Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 19 dicembre 2017, n. 56451. Integra il delitto di indebita compensazione il pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta inesistenti a seguito del c.d. “accollo fiscale”

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Parimenti, quanto al secondo profilo di doglianza, la stessa si rivela manifestamente infondata, atteso che, in ossequio all’insegnamento dell’ormai nota decisione delle Sezioni Unite Gubert, in tema di reati tributari, il pubblico ministero e’ legittimato, sulla base del compendio indiziario emergente dagli atti processuali, a chiedere al giudice il sequestro preventivo nella forma per “equivalente”, invece che in quella “diretta”, solo all’esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato, non essendo invece necessario il compimento di specifici ed ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto diretto del reato (v, da ultimo: Sez. 3, n. 41073 del 30/09/2015 – dep. 13/10/2015, P.M. in proc. Scognamiglio, Rv. 265028). Si e’, peraltro, aggiunto che quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, e’ legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell’imputato, sul presupposto dell’impossibilita’ di reperire il profitto del reato nei confronti dell’ente, nel caso in cui, successivamente alla imposizione del vincolo cautelare, dallo stesso soggetto non siano indicati i beni nella disponibilita’ della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (v., da ultimo: Sez. 3, n. 40362 del 06/07/2016 – dep. 28/09/2016, D’Agostino, Rv. 268587).
E, nel caso di specie, il ricorrente si limita semplicemente a dolersi della mancata indicazione (da parte del PM prima e del giudice del riesame poi) circa l’impossibilita’ di procedere al sequestro diretto, senza tuttavia soddisfare l’onere, sul medesimo gravante successivamente alla imposizione del vincolo cautelare, di indicare i beni nella disponibilita’ della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta.
14. Del tutto priva di pregio, infine, e’ la censura svolta nel terzo ed ultimo motivo, relativa alla asserita erroneita’ della qualificazione e determinazione del profitto. Nessun dubbio ricorre quanto all’ulteriore questione afferente al conseguimento del profitto anche in capo al (OMISSIS), alla luce della impostazione sopra data alla partecipazione alla commissione del reato.
In ogni caso, non puo’ ritenersi fondata l’eccezione difensiva di non aver tratto in proprio alcuna utilita’ in quanto il profitto non deriverebbe dalla compensazione fittizia ma dall’uso deviato del contratto di accollo.
A questa obiezione e’ agevole infatti replicare, da un lato, sottolineando come il ricorrente confonde il profitto – risparmio di imposta (profitto del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10-quater, identificantesi nell’intero ammontare del tributo non versato: arg. ex Sez. 6, n. 6705 del 16/12/2014 – dep. 16/02/2015, Libertone, Rv. 262394), con il mezzo attraverso cui l’operazione di indebita compensazione e’ stata attuata (ossia l’utilizzo del c.d. accollo fiscale con modalita’ illecite attraverso l’utilizzo di crediti inesistenti da opporre in compensazione attraverso modelli di evasione fiscale); dall’altro, e soprattutto, deve osservare che il concorso di persone nel reato implica l’imputazione dell’intera azione delittuosa e dell’effetto conseguente in capo a ciascun concorrente e il sequestro non e’ collegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi, bensi’ alla corresponsabilita’ di tutti nella commissione dell’illecito. Trattasi di principio piu’ volte affermato da questa Corte a cui il Collegio ritiene di dover dare continuita’, dovendosi ricordare che, una volta esclusa la possibilita’ di sequestrare l’originario profitto del reato, il sequestro preventivo per equivalente, in vista della confisca prevista dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis, puo’ essere disposto, entro i limiti quantitativi del suddetto profitto, indifferentemente nei confronti di uno o piu’ degli autori della condotta criminosa, non essendo esso ricollegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi bensi’ alla corresponsabilita’ di tutti nella commissione dell’illecito (v., tra le tante: Sez. 2, n. 10838 del 20/12/2006 – dep. 14/03/2007, Napolitano, Rv. 235832).
15. Deve, dunque, essere affermato il seguente principio di diritto:
“In tema di reati tributari, il sequestro preventivo per equivalente, in vista della confisca prevista dal Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 12-bis, puo’ essere disposto, entro i limiti quantitativi del profitto, indifferentemente nei confronti di uno o piu’ degli autori della condotta criminosa, non essendo esso ricollegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi bensi’ alla corresponsabilita’ di tutti nella commissione dell’illecito (nella specie la S.C. ha ritenuto legittimo il sequestro disposto nei confronti del concorrente, collaboratore dell’indagata ispiratrice del meccanismo fraudolento attuativo del c.d. accollo fiscale, integrante il reato di indebita compensazione)”.
16. Il ricorso dell’indagato (OMISSIS) dev’essere, pertanto, rigettato, con condanna alle spese processuali ex articolo 616 c.p.p..

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