Corte di Cassazione, sezione terza penale, sentenza 13 marzo 2018, n. 11035. L’omesso versamento dell’Iva può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, a cui lo stesso non abbia potuto porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà.

L’omesso versamento dell’Iva può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, a cui lo stesso non abbia potuto porvi rimedio per cause estranee alla sua volontà. È pertanto irrilevante la cosiddetta “crisi di liquidità” del debitore alla scadenza del termine per operare il versamento dell’Iva, poiché il debitore ha l’obbligo non solo di accantonare le risorse necessarie per l’adempimento dell’obbligazione tributaria, ma anche di adottare tutte le iniziative per provvedere alla corresponsione del tributo.

Sentenza 13 marzo 2018, n. 11035
Data udienza 9 novembre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI NICOLA Vito – Presidente

Dott. GALTERIO Donatella – Consigliere

Dott. CERRONI Claudio – Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – rel. Consigliere

Dott. MENGONI Enrico – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 08/01/2015 della Corte di appello di Trieste;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Dott.ssa Antonella Di Stasi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Spinaci Sante, che ha concluso chiedendo annullamento senza rinvio per il capo a) per estinzione del reato e per il capo b) perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato;

udito per l’imputato l’avv. (OMISSIS), che ha concluso riportandosi ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 08/01/2015, la Corte di appello di Trieste, in parziale riforma della sentenza del 10.5.2013 del Tribunale di Udine che aveva dichiarato (OMISSIS) responsabile del reato di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter – perche’ quale legale rappresentante della societa’ ” (OMISSIS)” ometteva di versare entro il termine previsto per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale Iva per i periodi di imposta 2008 e 2009 – e lo aveva condannato alla pena di mesi cinque di reclusione, riduceva la confisca per equivalente disposta con la sentenza appellata all’ammontare di Euro 200.000, confermando nel resto la decisione impugnata.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione (OMISSIS), per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1, basato su violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’articolo 42 c.p..

Il ricorrente deduce che l’omesso versamento dell’IVA relativa alle annualita’ 2008 e 2009 non era dovuto ad una condotta volontaria ma alla crisi di liquidita’ nella quale versava l’impresa che vantava crediti non riscossi per importi di gran lunga superiori al debito fiscale; argomenta che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, alcun obbligo di accantonamento dell’Iva incassata era configurabile a carico dell’imprenditore; inoltre, essendo stati comprovati crediti scaduti sufficienti per il pagamento delle annualita’ contestate le omissioni erano da ascrivere a colpa consistita nell’errata previsione dei tempi di incasso e non a dolo; su tale ultimo aspetto alcuna argomentazione era stata esposta dalla Corte territoriale.

Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.

Con memoria difensiva del 15.5.2017 la difesa del ricorrente ha esposto che il reato di cui al capo b), a seguito della novella del Decreto Legislativo n. 158 del 2015 non e’ piu’ previsto come reato dalla legge e chiesto il rinvio del procedimento al fine di consentite l’estinzione del debito tributario ai sensi del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13, come novellato dal predetto Decreto Legislativo n. 158 del 2015, con riferimento all’ulteriore imputazione di cui al capo a).

In seguito al rinvio, con memoria depositata in data 30.8.2017 la difesa del ricorrente ha documentato pagamenti parziali e chiesto una proroga del termine per provvedere all’integrale estinzione del debito tributario; in data 12.9.2017 la difesa del ricorrente ha depositato memoria integrativa nella quale ha dichiarato di aver provveduto in data 31.8.2017 all’estinzione totale del debito tributario inerente all’omesso versamento IVA per l’anno 2009, allegando le copie dei pagamenti effettuati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Va, preliminarmente, considerato che il Decreto Legislativo 24 settembre 2015, n. 158, articolo 8, entrato in vigore in data 22/10/2015, ha modificato il Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter, nel senso di attribuire rilevanza penale, elevando il precedente limite, unicamente alle condotte di omesso versamento dell’imposta per un ammontare superiore ad Euro 250.000 per ciascun periodo di imposta; va aggiunto che tale modifica, in quanto comportante una disposizione piu’ favorevole rispetto alla precedente, si applica, ex articolo 2 c.p., comma 4, anche ai fatti posti in essere antecedentemente. Nella specie, limitatamente al reato di cui al decreto di citazione n. 1461/12 RG per il periodo di imposta 2008, l’ammontare non versato e’, come da contestazione, pari ad Euro 221.297,00, importo inferiore al limite di legge di cui sopra.

Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio con riferimento al predetto reato con la formula “il fatto non sussiste”, posto che la soglia di rilevanza penale deve ritenersi elemento costitutivo del fatto di reato, contribuendo la stessa a definirne il disvalore (in tal senso, tra le altre, oltre a Sez. U., n. 37954 del 25/05/2011, Orlando, Rv. 250975, da ultimo, Sez.3, n.3098 del 05/11/2015,dep.25/01/2016, Rv.265938).

2. Cio’ posto, con riferimento alla residua imputazione il ricorso e’ fondato nei limiti appresso precisati.

2.1. Il motivo di ricorso proposto e’ infondato.

Le questioni sollevate dal ricorrente trovano risposta negli approdi ermeneutici di Sez. U., n. 37424 del 28/03/2103, Romano, Rv. 255757, secondo la quale: a) il reato in esame e’ punibile a titolo di dolo generico e consiste nella coscienza e volonta’ di non versare all’Erario le ritenute effettuate nel periodo considerato, non essendo richiesto che il comportamento illecito sia dettato dallo scopo specifico di evadere le imposte; b) la prova del dolo e’ insita in genere nella presentazione della dichiarazione annuale, dalla quale emerge quanto e’ dovuto a titolo di imposta, e che deve, quindi, essere saldato o almeno contenuto non oltre la soglia, entro il termine lungo previsto; c) il debito verso il fisco relativo ai versamenti IVA e’ normalmente collegato al compimento delle operazioni imponibili. Ogni qualvolta il soggetto d’imposta effettua tali operazioni riscuote gia’ (dall’acquirente del bene o del servizio) l’IVA dovuta e deve, quindi, tenerla accantonata per l’Erario, organizzando le risorse disponibili in modo da poter adempiere all’obbligazione tributaria. L’introduzione della norma penale, stabilendo nuove condizioni e un nuovo termine per la propria applicazione, estende evidentemente la detta esigenza di organizzazione su scala annuale.

Non puo’, pertanto, essere invocata, per escludere la colpevolezza, la crisi di liquidita’ del soggetto attivo al momento della scadenza del termine, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte alla esigenza predetta organizzativa (per l’esclusione del rilievo scriminante di impreviste difficolta’ economiche in se’ considerate (v., in riferimento alla parallela norma dell’articolo 10-bis, Sez. 3, n. 10120 del 01/12/2010, dep. 2011, Provenzale).

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