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1. – Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. c.c. in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione di norme di diritto e dei criteri di ermeneutica contrattuale e vizio di motivazione per errata valutazione ed interpretazione delle clausole contrattuali e del comportamento delle parti, in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Ad avviso dei ricorrenti, la Corte d’appello avrebbe violato l’ordine gerarchico delle regole di ermeneutica ed il fondamentale precetto stabilito dall’articolo 1362 c.c., comma 1, e avrebbe travisato il significato di due clausole contrattuali: la prima, prevedente che “la vendita si concludera’ con atto pubblico al termine delle quote di riscatto da versare nei modi stabiliti dall’attuale Ente proprietario”; e la seconda recante la previsione secondo cui “qualora sopraggiungessero gravi problemi che pregiudicassero o limitassero la piena proprieta’ degli acquirenti del bene alienato, la venditrice a propria cura e spese restituira’ le somme avute dagli acquirenti maggiorate degli interessi bancari correnti al momento”. Secondo i ricorrenti, la prima clausola chiaramente lascerebbe intendere la volonta’ di far coincidere la stipula del definitivo con il saldo dei ratei da versare allo IACP, senza il minimo riferimento al compimento del decennio di inalienabilita’: la condicio iuris prevista era unicamente il momento del saldo, non il compimento del decennio, al quale le parti non si erano riferite affatto, cosicche’ l’affermazione, contenuta in sentenza, che la data del rogito prefissata contrattualmente doveva avvenire trascorso il periodo decennale di garanzia perche’ la tempistica ordinaria per l’espletamento del riscatto era quella decennale, costituirebbe un manifesto travisamento della volonta’ negoziale. Ad avviso dei deducenti, la seconda clausola denoterebbe che le parti avevano previsto l’invalidazione, per qualunque ragione, del preliminare. La Corte romana avrebbe dovuto accogliere la domanda sul rilievo: che il contratto di compravendita fra (âEuroËœIACP e la (OMISSIS) era del 20 agosto 1992; che lo IACP con dichiarazione del 13 novembre 1997 aveva prestato consenso alla cancellazione dell’ipoteca, dando atto dell’avvenuto anticipato pagamento del debito originario di Lire 22.000.000, oltre interessi; che il saldo dei ratei era avvenuto entro il decennio di inalienabilita’ e che il definitivo doveva essere stipulato entro lo stesso termine.
1.1. – Il motivo e’ inammissibile la’ dove prospetta il “vizio di motivazione per errata valutazione ed interpretazione delle clausole contrattuali e del comportamento delle parti in relazione all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5)”, posto che la censura e’ articolata richiamando il testo dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella versione anteriore alla riforma introdotta dal Decreto Legge n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. n. 134 del 2012.
Tale norma, nel caso, non e’ piu’ applicabile, trattandosi di sentenza depositata il 30 ottobre 2013, quindi dopo l’entrata in vigore della citata novella, la quale ha introdotto una disciplina piu’ stringente: per un verso riducendo al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimita’ sulla motivazione (sicche’ e’ denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in se’, purche’ il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” o “contraddittorieta’” della motivazione); per l’altro verso introducendo nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per se’, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorche’ la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie) (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 22 maggio 2014, n. 11308).
Cio’ che rileva, in base alla nuova previsione dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e’ solo l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, cioe’ la pretermissione di quei dati materiali, acquisiti e dibattuti nel processo, aventi portata idonea a determinare direttamente un diverso esito del giudizio.
Nella parte in cui denuncia il vizio di motivazione ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), la formulazione del motivo in esame, quale desumibile dal relativo tenore, non risulta in linea con la nuova previsione processuale.
1.2. – Il motivo e’ infondato la’ dove denuncia il vizio di violazione e falsa applicazione degli articoli 1362 e ss. c.c..
La Corte d’appello non e’ incorsa in alcuna “immotivata anteposizione dei criteri sussidiari di ermeneutica al dato letterale” ne’ in una “errata interpretazione degli uni e dell’altro”.
Infatti, nel condividere la lettura del contratto preliminare cosi’ come ritenuta dal Tribunale, la sentenza impugnata si e’ chiaramente attenuta, non solo al “canone oggettivo” di conservazione del contratto espresso dall’articolo 1367 c.c., ma anche – e prima ancora – al criterio della comune intenzione dei contraenti, ricostruita in base al “tenore del contratto” e al comportamento delle parti “coevo e successivo alla stipula del contratto”.
La Corte romana, invero, ha evidenziato che la data del rogito prefissata contrattualmente “al termine del versamento delle quote di riscatto nei modi stabiliti dall’ente” doveva avvenire, secondo la comune volonta’ delle parti, trascorso il periodo decennale di garanzia, avendo i paciscenti inteso posticipare oltre il periodo di salvaguardia la stipula del definitivo: infatti, la tempistica ordinaria per l’espletamento del riscatto degli immobili IACP, cosi’ come previsto dalla L. n. 513 del 1977, articolo 28 e’ quella decennale, e solo un “dato contingente” ha portato alla anticipata estinzione del debito verso lo IACP.
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