore, le somme sociali si erano notevolmente ridotte, per cui i pagamenti e la disponibilita’ a rilasciare fideiussioni personali presso le banche dimostrerebbero, in maniera chiara, che (OMISSIS) era convinto di poter ripianare la situazione debitoria, con cio’ escludendo la sussistenza del dolo.
5. Le censure sono infondate. La Corte d’Appello, con motivazione immune da vizi logici e giuridici fondata sulle risultanze documentali, ha rilevato che (OMISSIS) era stato protagonista, sin dall’inizio, della vita sociale e, quindi, era a conoscenza delle condizioni di difficolta’ economica della S.r.l. e ha ritenuto sussistente l’intenzione di favorire alcuni creditori in danno di altri violando le priorita’ stabilite dalla legge.
6. Va ribadito che, nell’ipotesi ricorrente nel caso di specie del liquidatore della societa’ fallita che si ripaghi di quanto dovutogli a titolo di compenso per l’attivita’ svolta, questi risponde, quanto meno a titolo di bancarotta preferenziale, in quanto liquidatore adempie, comunque, benche’ a suo vantaggio, ad un debito effettivo, non ricorrendo norme che consentono di distinguere il reato in ragione della natura del creditore (Cass. 12 dicembre 2007 n. 46301, Cass. 7 giugno 2010 n. 21570, Cass. 15 luglio 2011 n. 28077, mentre per la piu’ grave ipotesi di bancarotta per distrazione Cass. 30 aprile 2008 n. 17616, Cass. 9 dicembre 2009 n. 46959, Cass. 26 giugno 2012 N. 25292).
7. Quanto alla sussistenza del dolo, ha evidenziato che non vi poteva essere alcuna affidabile certezza soggettiva sulla capacita’ di ripresa della compagine sociale che si trovava in un difficile momento economico. La condotta di (OMISSIS) aveva oggettivamente privilegiato le situazioni di maggiore esposizione, rivelando un interesse personale per chiudere un’esposizione debitoria, rispetto ad un’altra, cosi’, ad esempio, effettuando pagamenti garantiti da una propria fideiussione personale e riscuotendo il proprio compenso, nonostante le gravi condizioni delle casse sociali. Come evidenziato dal curatore, (OMISSIS) ha eseguito pagamenti senza alcun rispetto delle forme, ne’ dei privilegi, eseguendo versamenti nonostante un’esposizione debitoria di euro 400.000, per debiti previdenziali gia’ maturati alla data di nomina dell’imputato quale liquidatore, mentre gia’ dall’anno 2001 era evidente che la societa’ non era in grado di far fronte ai propri debiti.
8. Come e’ noto la bancarotta preferenziale e’ un reato a dolo specifico, richiedendo che l’imputato agisca al fine di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi. Il pregiudizio degli altri creditori, pero’, non e’ collegato alla finalita’ dell’agire, per cui non costituisce oggetto del dolo specifico tale risultato, essendo sufficiente che il fallito si rappresenti la possibilita’ di ledere i creditori non favoriti, secondo i principi del dolo eventuale. In tal senso l’elemento soggettivo e’ ravvisabile ogni qual volta l’atteggiamento psicologico del soggetto agente sia rivolto a favorire un creditore secondo lo schema tipico del dolo eventuale (Cass. 4 agosto 2009 n. 31894).
9. Con specifico riferimento alla tesi della difesa, secondo cui (OMISSIS), al momento dei pagamenti indebiti, era convinto di essere in grado di ripianare la situazione, va osservato che l’insussistenza del reato deve essere collegata alla piu’ rigorosa ipotesi della finalizzazione, in via esclusiva o prevalente, dell’azione dell’imprenditore o del liquidatore alla salvaguardia della attivita’ sociale o imprenditoriale, mentre nelle ipotesi in cui tale finalizzazione si sommi a quella di avvantaggiare taluni creditori, in concreto soddisfatti, la condotta deve ritenersi compatibile con la fattispecie della bancarotta preferenziale. In particolare, poiche’ la norma richiede il dolo specifico e non anche il dolo esclusivo, il primo deve ritenersi sussistente anche nel caso in cui la finalita’ perseguita sia composita. Diversamente opinando la fattispecie della bancarotta preferenziale risulterebbe difficilmente configurabile in concreto in tutte le ipotesi in cui l’apparente scopo di evitare il fallimento, nasconda invece l’ulteriore finalita’ concorrente, anche se non prevalente, di favorire taluni creditori beneficiati, in danno di altri.
10. Conseguentemente, dovra’ ritenersi sussistente il reato di bancarotta preferenziale allorche’ l’imputato abbia agito pur ritenendo, comunque, di non essere in grado di evitare il dissesto o, comunque, in situazione tale da escludere fondatamente che tale risultato possa raggiungersi, attribuendo rilevanza soltanto all’ipotesi in cui il risultato di evitare il fallimento e di realizzare il riequilibrio finanziario e patrimoniale possa ritenersi piu’ che ragionevolmente perseguibile (Sez. 5, del 05/03/2014 n. 31168, dep. 16/04/2014; Sez. 5, del 20/05/2009 – dep. 28/07/2009, Scala, Rv. 244490, ma gia’ Cass. 3 gennaio 1985 n. 23 che non escludeva il delitto di bancarotta preferenziale nell’ipotesi di speranza, specie se infondata, di realizzare un accordo tra i creditori e di evitare il fallimento).
11. Nel caso di specie non ricorrono e non solo allegati dalla difesa elementi che consentano di ritenere, come ragionevolmente perseguibile, l’obiettivo di evitare il fallimento, mentre le risultanze processuali, come evidenziato dalla Corte territoriale, con motivazione immune da vizi logici e giuridici, consentono di affermare che, al tempo della commissione delle condotte, (OMISSIS) non era in alcun modo in grado di evitare il dissesto o di raggiungere un risultato favorevole, sulla base di un criterio di verosimiglianza e ragionevolezza.
12.Inoltre, come evidenziato dal Procuratore Generale in udienza, nel tentativo di prospettare elementi tesi a dimostrare la sussistenza di una volonta’ di recuperare l’attivita’ societaria, la difesa dell’imputato richiede alla Corte la rivalutazione di una serie di elementi di fatto che in questa sede non e’ consentita e che, in ogni caso, non sono in contrasto con la prevalente finalita’ di favorire taluni creditori beneficiati rispetto agli altri.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, per essere il reato estinto per prescrizione e rigetta il ricorso agli effetti civili.

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