Corte di Cassazione, sezione quinta penale, sentenza 27 febbraio 2018, n. 8997. Bancarotta fraudolenta: ai fini dell’integrazione del reato è sufficiente una condotta distrattiva che metta a rischio il patrimonio dell’impresa

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Secondo il ricorrente, la motivazione della Corte territoriale era palesemente illogica e contraddittoria, nella misura in cui nell’escludere la sussistenza dell’attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuita’ affermava che “il danno non puo’ essere ritenuto di particolare tenuita’” per poi sostenere, subito dopo, che si tratterebbe comunque di “danno non rilevante”, tale da giustificare la concessione delle attenuanti generiche.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, la circostanza attenuante del danno di speciale tenuita’, prevista dalla L. Fall., articolo 219, comma 3, e’ configurabile quando il danno arrecato ai creditori e’ particolarmente tenue o manca del tutto, e la valutazione rimessa al giudice non puo’ limitarsi alla considerazione degli importi delle somme non registrate nelle scritture contabili, ma deve estendersi alle dimensioni dell’impresa, al movimento degli affari, all’ammontare dell’attivo e del passivo, nonche’ all’incidenza che la condotta illecita ha avuto sul danno derivato alla massa dei creditori. (Sez. 5, n. 20695 del 29/01/2016, Chiti, Rv. 267147; Sez. 5, n. 17351 del 02/03/2015, Pierini, Rv. 263676).

Il giudizio relativo alla particolare tenuita’ del fatto di cui all’articolo 219, comma terzo, l. f., deve essere posto in relazione alla diminuzione (non percentuale, ma globale) che il comportamento del fallito ha provocato alla massa attiva che sarebbe stata disponibile per il riparto, ove non si fossero verificati gli illeciti; non e’ necessario che l’entita’ dell’attivo sia interamente e dettagliatamente ricostruita, ma e’ sufficiente, al fine di escludere la circostanza attenuante di cui alla L. Fall., articolo 219, comma 3, la distrazione di beni di rilevante entita’, idonea di per se’ ad incidere, in misura consistente, sul riparto (Sez. 5, n. 13285 del 18/01/2013, Pastorello, Rv. 255063; Sez. 5, n. 5300 del 16/01/2008, De Biase, Rv. 239118).

Nel caso di specie, non e’ stata rinvenuta merce per Euro 14.000,00= ed e’ stata effettuata un’operazione di prelievo dalle casse sociali di Euro 8.546,00=, somme che non possono certo essere definite di lieve entita’, a cui devono si aggiungono i pagamenti effettuati ai creditori chirografari, nonostante la sussistenza di creditori privilegiati.

La motivazione della sentenza d’appello non e’ neppure illogica o contraddittoria, come sostiene il ricorrente, poiche’ la Corte territoriale ai fini della concessione delle attenuanti generiche ha escluso la rilevanza del danno provocato, considerando tale elemento in sinergia con la sopravvenuta esclusione dei presupposti della bancarotta fraudolenta documentale.

Il predicato della speciale tenuita’ del pregiudizio non contraddice logicamente quello della rilevanza, in una sorta di contrapposizione esaustiva, come sembrerebbe presupporre l’argomentazione del ricorrente, come se tutto cio’ che non e’ “rilevante” debba ritenersi, per cio’ solo ” specialmente tenue”.

Tale affermazione non regge ne’ sul piano logico, perche’ le connotazioni quantitative espresse dai due aggettivi declinano, in positivo e in negativo, varianti rispetto ad un’ampia fascia di valori medi, ne’ rilevanti, ne’ tenui, ne’, soprattutto, specialmente tenui, ne’ sul piano giuridico, laddove la circostanza attenuante della speciale tenuita’ del danno L. Fall., ex articolo 219, comma 3, si contrappone alla circostanza aggravante dell’articolo 219, comma 1.

4. Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli articoli 163 e 164 c.p., perche’ la Corte d’Appello di L’Aquila, a fronte di un’esplicita richiesta di applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, ha omesso qualsiasi motivazione sul punto.

Il ricorrente tuttavia si era limitato a formulare istanza, del tutto genericamente, di sospensione condizionale della pena nelle conclusioni dell’atto di appello, senza accompagnarla con la deduzione di apposito specifico motivo ex articolo 581 c.p.p., lettera c), con la conseguente inammissibilita’ della richiesta.

Questa Corte ha recentemente ricordato che non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimita’ sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura a priori un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello. (Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316; nella fattispecie la Corte ha ritenuto inammissibile il dedotto vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla subordinazione della sospensione condizionale della pena al risarcimento del danno, perche’ la relativa questione non era stata prospettata in appello, ove il ricorrente si era limitato a dolersi dell’illegittimo diniego all’imputato del beneficio della pena sospesa).

5. La censura proposta con il quinto motivo e’ inammissibile per carenza di interesse.

La mancata applicazione dell’indulto puo’ costituire valido motivo di ricorso in cassazione solo quando il giudice di merito abbia erroneamente escluso l’applicazione del beneficio e non anche quando abbia semplicemente omesso di pronunciare al riguardo (Sez. 4, n. 1869 del 21/02/2013 – dep. 2014, Leo, Rv. 258174). Infatti quando all’applicazione dell’indulto non abbia provveduto il Giudice della cognizione, procede a norma dell’articolo 672 c.p.p., il Giudice dell’esecuzione: conseguentemente il ricorso per Cassazione con il quale si lamenti la mancata applicazione del condono e’ ammissibile solo quando il Giudice di merito l’abbia erroneamente esclusa, con specifica statuizione nel dispositivo della sentenza (Sez. 2, n. 21977 del 28/04/2017, Brancher, Rv. 269800; Sez. 2, n. 710 del 01/10/2013 – dep. 2014, Forin, Rv. 258073; Sez. 3, n. 6593 del 06/04/1994, Guglielmetti, Rv. 198065).

6. In conclusione deve essere annullata senza rinvio la sentenza impugnata perche’ i fatti di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice sono estinti per intervenuta prescrizione; per il resto il ricorso va dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere i fatti di bancarotta preferenziale e di bancarotta semplice estinti per intervenuta prescrizione; inammissibile nel resto il ricorso

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