Corte di Cassazione, sezione seconda civile, sentenza 27 novembre 2017, n. 28233. La responsabilità regolata dall’art. 1669 c.c. in tema di rovina e difetti di immobili ha natura non contrattuale

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In primo luogo, nel ribadire il rilievo di incompatibilita’ tra le censure attinenti alla mancanza, alla insufficienza ed alla contraddittorieta’ della motivazione (cfr. § 2.1.), la corte cagliaritana ha preso in considerazione, fornendo sui rispettivi aspetti una motivazione coerente sul piano logico-formale e corretta dal punto di vista giuridico, i seguenti profili:
a) l’esecuzione di lavori in economia da parte dei coniugi (OMISSIS)- (OMISSIS) (cfr. pagg. 1718 della sentenza, secondo cui l’assunto non ha trovato riscontro in atti);
b) l’inquadramento della fattispecie nell’ambito del contratto d’opera, anziche’ in quello d’appalto (cfr. pag. 24 – soprattutto lettera b -, secondo cui la responsabilita’ dei convenuti-appellanti era da ricondurre a quella extracontrattuale prevista dall’articolo 1669 c.c., il cui ambito e’ piu’ ampio della disciplina dell’appalto), con conseguente invocabilita’ del regime delle decadenze e prescrizioni di cui all’articolo 2226 c.c. (cfr. pag. 31, secondo cui, trattandosi di responsabilita’ extracontrattuale, oltre a non spiegare alcun rilievo la disciplina dettata dagli articoli 2226 c.c. e ss., si rivelava ininfluente la natura dell’obbligazione – se di risultato o di mezzi -).
Senza tralasciare, quanto al profilo sub b), che le disposizioni dell’articolo 2226 c.c., in tema di decadenza e prescrizione dell’azione di garanzia per vizi dell’opera, sono inapplicabili alla prestazione d’opera intellettuale, ed in particolare alla prestazione del professionista che abbia assunto l’obbligazione della redazione di un progetto di ingegneria o della direzione dei lavori, ovvero l’uno e l’altro compito, attesa l’eterogeneita’ della prestazione rispetto a quella manuale, cui si riferisce l’articolo 2226 c.c., norma che percio’ non e’ da considerare tra quelle richiamate dall’articolo 2230 c.c.; pertanto, si deve escludere che il criterio risolutivo ai fini dell’applicabilita’ delle predette disposizioni alle prestazioni in questione possa essere costituito dalla distinzione – priva di incidenza sul regime di responsabilita’ del professionista – fra le cosiddette obbligazioni di mezzi e le cosiddette obbligazioni di risultato: e cio’ tenuto conto anche della frequente commistione, rispetto alle prestazioni professionali in questione, delle diverse obbligazioni in capo al medesimo o a distinti soggetti in vista dello stesso scopo finale, a fronte della quale una diversita’ di disciplina normativa risulterebbe ingiustificata (cfr. Sez. U, Sentenza n. 15781 del 28/07/2005, che pose fine ad un contrasto di orientamenti; conf. Sez. 2, Sentenza n. 5091 del 09/03/2006; Sez. 2, Sentenza n. 28575 del 20/12/2013; Sez. 3, Sentenza n. 12871 del 22/06/2015).
3.2. Avuto riguardo all’asserita applicabilita’ dell’articolo 1453 c.c., in luogo dell’articolo 1669 c.c., in caso di opera incompleta, costituisce orientamento consolidato quello secondo cui, nell’ipotesi in cui l’appaltatore non abbia portato a termine l’esecuzione dell’opera commissionata, restando inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto, la disciplina applicabile nei suoi confronti e’ senz’altro quella generale in materia di inadempimento contrattuale, dettata dagli articoli 1453 e 1455 c.c., laddove la speciale garanzia prevista dagli articoli 1667 e 1668 c.c. trova applicazione nella diversa ipotesi in cui l’opera sia stata portata a termine, ma presenti vizi, difformita’ o difetti (cfr., fra le tante, Sez. 3, Sentenza n. 8103 del 06/04/2006, Sez. 2, Sentenza n. 13983 del 24/06/2011 e Sez. 2, Sentenza n. 1186 del 22/01/2015).
Questo indirizzo e’ stato poi, nel corso degli anni, tralaticiamente esteso anche all’ipotesi di rovina e difetti di cose immobili disciplinata dall’articolo 1669 c.c. (Sez. 2, Sentenza n. 10255 del 16/10/1998; Sez. 2, Sentenza n. 9849 del 19/06/2003; Sez. 2, Sentenza n. 9333 del 17/05/2004). Alla luce di tale ampliamento, il principio che si legge scolpito nelle massime e’ il seguente: “Le disposizioni speciali in tema di inadempimento del contratto di appalto (articoli 1667, 1668 e 1669 c.c.) integrano, ma non escludono, l’applicazione dei principi generali in materia di inadempimento contrattuale che sono applicabili quando non ricorrano i presupposti delle norme speciali, nel senso che la comune responsabilita’ dell’appaltatore ex articoli 1453 e 1455 c.c. sorge allorquando egli non esegue interamente l’opera o, se l’ha eseguita, si rifiuta di consegnarla o vi procede con ritardo rispetto al termine di esecuzione pattuito, mentre la differente responsabilita’ dell’appaltatore, inerente alla garanzia per i vizi o difformita’ dell’opera, prevista dagli articoli 1667 e 1668 c.c., ricorre quando il suddetto ha violato le prescrizioni pattuite per l’esecuzione dell’opera o le regole imposte dalla tecnica. Pertanto, nel caso di omesso completamento dell’opera, anche se questa per la parte eseguita risulti difettosa o difforme, non e’ consentito, al fine di accertare la responsabilita’ dell’appaltatore per inesatto adempimento, far ricorso alla disciplina della suindicata garanzia che richiede necessariamente il totale compimento dell’opera”.
In definitiva, si e’ formato il diffuso convincimento secondo cui, in tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali di cui agli articoli 1667, 1668 e 1669 c.c., indifferentemente intese, integrino – senza escluderne l’applicazione – i principi generali in materia di inadempimento delle obbligazioni (cfr., in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 4446 del 20/03/2012).
Anche di recente questa Corte ha ribadito che l’ambito della responsabilita’, posta dall’articolo 1669 c.c. a carico dell’appaltatore per rovina o difetti della costruzione, in mancanza di limitazioni legali, deve ritenersi coincidere con quello generale della responsabilita’ extracontrattuale (Sez. 2, Sentenza n. 4319 del 04/03/2016) o, comunque, della responsabilita’ non contrattuale (trattandosi di una norma non di favore, diretta a limitare la responsabilita’ del costruttore, bensi’ finalizzata ad assicurare una piu’ efficace tutela del committente, dei suoi aventi causa e dei terzi in generale), con carattere di specialita’ rispetto al disposto dell’articolo 2043 c.c. (Sez. U, Sentenza n. 2284 del 03/02/201) e sancita per ragioni e finalita’ di interesse generale (Sez. 2, Sentenza n. 7634 del 31/03/2006).
In proposito, e’ opportuno evidenziare che la responsabilita’ per fatto lecito dannoso non ha carattere eccezionale, poiche’ l’espressione “ordinamento giuridico” che accompagna, nell’articolo 1173 c.c., il riferimento alla terza specie di fonti delle obbligazioni, ossia quelle che derivano “da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformita’ dell’ordinamento giuridico”, non si risolve in una mera indicazione riassuntiva di un elenco chiuso costituito da tutte le altre fonti nominate (diverse dal contratto o dal fatto illecito), ma consente un’apertura all’analogia, ovvero alla possibilita’ che taluni accadimenti, ulteriori rispetto a quelli previsti dalla legge, siano ritenuti idonei alla produzione di obbligazioni alla luce dei principi e dei criteri desumibili dall’ordinamento considerato nella sua interezza, complessita’ ed evoluzione (cfr., in tal senso, Sez. 2, Sentenza n. 25292 del 16/12/2015). E’ in questo contesto normativo che, a ben vedere, sono situabili le obbligazioni derivanti, nell’ambito di un rapporto di appalto, dalla rovina di cose immobili.

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