Ove ci si trovi di fronte a comodato di alloggio ad uso abitativo, il comodato stesso costituisce una detenzione, e non quindi un possesso ad usucapionem, in favore tanto del comodatario, quanto dei familiari con lo stesso conviventi, con la conseguenza che il convivente si opponga alla richiesta di risoluzione del comodato sostenendo di avere usucapito il bene deve provare l’intervenuta interversione del possesso e non solo il mero potere di fatto sull’immobile. Ne deriva che tale principio andrà coniugato con quelli antecedentemente esposti, a fronte dei presupposti fattuali che spetta al giudice del rinvio verificare sulla base del materiale probatorio già acquisito.
Corte di Cassazione
sez. II Civile
sentenza 15 marzo – 17 ottobre 2017, n. 24479
Presidente Migliucci – Relatore Sabato
Fatti di causa
1. Con ricorso ex art. 447 bis cod. proc. civ. depositato il 3.2.2006 S.A. , proprietario di un appartamento con cantina e di due autorimesse alla via (omissis) , occupate da M.D. con stabile residenza dal 29.9.1987, ha adito il tribunale di Bergamo esponendo che le parti a suo tempo avevano concordato che l’occupazione sarebbe avvenuta provvisoriamente a titolo di locazione per poi pervenirsi a una vendita, a prezzo da stabilire; poiché nessun contratto era stato stipulato ha chiesto condanna al rilascio dell’immobile occupato senza titolo e al pagamento di una indennità di occupazione.
2. La convenuta ha eccepito l’irritualità del ricorso, non rientrando nella previsione dell’art. 447-bis cod. proc. civ. le controversie relative alla occupazione senza titolo di immobili urbani, con la conseguenza che avrebbe dovuto esser disposto il passaggio dal rito speciale al rito ordinario. Ha dedotto di occupare e possedere continuativamente e pacificamente l’appartamento con pertinenze dall’autunno 1982 e di avervi la propria residenza anagrafica dal giorno 1.10.1985; ha contestato che le unità immobiliari fossero state originariamente detenute a titolo di locazione, non essendo intercorso alcun accordo in tal senso e non essendo mai stato pagato alcun canone. Ha sostenuto che il possesso protrattosi per oltre venti anni prima della notifica del ricorso (14.2.2006), unico atto idoneo ad interrompere l’usucapione, aveva determinato il concretarsi di tale modo di acquisto della proprietà, ciò che ha chiesto venisse giudizialmente accertato e dichiarato.
3. Disposto il passaggio dal rito speciale al rito ordinario ed istruita la causa in via documentale e con assunzione di prova per interrogatorio formale e per testimoni, il tribunale con sentenza depositata l’8.2.2010 ha rigettato le domande dell’attore e ha dichiarato che M.D. aveva acquistato per usucapione ventennale la proprietà degli immobili.
3.1. Il tribunale ha così argomentato:
– dal 1982 l’immobile era stato occupato da Ma.Ca. (poi deceduto il omissis), coniuge della resistente, insieme alla moglie e alle figlie;
– in tale epoca le parti avevano stipulato “compromesso” di acquisto, con previsione di pagamento rateizzato del prezzo di lire 124.500.000 e di consegna del bene al versamento della penultima rata; l’obbligazione di pagamento era stata adempiuta fino al 31.3.1982 per un totale complessivo di lire 60.000.000;
– l’attore non aveva fornito nessuna prova degli accadimenti in epoca successiva e, in particolare, dell’accordo con M.D. per trasformare il precedente rapporto in locazione;
– risultando provato che dal 1982 M.D. , insieme al marito e alle figlie, aveva abitato nell’immobile oggetto di causa, provvedendo al pagamento delle spese condominiali anche di spettanza del proprietario, senza che il signor S. avesse chiesto alla signora M. di pagare somma alcuna a titolo di indennità di occupazione o di canone di locazione, né di liberare il compendio prima di promuovere il giudizio, e non potendosi desumere dal documento intitolato “compromesso”, prodotto dall’attore, né la natura di un contratto a effetti obbligatori che impegnasse a un’ulteriore manifestazione di volontà, né la consegna in via provvisoria del bene, non si poteva affermare che la convenuta avesse occupato l’immobile a titolo di detenzione (per cui, al fine dell’usucapione, sarebbe stato necessario dimostrare la interversio possessionis), dovendosi ritenere che lo avesse posseduto, essendo stato sin dall’origine il suo comportamento assimilabile all’esercizio del diritto di proprietà;
– tale animus, unitamente al decorso di oltre un ventennio anteriormente alla domanda giudiziale, aveva determinato l’acquisto per usucapione della proprietà dell’immobile pacificamente ed indisturbatamente goduto.
4. S.A. ha proposto appello avverso la sentenza con atto di citazione notificato il 2.8.2010. M.D. , resistendo al gravame, ne ha chiesto il rigetto.
4.1. La corte d’appello di Brescia, con sentenza depositata il 12.3.2013, ha rigettato il ricorso sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:
– il contratto concluso tra i signori Ma. e S. non rilevava nei confronti della signora M. , in quanto soggetto estraneo alla pattuizione, con la conseguenza che era superflua ogni indagine sugli effetti obbligatori o reali dello stesso;
– dalle dichiarazioni dei testimoni escussi era emerso che la convenuta avesse posseduto di fatto l’immobile, per esservisi trasferita con la sua famiglia, sin dal 1982, laddove, quando il S. aveva in data 3.2.2006 depositato il ricorso ex art. 447 bis c.p.c., il ventennio era già trascorso e, quindi, il bene usucapito;
– l’originario ricorrente non aveva provato che fosse mai occorsa “interversione del possesso” dell’immobile.
5. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso S.A. , sulla base di un unico motivo illustrato da memoria. M.D. ha resistito con controricorso.
Ragioni della decisione
[……..segue pag. successiva]
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