Corte di Cassazione, sezione sesta civile, ordinanza 9 ottobre 2017, n. 23621. Il principio dell’apparenza del diritto è inapplicabile, sia nei rapporti tra condominio e condomino, che nei confronti dei terzi estranei al condominio

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Il ricorrente ha presentato memoria ai sensi dell’articolo 380 c.p.c.. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente, in quanto connessi, e si rivelano fondati.
Questa Corte ha piu’ volte affermato che in materia condominiale, quanto meno con riferimento alle azioni promosse dall’amministratore per la riscossione delle spese condominiali di competenza delle singole unita’ immobiliari di proprieta’ esclusiva, sono passivamente legittimati soltanto i rispettivi proprietari effettivi di dette unita’, e non anche coloro che possano apparire tali, a nulla rilevando la reiterazione continuativa di comportamenti propri del condomino, ne’ sussistendo esigenze di tutela dell’affidamento di un terzo di buona fede nella relazione tra condominio e condomino (Cass. Sez. U, 08/04/2002, n. 5035; Cass. Sez. 2, 03/08/2007, n. 17039; Cass. Sez. 2, 25/01/2007, n. 1627). La Corte d’Appello di Salerno al riguardo ha sostenuto che “diversa e’ l’ipotesi in cui l’apparenza della qualita’ di condomino sia rivolta a soggetti terzi… rispetto al condominio, laddove non puo’ farsi carico di accertare la proprieta’ dell’immobile, in particolare quando il condomino apparente abbia partecipato alle decisioni in sede di assemblea condominiale, senza mai palesare all’esterno tale qualita’…”. Questo argomentare non tiene conto che la costruzione giurisprudenziale del principio della diretta riferibilita’ ai singoli condomini della responsabilita’ per l’adempimento delle obbligazioni contratte verso i terzi dall’amministratore del condominio per conto del condominio, tale da legittimare l’azione del creditore verso ciascun partecipante, poggia comunque sul collegamento tra il debito del condomino e la res, in quanto e’ comunque la contitolarita’ delle parti comuni che ne costituisce il fondamento. D’altro canto, la stessa conclusione raggiunta in giurisprudenza, per cui la responsabilita’ dei condomini e’ retta dal criterio della parziarieta’, nel senso che le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, e’ stata costruita spiegando che l’amministratore possa vincolare i singoli comunque “nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote” (Cass. Sez. U, 08/04/2008, n. 9148).
E’ pacifico che occorra l’autorizzazione dell’assemblea (o, comunque, l’approvazione mediante sua successiva ratifica), ai sensi dell’articolo 1135 c.c., comma 1, n. 4 e con la maggioranza prescritta dall’articolo 1136 c.c., comma 4, per l’approvazione di un appalto relativo a riparazioni straordinarie dell’edificio condominiale. E’ poi dalla deliberazione dell’assemblea, e non dal rapporto contrattuale con l’appaltatore, che discende l’obbligo dei singoli condomini di partecipare agli esborsi derivanti dall’esecuzione delle opere, ponendosi il condominio (e non ciascun condomino) come committente nei confronti dell’appaltatore stesso. Anche, dunque, la vicenda obbligatoria che si imputa pro quota al singolo partecipante e’ geneticamente correlata al diritto reale condominiale (si vedano, indicativamente, dell’articolo 63 disp. att. c.c., commi 1 e 2, come modificato dalla L. n. 220 del 2012, pur non applicabile nella specie ratione temporis), ed e’ quindi quanto meno indirettamente collegata alla situazione resa pubblica nei libri fondiari. Ai fini dell’invocabilita’ dell’apparentia iuris a garanzia dell’affidamento maturato dal terzo creditore del condominio, non puo’ quindi negarsi, come fatto dalla Corte d’Appello di Salerno, la sussistenza di un legame con il dato pubblicitario emergente dalla trascrizione nei registri immobiliari, trattandosi di trarre conseguenze ai fini dell’adempimento di un’obbligazione pecuniaria comunque connessa con la titolarita’ di un diritto reale di proprieta’.
D’altro canto, e’ decisivo osservare come nel nostro ordinamento il principio dell’apparenza del diritto (articolo 1189 c.c.) trova applicazione quando sussistono uno stato di fatto difforme dalla situazione di diritto ed un errore scusabile del terzo in buona fede circa la corrispondenza del primo alla realta’ giuridica, assumendo comunque rilievo giuridico l’apparenza ai soli fini della individuazione del titolare di un diritto soggettivo, ma non anche per fondare una pretesa di adempimento nei confronti di un soggetto non debitore, atteso che l’affidamento del terzo puo’ legittimare una richiesta di risarcimento danni per il subito pregiudizio, e non invece trasformare in debitore un soggetto che non rivesta tale qualita’ (cfr. Cass. Sez. U, 01/07/1997, n. 5896; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11041; Cass. Sez. 1, 10/11/1997, n. 11040).
L’accoglimento dei primi due motivi assorbe l’esame del terzo motivo, che, come visto, lamenta altresi’ che la condanna del ricorrente sia stata disposta, in violazione del criterio della parziarieta’, non in proporzione dell’esatta rispettiva quota millesimale a lui attribuita, ma per l’intero residuo debito verso il creditore rimasto insoluto dopo il pagamento parziale della somma ingiunta effettuato dall’altro moroso intimato (OMISSIS).
Il primo ed il secondo motivo di ricorso devono, quindi, essere accolti, rimanendo assorbito il terzo motivo, e la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, che decidera’ la causa uniformandosi ai richiamati principi e tenendo conto dei rilievi svolti, e regolera’ anche le spese del giudizio di legittimita’.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Salerno in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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