Corte di Cassazione, sezione terza civile, sentenza 13 ottobre 2017, n. 24070.

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La Corte territoriale ha dichiarato inammissibile il motivo di gravame con il quale si chiedeva un maggior risarcimento del danno morale in quanto assolutamente generico circa gli elementi circostanziali (gravita’ lesioni, durata degenza, trattamenti sanitari successivi) giustificativi della rideterminazione, confermando – previa modifica del quantum in considerazione della riconosciuta pari responsabilita’ causale nella produzione del sinistro – il criterio di liquidazione del danno morale adottato dal primo giudice, commisurato ad un quarto del valore del danno biologico da invalidita’ permanente.
Sul punto il ricorrente sostiene che la Corte territoriale, nel dichiarare inammissibileVnon aveva preso in esame la “seconda parte del motivo d’appello n. 3” (trascritta nel motivo di ricorso) con la quale era stata chiesto di integrare la base di calcolo anche con l’importo liquidato a titolo di danno biologico da inabilita’ temporanea e che sotto tale profilo il motivo non poteva essere considerato generico.
Premesso che le due censure nelle quali e’ articolato il secondo motivo si pongono in relazione di alternativita’ subordinata, posto che il motivo di gravame dichiarato inammissibile aveva ad oggetto proprio il criterio di liquidazione del danno morale, osserva il Collegio che se la doglianza di illegittima declaratoria di inammissibilita’ dell’intero motivo di gravame ex articolo 342 c.p.c., puo’ ritenersi fondata, essendo sufficientemente specifica la critica rivolta con il motivo di gravame alla determinazione della base di calcolo, in quanto si contesta la limitazione della base di calcolo al danno biologico permanente, tuttavia la fondatezza della censura non determina per cio’ stesso la cassazione con rinvio della causa, atteso che, non dovendo procedersi ad accertamenti in fatto, questa Corte puo’ decidere in merito al motivo di gravame omesso, dovendo lo stesso essere ritenuto infondato.
L’assunto difensivo secondo cui la liquidazione del danno morale soggettivo avrebbe dovuto essere effettuata utilizzando come base di calcolo non soltanto l’importo del danno biologico da invalidita’ permanente, ma anche l’importo del danno biologico per inabilita’ temporanea, non integra una violazione delle norme di diritto individuate in rubrica, non essendo all’uopo sufficiente la prospettazione di una diversa e piu’ favorevole modalita’ di liquidazione del danno, diversa da quella adottata dal Giudice di merito, atteso che l’esercizio, in concreto, del potere discrezionale conferito al giudice di liquidare il danno in via equitativa (articoli 2056 e 1226 c.c.) non e’ suscettibile di sindacato in sede di legittimita’ quando la motivazione della decisione dia adeguatamente conto dell’uso di tale facolta’, indicando il processo logico e valutativo seguito (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8213 del 04/04/2013; id. Sez. 1, Sentenza n. 16222 del 31/07/2015; id. Sez. 1, Sentenza n. 5090 del 15/03/2016), dovendo al riguardo tenere in considerazione il Giudice, ove allegati specificamente dal danneggiato, quelle circostanze rilevanti, attinenti alle condizioni soggettive della persona danneggiata ed alla gravita’ del fatto.
Una volta che il Giudice di merito ha esternato nella motivazione della sentenza il criterio di liquidazione applicato in concreto, rimane preclusa ogni critica alla scelta del metodo – salvo che la stessa non possa ritenersi del tutto illogica e manifestamente arbitraria -, atteso che in tal caso la censura non prospetta una violazione della norma attributiva del potere ex articolo 2056 c.c., ma intende invadere in modo inammissibile l’ambito discrezionale ed insindacabile riservato al Giudice ex articolo 2056 c.c..
Nella specie il Giudice di appello, da un lato, ha escluso che il danneggiato avesse allegato e dimostrato circostanze fattuali rilevanti non considerate dal primo giudice; dall’altro, ha dato atto del criterio di liquidazione applicato, ritenendo di determinare il danno morale in misura proporzionale pari ad un quarto del danno biologico da invalidita’ permanente: tale modalita’ di calcolo, che e’ stata per lungo tempo inserita nei criteri tabellari uniformi di liquidazione del danno, elaborati dal Tribunale di Milano e diffusamente adottati dagli Uffici di merito, non puo’ ritenersi violativa del principio giuridico di effettivita’ del ristoro integrale del danno (Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 702 del 19/01/2010), laddove il danneggiato non adduca – come nel caso di specie – la omessa considerazione di elementi concreti di personalizzazione del danno morale allegati e provati in giudizio, che il Giudice di appello ha espressamente ritenuto indimostrati.
Il quarto motivo (violazione e falsa applicazione dell’articolo 91 c.p.c.) con il quale il ricorrente impugna la statuizione di parziale compensazione delle spese di lite contenuta nella sentenza di appello, richiedendo la condanna della societa’ assicurativa e degli altri coobbligati solidali alla integrale rifusione delle spese dell’intero giudizio, rimane assorbito, in quanto la censura e’ espressamente condizionata alla asserita fondatezza dei precedenti motivi del ricorso per cassazione, nella specie ritenuti inammissibili od infondati.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato, non dovendo provvedersi in ordine al regolamento delle spese del giudizio di legittimita’, in difetto di difese svolte dagli intimati.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, articolo 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, articolo 1, comma 17, da’ atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 bis.

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