Corte di Cassazione, sezione sesta penale, sentenza 3 gennaio 2018, n. 91. La resistenza a pubblico ufficiale, reato comune e a bassa valenza criminogena, non giustifica la sorveglianza speciale se è trascorso un significativo lasso di tempo tra l’emissione del decreto di sottoposizione alla misura di prevenzione e la sua esecuzione

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4. Secondo il ricorrente, tuttavia, la decisione adottata dal Tribunale di Lecce era viziata sia sotto il profilo della corretta applicazione della norma di riferimento, che sotto quello dell’iter logico argomentativo che aveva condotto all’affermazione della pericolosita’ del proposto.
Il (OMISSIS), infatti, in data (OMISSIS), non si era reso responsabile del delitto di resistenza a pubblico ufficiale, ma si era semplicemente trovato a bordo di un’auto, peraltro a due porte, in compagnia di due soggetti gravati da pregiudizi penali, mentre occupava il sedile posteriore.
Al tentativo delle forze dell’ordine di bloccare la vettura, il conducente, tale (OMISSIS), aveva posto in essere un tentativo di fuga, per poi essere bloccato, dopo un inseguimento descritto nell’annotazione di polizia giudiziaria redatta in pari data.
Il Tribunale di sorveglianza di Lecce, in ragione della accertata violazione del divieto di intrattenersi con pregiudicati, aveva, pertanto, revocato al (OMISSIS) il beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale, disponendo, tuttavia, che il periodo trascorso in affidamento fosse computato quale pena espiata, evidentemente ritenendo che la violazione non fosse di gravita’ tale da revocare integralmente il beneficio.
La Corte appello di Lecce aveva, invece, ritenuto che tale violazione fosse di rilievo tale da far ritenere il proposto attualmente pericoloso, nonostante un lunghissimo periodo di detenzione subito, di circa 23 anni, nel quale aveva beneficiato di 2085 giorni di liberazione anticipata, del beneficio della semiliberta’ per oltre un anno e, solo da ultimo, dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Secondo la Corte territoriale, infatti, il positivo percorso carcerario non rilevava ai fini dell’esclusione della pericolosita’ sociale del (OMISSIS).
Tale asserto, secondo il ricorrente, si rivelava, tuttavia, erroneo in quanto la concessione della liberazione anticipata non consegue automaticamente al corretto comportamento detentivo, come era stato erroneamente affermato nel provvedimento impugnato, ma per coloro che si trovano in espiazione pena per delitti compresi dalla L. n. 354 del 1975, articolo 4 bis necessita che non vi siano “elementi tali da far ritenere sussistenti collegamenti con la criminalita’ organizzata, terroristica o eversiva”.
Analogamente i permessi premio concessi al (OMISSIS), oltre trenta tra il 2007 ed il 2015, tutti con esito positivo, erano stati subordinati all’accertamento giurisdizionale da parte del Tribunale di sorveglianza, sia dell’assenza di collegamenti con la criminalita’ organizzata che della pericolosita’ sociale dell’interessato.
Pertanto, nel valutare la permanenza nella attualita’ della pericolosita’ sociale del (OMISSIS), non si poteva obliterare il comportamento corretto tenuto dal proposto durante i permessi premio, il periodo di semiliberta’ e di affidamento in prova prima dell’episodio incriminato.
5. Il convincimento della Corte d’appello di Lecce, era, pertanto fondato su un unico episodio indiziante di reato, non bilanciato con gli elementi di segno opposto addotti dalla difesa e non colto nella propria esatta dimensione storica al fine di apprezzarne la occasionalita’ e la non abitualita’.
Errata era, inoltre, la applicazione del Decreto Legislativo n.
159 del 2011, articoli 1 e 4, in quanto il fatto di resistenza a pubblico ufficiale, pur contestato dal ricorrente nella propria sussistenza giuridica, era occasionale ed irrilevante rispetto alle categorie di pericolosita’ sociale delineate dal legislatore al Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articoli 1 e 4.
6. Tali rilievi critici si rivelano fondati.
Ai fini dell’applicazione di misure di prevenzione nei confronti di appartenenti ad associazioni di tipo mafioso, e’, infatti, onere del giudice verificare in concreto la persistenza della pericolosita’ del proposto, specie nel caso in cui sia decorso un apprezzabile periodo di tempo tra l’epoca dell’accertamento in sede penale e il momento della formulazione del giudizio in sede di prevenzione, e, tra la pregressa violazione della legge penale e tale ultimo giudizio sia decorso un periodo detentivo tendente alla risocializzazione o comunque esente da ulteriori condotte sintomatiche di pericolosita’ (Sez. 6, n. 531357 del 11/11/2016, Camerlingo, Rv. 268518, fattispecie nella quale la Corte ha annullato, per carenza di motivazione, il provvedimento che aveva fondato il giudizio di attualita’ della pericolosita’ del proposto sul ruolo rivestito all’interno del sodalizio senza considerare il non trascurabile lasso di tempo in cui il condannato era rimasto in stato di detenzione; Sez. 1, n. 23641 del 11/02/2014, Mondini, Rv. 260104).
7. Nella formulazione di tale diagnosi, come ha rilevato il Procuratore Generale, si rivela, tuttavia, meramente apparente la motivazione che, come nella specie, tragga dalla commissione di un unico reato comune ed a bassa valenza criminogena, quale la resistenza a pubblico ufficiale, la dimostrazione della perdurante pericolosita’ sociale del proposto.
Tale delitto, contestato, peraltro, nei propri estremi fattuali dal ricorrente e per il quale, all’atto della adozione del decreto impugnato, non risultava neppure esercitata l’azione penale, si rivela, infatti, irrelato rispetto alla pregressa diagnosi di pericolosita’ qualificata del (OMISSIS) e, pertanto, inidoneo a dimostrarne la perdurante attualita’.
La Corte di appello di Lecce, inoltre, una volta esclusa la perdurante pericolosita’ qualificata del (OMISSIS), non ha individuato a quale delle categorie dei soggetti indicati nel Decreto Legislativo n. 159 del 2011, articolo 4, che possono essere assoggettati a misure di prevenzione personali, il proposto sia attualmente riconducibile e quale rilievo assuma rispetto alle stesse il deferimento in stato di liberta’ per il delitto di resistenza a pubblico ufficiale di cui si e’ detto.
8. Ritiene, pertanto, il Collegio che, stante il significativo lasso di tempo intercorso tra l’emissione del decreto di sottoposizione alla misura di prevenzione e la sua esecuzione, il decorso di un periodo detentivo estremamente ampio tendente alla risocializzazione e, comunque, esente da ulteriori condotte dimostrative di pericolosita’ ed il carattere asintomatico, anche nella propria episodicita’, del fatto di resistenza a pubblico ufficiale di cui si controverte rispetto alla categoria di pericolosita’ sociale contestata al (OMISSIS), la motivazione del decreto impugnato si riveli meramente apparente.
9. Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere accolto ed il provvedimento impugnato ed il decreto emesso in data 23 settembre 2016 del Tribunale di Lecce, devono essere annullati senza rinvio, ordinando la cessazione della misura in atto.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il decreto impugnato nonche’ quello in data 23 settembre 2016 del Tribunale di Lecce ed ordina la cessazione della misura in atto. Manda alla cancelleria per i conseguenti adempimenti esecutivi.

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