Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 14 marzo 2018, n. 1615. La responsabilità civile della pubblica amministrazione

La responsabilità civile della pubblica amministrazione non consegue automaticamente all’annullamento del provvedimento amministrativo (ovvero all’accertamento della sua illegittimità), in sede giurisdizionale (o di ricorso straordinario o di autotutela).
Non è sufficiente il solo annullamento dell’atto lesivo (ovvero la declaratoria della sua invalidità), occorrendo la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all’assunzione od all’esecuzione della determinazione contra ius lesivo del bene della vita spettante all’attore.
Conseguentemente si ritiene che non spetta il risarcimento del danno quando (come nel caso di specie) la declaratoria di invalidità del segmento di funzione pubblica in concreto esercitata ne consente la riedizione con esiti liberi.
In materia di risarcimento del danno da mancata edificazione da provvedimento illegittimo, si è dato corso alla tutela risarcitoria solo in presenza della prova seria della spettanza in concreto del diritto di edificare e delle conseguenze dannose derivanti dalla sua compromissione.

Sentenza 14 marzo 2018, n. 1615
Data udienza 25 gennaio 2018

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale

Sezione Quarta

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 9158 del 2015, proposto dalla signora

An. Pr., rappresentata e difesa dagli avvocati Pa. Ro. e Fe. Eu. Lo., con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, corso (…);

contro

Comune di Trani, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Ma. Fe. In., con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Ma. Sa. in Roma, viale (…);

nei confronti di

Di Ba. Co. s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.a.r per la Puglia, sede di Bari, sezione terza, n. 403 del 12 marzo 2015, resa tra le parti, concernente la quantificazione del risarcimento danni a seguito di diniego adozione piani di lottizzazione per edilizia residenziale.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Trani;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2018 il consigliere Ni. D’A. e uditi, per la parte appellante, l’avvocato Lo., per delega dell’avvocato Lo., e, per il Comune di Trani, l’avvocato In.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. La signora An. Pr. ha proposto ricorso dinanzi al T.a.r per la Puglia, sede di Bari, per la condanna del comune di Trani al risarcimento dei danni conseguenti all’accertata illegittimità del diniego di approvazione di tre piani di lottizzazione.

1.1. Con tre sentenze di questa Sezione n. 2916/2012, n. 2917/2012 e n. 2918/2012, sono stati, infatti, annullati i dinieghi di approvazione e la presupposta delibera del Consiglio comunale di Trani, n. 33/2005 (atti adottati in relazione ad una proposta di lottizzazione presentata nel 2003 per alcuni terreni di sua proprietà ricompresi in parte in “Zona B di espansione semintensiva” e in parte in “Zona C di espansione intensiva”).

1.2. In particolare, le sentenze si riferiscono a tre dinieghi, rispettivamente i nn. 8, 9 e 10 del 15 marzo 2006, adottati, per le diverse maglie oggetto dei piani di lottizzazione, dal commissario ad acta, subentrato al Comune di Trani a seguito di ottemperanza alle sentenze n. 4743/2005, n. 4744/2005 e n. 4745/2005 del T.a.r. per la Puglia che avevano stabilito l’obbligo di provvedere sul complessivo piano di lottizzazione.

1.3. Successivamente, la nuova disciplina urbanistica del comune di Trani ha reso non più praticabile la lottizzazione, prevedendo una sensibile riduzione degli indici di edificabilità (PUG, approvato con delibera del Consiglio comunale n. 8 del 31 marzo 2009 e PUE del Comparto, approvato con delibera n. 74 del 14 dicembre 2010).

1.4. Le tre sentenze rese da questa Sezione sono state pronunciate anche in favore della società Di Ba. Co. s.r.l., impresa che avrebbe dovuto effettuare i lavori, ed hanno riformato le pronunce di primo grado di segno contrario adottate dallo stesso T.a.r. per la Puglia.

1.5. Nelle sentenze, oltre all’annullamento dei dinieghi, il Consiglio di Stato ha rilevato che i piani di lottizzazione a suo tempo presentati non avrebbero più potuto conseguire l’approvazione, a seguito della sopravvenuta disciplina urbanistica introdotta dal nuovo PUG.

1.6. Di conseguenza, lo stesso giudice, ha anche affermato: “nella presente fattispecie i presupposti per la susseguente proposizione dell’azione risarcitoria di fatto sussistono, stante l’avvenuta allegazione da parte degli attuali appellanti della circostanza (che, come detto innanzi, sarà peraltro materialmente accertata nella sua effettività dal giudice competente a pronunciarsi sulla domanda di risarcimento) per cui l’attuale assetto urbanistico delle aree di cui trattasi consentirebbe uno sfruttamento edilizio meno conveniente di quello considerato nel piano di lottizzazione a suo tempo proposto”.

1.7. Per questa ragione, la signora Pr. ha chiesto al T.a.r. per la Puglia la condanna del comune di Trani al risarcimento del danno derivante dalla differente potenzialità edificatoria riconosciuta ai sui terreni in seguito alla sopravvenuta approvazione del PUG e del PUE del Comparto.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r.:

a) ha respinto l’istanza della difesa comunale di riunione della causa con quella proposta dalla società Di Ba. Co. s.r.l. nella qualità di soggetto redattore e presentatore dei piani di lottizzazione;

b) ha disatteso la richiesta di sospensione del giudizio di primo grado sollevata dal comune in ragione del contenzioso esistente sul preliminare stipulato a suo tempo fra la società e la odierna ricorrente (per regolare i rapporti fra costruttore e proprietà inclusa la permuta di appartamenti e il trasferimento dei fondi); tanto nel decisivo presupposto che ciascuna parte fosse titolare di autonomo interesse e legittimazione ad agire, risultando quindi inutile attendere l’esito del giudizio civile pendente fra le parti;

c) ha accolto in parte la domanda risarcitoria;

d) ha condannato il comune al pagamento delle spese di lite.

2.1. Come anticipato, il comune di Trani è stato condannato al risarcimento del danno per equivalente monetario, non potendosi più configurare un risarcimento in forma specifica alla luce del nuovo strumento urbanistico.

2.3. Il Tribunale ha determinato il danno tenendo conto che, prima della nuova pianificazione urbanistica, che ha precluso in radice il buon esito della domanda lottizzatoria, non risultava accertata la spettanza in capo alla ricorrente di una valutazione positiva delle sue istanze.

3. La signora An. Pr. ha impugnato la predetta sentenza, in quanto non era stato riconosciuto in pieno il maggior danno dalla stessa richiesto con riferimento alla diversa potenzialità edificatoria delle aree.

Nel ricorso ha proposto i seguenti motivi di appello.

3.1. Violazione ed elusione del giudicato. Sua mancata applicazione.

Le richiamate sentenze del Consiglio di Stato (n. 2916/2012, n. 2917/2012 e n. 2918/2012) avrebbero non solo scrutinato i comportamenti antigiuridici del comune di Trani, ma anche affermato la sussistenza dei presupposti per la successiva condanna al risarcimento del danno.

In sostanza, le sentenze avrebbero perimetrato la successiva decisione del T.a.r. che sarebbe stato tenuto, di conseguenza, a verificare in concreto, ai soli fini della determinazione del danno, se l’attuale assetto urbanistico delle aree oggetto di giudizio consentisse uno sfruttamento edilizio meno conveniente rispetto a quello posto a base della lottizzazione a suo tempo proposta ed illegittimamente non accolta.

Non vi sarebbe stato spazio per la verifica della legittimità dell’atto, già effettuata dal Consiglio di Stato, ma solo la valutazione del quantum da liquidare attraverso il rimedio risarcitorio per equivalente.

Il giudice di primo grado, in contraddizione con le sentenze del giudice di appello, avrebbe invece operato una nuova valutazione circa la fondatezza dell’istanza di lottizzazione, nonché della sua aspettativa di successo, travisando tra l’altro i presupposti causativi del danno.

3.2. Errata qualificazione della posizione giuridica lesa come “perdita di chance”. Erroneità della prospettazione del T.a.r. sul danno ingiusto.

Il T.a.r. ha erroneamente qualificato il danno subito dall’appellante come una lesione di un interesse legittimo pretensivo all’approvazione delle lottizzazioni. Di conseguenza, ha definito il risarcimento come perdita di chance, affermando, nella concreta valutazione del danno, che se anche fosse proseguita la vigenza del vecchio PRG le lottizzazioni avrebbero potuto non essere approvate.

Il progetto di lottizzazione presentato, invece, era conforme al PRG. Né a diversa conclusione si poteva giungere sulla base della variante al PRG, adottata con delibera del Consiglio comunale n. 33/2005 annullata dal Consiglio di Stato.

3.3. Sulla quantificazione e prova del danno.

L’appellante, contrariamente a quanto affermato dal T.a.r., avrebbe assolto l’onere probatorio indicando nel dettaglio i pregiudizi subiti, le voci di danno, i criteri di quantificazione dello stesso (anche mediante il deposito di una perizia di parte non contestata dal Comune).

Il T.a.r., tuttavia, non ha considerato le allegazioni della stessa ai fini della quantificazione del danno consistente nella differenza in peius subita.

Inoltre, non avrebbe considerato la verosimiglianza del positivo esito del procedimento alla luce della conformità dell’intervento proposto con la disciplina urbanistica dell’area, della delibera consiliare n. 41/2004 che aveva ingenerato nell’appellata l’affidamento in ordine all’approvazione, dell’idoneità dei piani a superare il precedente assetto vincolistico.

4. Il comune di Trani si è costituito in giudizio il 23 giugno 2016, sollevando il difetto di legittimazione attiva della signora Pr. a proporre ricorso di primo grado; ha chiesto, comunque, il rigetto del gravame nel merito.

Ha poi depositato una memoria di replica il 3 gennaio 2018.

5. La signor Pr. ha depositato ulteriori documenti e memorie, per ultimo una memoria di replica il 4 gennaio 2018.

6. La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 25 gennaio 2018.

7. Il Collegio esamina preliminarmente l’eccepito difetto di legittimazione attiva della parte ricorrente.

Secondo il Comune resistente, la posizione azionata non sarebbe riferibile alla signora Pr. in quanto i piani di lottizzazione sono stati proposti da un terzo, cioè la società Di Ba. Co.. La stessa quindi non sarebbe mai entrata in relazione diretta e qualificata con il Comune.

7.1. L’eccezione non è fondata per le seguenti autonome ragioni:

a) l’eccezione è stata sollevata dal Comune in memoria difensiva, conseguentemente è rimasto inoppugnato il capo della sentenza che, nel disattendere l’istanza di sospensione della causa, ha riconosciuto nella sostanza, la autonoma legittimazione della società e della signora Pr. a proporre domanda risarcitoria;

b) la signora Pr. ha un interesse diretto alla vicenda oggetto di giudizio in quanto, nel contratto preliminare di permuta delle aree di sua proprietà in favore della società Di Ba. Co. (20 ottobre 1992), si è riservata un “credito edilizio” consistente nel 30% della volumetria derivante dall’approvazione dei piani di lottizzazione, applicabile anche alla volumetria che si sarebbe potuta ricavare sulle zone che avrebbero potuto diventare edificabili in futuro; sulla base di tale accordo, infatti, la signora Pr., in qualità di proprietaria dell’area, ha autorizzato la società Di Ba. Co. a presentare i progetti di lottizzazione.

Tant’è che entrambe le parti hanno poi adito il T.A.R. e successivamente il Consiglio di Stato per sostenere l’illegittimità delle delibere con cui sono state rigettate le proposte di lottizzazioni relative alle singole maglie dell’unitario progetto, nonché la delibera n. 33 del 25.05.2005 del Consiglio Comunale di Trani, quale atto presupposto;

c) il Consiglio di Stato, con le sentenze n. 2916/2012, n. 2917/2012, n. 2918/2012, in riforma di quelle di primo grado ha, come detto, rilevato l’illegittimità dei provvedimenti di diniego e della delibera n. 33/2005 del Consiglio comunale; lo stesso giudice ha riconosciuto la sussistenza dei presupposti per la proposizione dell’azione risarcitoria da parte dell’appellante e della società Di Ba. Co.: “stante l’avvenuta allegazione da parte degli attuali appellanti della circostanza (che, come detto innanzi, sarà peraltro materialmente accertata nella sua effettività dal giudice competente a pronunciarsi sulla domanda di risarcimento) per cui l’attuale assetto urbanistico delle aree di cui trattasi consentirebbe uno sfruttamento edilizio meno conveniente di quello considerato nel piano di lottizzazione a suo tempo proposto”;

d) l’appellante e l’impresa costruttrice nel successivo ricorso per il risarcimento, pur agendo con autonome azioni, hanno poi specificato la percentuale di ripartizione del quantum spettante, in modo conforme a quanto previsto nell’accordo sottoscritto; tutto conduce perciò a ritenere che non possa essere messo in dubbio l’interesse a ricorrere dell’appellante, tenendo peraltro conto, sotto diverso profilo, che il preliminare di permuta non ha avuto esito in ragione della mancata approvazione dei piani di lottizzazione, lasciando la stessa signora Pr. nella qualità di proprietaria del compendio immobiliare.

8. L’appello non è comunque fondato.

9. Quanto al primo motivo di gravame, va infatti rilevato che le sentenza di questa Sezione n. 2916/2012, n. 2917/2012 e n. 2918/2012, non hanno “perimetrato”, come affermato da parte appellante, il successivo giudizio in ordine alla quantificazione del danno.

9.1. Nelle stesse (punto 6.2.) è infatti chiarito che: ” con la statuizione dichiarativa dell’illegittimità degli atti impugnati ai soli ed eventuali fini risarcitori questo giudice non si esprime sul fumus boni iuris della susseguente azione risarcitoria, ma afferma la sussistenza in via meramente astratta dei presupposti per la proposizione dell’azione stessa, lasciando – ferma ovviamente restando l’affermazione dell’illegittimità degli atti impugnati – ogni ulteriore valutazione in concreto al giudice competente ai sensi dell’art. 30, comma 3, cod. proc. amm. a pronunciarsi sull’esistenza e sulla quantificazione del danno, ossia la considerazione di “tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti”, con l’espressa esclusione ex lege – in applicazione del generale principio contenuto nell’art. 1227 c.c. – del “risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti”.

Hanno poi aggiunto: “Nella presente fattispecie i presupposti per la susseguente proposizione dell’azione risarcitoria di fatto sussistono, stante l’avvenuta allegazione da parte degli attuali appellanti della circostanza (che, come detto innanzi, sarà peraltro materialmente accertata nella sua effettività dal giudice competente a pronunciarsi sulla domanda di risarcimento) per cui l’attuale assetto urbanistico delle aree di cui trattasi consentirebbe uno sfruttamento edilizio meno conveniente di quello considerato nel piano di lottizzazione a suo tempo proposto”.

9.2. Risulta, pertanto evidente che il T.a.r. nella sentenza impugnata non ha travalicato i limiti dell’accertamento sulla quantificazione del danno, essendosi limitato non a contestare il presupposto dell’azione, ma la valutazione della perdita di chance in relazione all’ipotetica approvazione dei piani di lottizzazione.

Il giudice di primo grado ha, infatti, tenuto fermo il concetto espresso nelle sentenze del Consiglio di Stato della differente connotazione dell’assetto urbanistico al momento della presentazione dei piani e al momento dell’entrata in vigore della più restrittiva disciplina, operando invece una consentita valutazione sulle circostanze di fatto rilevanti ai fini della determinazione del danno (cfr. art. 30 del c.p.a.).

9.3. D’altra parte, la responsabilità civile della pubblica amministrazione non consegue automaticamente all’annullamento del provvedimento amministrativo (ovvero all’accertamento della sua illegittimità), in sede giurisdizionale (o di ricorso straordinario o di autotutela).

Questa Sezione ha precisato (cfr. ex multis Cons. Stato, sez. IV, 1° luglio 2015 n. 3258 e 6 aprile 2016, n. 1356) che non è sufficiente il solo annullamento dell’atto lesivo (ovvero la declaratoria della sua invalidità), occorrendo la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all’assunzione od all’esecuzione della determinazione contra ius lesivo del bene della vita spettante all’attore.

Conseguentemente si ritiene che non spetta il risarcimento del danno quando (come nel caso di specie) la declaratoria di invalidità del segmento di funzione pubblica in concreto esercitata ne consente la riedizione con esiti liberi (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, n. 825 del 2018 cui si rinvia a mente dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.).

9.4. La responsabilità dell’Amministrazione e l’accertamento del conseguente diritto al risarcimento del danno, nel caso di specie, sono restate impregiudicate dalle sentenze della Sezione sopra richiamate.

Esse dovevano quindi essere apprezzate dal T.a.r. nel quadro di una effettiva lesione da parte dei provvedimenti illegittimi dell’Amministrazione del bene della vita finale.

9.5. Per questa ragione, in materia di risarcimento del danno da mancata edificazione da provvedimento illegittimo, si è dato corso alla tutela risarcitoria solo in presenza della prova seria della spettanza in concreto del diritto di edificare e delle conseguenze dannose derivanti dalla sua compromissione (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, n. 1835 del 2017; sez. IV, n. 5363 del 2016; sez. IV, n. 1436 del 2016). E, nel senso della necessità di accertare la spettanza del bene del vita (sotteso sia al diritto soggettivo che all’interesse legittimo) si è orientata anche la Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. sentenza n. 2 del 2017).

10. Non è poi fondato anche il secondo motivo di appello.

Il T.a.r. ha correttamente ritenuto che il danno lamentato, individuato come perdita di chance, fosse da determinare considerando, anche nella vigenza del vecchio PRG, non obbligatoria l’approvazione delle lottizzazioni.

10.1. Come detto, il giudice del risarcimento è chiamato a valutare tutte le circostanze rilevanti ai fini della valutazione del danno.

Cosicché, il T.a.r., dopo aver premesso l’illegittimità dei provvedimenti di diniego e della delibera n 33/2005, così come accertata dal Consiglio di Stato, ha, invece, osservato, relativamente ai piani di lottizzazione, che in ordine agli stessi non si sarebbe potuto concludere con certezza per il loro accoglimento anche in assenza dell’operato illegittimo dell’Amministrazione e della ulteriore vigenza del precedente PRG (approvato nel 1971).

10.2. La loro approvazione, secondo il T.a.r., non sarebbe stata, infatti, un atto dovuto, seppure conformi al PRG vigente all’atto della loro presentazione (2003), essendo l’Amministrazione dotata di un potere discrezionale teso a valutarne l’opportunità con riferimento all’attuazione dello strumento urbanistico generale.

10.3. Ed in effetti, tali conclusioni sono condivisibili soprattutto alla luce della costante giurisprudenza in tema di approvazione del piano di lottizzazione secondo cui l’Amministrazione comunale non sarebbe tenuta in via assoluta a procedervi conservando al contrario una certa discrezionalità sia nell’an che nelle modalità attuative dell’edificazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 febbraio 2016, n. 718; sez. IV, 12 marzo 2013, n. 1479; T.a.r. per la Sicilia, sez. II, 16 maggio 2017, n. 1337).

11. Per questa ragione il giudice di prime cure, dopo aver individuato il danno nella perdita di chance, ha dimensionato la quantificazione dello stesso nella misura contestata con l’odierno appello (euro 30.000,00).

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