Corte di Cassazione, sezione terza civile, ordinanza 28 novembre 2017, n. 28321. Se non vengono erogate prestazioni sanitarie ma esclusivamente di natura socio assistenziale è possibile l’autonoma regolazione del dovuto con i privati

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Il D.P.C.M. 8 agosto 1985 ha meglio definito tali aree di intervento, in base ai criteri di prevalenza della natura della prestazione e di integrazione necessaria, precisando che gravavano interamente sul fondo nazionale sanitario quegli “interventi propri dei servizi socio- assistenziali, purche’ siano diretti immediatamente e in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e sí estrinsechino in interventi a sostegno dell’attivita’ sanitaria di cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo, in assenza delle quali l’attivita’ sanitaria non puo’ svolgersi e produrre effetti”, mentre rimanevano estranee alla spesa pubblica “le attivita’ direttamente ed esclusivamente socio-assistenziali, anche se indirettamente finalizzate alla tutela della salute del cittadino e in particolare i ricoveri in strutture protette extra ospedaliere meramente sostitutivi, sia pure temporaneamente, dell’assistenza familiare”, specificando altresi’ (articolo 6) che “nei casi in cui non sia possibile motivatamente disgiungere l’intervento sanitario da quello socio-assistenziale”, le regioni hanno la facolta’ di stipulare convenzioni con strutture pubbliche o private per la erogazione del servizio agli assistiti, ripartendo – nell’ambito delle disponibilita’ finanziarie loro assicurate dal Fondo sanitario nazionale – le quote percentuali di partecipazione alla spesa, rispettivamente, a carico del Fondo sanitario ed a carico degli enti locali (cui e’ affidata la competenza in materia di assistenza sociale), “con eventuale partecipazione da parte dei cittadini”, secondo la “incidenza proporzionale” in concreto rivestita dalla tutela sanitaria e dalla tutela sociale.
In seguito alle modifiche al Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502/92 introdotte con il Decreto Legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, e l’approvazione del Piano Sanitario Nazionale per il triennio 1994-1996, con la relativa determinazione della spesa sanitaria secondo “livelli uniformi di assistenza” su tutto il territorio nazionale, il Ministero della Sanita’, con provvedimento 31 maggio 1994 n. 106, ha emanato le Linee-Guida “per la definizione degli aspetti organizzativo-gestionali delle Residenze Sanitarie Assistenziali” indirizzate alle regioni a statuto autonomo e speciale, specificando che la “residenzialita’ extra ospedaliera” realizza le prestazioni “residenziali o semiresidenziali” come risposta ai bisogni dei portatori di handicap fisico e psichico, degli anziani e dei soggetti non autosufficienti, non assistibili a domicilio, e che, se le RR.SS.AA. fanno parte integrante della rete dei servizi territoriali di primo livello, “Cio’ non toglie pero’ che le attivita’ che vi si svolgono non siano adeguatamente integrate con quelle del comparto sociale: pertanto la RSA si colloca in una posizione particolare e sostanzialmente diversa sia delle unita’ operative ospedaliere geriatriche, di riabilitazione e di lungodegenza, sia dalle attuali residenze extraospedaliere (case di riposo, case albergo, ecc.) che hanno per gran parte valenza sociale (ndr. cd. RA “residenze assistenziali”) L’assistenza residenziale extraospedaliera, conseguentemente, si concretizza in una gamma di residenze che offrono diversi gradi di assistenza sanitaria (nelle sue componenti mediche, infermieristiche e riabilitative), accompagnata da prestazioni di tipo socio-assistenziale atte a facilitare il collegamento ed il successivo, in alcuni casi solo potenziale, reintegro nell’ambiente di provenienza”. La particolare collocazione organizzativa delle RSA, appare illuminante laddove vien ad essere ulteriormente chiarito che la RA (residenza assistenziale) “si pone al di fuori delle strutture del Servizio Sanitario Nazionale. Essa si esprime attraverso diverse forme di residenzialita’ collettiva (case di riposo, case albergo, comunita’ alloggio, ecc.). E’ caratterizzata da diversi livelli di protezione sociale e di assistenza tutelare offerta ad anziani autosufficienti non bisognosi di assistenza sanitaria specifica. Nella RA le prestazioni di medicina generale, attivita’ infermieristiche e riabilitative sono assicurate dai servizi sanitari distrettuali.”.
Per quanto interessa la presente controversia, le Linee-Guida del 1994, ai fini della esatta determinazione della spesa gravante sul Servizio sanitario nazionale, individuano tra le molteplici voci di costi – definiti funzionali – della struttura residenziale sanitaria assistita (RSA) i seguenti:
– costi alberghieri e generali (Funzioni alberghiere: ristorazione/preparazione pasti; lavanderia e guardaroba; pulizia ambienti. Funzioni di Amministrazione e Direzione: attivita’ di coordinamento; attivita’ di amministrazione/gestione; valutazione qualita’ dell’assistenza; spese generali);
– costi assistenza sanitaria (Funzioni sanitarie: assistenza infermieristica; assistenza medica; assistenza riabilitativa; assistenza e consulenza specialistica – geriatrica, psichiatrica, ecc.-);
– costi assistenza sociale a rilievo sanitario (Funzioni assistenziali: igiene personale e necessita’ fisiologiche; aiuto svolgimento attivita’ quotidiane, compreso consumo cibi; cura della persona e del suo aspetto. Funzioni di animazione, socializzazione e assistenza psicologica: attivita’ ricreativa/culturale e creativa; attivita’ motoria).
Tale suddivisione rileva ai fini della delimitazione dell’area di spesa riservata al Servizio sanitario nazionale in quanto “In base all’analisi della normativa regionale, si puo’ affermare che l’indirizzo prevalente e’ quello di prevedere l’assunzione da parte dell’utente delle spese alberghiere e sociali, essendo quelle sanitarie a carico dell’USL. In caso di reddito insufficiente, e’ previsto l’intervento dei familiari o del Comune di residenza. In alcuni casi e’ previsto altresi’ che la partecipazione dell’utente abbia inizio dopo il secondo mese di permanenza nella RSA se l’assistito proviene da una fase di malattia acuta in ospedale e l’avvio in RSA rappresenta una fase riabilitativa prima del ritorno a domicilio.”. Rimane invece escluso a carico del SSN l’onere di spesa per le prestazioni erogate dalla RA in quanto “i costi dell’ospitalita’ nella RA non sono a carico del Servizio Sanitario Nazionale che assicura esclusivamente le prestazioni sanitarie erogate attraverso il distretto”.
Con Decreto del Presidente della Repubblica in data 14 gennaio 1997 (Approvazione dell’atto di indirizzo e coordinamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi per l’esercizio delle attivita’ sanitarie da parte delle strutture pubbliche e private) sono stati definiti i requisiti minimi standard nazionali per il conseguimento dell'”accreditamento” da parte delle strutture pubbliche e private, condizione indispensabile alla erogazione di prestazioni sanitarie rese nell’ambito del servizio sanitario pubblico, specificandosi che “La qualita’ di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate, al di fuori degli appositi rapporti di cui al Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articolo 8, commi 5 e 7 e successive modificazioni ed integrazioni, nell’ambito del livello di spesa annualmente definito”.
Tra le strutture “accreditabili” che erogano prestazioni in regime residenziale vengono individuate le RSA, definite come ” presi’di che offrono a soggetti non autosufficienti, anziani e non, con esiti di patologie, fisiche, psichiche, sensoriali o miste, non curabili a domicilio, un livello medio di assistenza medica, infermieristica e riabilitativa, accompagnata da un livello “alto” di assistenza tutelare ed alberghiera, modulate in base al modello assistenziale adottato dalle Regioni e Province autonome”. Tali strutture inserite nella organizzazione del SSR non sono destinate al ricovero in lungodegenza, potendo essere ivi trattenuto l’assistito per periodi limitati e soltanto per il tempo necessario alla esecuzione del trattamento sanitario. L’Atto di indirizzo del 1997 specifica infatti che “Le R.S.A. sono destinate a soggetti non autosufficienti, non curabili a domicilio, portatori di patologie geriatriche, neurologiche e neuropsichiatriche stabilizzate. Sono da prevedere: ospitalita’ permanenti, di sollievo alla famiglia non superiori ai 30 giorni, di completamento di cicli riabilitativi eventualmente iniziati in altri presidi del SSN”.
I costi relativi al trattamento sanitario in regime residenziale venivano ad essere distinti in relazione alla tipologia della prestazione: sanitaria in senso stretto, meramente socio-assistenziale, e di natura mista nella ipotesi in cui il connubio di prestazioni di diversa natura fosse indistricabile, in quanto caratterizzato da nessi di strumentalita’ necessaria.
Il Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma della L. 30 novembre 1998, n. 419, articolo 1), modificando il Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma della L. 23 ottobre 1992, n. 421, articolo 1), ha demandato alle regioni la organizzazione distrettuale delle UU.SS.LL., in modo da garantire -per quanto qui interessa – l’erogazione delle prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, connotate da specifica ed elevata integrazione, nonche’ delle prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se delegate dai comuni” (articolo 3 quinquies, comma 1, lettera c), ed ha espressamente definito “prestazioni socio-sanitarie…. tutte le attivita’ atte a soddisfare, mediante percorsi assistenziali integrati, bisogni di salute della persona che richiedono unitariamente prestazioni sanitarie e azioni di protezione sociale in grado di garantire, anche nel lungo periodo, la continuita’ tra le azioni di cura e quelle di riabilitazione” (articolo 3 septies, comma 1), venendo quindi a distinguere nell’ambito di tale categoria generale (id., comma 2):
a) le “prestazioni sanitarie a rilevanza sociale”, cioe’ le attivita’ finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite e acquisite: e la regione determina – sulla base dei criteri posti dall’atto di indirizzo e coordinamento di cui al comma 3 – il finanziamento per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, sulla base di quote capitarie correlate ai livelli essenziali di assistenza (id., comma 6, seconda parte);
b) le “prestazioni sociali a rilevanza sanitaria”, cioe’ tutte le attivita’ del sistema sociale che hanno l’obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilita’ o di emarginazione condizionanti lo stato di salute: tali prestazioni sono di competenza dei Comuni che provvedono al loro finanziamento negli ambiti previsti dalla Legge Regionale ai sensi del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articolo 3, comma 2, (id., comma 6, prima parte);
c) le “prestazioni sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria”, caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensita’ della componente sanitaria (e riferite a pazienti affetti da patologie cronico-degenerative che richiedono la inscindibilita’ di piu’ apporti professionali sanitari e sociali che possono, solo congiuntamente, realizzare i risultati programmati), interamente a carico del Fondo per il servizio sanitario pubblico (id., commi 4 e 5).
Il medesimo decreto legislativo ha, quindi, demandato al successivo “atto di indirizzo e coordinamento di cui alla L. 30 novembre 1998, n. 419, articolo 2, comma 1, lettera n), ” – da emanarsi, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, su proposta del Ministro della sanita’ e del Ministro per la solidarieta’ sociale – la dettagliata individuazione delle prestazioni da ricondurre alle tipologie di cui all’articolo 3 septies, comma 2, lettera a) e b), e la precisazione dei criteri di finanziamento delle stesse per quanto compete, rispettivamente, alle Unita’ sanitarie locali e ai Comuni (id., comma 3).

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