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3.4.2 La corte territoriale, allora, al termine del suo percorso argomentativo identifica il caso fortuito nella condotta del danneggiato rappresentata dallo slittare, e persino reiteratamente, laddove – cioe’ sulla tettoia della scala per accedere alle autorimesse – non si sarebbe dovuto neppure camminare. Eppure, il piu’ delle sue argomentazioni si impernia, come si e’ visto, sulla conoscenza – che sarebbe stata cosi’ completa da rendere irrilevante anche la copertura quasi totale della tettoia frutto di una notevole nevicata – della struttura da parte dei genitori del danneggiato. In questo, come si e’ visto, la sentenza viene censurata dal motivo in esame, in sostanza per un salto logico nella sussunzione del caso concreto alla norma: l’accertamento della conoscenza, ai fini evidenti della ricostruzione della prova liberatoria, viene effettuato nei confronti dei genitori del minore, ma l’aver posto in essere con la propria condotta il caso fortuito e’ attribuito direttamente al minore stesso.
E’ altresi’ censurato il ragionamento del giudice d’appello per avere affermato che la responsabilita’ ex articolo 2051 c.c. sarebbe stata addotta esclusivamente per mancata manutenzione: l’atto di citazione l’aveva invece addotta pure per omesso presidio sul lucernario, presidio da realizzarsi con recinzione, cartelli o altro.
Sotto il primo profilo di censura, quindi, non puo’ non riconoscersi che la corte territoriale ha concluso il percorso motivazionale nel senso che il comportamento reiterato del bambino, integrante una utilizzazione impropria e imprevedibile della cosa, avrebbe costituito il caso fortuito, nonostante che le premesse di questa conclusione si basino soprattutto sulla conoscenza del luogo e delle sue caratteristiche – ubicazione, percepibile anche in presenza della neve, e destinazione della tettoia esclusivamente alla copertura delle scale delle autorimesse -, che viene attribuita non al danneggiato, bensi’ a terzi, cioe’ ai familiari del minore. L’applicazione dell’articolo 2051 c.c. invero non e’ corretta: la condotta causante che libera il custode viene attribuita al minore danneggiato, ma le caratteristiche che la rendono condotta imprevedibile e assolutamente impropria – ovvero idonea a dispiegare tali effetti liberatori come caso fortuito – sono attinte, con una sorta di translatio, da una condizione di consapevolezza attribuita a soggetti diversi. I genitori, e pure il nonno paterno, erano in posizione di perfetta conoscenza delle caratteristiche del luogo: ergo, nell’ottica del giudice d’appello,il minore sottoposto alla vigilanza genitoriale pone in essere una condotta imprevedibile e assolutamente impropria. Il caso fortuito, allora, come condotta causante svolta da persone, seguendo l’iter strutturato dalla corte territoriale avrebbe dovuto essere identificato, piu’ ancora che nella mancata vigilanza dei genitori sul minore, nel mancato trasferimento da parte dei genitori delle loro conoscenze al minore. Invece, si ripete, il caso fortuito e’ costituito, secondo la corte, dallo slittare del minore, anche piu’ volte, in un luogo dove non doveva farlo perche’ non destinato allo slittamento ne’ al cam(OMISSIS)mento di alcuno. Cosi’ ragionando, allora, la corte ha in effetti proposto come caso fortuito una condotta priva delle caratteristiche che – insegna la giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte devono essere attribuite alla condotta umana affinche’ integri un caso fortuito ex articolo 2051 c.c.: la mera utilizzazione per slittare di un luogo non destinato a tale uso, infatti, non e’ di per se’ sufficiente a integrare una condotta abnorme e assolutamente imprevedibile. Gia’ soltanto per questo il motivo e’ quindi fondato.
3.4.3 Per assoluta completezza, tuttavia, si ricorda altresi’ che la giurisprudenza di questa Suprema Corte ammette, nella fattispecie di responsabilita’ ex articolo 2051 c.c., l’incidenza causale di altre condotte, e non solo nell’ipotesi in cui la loro incidenza causale e’ di tale calibro da attrarre alla propria serie eziologica in modo esclusivo l’evento, bensi’ pure nel caso in cui e’ compatibile proprio con la responsabilita’ oggettiva del custode, cosi’ da porre in essere una pluralita’ di concause quale fonte giuridica, oltre che empirica, dell’evento stesso. E comunque la presenza di una causa ulteriore dall’incidenza evidente non e’ sufficiente ad esonerare, creando una sorta di praesumptio favorevole al custode, dal vaglio della responsabilita’ oggettiva di quest’ultimo, vaglio che non puo’ neppure arrestarsi ad un livello di cognizione sommaria per l’evidenza, appunto, di un’altra fonte causale, ma che deve essere espletato in modo completo e specifico per giungere correttamente a qualificare l’ulteriore fonte causale come caso fortuito – nel senso di causa esclusiva, idonea a infrangere ogni ulteriore percorso eziologico – o, al contrario, come concausa (cfr. ex plurimis, la recentissima Cass. sez. 3, ord. 28 luglio 2017 n. 18753, la quale ha ribadito, in un caso in cui era astrattamente configurabile la responsabilita’ custodiale ex articolo 2051 c.c., che “in tema di responsabilita’ civile, qualora l’evento dannoso si ricolleghi a piu’ azioni o omissioni, il problema del concorso delle cause trova soluzione nell’articolo 41 c.p., in virtu’ del quale il concorso di cause preesistenti, simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall’omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalita’ fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l’esclusiva efficienza causale di una di esse”, e ha precisato che, qualora “una delle cause consista in una omissione, la positiva valutazione sull’esistenza del nesso causale tra omissione ed evento presuppone che si accerti che l’azione omessa, se fosse stata compiuta, sarebbe stata idonea ad impedire l’evento dannoso ovvero a ridurne le conseguenze, non potendo esserne esclusa l’efficienza soltanto perche’ sia incerto il suo grado di incidenza causale”, cosi’ giungendo alla cassazione della sentenza di merito che, a proposito di un sinistro stradale in cui una vettura era uscita dalla carreggiata e si era poi ribaltata in una buca presente sulla banchina, aveva escluso la responsabilita’ del custode della strada limitandosi ad accertare che il conducente non aveva tenuto una velocita’ adeguata, omettendo pertanto di valutare se, nonostante la velocita’, l’auto avrebbe potuto non cadere nella buca ove questa fosse stata oggetto di adeguata manutenzione da parte del custode).
Nella specifica ipotesi, poi, in cui il “caso fortuito” ex articolo 2051 c.c. consiste in una condotta umana, sia del danneggiato sia di soggetti terzi, la giurisprudenza di questa Suprema Corte ha indicato quali sono i criteri per pervenire alla esclusivita’ eziologica di tale condotta, ovvero per nullificare ogni effetto tanto della custodia quanto della omessa custodia nella genesi dell’evento dannoso. Quest’ultima avulsione discende, in sostanza, dalle caratteristiche congiunte di abnormita’ e assoluta imprevedibilita’ della suddetta condotta, che la rendono tale da privare di incidenza causale tutto quel che attiene alla custodia. Diversamente, si effettuerebbe una sorta di trasferimento dalla oggettivita’ imposta dall’articolo 2051 c.c. a una mera colposita’ della condotta di chi fruisce della cosa custodita, in tal modo sostituendo siffatta condotta alla responsabilita’ oggettiva del custode, id est svuotando la fattispecie dettata dall’articolo 2051 c.c. attraverso un caso fortuito incongruamente (per eccessiva estensione del suo contenuto) inteso.
E quindi, si e’ specificamente affermato che la responsabilita’ oggettiva del custode ex articolo 2051 c.c. non cade a fronte dell’utilizzazione volontaria da parte del danneggiato o di un terzo della cosa custodita e fonte del danno, neppure nel caso in cui si tratti di una utilizzazione assolutamente anomala, se la natura della cosa rende un siffatto uso di agevole effettuazione, il che logicamente inficia l’ulteriore – e inscindibile – presupposto dell’assoluta imprevedibilita’ (sempre tra gli arresti piu’ recenti, v. Cass. sez. 3, 8 febbraio 2012 n. 1769, per cui, in un caso di accesso alla cosa custodita – oltrepassando una recinzione di non difficile superamento – per

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