Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 27 novembre 2017, n. 28233. La responsabilità regolata dall’art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura non contrattuale

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Va anche qui ribadito il rilievo concernente la impossibilita’ di denunciare uno actu la mancanza, l’insufficienza e la contraddittorieta’ della motivazione (cfr. § 2.1.).
In violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente ha, inoltre, omesso di trascrivere a) la lettera del 14.9.1996 (dalla quale si sarebbe, secondo il suo assunto, dovuto desumere che, a seguito del rifiuto dei coniugi (OMISSIS) di ottemperare alle disposizioni loro impartite, egli avrebbe declinato le proprie responsabilita’), peraltro considerata irrilevante dalla corte d’appello (in quanto gli ordini erano stati rivolti allorquando il rustico era gia’ stato irreversibilmente completato; cfr. pag. 30 della sentenza), b) il passaggio contenuto nell’a.t.p. (dal quale si sarebbe dovuto evincere la presenza di terra di riporto posta al fine di riempire il vuoto esistente, avvenuto dopo la sospensione dei lavori da parte del (OMISSIS)) e c) il verbale contenente le risposte fornite da (OMISSIS) in sede di interrogatorio formale (avente ad oggetto, peraltro, aspetti (l’aver negato una circostanza – il punto in cui doveva essere costruito l’edificio – pacificamente ammessa dalla moglie e di aver ricevuto dal (OMISSIS) le indicazioni finalizzate a dare stabilita’ al sistema “terreno-fondazioni”) privi del connotato di decisivita’).
Non sono, invece, proprio stati indicati gli “atti di causa” dai quali sarebbe emersa “inequivocabilmente” (cfr. pag. 37 del ricorso) la responsabilita’ dei coniugi (OMISSIS).
Avuto riguardo alla esclusione di quest’ultima con riferimento alla natura dei lavori dagli stessi fatti eseguire successivamente all’ultimazione del grezzo, la corte di merito si e’, peraltro, diffusa alle pagine 17-18 (con riferimento al profilo della esclusione dell’assunzione diretta dell’esecuzione dei lavori) ed a pagina 28 della sentenza impugnata, con argomentazioni del tutto coerenti sul piano logico-formale.
D’altra parte, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione, come nel caso di specie, di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa e’ esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura e’ possibile, in sede di legittimita’, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta – e’ segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, e’ mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (Sez. U, Sentenza n. 10313 del 05/05/2006 e, di recente, Sez. L, Sentenza n. 195 del 11/01/2016).
Nella fattispecie in esame, esclusa in astratto una violazione dell’articolo 1227 c.c., le censure sono, a ben vedere, dirette a sollecitare una rivalutazione del materiale istruttorio, preclusa in sede di legittimita’.
6. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente all’affermata inammissibilita’ ex articolo 345 c.p.c. della produzione della lettera di incarico rilasciata dal fratello di (OMISSIS) (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5), per non aver la corte di merito considerato il detto documento, dal quale avrebbe ricavato che il padre del (OMISSIS) era stato delegato per l’esecuzione dei lavori edili in economia e che, quindi, i (OMISSIS), disattendendo le istruzioni loro impartite dal direttore dei lavori, avevano dopo la sospensione eseguito ulteriori opere che avevano determinato le lesioni accertate.
6.1. Il motivo e’ inammissibile.
In violazione del principio di autosufficienza, il ricorrente ha omesso di trascrivere la menzionata lettera, in tal guisa precludendo a questa Corte ogni valutazione in ordine al suo contenuto ed alla sua portata probatoria. Al contempo, non ha trascritto la deposizione resa dal teste (OMISSIS), dalla quale sarebbe, secondo il suo assunto, emerso che il puntellamento dell’edificio era avvenuto allorquando i lavori erano finiti ed il cantiere era chiuso. Peraltro, nel ribadire quanto in precedenza evidenziato in ordine alla non incidenza di siffatti ulteriori lavori sul carico previsto (cfr. pag. 28 della sentenza), il ricorrente vorrebbe, con un salto logico non consentito, ricavare dalla ipotetica realizzazione di opere di puntellamento del solaio della cantina l’appesantimento del detto carico.
In ogni caso, con motivazione logica, la corte cagliaritana ha escluso l’ammissibilita’ della nuova produzione documentale, in quanto non proveniente da (OMISSIS), bensi’ dal fratello del medesimo (cfr. fine pag. 23).
Senza tralasciare che di recente le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che, nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’articolo 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al Decreto Legge n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, quella di per se’ idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato (elementi difettanti o, comunque, non dedotti nel caso di specie), pur a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado (Sez. U -, Sentenza n. 10790 del 04/05/2017).
7. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’articolo 112 c.p.c., la nullita’ della sentenza sempre in relazione all’articolo 112 c.p.c. e la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla richiesta di quantificazione del danno emergente dal sostanziale contenuto della comparsa di costituzione e risposta nella causa davanti alla Corte d’Appello di Cagliari (con riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5), per aver la corte d’appello ritenuto che il motivo di censura concernente la richiesta di riquantificazione del danno fosse stato proposto dalla sola (OMISSIS) s.n.c., nonostante egli avesse ampiamente contestato la quantificazione del danno operata dal primo giudice in quanto non fondata su criteri certi ed oggettivi.
7.1. Il motivo e’ infondato, pur occorrendo correggere la motivazione, ai sensi dell’articolo 384 c.p.c., comma 4.
La corte territoriale ha rilevato (cfr. pag. 32 della sentenza) che il relativo motivo di censura era stato proposto dalla sola (OMISSIS) s.n.c., con la conseguenza che non poteva estendersi al (OMISSIS), essendosi in presenza di una obbligazione solidale.
Il ricorrente ha riprodotto, a pagina 40 del ricorso, uno stralcio della comparsa di costituzione e risposta depositata in appello, dal quale si evince che, sia pure senza formule sacramentali, ha censurato l’operato del primo giudice con riferimento alla quantificazione del danno, superiore anche all’importo indicato dal c.t.u..
Come e’ noto, la Corte di cassazione, allorquando sia denunciato un error in procedendo, e’ anche giudice del fatto ed ha il potere di esaminare direttamente gli atti di causa (cfr., di recente, Sez. 1 -, Sentenza n. 2771 del 02/02/2017).
Orbene, dagli atti di causa si ricava che il (OMISSIS) ha dapprima notificato il proprio atto di appello avverso la sentenza di primo grado in data 1.11.2009 e, poi, a fronte del successivo gravame a sua volta proposto dalla (OMISSIS) s.n.c., si e’ costituito con comparsa depositata il 12.2.2010 (rispetto ad una udienza di comparizione che era stata fissata per il 5.3.2010), nel corso della quale ha sollevato la doglianza oggetto di esame.
Nell’ordinamento processuale civile vige il principio generale della consumazione del potere di impugnazione, per effetto del quale, una volta che la parte abbia esercitato tale potere, esaurisce la facolta’ di critica della decisione che lo pregiudica, senza che possa proporre una successiva impugnazione, salvo che la prima impugnazione sia invalida, non sia stata ancora dichiarata inammissibile o improcedibile e venga rispettato il termine di decadenza previsto dalla legge. Pertanto, ove la stessa sentenza di primo grado venga impugnata tempestivamente con due separati atti (nel caso di specie, l’atto di appello e la comparsa di costituzione), proposti l’uno di seguito all’altro, si pongono due sole alternative, a seconda che il primo di essi abbia, o meno, validamente introdotto il giudizio di gravame: nell’un caso, il ricorso successivamente proposto va dichiarato inammissibile; nell’altro, invece, deve essere esaminato in ragione dell’inammissibilita’ del primo (cfr. Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 24332 del 29/11/2016).
In definitiva, allorquando il diritto di impugnazione sia stato validamente esercitato, il principio di consumazione dell’impugnazione esclude che possa essere proposto un secondo atto di appello, per motivi diversi da quelli dedotti con il primo gravame, ancorche’ la seconda impugnazione risulti tempestiva in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima (evenienza, peraltro, non configurabile nel caso di specie), essendosi esaurito, con la proposizione del ricorso, il diritto di impugnazione (Sez. 3, Sentenza n. 11870 del 22/05/2007; conf. Sez. L, Sentenza n. 1863 del 28/01/2010).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, ben ha fatto la corte cagliaritana a non valutare l’ulteriore censura, ma non gia’ perche’ non proposta, bensi’ in quanto tardivamente sollevata.
8. In definitiva, il ricorso sembra meritevole di accoglimento limitatamente al settimo motivo. Nel qual caso la sentenza impugnata andrebbe cassata con riferimento al motivo accolto e la causa rimessa, anche per la pronuncia sulle spese del presente grado di giudizio, ad altra sezione della Corte d’Appello di Cagliari.
Ricorrono i presupposti di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater, applicabile ratione temporis (essendo stato il ricorso proposto successivamente al 30 gennaio 2013), per il raddoppio del versamento del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.500,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre rimborso forfetario al 15% ed accessori come per legge.
Dichiara la parte ricorrente tenuta al versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, a norma del Decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, articolo 13, comma 1-quater.

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