Corte di Cassazione, sezione quarta penale, sentenza 14 novembre 2017, n. 51734. Il discrimine tra il delitto di cui all’art. 434 c.p. e l’ipotesi contravvenzionale dell’art. 676 c.p.

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Tale situazione di pericolo, tuttavia, va valutata ex ante, in base ad un giudizio di probabilita’ circa l’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero indeterminato di persone, cosicche’ l’effettivita’ della capacita’ diffusiva del nocumento (c.d. pericolo comune) deve essere accertata in concreto (cfr., sez. 4 n. 2390 del 2012, citata (in cui si era verificato il distacco completo del rivestimento di mattoni che tamponava la parete esterna di una facciata di un edificio scolastico, interessando l’area antistante per circa 150 mt, normalmente frequentata dagli alunni della scuola durante gli intervalli delle lezioni); ma anche, n. 19342 del 20/02/2007, Rv. 236410 (in cui si e’ precisato che per la sussistenza del pericolo e’ richiesta solo la prova che dal fatto derivi un pericolo per l’incolumita’ pubblica, ma non necessariamente quella che ne derivi un danno)).
Anche nella ipotesi di cui al preecedente citato, valutati le proporzioni del crollo e il pericolo per la pubblica incolumita’ che ne era derivato, si era confermata la qualificazione giuridica del fatto nel reato di crollo colposo, avendo la Corte di legittimita’ ritenuto che la grave pericolosita’ non potesse escludersi per il sol fatto che il crollo non aveva provocato, per una coincidenza favorevole, proprio come nel caso all’esame, un danno alle persone, essendo accaduto di sabato a scuola chiusa, rilevando unicamente la probabilita’ della produzione di un danno notevole alle persone (cfr. in motivazione sez. 4 n. 2390 del 2012 citata).
Pertanto, se puo’ dirsi pacifico, ai fini della distinzione della fattispecie all’esame con l’ipotesi contravvenzionale di cui all’articolo 676 c.p., comma 2, secondo un indirizzo consolidato di questa Corte, che il crollo di cui al reato p. e p. dall’articolo 434 c.p., comma 2 e articolo 449 c.p., deve avere i connotati del disastro (cfr. sez. 4 n. 18977 del 09/03/2009, Rv. 244043; 18432 dell’01/04/2014 Ud. (dep. 04/05/2015), Rv. 263886), e’ tuttavia opportuno precisare, per il chiaro equivoco che sta alla base delle doglianze difensive, cosa debba intendersi per disastro. Trattasi di un avvenimento di tale gravita’ da porre in concreto pericolo la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusivita’ degli effetti dannosi nello spazio circostante. Perche’ possa invece parlarsi di semplice rovina di edifici, non e’ necessaria una tale diffusivita’ e non si richiede che dal crollo derivi un pericolo per un numero indeterminato di persone (cfr. sez. 4 n. 18432 del 2015 sopra richiamata), le due fattispecie differendo, sia soggettivamente, ma anche in relazione all’elemento materiale, un avvenimento cioe’ grave e complesso nell’un caso, la semplice rovina nell’altro (cfr. sez. 4 n. 9553 del 05/02/1991, Rv. 188197).
In altri termini, per la sussistenza del delitto di cui agli articoli 449 e 434 c.p., e’ necessario che il crollo della costruzione abbia assunto proporzioni notevoli non limitate ad un qualsiasi distacco con conseguente caduta al suolo di singoli elementi costruttivi – e tali da mettere in pericolo una cerchia indeterminata di persone (cfr. sez. 4 n. 11771 del 09/10/1997, Rv. 210152 (in fattispecie, in cui il crollo aveva interessato un’ampia porzione delle facciate tergali di due fabbricati e di settori di vari solai ai piani, con lesioni di altri edifici ed instabilita’ della stessa piazza)).
Il discrimine, pertanto, va rinvenuto nella presenza – nella fattispecie delittuosa – di un pericolo per la pubblica incolumita’, derivante dal diffondersi del crollo della costruzione (o di parte di essa) nello spazio circostante (cfr. sez. 1 n. 47475 del 29/10/2003, Rv. 226459), dalla potenza espansiva, cioe’, del nocumento unitamente alla sua attitudine ad esporre al pericolo un numero indeterminato di persone, per la configurabilita’ del quale, e’ necessario un evento straordinariamente grave e complesso, ma non eccezionalmente immane (cfr. sez. 3 n. 9418 del 16/01/2008, Rv. 239160), vale a dire un accadimento macroscopico, dirompente e quindi caratterizzato, nella comune esperienza, per il fatto di recare con se’ una rilevante possibilita’ di danno alla vita o all’incolumita’ di numerose persone, in un modo che non e’ precisamente definibile o calcolabile (sez. 4 n. 15444 del 18/01/2012, Rv. 253500).
5.2. Nel caso all’esame, la Corte bresciana ha formulato un apprezzamento di merito circa i connotati di dirompenza e diffusivita’ dell’accadimento che rientrano nel paradigma legale e risultano parimenti coerenti con i principi teste richiamati.
Cio’ ha fatto, nel caso in cui si ritengano esistenti e correttamente proposte censure al ragionamento probatorio svolto, in maniera del tutto congrua, non manifestamente illogica e non contraddittoria, essendo inibita a questo giudice, per quanto sopra gia’ chiarito, ogni rilettura del quadro fattuale emerso in giudizio che dia risposte conformi alla tesi difensiva.
6. Dalle considerazioni che precedono discende, pertanto, l’inammissibilita’ del ricorso e la condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di euro 2.000,00 alla cassa delle ammende non ravvisandosi assenza di colpa in ordine alla determinazione della causa di inammissibilita’ (cfr. C. Cost. n. 186/2000), nonche’ alla rifusione di quelle sostenute dalle costituite parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) che si liquidano in Euro 2.304,00, oltre accessori come per legge.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 2000,00 in favore della cassa delle ammende; lo condanna inoltre a rimborsare alle parti civili (OMISSIS) e (OMISSIS) le spese sostenute per questo giudizio che liquida in complessivi Euro 2.304,00 oltre accessori come per legge.

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