Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 19 dicembre 2017, n. 56451. Integra il delitto di indebita compensazione il pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta inesistenti a seguito del c.d. “accollo fiscale”

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Il richiamo e’ alla norma del Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17, che cosi’ recita: “1. I contribuenti eseguono versamenti unitari delle imposte, dei contributi dovuti all’INPS e delle altre somme a favore dello Stato, delle regioni e degli enti previdenziali, con eventuale compensazione dei crediti, dello stesso periodo, nei confronti dei medesimi soggetti, risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce periodiche presentate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Tale compensazione deve essere effettuata entro la data di presentazione della dichiarazione successiva. La compensazione del credito annuale o relativo a periodi inferiori all’anno dell’imposta sul valore aggiunto, per importi superiori a 5.000 Euro annui, puo’ essere effettuata a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge”. La norma in questione fa necessariamente riferimento al concetto di contribuente, poiche’ muove dal presupposto che colui che ricopre una posizione passiva versoi il Fisco (appunto, il contribuente), puo’ scegliere di compensare crediti anziche’ versare le imposte: il contribuente e’, cioe’, nella normalita’ il debitore, che, se assomma su di se’ anche la posizione di creditore verso il Fisco, puo’ compensare le due poste; l’articolo 10 quater, riferendosi a chi “non versa le somme dovute, utilizzando in compensazione” crediti inesistenti si riferisce ai soggetti legittimati, Decreto Legislativo n. 241 del 1997, ex articoli 17 e ss., ad effettuare pagamenti di imposta utilizzando in compensazione crediti verso l’Erario, ed in tale categoria devono farsi necessariamente rientrare anche coloro che, in virtu’ del contratto di accollo, agiscono come debitori proprio in virtu’ del fatto che, con l’accollo, si sono volontariamente fatti carico di debiti altrui.
9. Orbene, proprio analizzando i modelli F24, il c.t. del PM, ricorda il tribunale del riesame, evidenzia come nella sezione “contribuente” vengono riportati sia i dati identificativi del soggetto debitore d’imposta, sia i dati del soggetto coobbligato, ossia del soggetto che effettua il pagamento delle imposte, mediante compensazione, in veste di coobbligato, figura, quest’ultima, prevista dal modello F24 che prevede anche l’utilizzo di un codice che identifichi l’operazione (in particolare, il cod. 62 si riferisce a “soggetto diverso dal fruitore del credito”, ossia quando il debito tributario venga pagato da un soggetto diverso dall’effettivo debitore, come nel caso dell’accollo); e’ dunque evidente come nello stesso modello F24 e’ espressamente indicato un soggetto coobbligato, che riveste necessariamente la posizione di debitore, anche se, in via derivata, tanto da operare la compensazione con i propri crediti.
10. Trattasi, peraltro, di operazione fiscalmente illecita e penalmente rilevante.
In sostanza, detta operazione prevede che il debito del contribuente (accollato) venga pagato da una terza societa’ (accollante), che lo onora non pagandolo direttamente bensi’ mediante compensazione con un proprio credito, credito che a sua volta l’accollante ha acquistato da soggetti che, per varie ragioni, non potevano monetizzarlo. Nel modello F24, vengono indicati due codici fiscali, inserendo il codice “62”, denominato “soggetto diverso dal fruitore del credito” (ris. Agenzia delle Entrate 22 dicembre 2009 n. 286). Infine, il contribuente (accollato) corrisponde all’accollante una percentuale del valore del proprio debito, risparmiando cosi’ la differenza.
Ad ulteriore conferma di quanto sopra, ai fini della configurabilita’ del reato, peraltro, deve essere evidenziato come la stessa Agenzia delle Entrate, con la recente risoluzione n. 140 pubblicata in data 15 novembre 2017 (la cui rilevanza ha in questa sede solo valenza interpretativa), nel prendere posizione sulla legittimita’ del pagamento dei debiti fiscali mediante compensazione con crediti d’imposta a seguito del c.d. “accollo fiscale”, ha fornito una risposta negativa. L’operazione in questione, osserva l’Ufficio, deve infatti essere ritenuta elusiva (e, nel caso di specie, precisa il Collegio, ha rilevanza penale, essendo stato commesso il fatto attraverso l’elaborazione o la commercializzazione di modelli di evasione fiscale utilizzando crediti inesistenti) non solo della disciplina sulla compensazione, ma anche di quella relativa alla cessione dei crediti d’imposta. L’Agenzia delle Entrate richiama innanzitutto la L. n. 212 del 2000, articolo 8, comma 2, secondo cui e’ ammesso l’accollo del debito d’imposta, senza liberazione del contribuente originario. Tuttavia, nel momento in cui l’accollante paga mediante compensazione con un proprio credito, entra in gioco la compensazione, disciplinata dalla normativa tributaria di riferimento (in primis dal Decreto Legislativo n. 241 del 1997, articolo 17), che, allo stato attuale, non solo non prevede il caso dell’accollo, ma richiede che la compensazione avvenga unicamente tra i medesimi soggetti.
Come rammentato piu’ volte dalla giurisprudenza, peraltro, l’estinzione del debito mediante compensazione puo’ avvenire, nel settore tributario, solo ove la legge lo ammetta espressamente. Si e’ infatti affermato che, in materia tributaria, la compensazione e’ ammessa, in deroga alle comuni disposizioni civilistiche, soltanto nei casi espressamente previsti, non potendo derogarsi al principio secondo cui ogni operazione di versamento, riscossione e rimborso ed ogni deduzione sono regolate da specifiche e inderogabili norme di legge. Tale principio non puo’ considerarsi superato per effetto della L. 27 luglio 2000, n. 212, articolo 8, comma 1, (cd. statuto dei diritti del contribuente), il quale, nel prevedere in via generale l’estinzione dell’obbligazione tributaria per compensazione, ha lasciato ferme, in via transitoria, le disposizioni vigenti, demandando ad appositi regolamenti l’estensione di tale istituto ai tributi per i quali non era contemplato, a decorrere dall’anno di imposta 2002 (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 17001 del 09/07/2013, Rv. 627180 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 10207 del 18/05/2016. Rv. 639988 – 01).

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