Consiglio di Stato, sezione quarta, sentenza 14 marzo 2018, n. 1615. La responsabilità civile della pubblica amministrazione

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[…]

11.1. In sostanza, la fondatezza della pretesa risarcitoria, basata in primo luogo sul dato obiettivo dell’illegittimità dei provvedimenti amministrativi annullati e sulla sussistenza dell’elemento soggettivo, è stata individuata, per quel che riguarda il bene della vita finale, non nella sicura approvazione dei piani (secondo le coordinate esegetiche di cui alla recente sentenza dell’Adunanza plenaria n. 2 del 2017), ma nell’affidamento in capo all’appellante consistente nella circostanza che il piano di lottizzazione “era stato testualmente incluso nel contesto degli strumenti idonei a superare il precedente assetto vincolistico”.

Di tali statuizioni (e di quelle conseguenti), la Sezione deve prendere doverosamente atto posto che sul punto non è stato interposto appello da parte del Comune.

11.2. Il Ta.r. ha dunque distinto la certezza dell’approvazione dalla sua eventualità, considerando che gli elementi da cui desumere tale ragionevole certezza risultavano tutt’altro che univoci, a causa della complessità delle vicende successiva che il Comune ha dovuto affrontare dopo la formalizzazione delle proposte dell’appellante (es. decadenza dei vincoli, sottoposizione a VAS del PUG).

11.3. Tale distinzione, peraltro, scaturisce come logica conseguenza anche dall’esame delle determinazioni assunte nel citato contratto preliminare di permuta.

Le parti, in quanto già consapevoli delle possibili modifiche della normativa urbanistica di riferimento, non hanno specificato quanto sui terreni della signora Pr. potesse essere edificato, ma hanno ancorato tale dato al rispetto degli indici massimi di occupazione e di cubatura consentiti al momento della realizzazione delle opere dalla normativa di settore vigente. Hanno quindi assunto obblighi aleatori circa l’esatta consistenza dell’edificabilità (cfr. punto 4 del preliminare di permuta).

12. D’altra parte, sempre sotto il profilo delle circostanze che hanno concorso alla produzione del danno, non va sottovalutato, come correttamente rilevato dal T.a.r., il comportamento delle stesse parti, le quali hanno dato seguito allo stesso contratto presentando le relative istanze dopo dieci anni dalla sottoscrizione del preliminare di permuta.

12.1. Ciò, evidentemente, non elimina l’illegittimo operato del Comune che senza esplicitare le ragioni di interesse pubblico che lo hanno indotto ad adottare la delibera consiliare n. 33/2005, a seguito della quale il piano di lottizzazione non è stato più suscettibile di approvazione, ha comunque omesso di pronunciarsi espressamente sulla proposta, tanto da rendere necessario l’intervento del commissario ad acta.

12.2. Tuttavia, come sopra evidenziato, vi è stato un lungo lasso di tempo trascorso dalla sottoscrizione del contratto di permuta il 20 ottobre 1992 (poi parzialmente modificato il 6 settembre 1993) e la presentazione dei piani al Comune (marzo – giugno 2003). Per questo, il giudice di prime cure ha evidenziato anche il colposo ritardo delle parti interessate, a maggior ragione rilevante alla luce delle evoluzioni in corso dello strumento urbanistico da loro stessi menzionate nel preliminare.

12.3. Le circostanze in concreto esaminate dal T.a.r. hanno quindi evidenziato, accanto al comportamento illegittimo dell’Amministrazione, una compartecipazione alla determinazione del danno anche delle parti interessate, con il conseguente riflesso sulla determinazione del risarcimento ai sensi dell’art. 1227 del c.c.

13. Con il terzo ed ultimo motivo di appello, si contesta in particolare la determinazione del danno operata dal T.a.r. nonostante la documentazione a supporto presentata nel giudizio di primo grado.

13.1. Su questo punto è, tuttavia, opportuno premettere quali sono state le conclusioni del T.a.r.

Il giudice ha, come detto, riconosciuto il risarcimento per equivalente in quanto seppure sono stati annullati i dinieghi impugnati, i piani di lottizzazione, alla luce della nuova disciplina urbanistica del comune di Trani (approvata nel 2009) non sono più suscettibili di concreta attuazione. In sostanza, non è possibile ripristinare l’interesse delle parti attraverso la riedizione del potere amministrativo a causa dell’intervenuta adozione del nuovo piano regolatore.

13.2. Il danno si sarebbe quindi concretato in una perdita di chance e si sarebbe prodotto anche per il concorso della parte appellante.

Più precisamente, il giudice di primo grado ha concluso: “deve condannarsi l’amministrazione comunale al risarcimento del danno per equivalente, non potendo la ricorrente più conseguire il predetto risultato utile per effetto della tutela ripristinatoria, tenuto conto delle concause che hanno contribuito alla causazione dell’evento dannoso della mancata approvazione dei Piani di lottizzazione. La voce di danno risarcibile è, più specificamente, quella volta al ristoro del sacrificio della possibilità di conseguire il risultato finale, che per effetto del giudizio prognostico sulla perdita di chance, viene fatto assurgere a bene autonomo, tenuto conto delle concause evidenziate. Nella liquidazione del danno è stato considerato che -prima dello ius superveniens che ha precluso in radice il buon esito dell’intera domanda lottizzatoria – non risultava accertata la spettanza in capo alla ricorrente di una valutazione positiva.

Sulla base di quanto rilevato e attesa la mancanza della prova delle altre voci di danno lamentate, il Comune è tenuto a risarcire alla sig.ra Pr. il danno che, in via equitativa ex art. 1226 c.c, viene in quantificato in Euro 30.000,00 (euro trentamila/00), comprensivi di rivalutazione ed interessi.

La somma corrisponde al 30% dell’importo complessivo dovuto dal Comune a titolo risarcitorio e tiene conto della percentuale di ripartizione indicata dalla sig.ra Pr. in accordo con l’impresa costruttrice, Di Ba. Co. s.r.l.

Sulla somma dovuta saranno corrisposti interessi compensativi, nella misura del tasso legale, dalla data della sentenza a quella del soddisfo.”.

14. Fatta questa premessa, nell’esame del motivo di appello non può sottacersi che nessun elemento probatorio viene fornito circa la fondatezza degli altri aspetti su cui si basa la pretesa risarcitoria. Né la consulenza tecnica depositata dall’appellante in primo grado può indurre a concludere in un senso diverso (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2013 n. 3405).

14.1. La rilevata mancanza di contestazioni a tale elaborato da parte del Comune o del T.a.r. non può implicare il riconoscimento della sua fondatezza (la consulenza tecnica di parte non costituisce prova del danno ma, come ha affermato la giurisprudenza, rappresenta una semplice allegazione difensiva di carattere tecnico priva di valore probatorio – cfr. Cass. civ., 6 agosto 2015, n. 16552).

In ogni caso, quanto affermato nella stessa circa il carattere peggiorativo del nuovo PUG di Trani in ordine agli indici edificatori in precedenza consentiti, è circostanza fuori discussione che però non incide per una diversa determinazione del danno per le ragioni sopra evidenziate.

14.2. L’appellante richiama poi, sempre in ordine all’affermata erroneità della quantificazione del danno, anche la deliberazione n. 41 del 6 ottobre 2004 del Consiglio comunale di Trani, recante l’approvazione dello “Studio generale della ridefinizione urbanistica delle aree con vincolo annullato e/o caducato”, in particolare la seguente affermazione: “il fabbisogno di aree a standard futuro o “emergente”, relativo cioè alla popolazione che si insedia, e/o si insedierà, nelle zone di espansione sottoposte a piani particolareggiati o di lottizzazione viene soddisfatto nell’ambito dei suddetti piani, tenuto anche conto del fatto che le aree a standard ivi definite sono cedute senza oneri al Comune in sede di convenzione”.

Tale delibera, tuttavia – precedente di pochi mesi alla revisione operata sul punto dalla successiva determinazione del Consiglio comunale n. 33 del 25 maggio 2005 di adozione della ritipizzazione “generale” delle aree a vincolo caducato – non può cambiare la sostanza delle decisioni del T.a.r. sulla quantificazione del danno. La stessa, infatti, ha certamente avuto riflesso sul piano dell’iniziale affidamento degli interessati, ma non può ritenersi un presupposto che comprovi le affermazioni di parte appellante, posto che non obbligava l’Amministrazione all’approvazione dei piani di lottizzazione.

15. Per le ragioni sopra esposte, l’appello va respinto e per l’effetto va confermata la sentenza impugnata.

16. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come indicato nel dispositivo, tenendo conto dei criteri di cui al regolamento n. 55 del 2014

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale

(Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Trani nella misura di euro 10.000,00(diecimila/00), oltre agli altri oneri previsti per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli – Presidente

Luca Lamberti – Consigliere

Daniela Di Carlo – Consigliere

Alessandro Verrico – Consigliere

Nicola D’Angelo – Consigliere, Estensore

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