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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 30 luglio 2014, n. 33787

 
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SIOTTO Maria Cristina – Presidente
Dott. NOVIK Adet Toni – Consigliere
Dott. TARDIO Angela – Consigliere
Dott. CASA Filippo – Consigliere
Dott. ROCCHI Giacomo – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 428/2011 TRIBUNALE di BARI, del 27/06/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/07/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO ROCCHI;
udito il P.G. in persona del Dott. D’AMBROSIO Vito che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito il difensore (OMISSIS).

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27/6/2013, il Tribunale di Bari dichiarava (OMISSIS) colpevole della contravvenzione di cui all’articolo 660 cod. pen., cosi’ diversamente qualificando il fatto contestato come atti persecutori ex articolo 612 bis cod. pen. e, con la diminuente del rito, lo condannava alla pena di euro 300,00 di ammenda, nonche’ al risarcimento dei danni in favore della parte civile (OMISSIS) a favore della quale veniva riconosciuta una provvisionale di euro 1.000.
(OMISSIS) e’ imputato di reiterate condotte di minacce e molestie nei confronti della (OMISSIS); a partire dal 24/12/2009, egli aveva cominciato ad effettuare molteplici telefonate all’utenza dove ella esercitava la Guardia Medica di Bari e all’utenza cellulare alla stessa in uso; in alcune di esse aveva formulato minacce implicite, mentre altre telefonate erano mute; ancora, in altre occasioni egli si era limitato a far squillare insistentemente il telefono. La condotta era proseguita anche quando il medico aveva accettato di esercitare la Guardia Medica in altro luogo: il telefono fisso di quel centro era stato tempestato di innumerevoli telefonate da parte dell’utenza cellulare dell’imputato, una quarantina nel solo giorno del 25/4/2010.
L’imputato aveva ammesso di avere telefonato alla d.ssa (OMISSIS) il 24 e il 25/12/2009 nonche’ dal 23 al 25/4/2010; il Giudice osservava che le sue condizioni non ottimali di salute erano un mero pretesto per continuare a parlare di numerosi argomenti con il medico, che non interrompeva le telefonate per paura che egli la denunciasse per omissione di soccorso cosi’ come aveva gia’ fatto con altra collega. Il numero delle telefonate dimostrava la petulanza, vale a dire l’interferenza nell’altrui sfera di liberta’, nonche’ la sussistenza dell’elemento soggettivo.
Il Giudice riteneva la richiesta di oblazione, proposta dal difensore all’esito della discussione, tardiva in relazione all’articolo 162 bis c.p., comma 5.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), deducendo distinti motivi.
In un primo motivo il ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla mancata ammissione dell’imputato all’oblazione.
Questa Corte, su fattispecie identica, aveva gia’ ritenuto che l’imputato possa avanzare richiesta di oblazione nelle conclusioni nel caso di riqualificazione del fatto ad opera del Giudice; nel caso il Giudice ritenga di addivenire ad una riqualificazione del fatto, deve rimettere in termini l’imputato.
In un secondo motivo, il ricorrente deduce vizio di motivazione. Con riferimento alle telefonate del dicembre 2009, il Giudice non aveva tenuto conto che la (OMISSIS), nel corso del suo esame, non aveva mai dichiarato di essere stata infastidita o intimorita dalle conversazioni con (OMISSIS); tale timore non era stato mai manifestato all’imputato, ne’ la (OMISSIS) gli aveva chiesto di interrompere le conversazioni. Le telefonate erano state, del resto, solo due, cosicche’ non e’ configurabile la petulanza richiesta dalla norma incriminatrice.
Con riferimento alle telefonate dell’aprile 2010, il ricorrente sostiene che il Giudice non avrebbe spiegato da quali elementi abbia tratto la convinzione del numero di quaranta telefonate: in realta’ nessuna conversazione con la (OMISSIS) vi era stata e le chiamate avvenivano al centralino della Guardia Medica. (OMISSIS), comunque, non voleva affatto recare molestia o disturbo al medico ma solo – come ammesso nella stessa sentenza – chiederle conto della denuncia presentata nel dicembre 2009.
In un terzo motivo il ricorrente deduce mancanza di motivazione con riferimento alla mancata concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Il ricorrente conclude per l’annullamento della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso e’ fondato ed assorbente.
Questa Corte ha gia’ affermato che, nel caso in cui l’imputato, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, abbia presentato istanza di oblazione subordinata ad una diversa e piu’ favorevole qualificazione giuridica del fatto, dalla quale discenda la possibilita’ di essere ammesso all’oblazione stessa, il giudice, se effettivamente procede a tale modifica, deve attivare il meccanismo di cui all’articolo 141 disp. att. c.p.p., comma 4 bis, anche all’esito dell’istruttoria dibattimentale; nel caso in cui ometta di pronunciarsi sull’istanza o si pronunci applicando erroneamente la legge penale, tale omissione o errore potra’ essere fatta rilevare in appello, attraverso il meccanismo di cui all’articolo 604 c.p.p., comma 7, ovvero, in caso di sentenza inappellabile, con ricorso per cassazione ai sensi dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c), (Sez. U, n. 7645 del 28/02/2006 – dep. 02/03/2006, Autolitano ed altro, Rv. 233029).
In un caso identico a quello oggetto della presente sentenza, si e’ ribadito che, nel caso in cui il giudice, al momento della deliberazione finale, abbia derubricato un reato non oblabile in altro oblabile, l’imputato ha il diritto di chiedere l’oblazione soltanto se, entro il momento della formulazione delle conclusioni, abbia proposto la relativa istanza per l’ipotesi di derubricazione dell’originaria imputazione (Sez. 2, n. 40037 del 14/10/2011 – dep. 07/11/2011, Mosole, Rv. 251545).
Erroneamente il Tribunale di Bari ha ritenuto tardiva la richiesta di oblazione in quanto avanzata con le conclusioni e non “prima dell’inizio della discussione”, applicando l’articolo 162 bis c.p., comma 5: tale richiamo tralascia il fatto che la norma regola la diversa ipotesi di “riproposizione” di una domanda di oblazione gia’ presentata nei termini previsti dal primo comma e respinta; inoltre elude la norma sopravvenuta – il piu’ volte menzionato articolo 141 disp. att. c.p.p., comma 4 bis – che fissa un nuovo termine, diverso da quelli indicati dall’articolo 162 bis cod. pen., per il caso particolare di modifica dell’originaria imputazione.
Il Giudice osserva ancora che, poiche’ il giudice puo’ pronunciarsi sulla domanda di oblazione cd. discrezionale solo all’esito del contraddittorio delle parti, non puo’ essere ritenuta tempestiva la domanda di oblazione avanzata al termine della discussione perche’ tale contraddittorio sarebbe impossibile.
Questo inconveniente – che, peraltro, in alcun modo e’ attribuibile all’imputato e alla sua difesa, che non sono responsabili della formulazione originaria dell’imputazione e della diversa qualificazione giuridica data al fatto dal Giudice – puo’ essere superato mediante l’utilizzo dello strumento fornito dall’articolo 525 c.p.p., comma 3, di sospensione della deliberazione in caso di assoluta impossibilita’.
Questa Corte ha gia’ interpretato in senso ampio la norma, osservando che l’articolo 525 c.p.p., comma 1, non puo’ essere interpretato nel senso che il giudice, una volta entrato in camera di consiglio, debba necessariamente uscirne con la sentenza gia’ deliberata. Infatti, il comma terzo dello stesso articolo dispone che la deliberazione puo’ essere sospesa nel caso previsto dall’articolo 528 c.p.p. o in caso di assoluta impossibilita’ e, comunque, le citate disposizioni non escludono che il giudice possa adottare una deliberazione diversa dalla sentenza che definisce il giudizio, pronunciando un’ordinanza con la quale disponga una ulteriore attivita’ dibattimentale, quale l’assunzione di nuove prove di confronti fra testi gia’ sentiti, l’espletamento di una perizia, la rinnovazione di una citazione che sia risultata nulla ecc. (Sez. 1, n. 2548 del 14/01/1993 – dep. 17/03/1993, Pereira, Rv. 194074); si e’ anche recentemente affermato che la sospensione della deliberazione della sentenza per assoluta impossibilita’, prevista dall’articolo 525 c.p.p., comma 3, non esclude l’ipotesi che il giudice dopo la chiusura del dibattimento adotti un provvedimento non definitorio, disponendo con ordinanza l’assunzione di nuove prove per l’insufficienza di quelle esistenti in atti (Sez. 3, n. 7886 del 10/01/2012 – dep. 29/02/2012, Marcoccio, Rv. 252749).
Peraltro, la norma non si riferisce esclusivamente ad esigenze di carattere probatorio: il concetto di “assoluta impossibilita’” e’ tale da comprendere una serie di ipotesi che possono presentarsi e che il legislatore non vuole (perche’ non puo’) prevedere, affidando al giudice che si e’ ritirato in camera di consiglio uno strumento da usare si’, con prudenza (l’impossibilita’ deve essere “assoluta”), ma con duttilita’.
Il caso in questione si attaglia perfettamente all’ipotesi prevista dall’articolo 525 c.p.p., comma 3: la diversa qualificazione giuridica del fatto da parte del giudice fa sorgere la necessita’ di realizzare il contraddittorio sulla domanda di ammissione all’oblazione formulata in sede di conclusioni, cosi’ da permettere all’imputato di esercitare il suo diritto; la emissione di ordinanza da parte del giudice ritiratosi in camera di consiglio e avvedutosi della esattezza di una diversa qualificazione giuridica del fatto rispetto a quella cristallizzata nell’imputazione soddisfa tutte le esigenze e permette l’attuazione della procedura prevista dall’articolo 141 disp. att. c.p.p., comma 4 bis; evita, inoltre, l’emissione di una sentenza di condanna la cui esecuzione e’ subordinata al perfezionamento di una successiva procedura di oblazione.
In definitiva, la mancanza di impugnazione da parte del P.M. rende definitiva la diversa qualificazione giuridica del fatto attribuita dal Tribunale di Bari alla condotta dell’imputato; la sentenza di condanna deve essere annullata, in quanto pronunciata senza permettere all’imputato, il cui difensore aveva tempestivamente proposto domanda, di accedere all’oblazione, dopo l’instaurazione del relativo contraddittorio.
Il Giudice di rinvio instaurera’ il contraddittorio e provvedera’ sulla domanda di oblazione, adottando i provvedimenti conseguenti.
P.Q.M.
Ferma restando l’avvenuta derubricazione del reato, annulla la sentenza impugnata e rinvia per l’esame della domanda di oblazione e l’adozione dei provvedimenti conseguenti al Tribunale di Bari.

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