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Viene richiamato e condiviso in ricorso l’arresto giurisprudenziale costituito dalla sentenza 32126/2010 di questa Corte di legittimita’ secondo cui “la funzione dell’articolo 143 C.d.S., sarebbe quella di garantire un’andatura corretta e regolare nell’ambito della propria corsia di marcia per la tutela del veicolo procedente e degli altri che la percorrono. Peraltro, tali precetti non sono sicuramente intesi ad evitare il rischio determinato dall’improvvisa occupazione della corsia da parte di un veicolo proveniente dal senso opposto”. Si evidenzia, invece, che il tribunale prima, la corte d’appello poi, hanno ritenuto di aderire all’interpretazione data all’articolo 143 C.d.S., da altro filone giurisprudenziale secondo cui la disposizione di cui all’articolo 143 del nuovo C.d.S. (articolo 104 del codice abrogato) deve essere interpretata nel senso dell’obbligo dell’osservanza della destra rigorosa, proprio al fine di contrastare il pericolo derivante dalla eventualita’ che altro veicolo invada la mezzeria non di sua pertinenza (proprio come e’ avvenuto nella concreta fattispecie): “Le norme di comportamento, dettate dall’articolo 104 C.d.S., sono volte inequivocabilmente a contrastare situazioni di pericolo conseguenti alla eventualita’ che altro veicolo invada la mezzeria non di sua pertinenza. Ne deriva che l’inosservanza dell’obbligo imposto di circolare sulla parte destra della carreggiata e in prossimita’ del margine destro della medesima, anche quanto la strada e’ libera” si caratterizza come condotta specificamente colposa, atta a contribuire alla produzione dell’evento, qualunque sia la causa di invasione della mezzeria da parte di altro veicolo e quindi anche se si tratta di causa pur essa colposa”(il richiamo e’ alle sentenza Sez. 4 n. 2568/2011).
Un simile contrasto all’interno della stessa sezione e a distanza di cosi’ poco tempo – secondo il ricorrente – apre la via ad un dubbio interpretativo che mette in discussione la stessa funzione nomofilattica della Suprema Corte di Cassazione.
Chiede, pertanto, l’annullamento o la revoca della sentenza impugnata, con tutte le statuizioni di legge.
In data 15.3.2017, prima dell’udienza dinanzi a questa Corte del 22/3/2017 rinviata per la partecipazione del difensore all’astensione di categoria, il difensore ha poi depositato una memoria ex articolo 611 c.p.p., con cui si insiste sul secondo motivo di ricorso e sul contrasto di giurisprudenza in seno a questa Corte reiterando la richiesta di l’accoglimento del proprio ricorso o, in subordine, chiedendo che la questione venga rimessa alle Sezioni Unite.
All’udienza odierna e’ comparso poi il difensore delle parti civili depositando l’atto di rinuncia alla costituzione di parte civile e comunicando che le stesse hanno gia’ ottenuto il risarcimento dei danni subiti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati sono fondati, per le ragioni che si andranno ad illustrare, e, pertanto, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio perche’ il fatto non costituisce reato.
2. Va evidenziato, in premessa, che appaiono fondate le doglianze del ricorrente, sopra ampiamente illustrate, in relazione alle premesse da cui era partito il consulente del PM che si paleserebbero contraddittorie rispetto alle conclusioni cui lo stesso e’ pervenuto. In particolare, ha ragione il ricorrente nel dolersi che la Corte territoriale ha liquidato in maniera alquanto apodittica (cfr. pag. 6 della sentenza impugnata) soprattutto le argomentazioni difensive che si erano appuntate sulla riconosciuta impossibilita’ di determinare con certezza il punto d’urto tra i veicoli coinvolti nell’incidente.
La sentenza impugnata – e di cio’ fondatamente il ricorrente si duole – si limita a dare conto della consulenza del tecnico nominato dal PM e della testimonianza del sovrintendente della polizia locale, ma non risponde ai rilievi critici proposti con i motivi di appello e con i motivi integrativi dello stesso circa le valutazioni di attendibilita’ e non di certezza che il consulente tecnico del Pm aveva operato circa la zona d’urto e sull’utilizzo da parte dello stesso dello schema non in scala della Polizia Locale di (OMISSIS), che lo stesso tecnico aveva riconosciuto indicare “malamente lo stato reale dei luoghi evidenziando solamente una limitata verosimiglianza dello stato di quiete dei veicoli coinvolti”. Inoltre, la sentenza impugnata non da’ conto dell’evidente discrasia tra la dichiarazione resa dal teste (OMISSIS), sovrintendente della Polizia Locale di (OMISSIS), che ha dichiarato di avere individuato sulla carreggiata le tracce di competenza dell’AUDI3 condotta dall’odierno ricorrente, e il rilievo del consulente tecnico del PM, che ha ritenuto di non poter addivenire alla medesima conclusione.
Del resto, fondatamente, rileva il ricorrente che a pag. 5 della sentenza di primo grado veniva rilevato come fosse stata “esclusa da tutti e tre i consulenti delle parti (pubblico ministero, parti civili ed imputato) la correttezza dei punti d’urto individuati dalla polizia locale nella planimetria redatta. E la Corte territoriale, invece, non si confronta con tale circostanza e pare avallare in toto la ricostruzione effettuata dagli operanti, intervenuti sul posto, evidentemente, in un momento successivo all’incidente, che pare di tipo logico deduttivo, ma non trovare riscontro in alcun elemento certo.
3. Ritiene, tuttavia, il Collegio che, anche a voler dar credito che al momento in cui ha impattato con la Volkswagen Golf condotta da (OMISSIS) la AUDI3 dell’odierno ricorrente non viaggiasse strettamente alla propria destra, non pare integrato l’elemento soggettivo del reato contestato all’odierno imputato.
I fatti – giovera’ ricordarlo – si sono verificati alle 19,45 del (OMISSIS) sulla strada provinciale n. (OMISSIS) all’altezza della progressiva chilometrica (OMISSIS) su di un tratto extraurbano nel territorio del comune di (OMISSIS).
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