iva

Suprema Corte di Cassazione

sezione tributaria

sentenza 16 marzo 2016, n. 5172

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere

Dott. MARULLI Marco – Consigliere

Dott. TRICOMI Laura – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 548-2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 149/2009 della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA, depositata il 29/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23/11/2015 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito per il ricorrente l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SANLORENZO Rita, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 29 giugno 2009, notificata il 21 ottobre 2009, la Commissione tributaria regionale del Piemonte rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti di (OMISSIS), confermando l’annullamento dell’atto di diniego del rimborso IVA per l’anno d’imposta 1999.

Il giudice d’appello premetteva in fatto che il contribuente aveva presentato la dichiarazione IVA per l’anno 1998, contenente l’esposizione “a rimborso” di un credito d’imposta pari 580 milioni di lire e di una ulteriore eccedenza di 55.812.000 di lire da utilizzare in compensazione nell’anno successivo. Sennonche’ nella dichiarazione per l’anno 1999, per errore, il credito verso l’erario era utilizzato nella minor misura di 35.812.000 di lire. L’ufficio, a fronte della domanda avanzata il 17 maggio 2005, aveva negato rimborso della ulteriore eccedenza di 20 milioni di lire, essendo decorso il termine biennale di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21, comma 2.

Riteneva, invece, il giudice territoriale che la domanda di rimborso fosse stata tempestivamente avanzata entro il termine decennale di prescrizione di cui all’articolo 2946 codice civile e che il credito d’imposta si fosse consolidato una volta decorsi senza rilievi due anni dalla presentazione della dichiarazione annuale e gli ulteriori tre mesi per l’esigibilita’ del credito stesso.

Il 19 dicembre 2009 l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a unico motivo; il contribuente, ritualmente intimato nel giudizio di legittimita’ (rel. not. 23-24-28.12.2009), non svolge attivita’ difensiva.

CONSIDERATO IN DIRITTO

La difesa erariale sostiene, ai sensi dell’articolo 360 codice procedura civile, n. 3, che sia errata la sentenza d’appello laddove ritiene operante l’ordinario termine prescrizionale decennale (articolo 2946 codice civile), mentre anche per il diritto al rimborso dell’IVA varrebbe il termine decadenziale biennale di cui al Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21.

Il ricorso non e’ fondato.

Infatti, va data continuita’ all’orientamento – recentemente ribadito dalla sentenza di questa Corte n. 6684 del 2 aprile 2015 – secondo cui, in tema di IVA, deve tenersi distinta la domanda di rimborso o restituzione del credito d’imposta maturato dal contribuente – da considerarsi gia’ presentata con compilazione nella dichiarazione annuale del quadro relativo che configura formale esercizio del diritto – rispetto alla presentazione altresi’ del modello apposito (VR), che costituisce – ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, articolo 38-bis, comma 1, – solo presupposto per l’esigibilita’ del credito e, dunque, adempimento per dar inizio al procedimento di esecuzione del rimborso.

Ne consegue che, una volta esercitato tempestivamente in dichiarazione il diritto al rimborso, esso non puo’ considerarsi assoggettato al termine biennale di decadenza previsto dal Decreto Legislativo n. 546 del 1992, articolo 21, ma solo a quello di prescrizione ordinario decennale ex articolo 2946 codice civile (conf. Cass. n. 14070 del 2012 e n. 20039 del 2011).

La soluzione prospettata, oltre ad essere assolutamente maggioritaria e oramai consolidata, e’ coerente con l’intero sistema fiscale delineato dalla giurisprudenza di legittimita’, atteso che da tempo si afferma che l’esposizione di un credito d’imposta nella denuncia dei redditi fa si’ che non occorra, da parte del contribuente, al fine di ottenerne il rimborso, alcun altro adempimento, dovendo solo attendere che l’Amministrazione finanziaria eserciti, sui dati esposti in dichiarazione, il potere-dovere di controllo secondo la procedura di liquidazione delle imposte, ovvero, ricorrendone i presupposti, secondo lo strumento della rettifica della dichiarazione.

Sicche’ una volta che il credito si sia consolidato, l’Amministrazione e’ tenuta ad eseguire il rimborso e il relativo credito del contribuente e’ soggetto alla ordinaria prescrizione decennale (conf. Cass. n. 14070 del 2012 e giurisprudenza ivi cit.).

E’ appena il caso di ricordare, che secondo le regole vigenti all’epoca della presentazione della dichiarazione IVA in questione, i rimborsi previsti nell’articolo 30 sono eseguiti, su richiesta fatta in sede di dichiarazione annuale, entro tre mesi dalla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione prestando, contestualmente all’esecuzione del rimborso e per una durata pari al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento, cauzione ovvero fideiussione.

Inoltre gli stessi rimborsi possono essere richiesti, utilizzando apposita dichiarazione redatta su modello approvato con decreto dirigenziale contenente i dati che hanno determinato l’eccedenza di credito. In tal caso i rimborsi sono eseguiti entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione, che vale come dichiarazione annuale limitatamente ai dati in essa indicati. Infine, i medesimi rimborsi possono essere richiesti con apposita istanza, anche ai competenti concessionari della riscossione secondo le modalita’ stabilite dalla Legge 30 dicembre 1991, n. 413, articolo 78, commi 27 e seg..

Cio’ conferma che l’eccedenza d’imposta si ha per azionata anche con la sola esposizione fatta in sede di dichiarazione annuale.

Ad analoghe conclusioni si giunge anche riguardo all’armonizzazione della “sesta direttiva” (Cass n.6684 del 2015 e n. 14070 del 2012, cit.). Infatti, se e’ vero che gli Stati membri adottano le misure necessarie ad assicurare l’osservanza degli obblighi di dichiarazione e di pagamento, l’esatta riscossione dell’imposta e la prevenzione di frodi, tali misure pero’ non possono mai eccedere gli obiettivi sopra indicati (v. C. giust. UE, dec. Ecotrade e Collee), posto che per il principio di neutralita’ il diritto al ristoro dell’IVA versata a monte e’ principio basilare del sistema comunitario (cfr. C. giust. UE, dec. Molenheide e altri).

L’orientamento, al quale si da’ ulteriore continuita’, e’ stato seguito in altre numerose e costanti decisioni secondo cui, ai fini della manifestazione di volonta’ di ottenimento del rimborso, deve aversi riguardo al fatto che nella dichiarazione annuale puo’ rinvenirsi l’esplicitazione di una tale volonta’, il che sottrae la fattispecie al termine biennale di decadenza, sancito in via residuale (cfr. tra le tante Cass. n.7684, n.7685 e n.15229 del 2012; n.8813 e n.23755 del 2013; n. 2005 e n.3742 del 2014).

Dal rigetto del ricorso non derivano conseguenze in punto di spese mancando attivita’ difensiva dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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