Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 3 novembre 2017, n. 50198. Il reato di peculato, oltre a vulnerare l’interesse per il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, offende anche l’interesse che il titolare del bene oggetto dell’appropriazione ha di conservarlo

Il reato di peculato, oltre a vulnerare l’interesse per il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione, offende anche l’interesse che il titolare del bene oggetto dell’appropriazione ha di conservarlo, interesse che, generalmente, ha natura patrimoniale ma che non si può affatto escludere che sia, anche o solo, di altra natura, in dipendenza di particolari legami del soggetto passivo con il bene. Ne consegue che l’eventuale mancanza di danno patrimoniale conseguente all’appropriazione non esclude la sussistenza del reato, atteso che rimane pur sempre leso dalla condotta dell’agente l’altro interesse, diverso da quello patrimoniale, protetto dalla norma incriminatrice, ossia quello della legalità, imparzialità e buon andamento dell’operato della pubblica amministrazione.

Sentenza 3 novembre 2017, n. 50198
Data udienza 5 ottobre 2017

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARCANO Domenico – Presidente

Dott. TRONCI Andrea – Consigliere

Dott. RICCIARELLI Massimo – Consigliere

Dott. CAPOZZI Angelo – Consigliere

Dott. GIORDANO Emilia An – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
(OMISSIS), n. a (OMISSIS);
avverso la sentenza dell’8/6/2016 della Corte di appello di Lecce;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal consigliere Emilia Anna Giordano;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. BALSAMO Antonio, che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi, previa correzione dell’errore materiale contenuto nella intestazione della sentenza;
udito, per la ricorrente (OMISSIS), il difensore, avvocato (OMISSIS) e per (OMISSIS) l’avvocato (OMISSIS), in proprio e in qualita’ di sostituto processuale dell’avvocato (OMISSIS), i quali hanno insistito per l’accoglimento dei rispettivi motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Lecce ha confermato la condanna, all’esito di giudizio abbreviato, di (OMISSIS) alla pena di anni uno e mesi due di reclusione e di (OMISSIS) alla pena di anni uno di reclusione, per i delitti loro rispettivamente ascritti di peculato e tentato peculato (articolo 314 c.p.), commessi in (OMISSIS), previa applicazione delle circostanze attenuanti generiche e di quella della speciale tenuita’ del danno di cui all’articolo 62 c.p., n. 4. Le ricorrenti, guardie particolari giurate alle dipendenze dell'(OMISSIS) e addette al controllo bagagli presso l’aeroporto di (OMISSIS), si erano appropriate, o, la (OMISSIS), aveva tentato di appropriarsi, di beni di modesto valore economico appartenenti a (OMISSIS) e (OMISSIS) ovvero a passeggeri non identificati, prelevandoli dal bagaglio imbarcato nella stiva. A fondamento del giudizio di colpevolezza i giudici del merito hanno valorizzato gli esiti delle registrazioni audio-video eseguite nello stanzino nel quale le predette ed i correi, separatamente giudicati, avevano trasportato i bagagli imbarcati, prelevandone – dopo averli aperti in violazione delle norme che regolano i controlli di sicurezza – alcuni beni che vi erano contenuti nonche’ le dichiarazioni confessorie rese dall’ (OMISSIS) e da (OMISSIS), coimputato della (OMISSIS) nei reati a costei ascritti ai capi G) e H) della rubrica.
2. Entrambe le imputate hanno proposto ricorso, con motivi, di seguito sintetizzati ai sensi dell’articolo 173 disp. att. c.p.p., affidati ai rispettivi difensori, avvocato (OMISSIS), avvocato Vito Epifani e avvocato (OMISSIS).
2.1 (OMISSIS), deduce il vizio di motivazione in relazione al ritenuto coinvolgimento nelle condotte appropriative poiche’ dalla visione dei filmati si evince, con riguardo al primo ed al terzo episodio, che la (OMISSIS) e’ sempre posizionata tra l’obiettivo della telecamera e la valigia e il (OMISSIS) e’, invece, rivolto verso la valigia che sta “ispezionando” e, inoltre, con riguardo all’episodio sub capo H) che la (OMISSIS) e’ sopraggiunta nella saletta solo dopo che il (OMISSIS) aveva estratto un involucro chiaro dalla valigia. Le conclusioni della Corte salentina, che non ha valutato le deduzioni svolte dalla difesa con i motivi di appello, valorizzano, in contrasto con tali evidenze, le dichiarazioni accusatorie del (OMISSIS) e sono contraddette dalla assoluzione della (OMISSIS) dall’episodio sub capo I) e da quella del coimputato (OMISSIS), nel giudizio ordinario. Secondo la ricorrente, infine, la sentenza impugnata ha erroneamente valorizzato, quale contributo concorsuale, il silenzio e l’omesso intervento della (OMISSIS) a fronte delle condotte di appropriazione del (OMISSIS) e, cioe’, la mera connivenza della (OMISSIS).
2.2 Nel ricorso a firma dell’avvocato Epifani, (OMISSIS) sollecita la correzione dell’errore materiale, contenuto nell’epigrafe della sentenza impugnata laddove, in contrasto con quella di primo grado, le sono ascritti anche i reati di cui ai capi G) ed E), mai contestati ne’ richiamati nella sentenza di primo grado. Denuncia, altresi’, vizio di motivazione e vizio di violazione di legge poiche’, sulla base di un’evidente travisamento della prova cristallizzata in “atti, la Corte di merito ha ritenuto che la (OMISSIS) si fosse appropriata anche di un telefono cellulare laddove, il proprietario del bagaglio, aveva denunciato solo la scomparsa di un caricabatteria per telefonino, marca nokia, e di un profumo marca Ferrari, precisazione di non poco momento ai fini della configurabilita’ del reato di peculato che ricorre solo in presenza di un danno apprezzabile al patrimonio della pubblica amministrazione, penalmente irrilevante se non presenta conseguenze economicamente e funzionalmente significative. Il reato di peculato e’, pertanto, da escludere in presenza del valore di un bene di modestissimo valore economico (Euro 3,50), prelevato dall’imputata del tutto occasionalmente dovendo ricaricare il proprio apparecchio perche’ aveva dimenticato a casa il proprio caricabatteria. Motivi di ricorso sostanzialmente analoghi sono stati sviluppati nel ricorso a firma dell’avvocato (OMISSIS) il quale evidenzia come le conclusioni alle quali e’ pervenuta la Corte riposano sulla erronea lettura del contenuto dei frames estratti dal sistema di videosorveglianza, il cui tenore e’ smentito dalle dichiarazioni rese dal (OMISSIS) che ha escluso categoricamente la circostanza che dal borsone fossero stati prelevati il profumo marca Ferrari e un telefono cellulare. Erronea e’ anche l’argomentazione in diritto della Corte di merito secondo la quale in presenza di reato plurioffensivo, quale quello di peculato, non rileva il valore economico della res sottratta, e, cioe’ il modestissimo valore del caricabatteria e l’occasionalita’ della condotta appropriativa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi, per plurimi ma convergenti ragioni, sono inammissibili.

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