Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 15 novembre 2017, n. 52056. Nel reato di lottizzazione abusiva la confisca prevista dall’art. 44, co. 2, d.P.R. n. 380/2001 riguarda in generale tutte le opere abusivamente costruite

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In sede di procedimento di prevenzione il principio civilistico dell’accessione riceve una applicazione di segno inverso, dovendosi dare rilievo al bene di maggior valore economico, essendo necessario colpire i beni prodotti in conseguenza dell’accaparramento di profitti illeciti ed in forza del reimpiego di detti profitti proprio nella realizzazione dei fabbricati (magari su terreni legittimamente appartenenti a terzi), il che impedisce, sul piano economico e funzionale, di scinderne l’unitaria valutazione, rendendoli insuscettibili di una separata utilizzazione, posto che, in siffatti casi, il terreno, quando il valore dei fabbricati e’ superiore, accresce di valore per effetto dell’edificazione, sebbene abusiva dei manufatti che su di esso insistono, con la conseguenza che una meccanica applicazione del principio di accessione determinerebbe l’aggiramento della disciplina penalistica diretta a colpire i patrimoni illeciti.
A questo proposito, la giurisprudenza di legittimita’, nella sua piu’ autorevole composizione, ha affermato che il sequestro preventivo di un edificio confiscabile a norma del Decreto Legge 8 giugno 1992, n. 306, articolo 12-sexies, commi 1 e 2, convertito con modif. nella L. 8 agosto 1992, n. 356, si estende alle pertinenze dell’edificio e al suolo sul quale e’ stato realizzato, ancorche’ la provenienza del suolo sia legittima (Sez. U, n. 1152 del 25/09/2008, dep. 2009, Petito, Rv. 241886), precisando che puo’ essere disposta la confisca di un bene immobile, realizzato con somme di denaro di illecita provenienza su terreno di provenienza lecita, in quanto i due beni, sul piano economico e funzionale devono essere valutati unitariamente, non potendo essere suscettibili di un’utilizzazione separata, dovendosi dare maggior rilievo, in ambito penalistico, al superiore valore economico del fabbricato – bene principale – del quale il terreno, indipendentemente dalla sua estensione, segue il regime giuridico, quale pertinenza, in conformita’ agli scopi della disciplina di prevenzione (ex multis, Sez. 6, n. 16151 del 04/02/2014, Cusimano, Rv. 259763; Sez. 6, n. 18807 del 30/10/2012, dep. 2013, Martino, Rv. 255091).
Quindi, una tale conclusione e’ conforme e risponde agli scopi della disciplina in tema di misure di prevenzione reali, perche’ diretta a colpire gli investimenti, anche se leciti, di risorse finanziarie prodotte da attivita’ illecite, sicche’ l’inversione, in sede di prevenzione penale, del principio civilistico dell’accessione fa si’ che il bene che possiede un valore economico preminente non possa essere valutato a prescindere dal suolo. Questo, benche’ non possa ovviamente considerarsi una pertinenza degli edifici, svolge una funzione strumentale e servente rispetto agli stessi (Sez. 6, n. 18807 del 30/10/2012, cit., in motiv.).
La conclusione deve essere opposta nel caso di lottizzazione abusiva perche’ il Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 2, dispone che:”La sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi e’ stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio e’ avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva e’ titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari”.
Sicche’, nel reato di lottizzazione abusiva, il “principio di accessione” e’ normativamente declinato in quanto vanno confiscate, expressis verbis, oltre ai terreni abusivamente lottizzati, le opere abusivamente costruite sui terreni, in conformita’ alla ratio che sostiene il provvedimento ablativo, diretta a purgare, con la confisca e l’acquisizione di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune, tutta la zona interessata alla lottizzazione, salvi i diritti dei terzi in buona fede, con la conseguenza che, per opere abusivamente costruite, devono intendersi anche i manufatti o i corpi di fabbrica realizzati sui terreni lottizzati proprio perche’ la condotta lottizzatoria puo’ essere integrata da opere edilizie o da opere di urbanizzazione che conferiscono alla zona stessa una articolazione apprezzabile in termini di trasformazione urbanistica, predisponendo i terreni ad accogliere insediamenti non consentiti o non programmati (Sez. 3, n. del 21/05/2013, Rum, in motiv., non mass.).
Su questi presupposti, infatti, la giurisprudenza di legittimita’ e’ pervenuta alla conclusione di ritenere configurabile il reato di lottizzazione abusiva non soltanto nel caso in cui oggetto della condotta illecita siano terreni illegittimamente frazionati, ma anche nel caso in cui si tratti di edifici gia’ costruiti, in quanto l’alienazione frazionata dei singoli immobili, per il principio dell’accessione, e’ intimamente connessa al frazionamento in lotti del terreno su cui tali immobili sono stati edificati (Sez. 3, n. 39078 del 13/07/2009, Apponi, Rv. 245344).
La confisca urbanistica, prevista dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, articolo 44, comma 2, ha dunque un effetto estensivo ope legis, investendo l’intera area interessata dalla lottizzazione e, quindi, tanto i terreni quanto le opere abusivamente costruite su di essi.
Ne consegue che i principi, affermati dalla giurisprudenza di legittimita’ in materia di misure di prevenzione e rivendicati dal ricorrente, non possono essere esportati, pur rimanendo fermi nella sede propria, in tema di reato di lottizzazione, per il quale vige il principio opposto della accessione, indipendentemente dal valore economico dei beni oggetto del provvedimento di confisca.
3. Sulla base delle considerazioni che precedono, la Corte ritiene pertanto che il ricorso debba essere respinto, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’articolo 616 c.p.p., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Cosi’ deciso in Roma, il 13 luglio 2017.

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