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3.13. L’articolo 138 previgente, difatti, dopo aver definito, alla lettera a) del comma 2, il danno biologico in maniera del tutto identica a quella di cui all’articolo successivo, precisa poi, al comma 3, che “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali,… l’ammontare del danno puo’ essere aumentato dal giudice sino al trenta per cento con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato”.
3.13.1. Lo stesso tenore letterale della disposizione in esame lascia comprendere il perche’ la Corte costituzionale abbia specificamente e rigorosamente limitato il suo dictum alle sole micro-permanenti: nelle lesioni di non lieve entita’, difatti, l’equo apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato e’ funzione necessaria ed esclusiva della rilevante incidenza della menomazione sugli aspetti dinamico relazionali personali.
3.13.2. Il che conferma, seppur fosse ancora necessario, la legittimita’ dell’individuazione della doppia dimensione fenomenologica del danno, quella di tipo relazionale, oggetto espresso della previsione legislativa in aumento, e quella di natura interiore, da quella stessa norma, invece, evidentemente non codificata e non considerata, lasciando cosi’ libero il giudice di quantificarla nell’an e nel quantum con ulteriore, equo apprezzamento.
3.13.3. Il che conferma ancora che, al di fuori del circoscritto ed eccezionale ambito delle micro-permanenti, l’aumento personalizzato del danno biologico e’ circoscritto agli aspetti dinamico relazionali della vita del soggetto in relazione alle allegazioni e alle prove specificamente addotte, del tutto a prescindere dalla considerazione (e dalla risarcibilita’) del danno morale. Senza che cio’ costituisca alcuna “duplicazione risarcitoria”.
3.14. In altri termini, se le tabelle del danno biologico offrono un indice standard di liquidazione, l’eventuale aumento percentuale sino al 30% sara’ funzione della dimostrata peculiarita’ del caso concreto in relazione al vulnus arrecato alla vita di relazione del soggetto. Altra e diversa indagine andra’ compiuta in relazione alla patita sofferenza interiore. Senza che alcun automatismo risarcitorio sia peraltro predicabile.
3.15. Il sistema risarcitorio del danno non patrimoniale, cosi’ inteso, conserva, dunque, una sua intima coerenza, e consente l’applicazione dei criteri posti a presidio della sua applicazione senza soluzioni di continuita’ o poco ragionevoli iati dovuti alla specifica tipologia di diritti costituzionalmente tutelati.
3.15.1. Ogni vulnus arrecato ad un interesse tutelato dalla Carta costituzionale si caratterizza, pertanto, per la sua doppia dimensione del danno relazionale/proiezione esterna dell’essere, e del danno morale/interiorizzazione intimistica della sofferenza.
E se un paragone con la sfera patrimoniale del soggetto fosse lecito proporre, pare delinearsi una sorta di (involontaria) simmetria con la doppia dimensione del danno patrimoniale, il danno emergente (danno “interno”, che incide sul patrimonio gia’ esistente del soggetto) e il lucro cessante (che, di quel patrimonio, e’ proiezione dinamica ed esterna).
3.16. Tale ricostruzione della morfologia del danno non patrimoniale trova, oggi, definitiva quanto inequivoca conferma nella nuova formulazione dell’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni (contenuta nella Legge annuale per il mercato e la concorrenza, approvato definitivamente il 2 agosto 2017) dove si legge, testualmente, alla lettera e), che “al fine di considerare la componente del danno morale da lesione all’integrita’ fisica, la quota corrispondente al danno biologico stabilita in applicazione dei criteri di cui alle lettere da a) a d) e’ incrementata in via percentuale e progressiva per punto, individuando la percentuale di aumento di tali valori per la personalizzazione complessiva della liquidazione.
3.17. Sulla base di tali premesse di metodo, va nella specie osservato come la personalizzazione del danno non patrimoniale, considerato, sia pur implicitamente, in tutte le sue componenti dal giudice di appello, sia stata oggetto di disamina adeguata nell’impugnata sentenza (par. 5.4 della motivazione), che va, pertanto, in parte qua confermata.
4. Con il quarto motivo, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 137 del C.d.A. (gia’ Decreto Legge 23 dicembre 1976, n. 587, articolo 4, convertito e modificato con legge n. 39 del 26 febbraio 1997); articolo 360 c.p.c., n. 3. Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti; articolo 360 c.p.c., n. 5.
4.1. Il ricorrente propone un’articolata censura di violazione di legge in relazione al rigetto della domanda di risarcimento del danno patrimoniale conseguente al sinistro, sia in relazione alla percentuale di invalidita’ permanente (20%) sia in relazione all’inabilita’ temporanea.
4.2. La censura mossa alla sentenza impugnata non coglie, peraltro, nel segno, in considerazione della sua specifica ratio decidendi, la cui ipotetica censurabilita’ non attiene a profili di applicazione normativa ma al difetto di prova in questo ambito, atteso il rilievo – quanto all’invalidita’ permanente – che lo stesso consulente di parte ha condiviso in ordine all’assenza di conseguenze sulla capacita’ reddituale, rimasta intatta, del danneggiato, e – quanto all’inabilita’ temporanea – che nel dibattito processuale non e’ stato offerto alcun elemento probatorio idoneo a dare contezza della lamentata decurtazione, anche per carente specificazione del riparto reddituale tra lavoro dipendente e lavoro autonomo intra moenia. Sicche’ il riferimento alla disciplina legislativa che indica i criteri di determinazione del reddito ai fini del risarcimento (articolo 137 Codice delle Assicurazioni) si rivela astratto, perche’ il criterio, intanto puo’ dirsi violato, in quanto ne sussista il presupposto primo, ovvero appunto il danno, sulla cui premessa soltanto e’ possibile svolgere la metodica del criterio di determinazione del reddito.
4.3. Ne discende pertanto l’infondatezza anche del quarto motivo di ricorso.
5. Conclusivamente il ricorso merita accoglimento quanto al secondo motivo, rigettati gli altri, con conseguente cassazione della sentenza.
6. La Corte, in assenza della necessita’ di ulteriori accertamenti di fatto, puo’ decidere la causa nel merito, condannando le parti resistenti a pagare in favore di (OMISSIS) la somma di Euro 59.704, in luogo della minor somma di Euro 39.955,44, oltre interessi e rivalutazione dalla data del sinistro a quella del pagamento.
7. Le spese del giudizio possono essere compensate, in ragione della reciproca, parziale soccombenza.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta gli altri e, decidendo nel merito, liquida il danno non patrimoniale subito dal ricorrente nella somma di Euro 59.704, oltre interessi e rivalutazione dalla data del sinistro alla data dell’effettivo pagamento.
Spese compensate.

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